Il decollo difficile della fusione British – Iberia
La fusione tra la compagnia britannica British Airways e la spagnola Iberia continua a ritardare. Le negoziazioni tra i due vettori di bandiera hanno avuto una durata prolungata, avendo avuto inizio nel lontano 2008 e nonostante il merger sia inevitabile, i due consigli d’amministrazione, che dovevano avallare la decisione entro fine marzo, non hanno ancora deliberato nulla.
Questa impasse, secondo i media spagnoli, è dovuto solo a problemi tecnici e il tutto dovrebbe risolversi in poco tempo. Tuttavia dal lato spagnolo continua ad esserci perplessità, dato che i britannici alla fine del processo avranno il controllo del 55 per cento della nuova società. E lo sciopero attuato dai dipendenti di British Airways alla fine dello scorso marzo ha spaventato ancora maggiormente gli azionisti di Iberia.
La fusione dovrebbe portare ad economie di scala importanti e a delle sinergie di costo. Queste tuttavia, in parte sono già state attuate, dato che i due vettori ormai operano da anni in code-sharing nell’alleanza OneWorld. Quest’ultima aveva già permesso notevoli riduzioni di costo, tanto che Iberia, per molti anni, è stata una compagnia di riferimento per la sua capacità di essere flessibile in momento di crisi.
Il vettore spagnolo, di fronte alla forte concorrenza delle compagnie low cost, entrate in forza sul mercato iberico, ha reagito dapprima con una riduzione dei costi e successivamente con la creazione della filiale low cost, Clickair. Questo ultimo vettore, in difficoltà, ha concluso lo scorso anno una fusione con Vueling, il primo operatore low cost spagnolo, creando una nuova filiale low cost in seno ad Iberia.
La nuova Vueling è controllata per il 45 per cento dalla compagnia di bandiera spagnola. Gli altri soci importanti della low cost, fanno parte dello stesso establishment che controlla anche Iberia.
Questo modello low cost – compagnia tradizionale è un po’ un ibrido in Europa. Non ci sono altri vettori che utilizzano questa strategia, la quale ha un obiettivo preciso: controllare il secondo aeroporto spagnolo, Barcelona El Prat. Una strategia simile, seppure in modo molto più limitato, sta cominciando ad averla Alitalia, con il posizionamento di AirOne sul mercato di Milano.
Iberia infatti funziona diversamente dalle altre compagnie di bandiera. Madrid continua ad essere il principale hub di riferimento, controlla in franchigia la propria compagnia regional, AirNostrum e ha sviluppato Vueling per lo scalo di Barcelona.
Vueling compete direttamente con le altre compagnie low cost, principalmente Easyjet e Ryanair, e lo scorso anno, mentre la controllante perdeva diverse decine di milioni di euro, la low cost è riuscita ad avere un beneficio di oltre 27 milioni di euro, con un EBIT superiore ai 70 milioni di euro (più del 10 per cento dei ricavi). Questi dati sono estremamente positivi poiché sono relativi al 2009, l’anno più difficile per l’aviazione mondiale.
La struttura di Iberia sta continuando a modificarsi e Vueling ha sempre più un peso preponderante, dato che nel 2010 dovrebbe raggiungere quasi 12 milioni di passeggeri, ben oltre la metà di quanti ne trasporta la controllante (20 milioni annui). La compagnia tradizionale si specializza sempre maggiormente sul lungo raggio, più remunerativo e lascia il corto-medio raggio alle sue controllate.
Questa struttura è molto differente da quella di British Airways, che nonostante le continue ristrutturazioni, rimane una compagnia tradizionale con delle forti difficoltà a causa della competizione molto elevata. Le low cost hanno, infatti, un forte radicamento nei cieli britannici, essendo sia Easyjet che Ryanair, nate o cresciute OltreManica.
Gli azionisti spagnoli hanno dunque delle remore ad affrontare il processo di fusione poiché temono un adeguamento di Iberia agli alti standard di costo di British Airways. L’ultima rivendicazione in ordine di tempo è dei piloti Iberia che vogliono circa 160 milioni di euro per creare un fondo pensioni al pari dei piloti di British Airways.
La fusione tra British Airways e Iberia, nonostante i rallentamenti e le paure, sembra essere tuttavia inevitabile. La creazione di un grande gruppo, il terzo a livello europeo, è forse l’unico modo per poter competere in un mercato sempre più competitivo come quello aereo.