Il capitalismo, questo sconosciuto
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.
Qualche settimana fa il Financial Times ha pubblicato una serie di articoli sul capitalismo. Questo tema purtroppo non solo si presta a triti luoghi comuni ma parte sempre dal presupposto errato che il contesto in cui la Grande Crisi si è sviluppata è “capitalista”. Gli articoli che sono sia a favore sia contro si possono così riassumere. Da una parte l’accusa, sempre la stessa dell’incapacità del capitalismo di creare prosperità perenne ed essere fonte di disuguaglianza sociale. Dall’altra, la difesa in termini paradossali: il capitalismo, parafrasando Churchill, è il sistema peggiore ma ad eccezione di tutti gli altri. Qualche articolo si avvicina alla realtà: è il sistema finanziario e monetario a dover essere messo sotto accusa.
Se si fa riferimento ai requisiti del capitalismo classico, il contesto della crisi è quello di un interventismo che si è sviluppato negli ultimi cento anni sulle rovine del capitalismo ma con i materiali da questo forniti.
Ancor prima di approfondire basterebbe infatti un semplice dato a “scagionare” il capitalismo. Nel mercato finanziario mondiale non sono i titoli azionari, che rappresentano investimento, a prevalere, ma quelli del debito pubblico che rappresentano spesa. Le economie dunque dipendono sempre più dalle tesorerie statali e delle banche centrali, entrambi entità inflazioniste. Il debito di uno stato è sia spesa corrente sia in conto capitale ma anche quest’ultima è sempre spesa: lo stato infatti non crea mezzi di produzione, ma solo e unicamente consumo. Se il consumo sopravanza la produzione si dice che l’economia vive al di sopra dei propri mezzi. Ma è più significativo parlare di consumo di capitale, fenomeno che si verifica quando il consumo eccede il reddito disponibile. Quando questa situazione si manifesta in tutta l’economia la rende incompatibile con il sistema capitalistico. Lo stato sottrae capitale all’economia attraverso la tassazione ma non bastandogli si indebita. Il debito cresce più velocemente del reddito, genera inflazione e svalutazione monetaria. A sua volta l’inflazione divora ancora più il capitale. Ne consegue un calo generalizzato della produttività, dell’occupazione e dei salari reali. Questa catena di effetti porta al caos economico. E’ la tipica conseguenza dell’ingerenza dello stato nelle attività economiche.
L’era capitalistica
Per gli economisti preclassici fino a David Ricardo il capitalismo era un fatto assodato e si identificava con l’economia del libero mercato. Nella sua forma pura cioè senza interferenze, non è mai esistita.
Ogni tanto veniva perturbata dagli interventi statali più distruttivi in assoluto: le guerre. Il capitalismo il cui periodo storico si colloca tra la prima rivoluzione industriale e la prima guerra mondiale, era caratterizzato da requisiti imprescindibili elaborati dalla filosofia liberale: la libertà di iniziativa e di scambio, la centralità del profitto, una valuta internazionale stabile il cui valore indipendente dall’azione dei governi poneva limiti al loro indebitamento. Gli interessi, non manipolabili, erano stabili e mai tendenti allo zero, circostanza che come vedremo è impossibile nel capitalismo. Prima o poi il debitore era costretto ad estinguere il debito con un attivo reale e non con altro debito come avviene oggi, sistematicamente. Prevaleva il currency principle in base al quale le banche non potevano espandere la circolazione oltre le riserve auree e ciò limitava l’inflazione. La politica delle banche centrali si identificava con l’azione di salvaguardia della convertibilità delle diverse valute in quella aurea. Essendoci stretta connessione tra crediti e risparmi, il credito era ricchezza reale presa in prestito e così la funzione creditizia non veniva confusa con la funzione monetaria. Il circolante era in equilibrio con i valori circolandi, il denaro con i beni e servizi prodotti. Il compito della politica monetaria non era quello di stimolare la domanda in base alla concezione miracolistica dello sviluppo economico, per la quale una pura e semplice espansione monetaria può creare più beni e servizi e reddito reale.
John Law, l’abile finanziere e precursore della moneta manovrata applicò questa teoria per ripianare le finanze francesi del regno di Luigi XIV ma fece sprofondare la Francia in una depressione. Adam Smith richiamandosi alla funzione storica e logica del denaro come intermediario degli scambi sosteneva che “il denaro è merce morta che non produce nulla”. Gli economisti moderni hanno ignorato Smith e riabilitato Law. Conclusasi l’era del laissez faire iniziò quella del welfare state che potendo prosperare solo con l’inflazione creditizia e le valute cartacee a corso forzoso comportava a carico della collettività il costo di una lenta e progressiva erosione del capitale economico.
L’accumulazione del capitale è un concetto chiave per comprendere il capitalismo. E’ il requisito per l’aumento della produttività pro capite, del salario reale e del consumo e fa la differenza fra sviluppo e sottosviluppo.
Essa spiega storicamente e logicamente, la nascita della moderna civiltà occidentale e l’arretratezza di quella orientale. Infatti solo dove si sviluppò l’ideologia liberale come in Europa e in America del Nord e non ci si oppose all’accumulazione delle ricchezze da parte dei privati si formò la classe media e un benessere diffuso. Là dove ci si oppose, come nei regimi autocratici come Russia e Cina per paura di perdere il controllo politico, si condannarono le masse alla povertà. Il termine accumulazione tocca nervi scoperti. Dopo Marx, che concepiva l’economia dal punto di vista del lavoratore manuale, urta la suscettibilità di chi è convinto che la ricchezza si accumuli sempre a spese di altri. Ma chi ne rifiuta il concetto rinnega le basi stesse della civiltà. Inoltre è in contrasto con l’ideologia inflazionista che sembra presupporre sempre la presenza di capitale nella società senza bisogno di preservarlo o reintegrarlo perché può essere surrogato dal credito creato dal sistema bancario. E’ invece proprio quest’ultimo nella sua forma inflazionista ad essere lo strumento di sfruttamento e il fattore delle diseguaglianze sociali perché non si distribuisce uniformemente nelle economie ma va a beneficiare prima di tutti gli speculatori che grazie al denaro creato dal nulla fanno crescere tutti i valori economici in modo fittizio a loro favore preparando le condizioni della crisi in cui i ricchi diventano sempre più ricchi ed i poveri sempre più poveri.
L’era interventista
Il capitalismo è stato un fenomeno transeunte. Dopo il 1914 il mondo è stato dominato dall’interventismo sotto vari nomi:socialismo, nazionalsocialismo, fascismo, New Deal, maoismo, laburismo e infine dall’ultima edizione, quella finanziario- tecnocratica che cominciò a manifestarsi dopo il 1929, la prima crisi sistemica che fu accentuata da un’altra manifestazione dell’interventismo: il protezionismo americano che provocò ritorsioni in tutto il mondo.
Dopo il secondo conflitto mondiale ci fu un breve interludio capitalistico:si lasciò al libero mercato il compito di ricostruire le economie. Ma l’interventismo bellico fu il pretesto per un nuova ondata interventista. I governi non volevano eliminare l’economia di mercato avocando a sé la proprietà dei mezzi di produzione, altrimenti avrebbero eliminato la fonte della tassazione sui cui sarebbero campati. L’economia di mercato doveva infatti diventar il punto d’appoggio per la fusione economico-statuale che cercò di accreditarsi con una base morale: la redistribuzione della ricchezza ai fini di giustizia sociale. Concetto ingannatore che è sempre servito a mascherare l’appropriazione del prodotto sociale da parte di una nuova classe di burocrati. L’idea che i governi dovessero determinare le opportunità di tutti, implicava che ciò che gli altri dovevano avere e chi doveva dare fosse stabilito da un piano diretto razionalmente dall’organizzazione della coercizione per soddisfare le necessità prestabilite che l’economia del libero mercato era incapace di soddisfare. Verso la fine del secondo conflitto, Schumpeter scrisse che il capitalismo era nella condizione dell’imputato di fronte a giudici che hanno già la sentenza di morte in tasca e Hayek lanciò l’allarme sui pericoli di una burocratizzazione dell’economia.
Per aumentare le fonti di entrata I governi ricorsero sistematicamente all’inflazione monetaria e questa avrebbe generato crisi su crisi, sempre più ampie e profonde che nella globalizzazione si allargano immediatamente ad anelli concentrici come quando si getta un sasso nello stagno.
A dare dignità dottrinaria all’interventismo è stato John Maynard Keynes.
Requiem per il capitalismo
Keynes sosteneva che quando c’è crisi lo stato deve intervenire con la spesa. Ma questa non è era una novità teorica.
Il colpo mortale sferrato all’economia capitalistica fu la sua teoria del capitale. “Non sussistono reali motivi per la scarsità di capitale” scrisse (persino Marx deve essersi rivoltato nella tomba). L’ostacolo all’abbondanza perenne, per Keynes, è il tasso di interesse la cui natura è essenzialmente monetaria perché è determinato dalla domanda e offerta di moneta. Pertanto per eliminarlo basta aumentare l’offerta monetaria. Facile no? Non solo, ma così si puniscono anche i parassiti che vivono di interessi (e Keynes fu ritenuto l’uomo che salvò il capitalismo dalla deriva marxista!!).
Da quel momento gli economisti hanno perseverato nell’errore fatale di confondere il denaro con il capitale.
La riduzione artificiale dei tassi doveva compiere il miracolo dell’espansione economica illimitata. Operare questo miracolo, che non si avvera mai, è stato e permane il compito delle banche centrali.
Ma il tasso di interesse non ha nulla a che fare con la massa monetaria in circolazione o con l’espansione del credito. Il tasso di interesse ha relazione solo con il capitale ed il suo livello dipende dal rapporto tra quantità dei capitali esistenti e la sua domanda effettiva.
Nel lontano 1889 l’economista austriaco Eugen von Bohm Bawerk spiegava che l’interesse emerge dallo scambio di beni presenti (100 euro oggi di beni) contro beni futuri (105 euro di beni fra un anno). Gli individui sono disposti ad accettare questo scambio che consente una maggiore quantità di beni dello stesso genere e qualità in qualche data futura, dietro richiesta di un premio inerente ai primi. L’interesse è quindi essenzialmente un fenomeno reale, non monetario. Solo in virtù del fatto che tutti gli scambi del mercato avvengono tramite l’intermediazione del denaro, l’interesse assume veste monetaria.
Il tasso di interesse, come specificherà Ludwig von Mises, è una categoria dell’azione umana, un fenomeno primordiale, insopprimibile. Se fosse zero, i beni presenti sarebbero equivalenti ai beni futuri e ciò significherebbe che gli individui avrebbero perso il senso della previdenza per del futuro, l’accumulazione di capitale verrebbe meno e la civiltà si dissolverebbe perché nessuno sarebbe in grado di provvedere ai bisogni futuri. La funzione del mercato monetario è quella di adeguare il tasso sui prestiti a quello che si manifesta nello sconto dei beni futuri rispetto a quelli presenti cioè al rapporto tra la loro mutua valutazione che può essere determinata solo da libere scelte e che determina l’equilibro tra consumi ed investimenti. Se tende a zero fa tendere a zero anche il capitale, la provvista dei beni presenti o mezzi di produzione disponibili per creare ricchezza futura.
Per questo motivo non può essere fissato arbitrariamente dalle banche senza pregiudicare il mercato, la rete di relazioni individuali alla ricerca dell’efficienza, e la formazione di capitale. Il trauma che consegue a questo arbitrio è la crisi. Se questo non fosse vero l’espansione monetaria e i tassi calanti negli Stati Uniti, Europa e Giappone avrebbero dovuto creare economie floride. Lo stimolo monetario attuato con la discesa dei tassi, lungi dall’essere la fonte dell’offerta di capitale e attivare lo sviluppo rappresenta un costo sopportato da coloro che sono danneggiati dalla conseguente variazione del potere d’acquisto della moneta.
È solo l’accumulazione di capitale che può far decollare le economie ma essa viene vanificata dalle politiche monetarie e fiscali. I governi non riuscendo a capire la radice del loro errore fatale brancolano nel buio condannando le economie al declino.
Originale interpretazione della decadenza del capitalismo attraverso leliminazione del tasso di interesse.
Anche lo sfruttamento ad opera dell interventismo espansivo del credito inflazionista.
Coco e’ un bravo divulgatore economico.
Io sono sempre più convinto che il capitalismo sia portatore di almeno 3 errori fondamentali, di diverso genere.
1) Il primo errore riguarda l’equilibrio domanda/produzione.
Ai tempi in cui nacque il capitalismo vi era scarsità di beni di consumo e tutta la produzione era indirizzata ad aumentare la produzione dei beni domandati.
Ma quale domanda?
Risposta: la domanda individuale di beni e servizi.
Fino a 50 anni fa una nazione doveva impegnare non meno del 50% della propria forza lavoro per produrre i beni e servizi richiesta dalla domanda individuale delle persone.
Per intenderci: tutto ciò che una persona può singolarmente acquistare.
Oggi, grazie all’innivazione tecnologica, probabilmente il 10-15% della forza lavoro è sufficiente a produrre tutto quanto richiesto dagli individui.
Infatti siamo da tempo in crisi di sovrapproduzione di beni e servizi all’individuo, con una con correnza feroce e spietata, salvo pochi settori monopolistici protetti.
E non a caso abbiamo molta disoccupazione, dato che non c’è nulla di più da produrre.
Vi è invece un continuo aumento della domanda collettiva di beni e servizi, i quali non possono essere che acquistati in modo collettivo: infrastrutture, servizi sociali, ambientali, etc.
Ed è proprio in questi settori che vi sarebbero ancora ampi margini di sviluppo dell’economia.
Quindi la critica classica del capitalismo alla presenza dello Stato non defe essere generalizzata.
No allo Stato che spreca e ostacola le imprese con burocrazia inutile.
Ma sì allo Stato che organizza la domanda collettiva di beni e servizi.
No allo Stato che offre beni e servizi ad alto costo ed in modo inefficiente.
Ma sì allo Stato che organizza la domanda (appalti) e controlla gli acquisti (verifiche), lasciando al privato il compito di fornirli, in regime di libera concorrenza.
2) Il secondo fonamentale errore del capitalismo è che vuole misurare tutta l’economia con il denaro, al punto che oggi si ricerca solo il denaro, prodotto da speculazioni finanziarie, senza il lavoro delle imprese.
E infatti abbiamo una società dove circola sempre meno denaro nell’economia di chi lavora e sempre più denaro nell’economia di chi vive sulle rendite finaziarie.
Se ritornassimo a misurare l’economia non in denaro, ma mediante i beni e servizi prodotti, le cose cambierebbero in modo sostanziale a favore di chi lavora e produce.
3) Il terzo grave errore del capitalismo è che presuppone una crescita infinita, mentre questo non è evidentemente possibile. Viviamo in un pianeta finito, che ha disponibilità limitate di risorse e una capacità limitata di assorbire gli impatti delle attività umane.
Un “capitalismo moderno” deve sapere tenere conto di questi limiti, dato che le leggi dell’economia devono essere subordinate alle leggi della fisica.
“Nel mercato finanziario mondiale non sono i titoli azionari, che rappresentano investimento, a prevalere, ma quelli del debito pubblico che rappresentano spesa.”
Detto così sembrerebbe che siano le uniche due forme di investimento mobiliare possibile.
E poi, quale sarebbe la tesi dimostrata? Se gli investimenti si orientano di più verso il debito pubblico rispetto alle azioni, significa anzi che il capitale (per quanto finto) si orienta preferibilmente verso il pubblico rispetto al privato. La tesi viene confutata, non dimostrata. Oppure stiamo dicendo che gli investimenti in debito pubblico sono in qualche modo… obbligati? Non liberi?
“Dopo il secondo conflitto mondiale ci fu un breve interludio capitalistico:si lasciò al libero mercato il compito di ricostruire le economie. ”
Ah sì? E il piano Marshall?
“Se questo non fosse vero l’espansione monetaria e i tassi calanti negli Stati Uniti, Europa e Giappone avrebbero dovuto creare economie floride.”
Non mi pare che siano ridotte così male, anzi. Poi bisogna un po’ intendersi sul termine “economia”: etimologicamente amministrazione della casa? Non mi pare esistano molti posti dove la “casa” sia più confortevole di USA, Giappone, Europa.
Qualunque sia la nostra idea di “economia” mi pare che USA, Giappone ed Europa siano sempre tra i migliori, se non proprio i migliori in assoluto, sistemi economici possibili. Anche se si guarda il PIL, sempre lì si va a picchiare.
E dire che il PIL possa essere considerato un parametro di ricchezza è un errore che continuiamo a commettere, 44 anni dopo queste parole:
“Too much and for too long, we seemed to have surrendered personal excellence and community values in the mere accumulation of material things. Our Gross National Product, now, is over $800 billion dollars a year, but that Gross National Product – if we judge the United States of America by that – that Gross National Product counts air pollution and cigarette advertising, and ambulances to clear our highways of carnage. It counts special locks for our doors and the jails for the people who break them. It counts the destruction of the redwood and the loss of our natural wonder in chaotic sprawl. It counts napalm and counts nuclear warheads and armored cars for the police to fight the riots in our cities. It counts Whitman’s rifle and Speck’s knife, and the television programs which glorify violence in order to sell toys to our children. Yet the gross national product does not allow for the health of our children, the quality of their education or the joy of their play. It does not include the beauty of our poetry or the strength of our marriages, the intelligence of our public debate or the integrity of our public officials. It measures neither our wit nor our courage, neither our wisdom nor our learning, neither our compassion nor our devotion to our country, it measures everything in short, except that which makes life worthwhile. And it can tell us everything about America except why we are proud that we are Americans.”
(Robert F. Kennedy
University of Kansas
March 18, 1968)
La crisi finanziaria attuale non è sufficientemente spiegata né da Guest e neanche dai due commenti di Davide e Marco per i seguenti motivi:
Il capitalismo buono descritto da Guest come mai è rimasto in silenzio nel far sviluppare un finanzcapitalismo che ha rovinato l’economia reale?
E’ notizia di questi giorni che è stato scoperto un truffatore di derivati falsi pari a 6000(seimila) miliardi di euro. E se di questi truffatori falsari ce ne fossero a decine per il Mondo? Si capirebbe il perché il mercato finanziario pulito si rivolge prevalentemente solo ad acquisti di titoli di stato(detti sovrani). Questo fenomino potrebbe dare la spiegazione che i grandi fondi finanziari hanno scoperto che essendoci tanti falsari nei titoli privati(compreso azioni) non conviene rischiare ad investire in detti prodotti finanziari privati. Se fosse vero questa ipotesi(e a me sembra proprio di si) dove stavano gli stati e le banche centrali che hanno favorito, per assenza di controllo, queste ruberie? Infatti l’attacco ai titoli italiani, scarsa richiesta a fronte di una eccesso di offerta, si spiegherebbe solo con la motivazione che lo stato a breve termine non è in grado di vendere proprio patrimonio per ritirare dal mercato eccesso di offerta in titoli e quindi queste manovre speculative determinano un rialzo di interessi eccessivo ma si spiegherebbe come astuzia speculativa di mercato finanziario legittima, considerando anche la facilità che adesso può realizzarsi atraverso il computer. Quindi il capitalismo sano(quello produttivo di merci e servizi) dovrebbe ribbellarsi e dichiarare guerra ai finanzcapitalisti truffatori per dimostrare che le tesi economica basate sul capitalismo sia la migliore. Il libero mercato, senza il guardiano notturno che individua il falsario e lo punisce severamente o ancora meglio si dota di strumenti preventivi per inpedirne la nascita, è una utopia. La Politica non solo ha fallito a questo compito ma, d’accordo con Guest, lo ha alimentato con l’interventismo in economia(Keynes). Per quanto riguarda la tesi di Davide che poichè la terra ha una struttura fisica determinata si cozza con il capitalismo buono perché ha alla base lo sviluppo illimitato e quindi alla fine distruttivo: E’ il libero mercato che sposta il consumo da una risorsa all’altra e ne determina la quantità produttiva limitata in base alla domanda.
@Marco Tizzi
Manca un mese al 18 marzo. Proprio quest’anno, il famoso discorso di R. Kennedy, ha un peso particolare. Sarebbe interessante se in varie parti del mondo, ma direi in particolare qui in Italia, si organizzasse qualche commemorazione pubblica.
@Davide Gionco
Sul primo punto sono totalmente d’accordo. Ma è anche il motivo per cui è errato un certo statalismo tipo spot pubblicitari dell’agenzia delle entrate:
http://giovanedilungocorso.blogspot.com/2012/01/il-debito-pubblico-aumentera-lo-dice-lo.html
Sul secondo punto mi pare che l’obiezione sia “ricorsiva”. Nel senso che il denaro misura la potenza della nazione (Gesù prima della ultra famosa citazione “Date a Cesare…” chiese di chi fosse l’immagine sulla moneta. e proprio ora che la monteta non è più di metallo prezioso, il suo valore è il valore dell’ “immagine di Cesare”, di quanto lo stato è organizzato, del rispetto cittadini-istituzione, della forza militare, della diplomazia, etc…
Sul terzo siamo dinuovo al primo: la “produzione” non può crescere, ma la fruizione di servizi, quella ha margini pressochè inestinguibili.
@Michele Albo
La causa dell’attuale crisi finanziaria secondo me è il fallimento del meccannismo della riserva frazionaria e del moltiplicatore monetario utilizzato dalle banche per creare enormmi quantità di moneta scritturale, che fino a 4-5 anni fa rappresentavano circa il 97% del denaro circolante. Oggi non ne ho idea, forse un po’ meno.
Con questo meccanismo le banche prestanno denaro che non hanno, confidando nella fiducia del cartello intterbancario. Sanno che alla fine quei soldi che hanno prestato ritorneranno in qualche banca del circuito.
Alla fine pareggeranno a zero il capitale e si terranno gli interessi come utili.
Il meccanismo si rompe quando qualche banca non riesce a garantire alle altre banche il proprio impegno a pareggiare i conti, ad esempio perchè il loro creditore non paga le rate del mutuo o ad esempio perchè la banca ha perso quei soldi in speculazioni finanziarie ad alto rischio.
A quel punto crolla la fiducia interbancaria, come sta acccadendo ora, e le banche non creano più denaro sotto forma di crediti.
Esssendo queto tipo di denaro quasi la totalità, le conseguenze sono una drastica riduzione del denaro circolante, con blocco dell’economia reale.
Se invece il denaro fosse messo in circolazione dallo Stato, come avveniva ai tempi dei re sovrani, vi sarebbbe forse il rischio di inflazione, ma non certamente il rischio di una scarsità di moneta.
Il problema dei debiti pubblici ha poco a che vedere con questo problema principale dell’economia oggi in Italia.
Il nesso fra le due questioni è che le banche, avendo perso molta liquidità, cercano di rastrellarla dagli stati. Per questa ragione stannno compiendo azioni speculative, per aumentare la redditività delle operazioni.
x Davide Gionco
1) Scusi ma sul punto 2 probabilmente c’è un malinteso: in tutto l’articolo infatti Coco non fa altro che dire che il capitale non centra niente col denaro… se cosi non è non è colpa del capitalismo (come lei sostiene) ma di come è strutturato il sistema finanziario e per la politicizzazione della moneta (tesi di Coco che condivido al 100%).
2) Non cada anche lei nel tranello delle risorse finite! Perchè non è affatto cosi! Come ha giustamente detto lei abbiamo quasi tutto quello che ci serve quindi non necessitiamo di molte ulteriori risorse fisiche…. la vera crescita e il vero sviluppo risiede nella tecnologia e nella conoscenza che per definizione sono beni non rivali e possono svilupparsi infinitamente… Un esempio chiave sulle cosiddette “risorse finite”: l’energia che per molti è il limite invalicabile della crescita (soprattutto se si buttano miliardi in stupidaggini come il fotovoltaico…) il capitalismo ha portato innovazioni tecnologiche tali (fraking, perforazioni orizzontali, deep water…) che le riserve delle sole fonti fossili, quelle che si pensava sarebbero finite a breve sono aumentate in maniera enorme (poi se per motivi politici e per le scemate degli ambientalisti non vengono sfruttate non si può incolpare il capitalismo).. senza contare tecnologie ormai mature di risparmio energetico (per es. 50% in meno di benzina per le auto o di gas per le caldaie… anche qui se i soldi vengono usati per mantenere i parassiti statali, bruciando cioè capitale, poi non ci sono per queste applicazioni che aumentano il “capitale” cosi come lo intende Coco ma la colpa è dello stato non del capitalismo) senza contare l’e-cat (energy catalyzer) che se funzionerà ci fornirà calore ed elettricità infinita e prezzi bassissimi… tutti prodotti del capitalismo mentre tutte le iniziative finanziate dai governi sono state dei fiaschi pazzeschi… e poi mi venga a dire che il capitalismo non funziona!
X Davide Gionco
Questa mi era sfuggita: “Se invece il denaro fosse messo in circolazione dallo Stato, come avveniva ai tempi dei re sovrani, vi sarebbbe forse il rischio di inflazione, ma non certamente il rischio di una scarsità di moneta”
Più che di rischio parlerei di certezza di inflazione o magari di iperinflazione con le conseguenza devastanti che la cosa comporta (impoverimento generale, guerre…) ma il problema principale per me è un altro e lei non lo considera nemmeno: l’efficienza allocativa! Secondo lei lo stato cosa finanzierebbe: la tecnologia (per me unica e vera fonte di crescita e sviluppo) o i parassiti statali… Ci sarebbe un continuo consumo di capitale (spesa pubblica) senza nessuno che lo crea… ecco spiegato il perchè questo sistema ha sempre portato miseria ovunque è stato applicato!
Altro rischio, sarebbe meglio dire quasi certezza: se lo stato può creare moneta a piacimento allora significa che le elite politico-economiche al vertice hanno un potere enorme e questo alla lunga porta alla scomparsa della democrazia e del mercato in una parola alla sudamericanizzazione dell’economia: un elite ricca che comanda e il resto del popolo in miseria che non conta nulla e che non potrà mai sperare di emanciparsi se non emigrando visto che il merito sarebbe inutile in un sistema di questo tipo…. Non capisce che il concetto stesso di “stato” nell’economia globalizzata di oggi è superato?
Credo anche io che il capitalismo sia il peggiore sistema economico ad eccezione di tutti gli altri ( basta pensare al comunismo ). Sul discorso “Finanza e Banche ” vorrei capire una cosa. Per decenni ho sentito dire che le banche non facevano gli interessi del poppppppolo e della ggggggente perchè prestavano denaro solo a coloro che lo avevano già . Poi è arrivata la crisi dei subprime cioè derivante dal fatto che le cattivissime banche erano venute incontro al poppppppolo e alla ggggggente prestando soldi a chi non aveva la capacità di restituirli E’ iniziata la crisi che ci trasciniamo ancora e tutti danno la colpa alle banche . Premesso che non sono un bancario e tanto meno un banchiere, qualche economista , tra i tanti presenti su questo blog , mi potrebbe spiegare come si dovrebbe comportare una banca ? Prestare i soldi a chi li ha attirandosi le critiche feroci quale affamatore del poppppolo o anche a chi non li ha correndo il rischio di perderli e di innescare crisi economiche globali ? Cosa facciamo , aboliamo le banche e facciamo amministrare tutti i soldi allo stato , come sognano i cattocomunisti presenti in questo blog ?
@Claudio Di Croce
In quale sistema monetario?
Quello attuale è un sistema basato sul debito. Pubblico o privato che sia poco cambia. Ma se si ferma il debito il sistema collassa perchè non ci sono in giro abbastanza soldi per ripagare i debiti pregressi + gli interessi. Quindi, oggi, qualcuno deve fare debiti.
Il problema, nel sistema attuale, è che se: 1- i privati non fanno più debiti oppure 2- il sistema bancario non concede più credito, allora o fanno debiti gli stati o il sistema collassa.
Perché è uno schema Ponzi, nient’altro, quindi se non si alimenta più collassa. Curioso notare che lo schema-Ponzi è vietato in tutto il mondo tra privati, ma poi i sistemi monetari sono fondati su esso 🙂
Quindi nel sistema moneta-aria fondamentalmente è secondario a chi si da credito, basta che si dia.
Questo è il vero problema e per questo dico (vd. scambio con G. D’andrea sotto il pezzo “Sbaglia chi accusa l’Europa, la rapina di Stato è italiana”) che QUESTO sistema non ha nulla a che fare con il capitalismo, ma proprio nulla.
E’ solo un modello matematico di espansione della moneta, che funziona per contrazioni ed espansioni successive, come una specie di bruco che si contrae e si estende in continuazione per andare avanti.
Quanto durerà? Boh. Non lo so, però non si può negare che in questo sistema sia necessaria la spesa pubblica, perché, ripeto, senza debiti il sistema implode.
Non è un caso che i Repubblicani in USA, ormai TUTTI i candidati, chiedano che si cambi il sistema, con la fine delle banche centrali ed il ritorno ad un qualche tipo di moneta reale.
Per quello ce l’ho tanto coi tedeschi: se si vuole una moneta “hard” deve essere “hard”, se invece si vuole una moneta “fiat”, come adesso sono TUTTE le monete, allora ci vuole un “debitore di ultima istanza”, qualcuno, cioé, che se nessun altro fa debito lo faccia e senza possibilità che qualcuno gli dica “no”.
@LucaS
Solo tre osservazioni.
1) Diversamente da quanto ci raccontano, l’inflazione non è quasi mai generalizzata.
Il meccanismo dell’aumento dei prezzi a causa di un eccesso di denaro (ci sono almeno altre 4-5 cause di aumento dei prezzi, anche generalizzato che non dipendono dalle politiche monetarie) si verifica sempre peer settori merceologici e mai in modo generalizzato.
Il meccanismo è che il mercato richieda una merce in quantità superiore a quanta ne venga prodotta e che nello stesso tempo il mercato disponga di una grande quantità di denaro.
A quel punto l’acquisto dei beni/servizi scarsamente disponibili diventa una specie di asta al rialzo per aggiudicarseli, con un aumento dei prezzi e la non disponibilità per tutti di quei beni/servizi.
Se non ci fosse scarsità, il problema non si verificherebbe.
In caso di sovrabbbondanza di denaro l’inflazione si avrebbe quindi solo nei settori merceologici in cui la domanda supera l’offerta.
Peraltro è quanto è già più volte accaduto nel settore immmobiliare, dove le banche commerciali hanno destinato almeno l’80% della loro produzione di denaro scritturale (sotto forma di crediti). Le case, com’è noto, sono un bene molto richiesto in quanto bene durevole.
Ma il rischio di inflazione mi sembra irrealistico per settori come alimentazione, servizi, etc.
In ogni caso credo che siamo tutti d’accordo che il livello di equilibrio della quantità di moneta circolante debba essere superiore a quello attuale.
Ma se le banche, per motivi finanziari che nulla hanno a che vedere con l’ecoonomia reale, si rifiutano di creare moneta scritturale, noi che cosa facciamo?
Restiamo in crisi per sempre?
Chi, se non lo Stato che tutti ci rappresenta, potrebbe mettersi a creare la moneta mancante?
2) E’ certamente vero che se la creazione di denaro fosse messa nelle mani della politica, e soprattutto dei nostri politici avidi ed ignoranti, l’inflazione in molti settori sarebbbe assicurata, soprattutto nel settore immobiliare.
Ma è altrettanto vero che il trasferimento di questo potere alle banche ed al mondo finanziario non ci offre alcuna garanzia che il denaro creato venga emesso nella giusta quantità e che venga allocato secoondo criteri di pubblica utilità.
Ad esempio se le banche dessero il denaro alla ricerrca scientifica,come avviene negli USA, sicuramente avremmo tutti molti più vantaggi.
Ma solo un indirizzo “politico”, non legato al business finanziario (si spera che non lo sia), può darci queste garanzie.
Per questo la giusta soluzione potrebbe essere non una banca statale, ma una authority opportunamente regolamentata e controllata.
Questa authority potrebbe determinare ogni anno la quantità di denaro necessaria al mercato, verificando che non si verifichino fenomeni di inflazione nei vari settori merceologici, ma nello stesso tempo anche il raggiungimento della piena occcupazione.
La’uthority agirebbbe con indirizzo politico, ma con autonomia decisionale.
3) Io sono per “molto poco stato” nella interferenza nell’economia privata, ma anche per “molto stato” come committente di servizi a domanda collettiva.
Mi pare evidente che oggi il nostro sistema produttivo è già sovradimensionato rispetto ai fabbisogni a domanda individuale (che possono essere commissionati da un singolo individuo o da una singola azienda). In questi settori non vedo margini di crescita dell’economia.
Viceversa in Italia ci sono molti bisogni collettivi che non sono soddisfatti. Pensiamo solo alla messa in sicurezza delle scuole, dei fiumi, all’arretratezza delle nostre infrastrutture informatiche, energetiche…
E’ proprio in questi settori che abbiamo ampi margini di sviluppo.
Ma una domanda collettiva potrà arrivare al mercato solo da un ente giuridico collettivo: lo Stato.
Sempre che (come da punti precedenti) vi sia sufficiente denaro per pagare queeste commesse pubbliche.
Ma solo se lo Stato riprende il potere di stampare moneta, ce ne sarà abbbastanza senza creare debito.
Onestamente – e chiedo scusa della mia ignoranza – non ho capito una ma…za . Io facevo una semplicissima domanda e mi vedo rispondere con elucubrazioni politico-economico-filosofiche .
L’unica cosa che mi sembra chiara è che c’è una richiesta ad aumentare i carrozzoni pubblici . E ritorna la richiesta di stampare moneta . Il problema finanziario italiano e mondiale si risolve in una stamperia e per di più senza creare debito ( ????).Non capisco come mai i cervelloni mondiali e italiani – ogni riferimento al senatore a vita Prof. Monti è voluto – non mettono in pratica l’ovvia e semplicissima soluzione . Forse c’è carenza di inchiostro da stampa ? Dobbiamo eliminare la Merkel che si oppone ?
@Claudio Di Croce
Claudio, non si può, con il massimo rispetto, chiedere a chi le banche dovrebbero prestare soldi e fregarsene di tutto ciò che accade intorno.
Guardi che in Europa di moneta se ne sta stampando a fiotti. Semplicemente viene data alle banche invece che agli stati. Col risultato che le banche la tengono all’interno del sistema finanziario e questo sta facendo saltare in aria tutto, dato che la recessione porta alle bacarotte, etc. etc.
“Non capisco come mai i cervelloni mondiali e italiani – ogni riferimento al senatore a vita Prof. Monti è voluto – non mettono in pratica l’ovvia e semplicissima soluzione . Forse c’è carenza di inchiostro da stampa ? Dobbiamo eliminare la Merkel che si oppone ?”
Spero stia scherzando. O parla sul serio? TUTTO il mondo (FMI, USA, UK, Wall Street, City) sta chiedendo alla Merkel di smetterla. Tanto è vero che Draghi l’ha salutata col gesto dell’ombrello, ha messo la freccia e ha cominciato a stampare a fiotte. Ma la Merkel è un politico e non esistono politici buoni e politici cattivi, esistono solo politici che vogliono vincere le elezioni.
Lei confonde la spesa pubblica e gli investimenti con l’apparato statale, fa molta confusione, col massimo rispetto.
Guardi, sia chiaro, a me non piace questo sistema. Ma questo è e così funziona.
Se si vuole cambiare, si cambia il sistema, non un pezzettino.
@Claudio Di Croce
Se l’unico modo per fare entrare denaro nell’economia reale è attraverso le banche (BCE che stampa, banche commerciali che distribuiscono), ma se le banche commerciali non distribuiscono più la moneta all’economia reale, facendola soffocare, mi spieghi quale altra strada potrebbe esistere per avere di nuovo del denaro in circolazione, se non quella di togliere al sistema finanziario questo potere e ridarlo agli stati sovrani, naturalmente con tutti i controlli del caso per evitare distorsioni del sistema.
Articolo brillantissimo. W Gerardo Coco a Chicago Blog!
x Davide Gionco
Siamo molto distanti su vari punti:
1) Se la moneta ha un controvalore aureo (oppure legato a panieri di commodities) non c’è alcun bisogno di stati o banche centrali.. il mercato opererebbe automaticamente gli aggiustamenti volta per volta senza bisogno che qualcuno dall’alto gli dica quale sia la quantità di moneta ottimale, il tasso ottimale ecc..
2) Un’autorità nominata e amministrata dallo stato che decide come/cosa/quanto/ a chi fare credito..esiste già e con esiti disastrosi: le fondazioni bancarie! In USA chi ha finanziato la tecnologia sono i PRIVATI tramite il venture capital, c’è un ordinamento giuridico che consente loro di nascere e prosperare mentre noi non l’abbiamo ma soprattutto un sistema economico che DOMANDA tecnologia… mentre da noi è tutto molto arretrato e statico quindi non c’è nemmeno domanda per la potenziale impresa tecnologica italiana… in questo contesto mi sembra normale che le banche non facciano credito alla tecnologia! Finchè i politici non ci fanno uscire dal socialismo reale in cui siamo investire in tecnologia non ha senso! mancano gli incentivi per farlo.
3) Ma cosa diavolo centra lo stato con la sanità, l’istruzione, le infrastrutture? Queste sono tutte cose che può benissimo fare il privato, previo un quadro regolatorio chiaro e una giustizia rapida e efficente (anche quest’ultima in prospettiva penso sarebbe meglio privatizzarla ma prima vengono altre cose…). Per es. l’istruzione che sogno io è totalmente libera su internet, open-source con ciascuno che può contribuirvi e migliorarla… è cioè di ottima qualità, non rivale e gratis senza che lo stato ci metta il becco e paghi migliaia di persone per fare quello che oggi si può avere gratis… Idem per gli altri campi! In particolare per le infrastrutture (per non parlare dell’energia), visto che le ha menzionate varie volte, lo stato ha una performance disastrosa… In nessun altro paese al mondo si discuterebbe di tav o ponte sullo stretto o si sarebbero privatizzate in modo tanto vergognoso le infrastrutture con costi/perdite enormi a carico dei contribuenti… se non mi crede posso darle i riferimenti precisi! Insomma lo stato non è in grado di fare nemmeno l’ABC e lei vuole che si occupi di cose ancora più complicate… mi sembra un controsenso! Altro esempio: sicurezza delle scuole: tanto per cominciare le scuole (come le biblioteche) sono totalmente inutili perchè si può fare tutto e-learning da casa ma poi basterebbe scegliere i plessi idonei chiudendo quelli che non lo sono e fare 2 turni da 5 ore: 5 la mattina e 5 il pomeriggio invece che un unico turno da 5 ore la mattina… in questo modo puoi erogare lo stesso servizio usando la metà dei plessi tenendolo aperto tutto il giorno come si fa in università… ma lo stato è talmente arretrato che queste cose nemmeno le concepisce! Altro esempio: infrastrutture energetiche…. si legga gli articoli di Giorgio Ragazzi sugli incentivi alle rinnovabili e in particolare al truffavoltaico.. insomma lo stato non ne azzecca una neanche per sbaglio!
@LucaS
Concordo sugli esiti disastrosi delle fondazioni bancarie.
Riguardo ai finanziamenti dei privati sulla ricerca tecnologica, ho lavorato e lavoro attualmente all’estero e conosco bene la differenza fra la miopia degli investitori italiani e quelli stranieri.
Il limite degli investimenti privati è che vanno unicamente dove c’è la previsione di un business economico per l’investotore stesso.
Questa modalità, anche meritoria, di guidare gli investimenti lascia completamente fuori molti settori nei quali il ritorno economico è distribuito sulla collettività.
Ad esempio nessun privato investirà mai sulla messa in sicurezza dei fiumi.
Eppure si tratta di una esignza sentita dalla popolazione, di una domanda collettiva a cui il mercato non sa dare risposte, a meno che lo Stato, rappresentante della collettività, non concretizzi la domanda in un appalto pubblico.
La stessa cosa vale per le infrastrutture, la sanità ,etc.
Io non ho detto che lo Stato deve realizzare queste cose, dato che il privato, concordo con lei, la fa molto meglio.
Lo Stato deve assumere il ruolo del cliente: esprimere la domanda al mercato, verificare l’adeguatezza del prodotto, pagare le prestazioni ricevute.
Per questo è sbagliato fare di tutta l’erba un fascio.
Lo Stato secondo me deve sparire in qualità di fornitore di servizi ai cittadini, dato che il privato, se messo in opportuno regime di concorrenza (cosa in Italia più rara dei politici oinesti), lo sa fare meglio e in modo più efficiente (il privato in rgime di monopolio lo fa ancora peggio dello Stato).
Però lo Stato deve aumentare il suo ruolo di CLIENTE, rappresentante della collettività.
Perchè è proprio in questi settori a domanda collettiva che vi sono i maggiori margini di crescita dell’economia, in quanto esiste una forte domanda insoddisfatta.
Invece nel settore dei beni di consumo ad acquisto individuale, il mercato è già praticamente saturo ed esistono margini minimi.
E comunque anche in questo settore i margini di crescita sono legati ad una maggiore disponibilità di denaro, che può venire solo da un aumento del tasso di occupazione (in Italia fra i più bassi di Europa, credo intorno al 40% – è un dato difficile da trovare).
E l’occupazione, generatrice di ricchezza, può essere data soprattutto in quei settori a domanda collettiva in cui c’è moltissimo lavoro da fare.
Però lo Stato, per potere pagare queste commesse, ha bisogno di una maggiore disponibilità finanziaria, oggi impedita dal monopolio delle banche nella creazione di moneta corrente.
Per questo una riforma monetaria è fondamentale (anche se non sufficiente) per una riopresa dello sviluppo dell’economia.
Il privato non potrà mai, da solo, fare fronte a queste riforme, dato che non ha il potere di fare una friforma monetaria, né la capacità di rappresentare, in qualità di cliente, la domanda collettiva di beni e servizi da parte dei cittadini.
Infine per ciò che riguarda la risoluzione dei problemi delle fondazioni bancarie, non esistono formule magiche, se non fare in modo che i consigli di amministrazione siano composti da persone oneste e qualificate, e non da disonesti e incompetenti esponenti di partito o amici di amici.
Capisco che tentare di sintetizzare in poche righe sia complicato, ma questo post mi sembra abbia la stessa profondità di un bignami per uno studente pluribocciato . Tagliando le frasi con l’accetta, senza enunciare con precisione i postulati sottostanti ogni affermazione, si rischia di scrivere stupidaggini. Come appunto nel caso in questione.
Provo a ridurre l’apotesosi dei deliri richiamando qualche principio:
– il capitalismo non è una teoria economica. E’ solo l’utilizzo di denaro per comprare dei mezzi di produzione, con l’obiettivo (non obbligatoriamente raggiungibile) di ricavarne di piu’.
– ovviamente, se l’obiettivo è aumentare la quantità di moneta, qualcuno dovrà pur stamparlo. Quanto stamparlo, è stato variamente studiato da alcuni economisti di Chicago chiamati appunto “monetaristi”.
– l’eventale (non obbligatorio) effetto inflattivo non cambia se a stamparlo è lo Stato od una Banca centrale che lo presta alle banche private che poi lo prestano allo stato. L’unica differenza è che il secondo metodo carica arbitrariamente i cittadini di debiti, e quindi di tasse.
– capitalismo e liberalismo non coincidono. Né coincidono “lassaiz faire” e liberalismo. La parola “liberismo”, distinta da liberalismo, esiste sono il Italia, creata “per errore” da Benedetto Croce. Il principio fondamentale delle teorie liberali è la necessità del “Diritto”, che si traduce in economia con il seguente assioma: “un mercato è un sistema giuridico. In assenza di esso, l’unica economia possibile è la rapina di strada”. Niente a che fare con l’anarchia.
Saluti
G. Guido Cacciari.
Si scrive “È solo l’accumulazione di capitale che può far decollare le economie ma essa viene vanificata dalle politiche monetarie e fiscali. I governi non riuscendo a capire la radice del loro errore fatale brancolano nel buio condannando le economie al declino” Ma se i miliardi che la FED e la BCE distribuiscono vengono usati per la speculazione finanziaria (quandanche fosse il rialzo dei titoli in borsa) anzichè per l’accumulazione del capitale e il finanziamento operativo delle imprese, non occorre frenare in qualche modo tale speculazione finanziaria?
Ma certo che sì.
Il denaro deve essere uno strumento di mercato, e il mercato ha a che vedere con produzione di merci e servizi.
Le speculazioni finanziarie non hanno nulla a che vedere con il mercato.
Sarebbero severamente da priobire.
@Davide Gionco
Da cui, scusate l’intromissione, sarebbe assolutamente da vietare l’espressione “i mercati” fanno questo, “i mercati” hanno deciso questo o quello, “i mercati” hanno dato un giudizio favorevole o negativo.
La finanza non è il mercato.
E’ un gioco d’azzardo, quasi sempre con soldi altrui. Tutto qua.
@Guido Cacciari
Ripeto la mia domanda e spero che un illustre pensatore come Lei mi possa rispondere con parole semplici che un ignorante come me possa capire : uno che guida una banca deve prestare i soldi che i depositanti gli hanno affidato a chi da garanzie che li possa restituire oppure a chiunque li chieda in nome della ” solidarietà ” correndo il rischio di farli perdere ai depositanti , tra cui magari c’è anche Lei ?
@Claudio Di Croce
La ringrazio dell’illustre ed anche del pensatore. In realtà conosco solo pochio concetti base e mi attengo a quelli.
Provo a risponderle, ma premetto che che si tratta di deduzioni presonali.
– Il rischio del prestito deve essere corso dalla banca, ed in particolare dal banchiere, non dal correntista. Come al solito, è un fatto di regole, ed in particolare di diritto.
– Un fallimento bancario deve vedere come uniche vittime i banchieri, che avrebbero dovuto attenersi alle corrette regole di analisi del rischio prima di affrontarlo. Sanzioni penali ed amministrative devono assolutamente essere applicate a chi mina il sistema disattendendo la fiducia postagli.
– Il correntista, al contrario, deve essere garantito dallo Stato. Infatti, stampare denaro per ripianare un fallimento bancario, non crea inflazione, in quanto significa rimpiazzare moneta già virtualmente esistente, ed improvvisamente cancellata. Se non lo facesse, si creerebbe al contrario la più pericolosa deflazione (oltreché l’ingiustizia).
– Come dice Giannino, le banche non sono più attrezzate per analizzare il rischio, in quanto all’investimento “capitalistico” preferiscono quello in titoli si Stato.
– A mio avviso, posto che gli stati non dovrebbero aver bisogno di prestiti (come peraltro scritto a chiare lettere nella ns. disattesa ed inutile costituzione) se lo facessero, dai prestatori dovrebbero essere escluse le banche. Altrimenti, succederebbe quello che sta succedendo ora, ovvero la demolizione del sistema (di investimento) capitalistico.
@Claudio Di Croce
Per quanto rigiarda la crisi dei subprime, (nota: in europa non esistono neanche i “prime”), anche questa crisi è stata causata da una macrospcopica ingerenza statale nel mercato del denaro.
In particolare, da Clinton che impose di prestare ai subprime (ovvero: a chi non solo non ha garanzie, ma è già debitore insolvente) ai due colossi bancari statali (Fannie Mae e Freddie Mac) che poi ovviamente fallirono, trascinando con se un pezzo del sistema bancario.
Tradizionale approccio keynesiano e statalista dei democratici che riescono a fare a pezzi il sistema economico in pochi anni.
Quando una qualunque azienda fallisce ne pagano il prezzo i soci , azionisti o no, i creditori . I correntisti / depositanti di una banca cosa sono ? Quando si dice che devono pagare le banche e i banchieri a chi si riferisce ? agli azionisti delle banche , ai loro massimi dirigenti ? Perchè i contribuenti dovrebbero garantire – cioè pagare – i depositi di una banca fallita ? e non ad esempio i possessori delle obbligazioni bancarie , cioè coloro che hanno prestato i soldi in modo diverso alle banche .
Il suo riferimento a Clinton , adorato dalle sinistre nostrane – stagista sotto la scrivania compresa – mi fa capire che secondo lei le banche dovrebbero comportarsi nei confronti della clientela che chiede soldi in prestito con grande prudenza , cosa che io condivido .
@Claudio Di Croce
– Sì, come banchieri mi riferisco al consiglio di amministrazione, ed ai dirigenti che questo volesse chiamare in causa.
– No, i depositi di una banca fallita non la devono garantire i contribuenti, ma l’ente che regola la quantità di moneta (ovvero che la stampa, vincolato magari da regole precise), e che a mio avviso deve coincidere con lo Stato (il Ministero del Tesoro).
– I possessori di obbligazioni bancarie sono investitori, e come tali soggetti al rischio dell’investimento.
– Io non parlo di prudenza, ma di competenza (capacità di analizzare un rischio). Se si prescinde da questa, allora anch’io domani divento una banca, così posso farmi prestare del denaro al tasso di sconto, per poi girarlo allo stato con un tasso di interesse 20 volte maggiore. Facile. E allora perché non posso? Perché non dovrebbe essere questo che devono saper fare le banche.
bellissimo articolo.
Conclusione favolosa.
Alla fine, tutto lo sconquasso economico che stiamo vivendo è soprattutto (ma non solo, c’è anche un fattore di saturazione dei mercati e di raggiungimento dei limiti tecnologici dell’incremento della produttività) dovuto all’ignoranza ed insipienza in merito ai fattori economici di chi governa. Ma chi governa, nei paesi democratici, è espressione dell’ignoranza e dell’insipienza dei fattori economici da parte di chi vota, ovvero dei cittadini.
Sono anni che sono convinto che alle elementari, invece di insegnare educazione sessuale o i segnali stradali o i dinosauri… dovrebbero cominciare ad impartire i primi fondamenti di economia…
NESSUNO SA CHE COS’E’ LA MONETA!
Da dove deriva il suo valore e come si fa a misurare il valore di una moneta.
Questo è semplicemente drammatico.
Saluti.
Alessio