Il buco nell’acqua (con una proposta per uscire dal guado)
Non c’è dubbio: per chi crede nel mercato, il voto di ieri e oggi è una cattiva notizia. Il raggiungimento del quorum, con l’ovvia vittoria dei “sì”, ai due referendum sull’acqua ci riporta indietro di molti anni, e da molti punti di vista. Anzitutto riporta indietro il settore dei servizi pubblici locali: con quali possibili conseguenze, lo abbiamo discusso qui assieme a Serena Sileoni (ci tornerò alla fine di questo post, con una proposta). Riporta indietro la discussione su concorrenza e mercato, visto che, per la prima volta da molti anni, ci siamo trovati di fronte a un’opinione pubblica che ha esplicitamente preferito l’inefficienza del pubblico ai profitti del privato (il che è vero soprattutto sul piano dei simboli e della comunicazione politica). Riporta indietro la qualità del dibattito pubblico, perché abbiamo affrontato una campagna elettorale brutta, alimentata da slogan ultrasemplificati, e dove per giunta il contenuto tecnico dei quesiti è stato sacrificato al messaggio politico che tramite essi si voleva mandare al Cav. Ma questa è una scusa molto parziale e non cancella il danno.
Perché siamo arrivati a questo risultato? La risposta è semplice: il “fronte del no” è, sostanzialmente, non pervenuto. Ci sono stati sforzi individuali, battaglie isolate di singoli e piccoli gruppi, pochi e disorganizzati. Ma, nella sostanza, nulla di organizzato e nulla di efficace. Noi dell’Istituto Bruno Leoni abbiamo cercato di fare la nostra parte, coi mezzi limitati a nostra disposizione e senza essere troppo convinti della norma che difendevamo. Altri gruppi – a partire dal comitato Acqualiberatutti e da singoli “freedom fighter” come Oscar Giannino – hanno tentato di bucare il muro della retorica. Ma, nella sostanza, tutto è stato lasciato a iniziative individuali. E i risultati sono quelli che sono.
Il problema, infatti, è politico. Il centrodestra, artefice della legge Ronchi (e del codice ambiente su cui incide il secondo quesito), non è stato capace, o non ha avuto il coraggio, di difendere una delle pochissime cose buone che ha fatto, combattendo a viso aperto una battaglia (per il no o per l’astensione, poco conta). Nelle città italiane, c’erano solo manifesti per il sì. Il centrosinistra, ha ripudiato la sua sensibilità riformista per abbracciare un populismo da anni Settanta, e ha barattato la dignità di molti suoi esponenti col tentativo di segnare il colpaccio politico. Tanto dell’acqua, chissenefrega. Infine, i media hanno dato il peggio di sé, facendo propria la lettura “referendaria” del senso dei quesiti – con poche eccezioni: Il Sole 24 Ore (grazie in particolare a Jacopo Giliberto e Giorgio Santilli), Il Foglio, Linkiesta.it e alcune importanti firme di altri quotidiani, come Massimo Mucchetti sul Corriere e Luca Ricolfi sulla Stampa, e pochi altri. Sulla televisione, stendiamo un velo pietoso.
Quindi, come se ne esce? Perché in qualche modo bisogna uscirne. I due quesiti intaccano l’organizzazione del settore idrico post-legge Galli (e dei servizi pubblici locali), ma non lo smontano del tutto. Chi crede nel mercato può ancora appigliarsi alla normativa comunitaria, che comunque predilige le gare come modalità di assegnazione della gestione del servizio, che impone la piena copertura dei costi in tariffa, e che obbliga a fare investimenti in particolare nella depurazione. La normativa post-referendum richiede interventi per garantirne l’efficacia e la coerenza.
Ecco la mia proposta al governo: sull’acqua, faccia propria e proponga in Parlamento la proposta presentata dal Partito democratico a fine dell’anno scorso. Come abbiamo spiegato con Luigi Ceffalo, si tratta di una proposta per molti versi migliorativa rispetto alla legge Ronchi – specie sul fronte della regolazione. E’ senza dubbio meno rigorosa sull’aspetto delle gare, lasciando porte più aperte all’inhouse, ma questo è in qualche maniera inevitabile dato il referendum. Poi c’è il problema degli altri servizi pubblici locali (principalmente trasporto pubblico e rifiuti): il governo potrebbe riproporre il ddl Lanzillotta, limitandosi a modificarlo prevedendo l’esplicita esclusione dell’acqua dal suo ambito di applicazione (in pratica modificando l’art.2, comma 1, lettera g). In questo modo, dal male potrebbe sorgere il bene. Da un referendum anti-concorrenziale potrebbe sortire una disciplina più coerente e più aperta alla concorrenza di quella appena abrogata.
Perché le cose vadano così servono due ingredienti: una maggioranza intelligente e una opposizione coraggiosa. Sono pessimista.
Egr. dott. Stagnaro,
condivido integralmente quanto Lei ha scritto. Soprattutto l’amarezza e al contempo la speranza contaminata dall’inevitabile pessimismo (vista l’attuale maggioranza ma anche l’attuale opposizione non si può che essere d’accordo) che trasmette.
La mia speranza è che, una volta accettato e superato il travolgente “tribalismo” (come correttamente lo definirebbe Oscar Giannino) che riduce ormai ogni dibattito politico ad un mero schierarsi aprioristicamente a favore o contro il Cav., si possa finalmente tornare a discutere seriamente e razionalmente delle misure e delle iniziative che davvero siano utili al nostro Paese e alla sua crescita, sperando anche che in questo nuovo dibattito, popolarmente epurato finalmente dall’anomalia, il concetto di mercato trovi sempre maggiore spazio.
Un cordiale saluto
Voi dell’IBL siete degli ottimi studiosi ma dei pessimi politici: avete puntato tutta la vostra campagna referendaria sull’astensione, credendo di poter approfittare d’una scorciatoia per la vittoria sommando i (non)voti di chi se ne sta a casa con i voti di contrari alle leggi, anziche’ fare un’onesta campagna per il No. E siete stati (giustamente) puniti per questa scelta scellerata.
Io ho votato 4 No a questo referendum, e mi dispiace che vincano i Si’. Pero’ preferisco perdere onestamente in questo modo, piuttosto che avere una sorta di “vittoria a tavolino” come sarebbe stata se non si fosse raggiunto il quorum.
Riflettete, cari IBListi, sugli errori che avete fatto nel promuovere l’astensione.
Magari imporre di coprire i costi solo con il ricavato delle bollette aiuterebbe la gente a comprendere realmente il costo del servizio e di come in Italia si paghino tariffe artificialmente basse.
Gentile Larry, le sarei grato se mi indicasse quando e dove “abbiamo puntato tutta la nostra campagna referendaria sull’astensione” perché in quel momento ero distratto… Abbiamo puntato tutta la nostra campagna sull’informazione, piuttosto. Come Istituto non abbiamo avuto (e non abbiamo) alcuna posizione sui comportamenti elettorali – mentre abbiamo, ovviamente, una posizione sui loro effetti. Alcuni di noi – me compreso – non sono andati a votare; altri, come Oscar Giannino, sono andati e hanno votato no. Quanto al resto, lei dice che siamo “degli ottimi studiosi e dei pessimi politici”: lo prendo per un complimento.
Ma ci credete veramente che si possa proporre in Parlamento le proposte già avanzate dal CSX senza che si scateni una guerra? Il PD quelle proposte se le è già rimangiate – è stato l’argomento di questo referendum.
@Carlo Stagnaro
Gentile Carlo Stagnaro,
riguardo al tema della promozione dell’astensione, in molte interviste lei ha dichiarato che non sarebbe andato a votare in questi giorni. Questo, neanche tanto velatamente, secondo me significa promuovere l’astensione. La sua compagna di comitato Annalisa Chirico, invece, giustamente, ha sempre dichiarato che sarebbe andata a votare No ed ha sempre invitato tutti a votare No.
Inoltre, nel filmato messo in homepage del sito web BrunoLeoni.it ( http://j.mp/iFQwnQ ), si vede e si sente chiaramente una sua intervista nella quale afferma “[…] per tutte queste ragioni, e’ necessario che i due quesiti referendari sull’acqua falliscano”, il che tradotto in italiano significa “che non venga raggiunto il quorum”. Ora lei dira’ che non intendeva quello, ma credo che se avesse voluto intendere diversamente, si sarebbe espresso anche diversamente (“[…] per tutte queste ragioni, e’ necessario che per i due quesiti referendari sull’acqua vinca il No”, o una cosa simile…).
Riguardo alla posizione ufficiale dell’IBL, infine, se questo video me lo trovo sulla homepage di BrunoLeoni.it e sul canale IBL Youtube, penso si’ che sia la posizione ufficiale dell’IBL.
Riguardo al “complimento”, se lei conviene con me, la invito allora a non fare mai piu’ campagna per l’astensione in un referendum.
Saluti
Non può che essere un complimento, chi vorrebbe essere un politico se la classe politica è questa zuffa di guelfi e ghibellini per partito preso che stanno sacrificando l’informazione corretta su qualunque tema a favore di una meschina politica da stadio? Io no di certo…
Segnalo che nel mio piccolo ho fatto la stessa proposta al Pd: http://www.imille.org/2011/06/acqua-ora-il-pd-faccia-il-pd/
anche questa volta mi trovo totalmente d’accordo con Carlo Stagnaro sul non aver raccolto le forze liberali in tempo contro le posizioni pre-concette che hanno mosso I comitati referendari. Un esempio: i due lavori, uno dedicato ad una comparazione tra I metodi di gestione dell’acqua e un secondo che proponeva una comparazione tra Paesi UE, pubblicati solo nella settimana che ha preceduto I referendum andavano, sempre se possibile, presentati molto prima e divulgati di piu’.
L’unica cosa su cui concordo è l’uso del verbo “credere”, che mette in evidenza che ciò che è scritto nell’articolo è una credenza. Privatizzare le autostrade ha portato aumenti giustificati solo da lavori realizzati a costi folli e in tempi eterni. La rete elettrica ha smesso di essere ammodernata appena privatizzata, ma le tariffe crescono oltre l’inflazione. Dove sono i vantaggi della privatizzazione? E dov’è il mercato quando i servizi non possono essere in concorrenza davvero causa barriere intrinseche all’ingresso?
Ma se prima si guarda con compiacente considerarazione alla capacità di Berlusconi di parlare “semplice”, alla pancia del Paese; e poi ci si lamenta dell’eccessiva semplificazione, della massimalizzazione e della politicizzazione della campagna referendaria, non si fa un bel servizio al Paese stesso nè un’analisi con basi condivisibili, anzi. La campagna sui quesiti referendari è stata, anche se non completamente, in stile”Cavaliere”, ma questa volta con esiti opposti al solito. Ora vedremo se il centro sinistra(non solo il Pd) è abbastanza strutturato da porre rimedio al voto referendario…
Escludendo il quesito sul legittimo impedimento, per natura politico, l’esito del referendum rappresenta una sconfitta per tutto il paese e, in particolare, per tutte le forze politiche.
IL GOVERNO ancora una volta non ha avuto il coraggio di essere coerente con un progetto politico (al di là del giudizio sul progetto) e ha preso misure improvvisate per paura di perdere consensi. Inoltre ha fatto poca campagna referendaria, per di più sbagliata, scommettendo sul “non voto” anche quando c’era sentore di quorum.
L’OPPOSIZIONE, in particolare il PD sull’acqua, ha perso l’occasione di proporsi come forza parlamentare matura e alternativa preferendo sfruttare l’impatto politico del referendum invece di portare avanti un confronto parlamentare per migliorare una legge che va, anche se un po’ zoppa, nella direzione già imboccata dal PD stesso.
L’INFORMAZIONE ha mostrato tutta la sua debolezza limitandosi, salvo poche eccezioni, a riportare slogan assolutamente demagogici che hanno finito per trasformare un referendum relativo a questioni “tecniche”, che avrebbero meritato più analsi e approfondimenti, in un giudizio politico/ideologico.
Hanno perso anche i CITTADINI, almeno quelli che hanno votato fidandosi dei proclami dei politici e del comitato per il sì anche se con l’attenuante di un’informazione assolutamente non all’altezza.
Mi piacerebbe che il PD, invece di chiedere a gran voce le dimissioni, sfruttasse i risultati (referendum ed amministrative) per spingere il governo (sicuramente più debole ma comunque legittimato per 5 anni dalle urne) a intraprendere un confronto costruttivo per il paese, magari proponendo il suo progetto di legge sull’acqua.
Il discorso è molto complesso: vi sono molti politici sul fronte-berlusca opposto che propongono soluzioni simili ed in molti casi ragionevoli, per esempio quelli dell’intergruppo della sussidiarietà (o nome simile) oppure quelli che provengono da un’esperienza di amministrazione locale (speriamo che a fare il sindaco a Napoli faccia mettere i piedi per terra anche a Demagistris).
Sono d’accordo con lei sull’articolo e mi conforta il fatto che su altri ref.um non si è tenuto affatto conto del voto (Ministero agricoltura, Rai, magistratura, finanziamento partiti,…) perchè c’erano di mezzo gli interessi di qualche “casta”. Speriamo succeda anche adesso che c’è di mezzo il “bene comune”.
L’esito dei referendum non fa altro che confermare che gli italiani sono un popolo di polli, soprattutto quelli che si laciano abbindolare dai partiti (statalisti) di sinistra.
Non riescono infatti a capire che il loro nemico non e’ il “privato” (imprenditori, artigiani, commercianti ecc.) ma lo Stato stesso, ovvero quella casta di privilegiati che gli ruba ogni mese meta’ della busta paga.
Quella stessa casta che si sta fregando le mani dalla soddisfazione
di poter piazzare altri trombati politici nei consigli di amministrazione degli aquedotti, i quali a loro volta assumeranno clientelarmente qualche parente o amante fancazzista.
Terranno furbescamente basse le tariffe e scaricheranno gli extracosti sulla fiscalità generale.
Italiani polli, svegliatevi !
in soldoni ha ragione claudio; in termini più vasti stanno giocando la solita partita a scacchi fatta di proclami e di polveroni; la gente gode perchè partecipa a una grande kermesse; non c’è un progetto per il paese, tutto è fiction, e nessuno è disposto ad ascoltare l’altro perchè fa comodo stare con il vento che tira in quel momento. Io che non ero d’accordo con i referendum non sono andato a votare perchè votando no avrei alzato il quorum. Queste sono le regole e la democrazia che non ho fatto io. Chi dice di andare a votare e vota no di fatto favorisce il si. Diciamo pure che i referendum non sono mai stati digeriti dalla classe politica specialmente di sinistra che hanno avuto buon gioco di rendere nulli i referendum quelli si importanti, con il risultato che la responsabilità civile dei giudici, si è trasferita allo stato che paga lui per noi, cioè noi.