Il blocco delle tariffe e altre sottigliezze metafisiche
Può apparire presuntuoso suggerire al professor Mario Monti di ripassare (o far ripassare ai suoi colleghi) l’abc dell’economia, disponibile a sua scelta anche in video o su Wikipedia, ma quando ci vuole, ci vuole. E quando si sente parlare di tariffe bloccate, ci vuole.
UPDATE Fortunatamente la smentita inequivoca che auspicavo quando ho scritto questo post è arrivata dal ministro Passera, come riferisce Paolo Baroni sulla Stampa.
Secondo quanto riferisce Roberto Petrini su Repubblica, infatti,
Per la spending review spunta a sorpresa il blocco delle tariffe. Il governo, con un semplice articolo di nove righe contenuto in un decreto, propone il congelamento, fino al 31 dicembre 2013, di tutte le tariffe di luce, gas, acqua e trasporti.
Sempre stando a Petrini, l’iniziativa – che sarebbe riconducibile allo stesso Monti e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Catricalà – sarebbe stata bloccata dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, preoccupato dall’impatto che potrebbe avere sul valore delle azioni delle imprese coinvolte (la maggioranza delle quali controllate da enti pubblici). Su MF Roberto Sommella sostiene invece che Monti (premier) sarebbe contrario a un’iniziativa nata, a sua insaputa, dal ministero dell’Economia, cioè da Monti (ministro dell’Economia), forse per interposto Vittorio Grilli (che non commenta). Il sottosegretario allo Sviluppo, Claudio De Vincenti, fornisce la sua versione dei fatti al Messaggero: “No, non credo. Comunque si vedrà”. Fonti anonime sentite da Reuters smentiscono tutto. I partiti, va da sé, appoggiano con trasporto le proposte più sciagurate: questa non fa eccezione.
Ci sono tre aspetti molto gravi in questa vicenda. Il primo è che il governo “dei tecnici” abbia anche solo preso in considerazione un’idea tanto assurda. Al di là degli aspetti giuridici – non sono sicuro che l’esecutivo possa intervenire tanto facilmente su tariffe che sono oggetto di contratti (le concessioni) o di regolazione indipendente (le componenti tariffarie fissate dall’Autorità per l’energia) – è evidente che questa strada, peraltro tentata in innumerevoli contesti storici e sempre rivelatasi fallimentare, non porterebbe granché lontano. Il controllo dei prezzi, come spiega benissimo Alessandro Manzoni parlando della rivolta del pane a Milano, è uno di quei provvedimenti
che alla moltitudine paion sempre, o almeno sono sempre parsi finora, così giusti, così semplici, così atti a far saltar fuori il grano, nascosto, murato, sepolto, come dicevano, e a far ritornar l’abbondanza. I magistrati qualche cosa facevano: come di stabilire il prezzo massimo d’alcune derrate, d’intimar pene a chi ricusasse di vendere, e altri editti di quel genere. Siccome però tutti i provvedimenti di questo mondo, per quanto siano gagliardi, non hanno virtù di diminuire il bisogno del cibo, né di far venire derrate fuor di stagione; e siccome questi in ispecie non avevan certamente quella d’attirarne da dove ce ne potesse essere di soprabbondanti; così il male durava e cresceva.
Può essere vero che alcune tariffe (o prezzi di servizi scambiati sul mercato) incorporano extra profitti, dovuti all’erogazione di rendite da parte della politica o altri ostacoli ai normali meccanismi concorrenziali. Ma, in questi casi, l’intervento deve essere specifico e strutturale: cioè deve essere teso a rimuovere (se ci sono) le distorsioni; non si può pensare di riparare a una distorsione con una di segno uguale e contrario! Facendolo, si ottiene solo il risultato di alimentare la percezione dell’Italia come di un paese inaffidabile e rischioso, dove il rapporto con le amministrazioni pubbliche non è governato dalle leggi ma dalla volubilità del sovrano. Un paese, cioè, dove cittadini e imprese sono trattati alla stregua di sudditi. Con quale effetto? Il rischio, nel mondo finanziario, equivale a un costo: se qualcosa costa di più, viene “comprato” di meno. Cioè, fuor di metafora, gli investimenti – specie nei settori ad alta intensità di capitale, come le infrastrutture e l’energia – per un verso diminuirebbero, per l’altro richiederebbero una remunerazione maggiore. Vale a dire che, nel lungo termine, i prezzi tenderebbero inesorabilmente ad aumentare (oppure le code ad allungarsi, in virtù della maggiore scarsità).
Il secondo aspetto preoccupante è che, di fronte a una simile mostruosità, la smentita viene affidata a fonti anonime, mentre chi ci mette la faccia è costretto ad abbozzare, ben sapendo che la norma è davvero (stata?) in discussione tra i ministri. Anziché opporre un vigoroso diniego, il governo fa spallucce, che, forse, è la cosa peggiore di tutte: perché dà la sensazione di quanta confusione vi sia sotto il cielo e di quale sia la bussola che orienta le decisioni dell’esecutivo. Cioè la disperazione e la sempre forte tentazione del populismo.
Il terzo elemento di gravità è che la difesa della razionalità economica viene questa volta affidata al ministro Passera, il quale, tuttavia, potendo scegliere tra una prateria di ottimi argomenti, va a pescare quello più scivoloso. Con tutto il rispetto, del valore delle azioni della società x o y non me ne frega un cazzo. Vi sono, infatti, molti provvedimenti doverosi che, sfortunatamente, comportano un effetto negativo su alcune imprese: qualunque liberalizzazione, per esempio, almeno nel breve termine danneggia gli incumbent perché significa che essi smetteranno di estrarre rendite monopolistiche e che, a parità di altre condizioni, diventeranno meno remunerativi. La vera ragione per cui il controllo dei prezzi va evitato come la peste – e va evitato persino di evocarlo, specie se poi ci si fa trovare con le mani sporche di marmellata e con poca voglia di negare di averle ficcate nel barattolo – è che essa equivale alla destrutturazione del mercato. Il problema, in altre parole, non è il potenziale effetto negativo sul titolo dell’azienda tale, ma la distruzione della credibilità di un sistema di regole. Che l’unica opposizione giunga da un uomo che si qualifica, attraverso le giustificazioni che sceglie, come un ventriloquo di interessi particolari (i quali pure, in questo caso, hanno ragione), è desolante manifestazione della debolezza delle forze riformiste in seno all’esecutivo.
Tutte queste cose il professor Monti le sa e le capisce, e suppongo anche i suoi ministri e i partiti che sostengono il governo. Purtroppo, però,
la distruzion de’ frulloni e delle madie, la devastazion de’ forni, e lo scompiglio de’ fornai, non sono i mezzi più spicci per far vivere il pane; ma questa è una di quelle sottigliezze metafisiche, che una moltitudine non ci arriva. Però, senza essere un gran metafisico, un uomo ci arriva talvolta alla prima, finch’è nuovo nella questione; e solo a forza di parlarne, e di sentirne parlare, diventerà inabile anche a intenderle.
Non c’è molto da dire: tutto così vero, assurdo e sconfortante.
Bellissima l’ultima citazione del Manzoni: pensiamo ai molti ragazzi di 15 o 16 che si avvicinano per le prime volte a questi argomenti, essi sposano immediatamente e istintivamente la chiave di lettura più razionale; ma appena cominciano ad “approfondirli”, appena dedicano un po’ più di tempo ai quotidiani, appena cominciano a frequentare le università italiane… la massicce dosi di populismo anti-liberale i cui miasmi tutto pervadono, offuscano le loro giovani menti fino a deviarle, mortificarle o perfino annullarle. Chi si desta, chi reagisce è destinato inesorabilmente alla marginalità.
Il caldo e l’afa di questi giorni sono l’unico argomento plausibile.
Ecco un altro che invoca la libertà di mercato e intanto chiede allo stato di sostenere le banche perché, vittime della loro avida incompetenza, on crollino.tra la’ltro dimenticando che il famoso blocco era di durata limitata nel tempo. Infine perché si accetta che venga cassato l’adeguamento di pensionio obiettivamente basse e si soffre tanto per una momentanea riduzione delgi utili plurimiliardari di compagnie elettriche ecc?
Carlo, alcuni punti su cui riflettere oltre quello che hai detto. 1/ il blocco delle tariffe hai un impatto bassissimo sul potere di acquisto dei consumatori e siccome abbiamo tutti appena pagato l’IMU l’impatto sulla domanda interna e’ = 0. 2/ il blocco riduce pesantemente gli utili e quindi abbassa il gettito allo Stato che quindi perde soldi, in piu riduce i dividendi che ancora hanno un effetto sia per lo Stato che per i Comuni. Totale lo State perde parecchie entrate. In ultimo, su Passera e prz delle azioni di Terna e SNAM: in realta’ conta eccome! Se tagli le tariffe e c’e’ una crisi di fiducia i tassi a cui entrambe si finanziano possono salire a valori che impediscono di fare gli investimenti. Da chi li prendono i soldi poi, dalla CDP (in cui ci sono anche le fondazioni bancarie) che per usare la tua analogia del cazzo l’hanno appena preso in c…. ??!!