13
Giu
2013

Idee per la crescita. Liberiamo la scuola

Un’istruzione di qualità elevata richiede un miglioramento della sua governance, finalizzato a ridurne la burocrazia e a valorizzare il livello dell’insegnamento. La proposta Bocconi/Ente Einaudi, Idee per la crescita. Liberiamo la scuola”, unisce le esperienze delle “Charter Schools” negli USA e delle “Grant Maintaned Schools” in Gran Bretagna, per proporre una riforma del sistema scolastico improntata a garantire una spesa migliore nell’istruzione, considerati i vincoli di finanza pubblica sempre più stringenti.

L’idea di base è quella di sostituire il sistema accentrato attuale, che riflette le preferenze dei governi in gioco e non soddisfa le esigenze della domanda, con uno che lasci alle scuole maggior autonomia e, quindi, responsabilità, incentivandole così a garantire un’offerta formativa in linea con le aspettative di famiglie e studenti, per attrarne il maggior numero.

Per quanto riguarda le “Charter Schools”, si tratta di scuole gestite da gruppi “non-profit” di genitori, insegnanti o altri soggetti. Possono essere finanziate da fondi pubblici o donazioni private, ma non possono chiedere rette alle famiglie. Seppur molto autonome, sono tenute a rispettare gli obiettivi educativi contrattati con l’autorità scolastica pubblica. Hanno ottenuto successo – un aumento della performance degli studenti ai test – nei contesti urbani e più disagiati.

La riforma delle “Grant Maintaned Schools” risale al 1988, quando il governo inglese ha consentito alle scuole inglesi, sulla base di elezioni democratiche a cui partecipavano i genitori, di fare opt-out dall’autorità scolastica locale per trasformarsi in “quasi-independent, grant maintained (GM) schools”. Contestualmente il governo inglese iniziò a pubblicare una classifica delle scuole (“league tables”) basata su ispezioni e test di apprendimento. Questo sistema ha consentito un incremento del tasso di successo negli esami nazionali e delle iscrizioni e qualità degli studenti. Sono inoltre aumentati gli insegnanti e le loro assunzioni.

Sulla base di questi risultati, in “Idee per la crescita” si propone una riforma (con una fase sperimentale della durata di 5 anni, da cui ci si può tirare indietro) che consenta a genitori, presidi, docenti o enti esterni di dare origine a comitati per gestire una scuola. I programmi didattici non sono contrattati con l’autorità scolastica pubblica, ma con degli elettori facenti parte del bacino d’utenza della scuola. In caso di approvazione della maggioranza degli aventi diritto, il comitato avrà piena autonomia nella gestione della vita scolastica (assunzioni, licenziamenti, programmi, orari, stipendi ecc).

Come modalità di controllo, sono previsti gli stessi esami di stato e test standardizzati di apprendimento che affrontano anche tutti gli altri studenti. Tuttavia, l’allievo potrà scegliere un numero minimo di prove tra quelle possibili, dal momento che sarà libero di definire il suo percorso di studi in base agli obiettivi futuri che si propone.

Inizialmente le scuole riceveranno un finanziamento pari a quanto lo Stato ha speso mediamente per quella scuola negli ultimi 5 anni, oltre a una maggiorazione per coprire le spese connesse all’impossibilità di usare i servizi pubblici (ad esempio, per la gestione del personale). Inoltre potranno usufruire dei finanziamenti privati, il cui 20% dovrà essere versato in un “Fondo di solidarietà”, per garantire la presenza di scuole autonome anche in contesti disagiati. Successivamente, la scuola riceverà fondi in base al numero di iscritti.

I risultati degli istituti saranno valutati da una commissione di esperti, in collaborazione con l’Invalsi, che tenga conto di livelli e tassi di variazione di: tassi di superamento degli esami di Stato, performance nei test di apprendimento, storia successiva degli studenti, all’uscita da ogni scuola, risultato di ispezioni. Quindi, tali informazioni saranno rese pubbliche alle famiglie, per consentire loro di fare la scelta migliore.

Viene posto un limite nella libertà degli istituti di definire i criteri di ammissione, per ridurre il rischio di “scuole ghetto”, ossia per evitare che definiscano dei parametri finalizzati a selezionare gli studenti migliori, così da migliorare la loro reputazione (cream skimming).

Si tratta, quindi, di una proposta finalizzata a liberalizzare il sistema scolastico, per lasciare ampia autonomia alle scuole, sia con riferimento ai programmi scolastici che al reclutamento degli insegnanti, coerentemente con l’evidenza internazionale, secondo la quale le scuole autonome nella gestione delle risorse umane sono quelle che sanno scegliere insegnanti più capaci.

La scuola italiana, a oggi, è invece incapace di selezionare i docenti migliori: il processo che porta all’assegnazione di un insegnante (buono o cattivo che sia) a una data scuola è in larga parte casuale, o dominato da variabili quali l’anzianità. Se i figli dei ricchi possono trovare un’alternativa, i poveri invece no. La riforma sopra descritta consente quindi una maggiore equità del sistema, ma anche una maggiore efficienza: liberalizzando il reclutamento degli insegnanti,  saranno assunti solo coloro che effettivamente sapranno garantire maggiore valore aggiunto, ossia coloro che aumentano le probabilità degli studenti di frequentare le scuole migliori e, dunque, avere un reddito atteso maggiore. Gli insegnanti più bravi saranno quindi quelli che attirano più studenti, ossia che, nel modello appena descritto, consentono di aumentare i finanziamenti per le scuole: per alimentare tale circolo virtuoso, è probabile che tali finanziamenti saranno investiti proprio nel miglioramento delle risorse, umane e no, a disposizione degli studenti.

Nello stesso tempo si lascia un’ampia possibilità di scelta agli insegnanti, sia con riferimento alle scuole dove insegnare che all’offerta formativa. Anche famiglie e studenti saranno liberati dal paternalismo di Stato, sostituito con la disponibilità di informazioni necessarie a fare la scelta migliore, di scuole e programmi, per il futuro dei ragazzi.

Così facendo si premiano le scuole migliori, diversamente dal sistema centralizzato, che non sempre è in grado di individuare gli istituti peggiori e, comunque, non esistono meccanismi sanzionatori che consentano di scacciare dal mercato l’offerta peggiore, per cui i ragazzi continuano a scontrarsi con il rischio di ricevere un’educazione di basso livello. Al contrario, il modello descritto fa emergere e punisce (con la chiusura) le scuole peggiori.

Lo stesso sistema, se non dovesse funzionare, non diventerà né avrà effetti permanenti: è infatti previsto un periodo sperimentale di 5 anni, alla fine dei quali il sistema entrerà pienamente a regime solo se gli esiti saranno favorevoli. Non si tratta quindi di una proposta per una scuola gestita centralmente, che presuppone l’esistenza di uno Stato benevolente e paternalista che sa cos’è meglio per gli individui, ma di un esperimento finalizzato a scoprire e far emergere metodi di gestione migliori, ossia quelli che scacciano l’offerta peggiore e lasciano autonomia agli attori coinvolti.  Un minor paternalismo a favore di una maggiore responsabilità, indispensabile per assicurare una più efficiente gestione e allocazione delle risorse pubbliche, finalizzata a ridurre le disuguaglianze e a migliorare la qualità dell’istruzione.

Una scuola libera per dare a insegnanti e famiglie la libertà di scegliere, alle scuole la libertà di farsi scegliere e, quindi, incentivi a migliorarsi.

 

 

 

 

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16 Responses

  1. Gianfranco

    Boh. Io l’errore di confondere il sistema educativo statale con qualcosa che abbia anche solo lontanamente a che vedere con l’insegnare qualcosa a chicchessia, non lo commetto piu’ da quando ho fatto per 2 anni l’insegnante.
    🙂

    Il suo articolo e’ distillato di buon senso, come tutti gli articoli di questo blog, uno dei migliori del parco acquatico.

    Cordialmente
    Gianfranco.

  2. firmato winston diaz

    Ai bocconiani, consiglio la lettura di “Descolarizzare la societa’” di Ivan Illich, grande libertario.
    Lo trovate in rete.
    Un po’ di cultura, che davvero scarseggia.

  3. Gabriele

    Stiamo sfiorando la pazzia! Abbiamo visto i risultati portati dai “geni” bocconiani monotematici all’economia Italiana: incremente debito pubblico +10% in un anno (neanche Craxi!!), RECESSIONE senza speranza! E’ questo l’alto insegnamento? Pupazzi indottrinati a eseguire gli ordini per interessi di terzi? Salviamo la scuola? LIBERIAMO le MENTI invece di tenerle schiave!
    Condivido alcuni punti, (sulla mancata capacità di selezione di docenti adeguati e poco altro), la scuola non è un SERVIZIO, è un’ISTITUZIONE! ISTITUZIONE. Come la magistratura, le forze dell’ordine, la sanità..vi rendete conto? Andate a vedere i numeri, la nostra spesa pubblica è pari a quella tedesca, pagliacci, non dobbiamo tagliare un solo euro, dobbiamo usarli in modo intelligente! Ma fino a quando saremo governati da fantocci indottrinati servi del potere ciò non accadrà mai! Paternalismo di Stato? In Italia? Siamo il popolo meno nazionalista d’Europa, lo Stato interviene solo per celare le proprie malefatte e la condotta deplorevole, se ne fotte di creare un spirito patriottico, che potrebbe indurre cittadini a sentirsi uniti e ribellarsi contro le sue angherie. Fate proposte serie: Ristrutturare gli edifici scolastici, test seri ai docenti su preparazione e presenza al lavoro, giornata lavorativa di 8h per gli insegnanti. Il pomeriggio al posto di andare a casa restano a scuola, correggono i compiti preparano le lezioni, i recuperi, restano a disposizione degli studenti. Si organizzino corsi di recupero estivi. Investiamo per alzare il livello dei nostri istituti, non per permettere a qualcuno di fare profitto. Perchè istruzione, sicurezza e salute devono essere garantiti da tutti.

  4. Gabriele

    Scusate forse ho esagerato, il mio sfogo non era proprio in tema, ma a furia di sentir parlare di privatizzazioni ovunque mi parte l’embolo@Gabriele

  5. Caro Gabriele, più che l’embolo dovresti far partire la capacità di spirito critico, invece di arroccarti sul tribalismo, evidente nella demonizzazione di parole come privatizzazione o nell’esaltazione di altre come Istituzioni.
    La realtà dei fatti, dettata probabilmente dalla natura umana (non modificabile per definizione se non in tempi darwiniani e non certo negli istinti primordiali), è che il pubblico nel tuo concetto non funziona. Lo Stato dovrebbe occuparsi solo della sua essenza, ovvero Difesa, Diritto e Gestione della cosa pubblica, ridotta al minimo indispensabile. Il resto, è meglio che lo lasci alla capacità degli individui (controllandoli), inclusa l’istruzione. Di certo mia figlia, dopo le elementari pubbliche, dove sono stato molto fortunato ma ho potuto rendermi conto del non funzionamento dell’istruzione pubblica, la manderò in istituti privati. Purtroppo questa strada non è percorribile da tutti e per questo è ridicolo arroccarsi su preconcetti senza provare vere riforme.
    Complimenti a Lucia Quaglino, che apprezzo sempre molto

  6. claudio p

    dareste mai allo stato il compito di produrre e distribuire cibo? no? ma come? e se uno non ha i soldi? lo facciamo morire di fame?
    la stessa cosa vale per l’educazione: il cibo è importante quanto, e anche più dell’educazione, eppure pochi si sognerebbero di affidare il settore alla gestione dello Stato.
    Nel secolo scorso la scuola pubblica ha accelerato il processo di “educazione di massa” (che sarebbe comunque avvenuto spontaneamente) e gliene siamo grati. Ora però è giunto il momento di dire basta grazie!
    Le scuole devono gradualmente diventare enti privati indipendenti in concorrenza fra loro, valutati da agenzie in concorrenza fra loro sulla base della soddisfazione dei genitori, degli alunni e degli ex-alunni e sulle statistiche delle carriere di chi le ha frequentate. I soldi pubblici per la scuola è bene che restino nelle tasche del consumatore finale, che deve essere supremo giudice del servizio di cui usufruisce. Come per i supermercati, né più né meno.
    Nessuno sa come la scuola può evolvere, ma se non scardiniamo il monopolio e non lasciamo spazio alla competizione nessuno lo saprà mai.
    Generalizzando il discorso, azzardo una tesi al limite della provocazione. Se vogliamo che l’occidente continui a crescere e a guidare l’umanità come ha fatto negli ultimi secoli è utile che si comincino a mettere in discussione certi tabù: altri settori chiave il cui destino va affidato al mercato e alla concorrenza vera sono ad esempio la sanità e l’emissione di monete.. open your mind.

  7. Davide

    Articolo interessante su modelli scolastici che non conoscevo. Tuttavia non capisco come mai il mondo accademico orientato alla ricerca di modelli di free school (come di free banking o comunque di pensiero libertario applicato concretamente alla sfera sociale ed economica) continui ad ignorare la realtà delle scuole Steiner-Waldorf. Tralasciando il contenuto pedagogico di queste scuole (oltre 2.700 istituti diffusi nei 5 continenti e in costante crescita, anche in Italia), il pensiero di Rudolf Steiner in materia di libertà e di economia continua a non essere studiato, pur continuando a crescere in termini di soddisfazione degli “utenti” e proponendosi sempre più come vera terza via tra statalismo e far west liberista.

  8. SPARTACO

    IDEE (INDEROGABILI) x LA CRESCITA
    Più laburismo meno liberismo. Più Stato meno mercato. Più regulation meno deregulation. Più Keynes meno Hayek. In soffitta il rigorismo in salsa (e vantaggio) tedesco. In Usa, Giappone e Bric è chiaro da tempo; in Europa si traccheggia.
    Le èlite del vecchio continente sono ancora prigioniere dei fallimentari e obsoleti dogmi neoliberisti.

  9. Giovanni

    @SPARTACO
    Giusto per sapere, come si fà ad avere meno liberismo, se siamo già a zero? esiste un sottozero?
    Perché, per la cronaca, il fatto che poche aziende amiche dei potenti facciano quello che vogliono non è liberismo, è solo mafia.
    Nel vecchio continente il liberismo non si è mai visto nemmeno con il binocolo, da noi tutto quello che non è comunismo puro stile U.R.S.S. passa per liberismo, ma non lo è.

  10. Giuseppe

    @SPARTACO
    Complimenti! Si è meritato un posto in Tribuna per Roma-Lazio.
    Più che tifare per le opposte fazioni, credo che per la crescita sia necessario iniziare a ragionare colla propria testa. Queste teorie tornano buone solo alla élites al potere .Dovremmo averlo capito.

  11. Giorgio L.

    @SPARTACO
    Infatti la situazione è questa: Stati Uniti d’America statalisti che vittoriosamente si contrappongono a un’Europa liberista. Ma andiamo…

  12. SPARTACO

    Il mondo post crisi 2008 è cambiato. Germania in Europa e Cina/India a livello globale (cui aggiungerei “superpotenze tascabili” quali Brasile e Russia) conquistano i mercati di tutto il mondo.
    Dirigisti e protezionisti (sussidi all’export, protezioni al mercato interno, fondi sovrani, dazi di varia natura, ecc) a casa loro; liberisti intransigenti a casa altrui (ovviamente) con al centro di tutto il settore manifatturiero (low, medium, hi-tech) travolgono tutto e tutti. Questa la nuova musica; adeguarsi o perire.
    Gli Usa lo hanno capito e (pragmatici) corrono a re-industrializzare il paese attraverso politiche interventiste (keynesiane).
    In Europa -Germania esclusa- invece si discute (ancora) di centralità del capitalismo anglosassone (sic!), di Thatcher e Reagan (statisti attuali al tempo di pirimpinella) e di livelli sostenibili di debito pubblico/PIL con effluvio di numeri buoni x giocare al lotto (6o%,90%,120%,250%,ecc).
    Ai mercati -con buona pace di Rogoff & C- del livello assoluto del debito non importa sostanzialmente nulla; interessa molto di più la crescita economica nel breve e la tendenziale stabilità/diminuzione del debito nel medio/lungo termine.
    Il ciclo economico/politico neoliberista è giunto al termine; il circo stà sbaraccando.
    Questa non è tifoseria è semplicemente la realtà dei fatti.

  13. Gianfranco

    Caro Spartaco,
    apprezzo la tua operazione di trollaggio, in quanto tetragonica. Splendida.

    Pero’ sugli USA non hai capito che non stanno re-industrializzando.

    Informati.

    Cordialmente
    Gianfranco.

  14. Francesco Fzu

    Il documento commentato nell’articolo si intitola: “Concorrenza tra scuole e qualità dell’istruzione:una proposta di sperimentazione”
    Facendo qualche piccola ricerca si scopre invece che il sistema educativo occidentale di maggiore successo, quello finlandese (cfg. esiti dei test Pisa http://it.wikipedia.org/wiki/Programma_per_la_valutazione_internazionale_dell'allievo), è un sistema basato sull’assunto che per preparare i giovani ad essere competitivi…il sistema scolastico non deve essere competitivo ma collaborativo (“Real winners do not compete”)
    A ciò si aggiungono altri elementi controintuitivi: meno tempo passato a scuola, pochissimi test, niente compiti a casa ecc. (per chi volesse saperne di più http://www.youtube.com/watch?v=VhH78NnRpp0)
    L’evidenza empirica mostra che questo sistema funziona (apparentemente meglio di tutti gli altri) e non è più costoso.
    Partire con una sperimentazione avendo già un caso di controllo avverso alla tesi che si vuole dimostrare ha quindi poco senso.

    Le proposte del documento sembrano inoltre in tutto e per tutto classificabili nel filone che uno dei massimi esperti del sistema finlandese, Pasi Sahlberg, definisce ironicamente “GERM – Global Educational Reform Movement” (http://pasisahlberg.com/global-educational-reform-movement-is-here/)
    Ossia proposte che, seppure fatte in buona fede e con le migliori intenzioni, sono spinte più da considerazioni ideologiche, che pedagogiche.

    In conclusione, vista la delicatezza dell’argomento, invece che partire dal mezzo (Stato, Mercato ecc) concentriamoci sul fine e, se una strada si mostra promettente imbocchiamola, anche se non fosse perfettamente in linea con il nostro “sentire”.

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