Houston qui Fiom: abbiamo un problema
Maurizio Landini è il capo della Fiom Cgil, e ha un problema. Non è quello dei tre licenziati alla Fiat di Melfi e reintegrati dal giudice. Quell’operazione che alla Fiom è riuscita benissimo. Lo dico con il massimo rispetto per i tre lavoratori e le loro famiglie. A essere riuscita – grazie a un’informazione un po’ troppo sprovvista delle fondamentali nozioni tecniche in materia di reintegri disposti dal giudice – è la manovra per la quale si è deliberatamente confusa un’ordinanza emessa ex articolo 28 dello Statuto dei lavoratori con una ex articolo 18. Decenni di giurisprudenza abbastanza consolidata comprovano che quando il giudice non ravvisa la giusta causa per un licenziamento, il reintegro è non solo retributivo e contributivo ma anche sul posto di lavoro. Quando invece – come a Melfi – l’ordinanza d’urgenza avviene ex articolo 28, cioè contro un provvedimento disciplinare verso il quale può sussistere il fumus persecutionis antisindacale, in realtà un precedente in giurisprudenza non c’è. Per questo, la stampa nazionale avrebbe dovuto bocciare l’atteggiamento Fiom, e spiegare che – a impugnative simmetricamente pendenti tanto dell’azienda quanto dei lavoratori – era inoltre del tutto singolare un intervento come quello del Quirinale, e di esponenti della gerarchia ecclesiastica italiana. Quindi è vero: nella battaglia mediatica, la Fiom se l’è cavata bene. E’ in concreto, che ora Landini ha un problema serio. Ce l’ha con tutti gli altri sindacati. Ce l’ha, ovviamente, con la Fiat. E con l’intera Federmeccanica. Se capisco quel che sta avvenendo, il problema è serio davvero.E’ fallita, l’operazione di alitare sul collo alle sigle sindacali che hanno messo faccia e firma sull’accordo di Pomigliano, dopo averla mesa sull’accordo del febbraio 2009 sui nuovi assetti contrattuali e sul contratto dei meccanici non firmato da Fiom nel 2009. Ed è fallito il tentativo di dividere Confindustria e Federmeccanica dalla Fiat. Erano questi, i due obiettivi che Landini si riproponeva alzando il polverone su Melfi, imboccando a spada tratta la via della conflittualità giudiziale. I metalmeccanici di Cisl, Uil, Ugl e della Fismic non ci pensano proprio, a seguire Fiom con la coda tra le gambe: quando i delegati di Landini hanno chiesto un’assemblea a Melfi, la RSU sindacale ha bocciato a stragrande maggioranza la proposta con tanti saluti.
Le altre confederazioni hanno capito che la via è stretta. Nei prossimi giorni si riunisce Federmeccanica, e il suo presidente Ceccardi ha spiegato che, grazie a quanto sottoscritto da tutti meno la Cgil nei due accordi del 2009, nazionale e di categoria, le deroghe contrattuali possono essere ottenute non solo per l’auto, ma per l’intero comparto meccanico o per altri suoi sottocomparti. Tutti gli altri sindacati sanno che la facoltà di sedersi e trattare, compreso il capitolo del godimento dei diritti sindacali a cominciare da permessi e distacchi retribuiti, varrà solo per chi ha firmato quegli accordi.
Landini contava di impedire qualunque deroga: in Fiat, per l’auto, per l’intera Federmeccanica. Dimentica però che, non avendo firmato le intesedel 2009, la Fiom rischia di perdere innanzitutto i propri diritti sindacali. Di qui l’ultimo problema: tra Fiom e Cgil. Siamo sicuri che Susanna Camusso, che a breve succede come leader Cgil a Guglielmo Epifani e che conosce bene Nord e manifattura italiana, sia entusiasta del rischio di finire isolata da tutto e tutti, sindacati, imprese e politica di ogni colore compresi i due terzi del Pd?
Io non ci scommetterei affatto. A questo punto, è la Fiom, ad averla messa giù dura. Tutti gli altri, Federmeccanica, Fiat e soprattutto tutte le altre sigle sindacali, se non mancano di coraggio e caopisconio che uniti sono una forza assoluta nell’interesse della crescita delle aziende e del paese come dei lavoratori, hanno un interesse assolutamente convergente: passare ad accordi aziendali dovunque possibile contrattandoli insieme, esattamente la via tedesca indicata all’Italia dal Financial Times ieri. Non mi aspetto che l’informazione li spinga a farlo. Ma tutte le persone sensate sì. A meno siano affette da inguaribile nostalgia e perdurante amore per lotte di classe fuori dal tempo, scassaimprese e scassatasche – già magre – dei lavoratori.
Condivido perfettamente quanto da Lei affermato. Il dipendente licenziato, dopo una sentenza del giudice, deve essere riassunto ma l’azienda, pur pagandolo, può non avvalersi della prestazione in attesa degli altri gradi di giudizio. Purtroppo in Italia siamo abituti a sentire la sola campana del sindacato alla quale politici e religiosi porgono attento orecchio.
Ha mai visto un telegiornale RAI che, nel caso di vertenze, oltre a quello del sindacato espone il parere dell’azienda o dell’associazione datoriale?
La parte piú aggressivamente vetero-sindacale della CGIL – la FIOM – è il simbolo, ad un tempo, dell’arretratezza culturale caratteristica di chi non vede il mondo cambiare e dell’ingessatura di questo Paese.
La sua emarginazione potrebbe auspicabilmente portare anche alla riduzione di quella grande anomalia che è un potere sindacale tutto teso ad occupare spazi politici e poltrone con relative prebende, a
scapito dei reali interessi dei lavoratori che non possono piú essere intesi come conflittuali con quelli delle imprese.
Staremo a vedere.
Beato lei che ha tutto cosi’ chiaro.
Si ricordi del famoso patto per l’ITALIA,quando la CGIL non firmo’,tutti a darle addosso,sono passati sette anni e il risultato e’ sotto gli occhi di tutti-PIU’ DISOCCUPATI E MENO DIRITTI-
GRAZIE A CISL UIL UGL E CENTRODESTRA.
Vada a rileggersi gli articoli dell’epoca,si rinfreschi la memoria.
“una forza assoluta nell’interesse della crescita delle aziende e del paese” ? sono solo dei parassiti, parlo della media e della maggioranza, che fanno i propri interessi come tutti gli altri, buoni a mentire di fronte ai colleghi gli accordi segreti che prendono con i padroni di cui sono solo i loro servi. Forse un po’ troppa retorica, forse non saranno tutti così, ma da quello che vedo come lavoratore dipendente, questo è la realtà.
è vero che in nessun paese occidentale i sindacati hanno il potere di cui godono i sindacati italiani, ma è anche vero che la posizione ed il potere di Confindustria (ed istituzioni similari) è altrettanto anomalo. Da dipendente non mi sono iscritto ad alcun sindacato; da imprenditore sono stato costretto, ripeto costretto, ad iscrivermi ad una associazione di di categoria. Un piccolo esempio: l’Ispettorato del Lavoro mi ha detto chiaramente che si rifiutava di prendere in considerazione pratiche non presentate tramite queste associazioni. Diciamo che la situazione è tipicamente italiana: invece di togliere ai sindacati dei lavoratori determinati privilegi, sono stati concessi altrettanti privilegi ai sindacati padronali. La situazione è molto poco liberale e mi piacerebbe che Giannino approfondisse il problema anche a costo di irritare il Signor Epifani e la Signora Marcegaglia.
Ok, ma come la mettiamo con la responsabilità personale dei tre operai? Facciamo finta che siano delle povere vittime incoscienti del sistema o li trattiamo da soggetti di diritto? Certo, considerarli persone razionali e responsabili non converrebbe alla FIOM che così si troverebbe costretta a rinunciare ai soliti scudi umani, (da) sempre utili per confondere i termini delle trattative e piegarle ai propri fini (propri, non dei lavoratori). Non sarebbe particolarmente gradito neppure al peloso paternalismo e snobistico dei sacerdoti del governo dei migliori che, copiosi, fanno capolino dagli uffici di presidenza di Banche e di scuderie automobilistiche, da oltre Bernina e dalle righe di editoriali (festivi compresi) grondanti moralismo sbadiglievole (and very cheap). Cominciare finalmente a riconoscere le persone come autentici soggetti di diritto (e non piagnucolose e inette estensioni del pensiero illuminato di pochi o goffe chiatte a disposizione della solita pirateria sindacale) sarebbe il primo passo verso una normalizzazione dei rapporti economici e sociali del Paese. Ben venga il contenzioso penale voluto da Marchionne.
Purtroppo di dino, (vedi il commento sopra), c’è pieno, convinti che se non fosse per il centrodestra tutto sarebbe più bello, (o al contrario che tutto deriva da colpe del centrosinistra).
Forse basterebbe che gli individui, alle nostre latitudini imparassero ad avere qualche certezza in meno e qualche dubbio in più..so che è banale ma questo ci manca.
Dino,
oltre a sindacato, imprese e dipendenti c’è anche la variabile (per nulla trascurabile) del sistema esterno (mercato, economia, globalizzazione, concorrenza, crisi finanziarie mondiali,…).
A me sembra che è lei ad avere tutto così chiaro da aver capito i motivi della disoccupazione in Italia.
ho seguito in parte la trasmissione della scorsa mattina, sono anche riuscito a prendere la linea tra Bonanni e Sacconi ma il tempo non ha permesso spazio agli ascoltatori.
Avrei voluto fare un intervento grazie all’esperienza maturata come dirigente d’azienda e come piccolo imprenditore avendo aperto un ristorante insieme a mia moglie da poco tempo.
L’accordo sconfessato da Federmeccanica e ancora prima l’iniziativa della FIAT che punta a ridisegnare tutte le relazioni sindacali sono sacrosante ed arrivano entrambi quando si sta sfiorando il punto di rottura.
Il problema peggiore se guardiamo al mondo del lavoro non riguarda tanto le grandi imprese come FIAT che occupano circa un terzo dei lavoratori ma le micro, piccole e medie imprese che numericamente sono il 90% ed occupano nel nostro paese il 70% circa del lavoratori.
La rigidità nella gestione del lavoro è il PROBLEMA N°1 della bassa crescita del paese, che viene ancora prima del carico fiscale.
Posso citare decine di esempi.
Un amico titolare di un supermercato anni fa mi diceva di non riuscire a gestire la sua attività perchè con il suo organico non riusciva a servire i clienti.
L’idraulico che ha ristrutturato il nostro fabbricato mi dice che rifiuta le commesse importanti perchè da solo non riesce a gestirle.
Il fornaio da cui compriamo il pane ha rifiutato una fornitura per una mensa aziendale perchè dovrebbe assumere una persona.
Mi fermo qui con gli esempi .
Tutte queste realtà di piccola dimensione si reggono sull’organizzazione familiare dell’impresa perchè solo in ambito familiare si accetta e si sopporta l’idea di lavorare senza orari e senza ferie, a 360 gradi, con l’idea che la costruzione di buone relazioni con i clienti porteranno dei risultati.
Quando però un cameriere con contratto a termine di tre mesi a cui chiedi di pulire le basi dei tavoli impolverati ti risponde di fare la richiesta a chi fa le pulizie, allora vuol dire che in questo paese chi avvia una nuova iniziativa è un deficiente.
Viene da chiedersi: ma chi me lo ha fatto fare?
Il dipendente si limita a svolgere le sue mansioni più nobili con una visione “ad alto valore aggiunto” le ferie sono pagate e garantite, lo stipendio pure con 13a e 14a, se non sta bene è in malattia.
Il piccolo imprenditore deve trattare con le banche nell’ottica di Basilea 2, parlare con il commercialista, il consulente del lavoro, ma fare anche le pulizie del locale e lavare i piatti se dopo aver fatto i turni di ferie per il personale un dipendente telefona la mattina dicendo che l’aria condizionata gli ha fatto venire il mal di gola.
Per il piccolo imprenditore non c’è malattia pagata, e sugli utili da distribuire con i tempi che corrono non è proprio il caso.
Anche per le piccole imprese devono cambiare le regole del gioco se vogliamo che le assunzioni tornino a crescere.
Oggi un dipendente è il più grande investimento della piccola impresa, perchè devi tenerlo in organico anche se gli affari vanno male, ma è anche il più rischioso perchè meno controllabile per quanto riguarda la prestazione ed il risultato richiesto.
La strada è solo una: 1) CONTRATTI ANNUALI PER TUTTI E 2) RICONFERMA AL TERMINE DELL’ANNO CON UNA PARTE VARIABILE IMPORTANTE A FRONTE DI BUONI RISULTATI.
Le posizioni estremiste sono sempre negative, quella che considera tuttora l’economia italiana (e quindi il lavoro) ristretta ai suoi confini nazionali e il potere politico ancora dominante purtroppo è superficialmente condizionabile e terribilmente fuori da una realtà che può facilmente travolgerla con effetti devastanti. La Fiom comunque ha ragione a dire che solo un referendum tra tutti i lavoratori della categoria può indicare la strada ma il presunto “ricatto” tale non è, purtroppo occorre considerare che la competizione globale allinea oltre i confini e spazza via chi, non riconoscendola, si fa schierare come un integralista di realtà non più esistenti.
La Fiom è l’unico sindacato presente in 70-80 fabbriche torinesi metalmeccaniche, tanto per dirne una. La Fiom è il sindacato maggioritario della sua categoria. Tanto per dirne due. La Fiom sta aumentando le iscrizioni. Tanto per dirne tre. La Fiom è stata messa all’angolo perchè ha avuto l’ardire di difendere diritti che tutti in un paese che si voglia dir civile dovrebbero considerare acquisiti: diritto di sciopero, malattia, mensa etc.. Tanto per dirne quattro. Federmeccanica firma contratti senza il sindacato più rappresentativo e rifiuta referendum democratici.
E ditelo chiaro e tondo: Federmeccanica e la Fiat perseguono una politica che va contro la volontà della maggioranza dei metalmeccanici. Ne nascerà un conflitto?? Probabile, ma prendetevi le vostre responsabilità. Con gli stipendi che avete è il minimo.
@Stefano: è proprio per quello che dici tù che io dico che l’unica soluzione seria per un’azienda italiana è andarsene dall’italia. La fiom sbaglia, su tutti i punti. Stà distruggendo l’industria italiana. Questo però sarà un bene se come effetto avrà anche la scomparsa per consunzione della fiom. Se l’italia rimarrà senza imprese metalmeccaniche , non ci saranno neppure i metalmeccanici e quindi nemmeno i loro sindacati. Benissimo fà Marchionne a fare ciò che stà facendo, e anzi bisogna estenderlo a tutte le imprese italiane. Se ciò non fosse possibile o fosse ostacolato, la soluzione ripeto, è andarsene dall’italia e dalla fiom. O al limite liquidare le imprese, se non altro quelle marginali e guarda caso è quello che piano piano stà succedendo.
La Fiom sta facendo una battaglia su diritti dei lavoratori inalienabili e indisponibili degni di un paese civile. Il sistema di applicazione di tali diritti evidentemente è inefficiente, visto che, a Pomigliano, se è vero quello che dice Fiat, ci sono state degli abusi e delle aberrazioni nell’applicazione di tali diritti. Però un conto è parlare di questo e un conto è mettere in discussione il diritto stesso. Cosa dire poi dell’atteggiamento aggressivo e ricattatorio con il quale Fiat ha posto la questione? Cosa dire della completa latitanza del governo sulla questione? Perchè lo Stato Italiano si deve sempre far ricattare dalla Fiat, che quando vende meno chiede e ottiene aiuti, quando vende meglio è il nostro campione ma non rende i soldi allo Stato (e per dirla tutta non paga neanche tutte le tasse – vedi fondi neri di Giovanni Agnelli scoperti recentemente con la lite sull’eredità)?