Hazlitt. Capitolo 6 – Il credito modifica gli indirizzi produttivi
Il sostegno che lo Stato offre alle imprese distorce in modo sistematico il sistema del credito e produce gravi danni all’economia.
L’attività creditizia in capo allo Stato viene spesso giustificata con l’argomento che in tal modo è possibile concedere prestiti a chi altrimenti non li riceverebbe. Questo argomento vale per i poveri agricoltori come per i maggiori capitalisti vicini al fallimento, ma esso nasconde la violazione di un principio fondamentale dell’economia: e cioè il fatto che il capitale reale non è mai illimitato, quale che sia la fase economica.
Un aiuto dato a un soggetto, grazie al credito o alla spesa pubblica, produce sempre un impedimento e una difficoltà in più a un altro soggetto. Se quindi lo Stato si assume il rischio che i privati, a ragion veduta, non sono disposti ad assumere e così concede credito a quei soggetti che non l’avrebbero ricevuto, esso toglie dal mercato risorse che sarebbero state allocate dal credito privato ai più meritevoli, con un grado di rischio inferiore e una più alta probabilità di produrre un aumento del benessere.
Infatti, il denaro privato non viene prestato se non a condizione che esso procuri un interesse o un utile, mentre il denaro pubblico viene più disinvoltamente impiegato anche in modo anti-economico, impedendo una sana allocazione delle risorse e imponendone una distorta, che limita le opportunità di quanti avevano fatto il possibile per dimostrarsi meritevoli di accedervi. Senza contare il fatto che questa politicizzazione del credito, con il sostegno dato pure ad aziende malsicure, produce corruzione e favoritismi.
Anche in quest’occasione lo spreco di capitali riduce la produzione. I fautori dell’intervento statale calcolano i vantaggi immediati che un gruppo particolare riceve, ma ignorano le conseguenze a lungo termine e, al tempo stesso, l’interesse generale. Quello che non si comprende è che la spesa pubblica sovverte i fondamentali dell’economia.
Questaa è una distorsione (della realtà, non del credito).
si è vero è una distorsione, ma mettetevi nei panni delle imprese in difficoltà nell’ottenimento di finanziamenti. E’ ossigeno per chi è in apnea da anni.
Ripristinare un circolo virtuso in cui alle imprese “torni la voglia” di investire in modo sano è poi un’altra cosa.
Teoricamente tutto vero. Ma abbiamo troppo spesso assistito anche ad aziende strutturalmente sane, che faticano o non trovano credito tra i privati in quanto il privato vuole tutto il “boccone”, ad esempio il caso di quelle aziende che con mille scuse (alcune vere, altre discutibili) vogliono chiudere per portare la produzione in paesi a basso costo. L’intervento di privati in questo caso è pressoché impossibile, mentre quello dello Stato sarebbe auspicabile. Rimane sempre il problema del “disinvolto” utilizzo delle risorse pubbliche, sia per interventi verso il privato che verso gli stessi settori pubblici, ma questo è un altro discorso.
Italia docet. Non solo teoricamente ma anche praticamente! Se posso permettermi a Mauro Silva dico che l’impresa ha sempre il dovere di produrre in quelle condizioni dove la massimizzazione dei risultati è ottenibile. Quindi se un’impresa sana decide di emigrare perchè in questo modo diventa “più sana” non bisogna tentare di trattenerla con “trattamenti speciali” ma adoperarsi per far sì che vengano attuati interventi di modifica dell’ambiente tali da rendere proficuo (veramente dovrebbe essere “più” proficuo) il rimanere. Esattamente quello che non riescono a comprendere i nostri sindacati !