Hazlitt. Capitolo 5 – Le tasse scoraggiano la produzione
I sostenitori della spesa pubblica sono alla radice dei problemi principali che affliggono società ed economia. Questo avviene anche nel caso delle difficoltà connesse alla produzione e all’occupazione.
In effetti, per Hazlitt esiste un limite superato il quale le tasse smettono di essere indispensabili a garantire le funzioni essenziali dello Stato. Oltre quella soglia, la spesa pubblica si rivela distruttrice di ricchezza e opportunità.
Infatti, le scelte strategiche delle imprese private sono inevitabilmente condizionate dalla pressione fiscale in ragione di un semplice meccanismo, in base al quale all’aumentare della pressione tributaria diminuisce progressivamente, fino a venir meno, la disponibilità ad assumere rischi e avviare iniziative. In tal modo, però, la creazione di nuova occupazione attraverso la nascita e lo sviluppo di imprese non può realizzarsi. In questa situazione, la produzione e il lavoro vengono meno, poiché la spesa pubblica ha raggiunto un costo talmente alto da pesare a tal punto sui contribuenti, fino a soffocarne le iniziative imprenditoriali e i consumi.
Quando il peso totale delle imposte supera il limite della sopportabilità, la spesa pubblica, che è la vera causa del problema, non può rappresentare certo la soluzione.
Il ragionamento non fa una grinza. E c’è veramente da stupirsi che non sia chiaro a tutti (esclusi naturalmente certi Professori interessati … ad altro).
Se in una famiglia composta dal padre e da tre figli, di cui due solamente lavorano, il padre si fa dare dai due figli che lavorano una parte di quanto guadagnano per mantenere sè (la politica = lo Stato = chi agisce utilizzando la violenza) ed il figlio che non lavora, o che, comunque, è stipendiato dal padre per realizzare dei servizi che solo lui ritiene utili (dipendenti pubblici), può succedere che ad un certo punto il padre si trovi carico di debiti. Questo normalmente accade perchè il padre, che non lavora, come spiega la nota legge di M. Friedman, non spendendo del suo, non è interessato a fare economia.
A questo punto si possono imboccare due strade:
la prima, che piace al padre ed al fratello che non lavora, o che è stipendiato dal padre, consiste nel richiedere sempre più soldi ai due fratelli che lavorano, minacciandoli di sanzioni di ogni tipo (pecuniarie, detentive …), accusandoli di essere ladri perchè cercano di non farsi rapinare od estorcere tutti i proventi del loro lavoro (col quale, comunque, mantengono il padre ed il fratello che non lavora, o che è dipendente del padre). Questa strada non potrà che portare ad un punto in cui i due fratelli che lavorano si vedranno costretti a non più lavorare in quanto non più conveniente o, adirittura, pericoloso. Ed a mettersi anch’essi dalla parte dei questuanti, o, come in realtà spesso succede, a staccarsi dalla famiglia e trovare un’occupazione altrove.
La seconda strada consiste nel difendersi dal padre tagliandogli le spese e, di conseguenza i contributi e pretendere dall’altro fratello di lavorare non più alle dipendenze del padre, ma nell’interesse degli altri, mediante la realizzazione di beni o servizi che gli altri ritengono utili, tanto da essere disposti ad acquistarli (questi sì lavori socialmente utili).
Poichè, peraltro, il padre detiene l’esercizio della violenza in regime di monopolio, in mancanza di coraggio e assecondando il sentimento alla servitù volontaria che spesso caratterizza i popoli (ed il popolo italiano mi pare abbia una forte vocazione a regimi e ad ideologie di natura totalitaria), c’è ben poco da sperare.
Auguri.
g
mia nipote, 15 mesi 31 mila euro di debito pubblico sulle spalle.
Pari a 2 mesi di compenso,stipendio,pensione del sen a vita dott.prof.scasscaz.magnamagna(per il resto dei titoli vedere i film di Fantozzi)…. .
Che pure ha rinunciato al suo compenso aggiuntivo dell’aggiuntivo dell’aggiuntivo.
Che cominici a cacciare i soldi che si è intascato e che ha caricato sulle spalle di mia nipote.
Bastano due suoi miseri compensi,pensioni, stipendi mensili per azzerare il debito di mia nipote.
Ma lo vogliamo capire che il problema sono i costi di questi personaggi che nulla faranno mai per ridurre il debito pubblico perchè ne sono i primi beneficiari.
Tutto estremamente giusto e condivisibile. Purtroppo una sola considerazione, amara e sconsolante: in Italia nulla cambia e nessuno si ribella… A meno che qualcuno non sbagli un rigore o un arbitro non prenda una cantonata!
Grazie a Chicago-blog che ricorda questo illuminato autore, capace di prefigurare l’Italia del 2012 !
Questo articolo mi convince di due cose:a) che Milton è la prova assoluta che non sempre l’analfabetismo è una disgrazia per la collettività; B) che Hazlitt farebbe bbene a dedicarsi ad altro, ad esempio le corse dei cavalli e l’ortobotanica. Le asserzioni non sono confortate neppure da un sia pur pallido esempio del principio affermato, mentre ben 4 tra i paesi più ricchi, con più benessere diffuso, con minor debito pubblico (42%) dimostrano che con la più alta pressione fiscale del mondo civile hanno una crescita economica invidiabile e invidiata. Parlo dei paesi scandinavi. E questo non è una teoria ma un fatto, vero, certo e controllabile.
Scusate, ma a me sembrano considerazioni assolutamente banali
Cari tutti
Io sono un grandissimo sostenitore della spesa a deficit che è oggi, l’unico modo esistente per ottenere la piena occupazione e il pieno stato sociale.
Sia chiaro che per uno Stato a moneta sovrana, il debito pubblico rappresenta il risparmio dei cittadini, di certo non un debito.
Non si capisce quindi, perché la spesa pèubblica sia un problema.
La vostra analisi è corretta solo se applicata a paesi senza sovranità monetaria, come quelli che hanno adottato l’€.
@giancarlo
Il guaio è che in una democrazia a suffragio universale il potere decisionale è assegnato in ragione di “una testa = un voto”. Di conseguenza il governo viene gestito da chi promette di piú al maggior numero di “teste=elettori”. In un Paese come l’Italia, affetto da un parassitismo ancestrale (il “posto”) e da una preponderante incapacità (“pressapochismo”, “tirare a campare”, “arrangiarsi”), è naturale (e confermato dall’esperienza storica) che la politica diventi espressione di queste maggioranze elettorali, con le devastanti conseguenze che abbiamo quotidianamente (da almeno mezzo secolo) davanti agli occhi. Se si aggiunge, a questa ipoteca antropologica, il mix di tradizioni borboniche, da un lato, e pontificie dall’altro, che impronta strutture e logiche della pubblica amministrazione (in assoluta antitesi con i modelli anglosassoni, germanici e/o scandinavi) il risultato è – inevitabilmente – un sistema ipertrofico che genera sempre piú costi (oneri) a carico di una minoranza produttiva sempre piú “divorata”. E’ come un cancro. L’unica cura ipotizzabile sarebbe l’intervento chirurgico (cruento), con espianto dei tessuti colpiti (=secessione): ma questa è una soluzione che in Italia nessuno vuole (a parte la base della Lega) e che comunque porterebbe ad una guerra civile. Conclusione: ai “fratelli” produttivi, divorati dagli sprechi del resto della “famiglia” non resta che una possibilità di salvezza: quella di lasciare la “famiglia sanguisuga” e cambiare Paese. Cioè: la “secessione” con le proprie gambe. E chi non lo farà / non potrà, verrà fagocitato. Tertium non datur: con buona pace dei vari Monti, Berlusconi, Bersani e consorti.
La spesa pubblica non dovrebbe essere un argomento in cui uno si schiera a favore o contro. Nella logica economica la spesa è in funzione delle entrate. Gli stati adottano l’esatto contrario regolano le entrate in funzione della spesa rendendo molto delicato e critico l’equilibrio. Fatta la premessa è evidente che una gestione delicata in mano ad una classe dirigente italiana aumenta in maniera sproporzionata i rischi di incapacità di controllo. Un ministro del governo MONTI ha dichiarato 2 giorni fa che non riduranno la spesa pubblica ma la renderanno più armoniosa e meglio distribuita, portando come esempio il Giappone che ha aumentanto i dipendenti della PA. Frase priva di significato perchè passa un sottile messaggio che coloro che siedono ora al comando si sentono investiti di un mandato di salvatori della patria e quindi autorizzati a prendere decisioni strategiche senza una base chiara di un piano a medio lungo termine e non prendendo atto che la nostra credibilità di chi compera il nostro debito pubblico si costruscie anche con messaggi chiari di conoscenza elementare dei numeri dove la spesa deve ridursi rispetto alle entrate sempre in ogni caso. L’Italia purtroppo non ha speranze perchè il potere si rigenera da solo senza consultare nessuno dei 60 milioni di abitanti cittadini che finanziano il potere stesso. L’attuale governo è entrato in scena quando il precedente era da mesi sul ridicolo e con un mandato di salvare l’Italia. Ma una domanda banale, possibile che ci troviamo sempre al limite in cui deve arrivare qualcuno a salvarci? Non si può fermarsi un attimo e ragionare su come e cosa fare? Ma è vero tutto questo o fa parte di un abile sistema di manipolazione per rendere tutti buoni e bravi? L’Italia ha bisogno di un piano strategico a lungo termine condiviso e non la gestione continua dell’emergenza che giustifica improvvisazione e danni permanenti. La spesa pubblica è la conseguenza del prodotto derivato dalla gestione delle attività dei privati , che da tempo ormai in modalità molto generalizzata vengono trattati dai governi come bersagli da controllare asservire e domare dentro norme sempre più limitative. No agire in tempi rapidissimi sulla spesa pubblica e riducendola comporta non solo di lasciare grandi problemi ai nostri figli come amano dichiarare a destra e a sinistra ormai tutti tecnici compresi, ma credo che i problemi riguarderanno anche gli attuali esistenti anche se già un pò anziani. Il tempo è stringente.
mha..quello che non capisco :
come fanno negli USA con una pressione fiscale di circa il 25% ad andare avanti?
d accordo lo stato sociale è parsimonioso, ma li son in guerra a torto o a ragione dagli anni 40 in poi..
son andati sulla luna e ritornati pure..lo shuttle..la stazione spaziale e scusate se mi scordo qualcosa.., ma allora chi è che ci depreda qui in italy che paghiamo il 50%
sarò magari ingenuo e banale..ma mi piacerebbe una risposta.
grazie e saluti
I sostenitori della spesa pubblica di questo blog- che evidentemente ne sono tra i beneficiari a spese di coloro che lavorano e producono ricchezza – dovrebbbero spiegare perchè non sono sufficenti 800 mila miliardi di spesa pubblica e non sono sufficenti cinquemilioni di dipendenti pubblici a vario titolo di cui almeno un terzo non solo non servono e non fanno nulla , ma quando sono presenti sul posto di paga – non di lavoro- fanno dei danni .
E’ evidente che un governo di burocrati che non hanno mai dovuto confrontarsi con la concorrenza mondiale ma che vivono con altissime prebende in case di lusso pagate pochissimo , non hanno alcun interesse a diminuire la spesa pubblica , ma tende ad aumentarla magari aumentando i ” servitori ” dello Stato e piazzando in posti molto remunerati parenti, amici, compari vari. Sarebbe interessante sapere dove prendono lo stipendio i familiari e i parenti degli attuali burocrati al governo : sono pronto
a scommettere che sono tutti o quasi ” servitori ” dello stato E continuerà ad aumentare il furto fiscale dalle tasche dei sudditi , continuando la politica che hanno fatto i governi degli ultimi quarantanni , cioè quella di aumentare la spesa pubblica .
@ Lionello Ruggieri
Se le imposte e tasse vengono usate per fornire beni e servizi ai cittadini, questi, sollevati dalla necessità di procurarsi direttamente beni e servizi, possono dedicare quanto rimane del loro guadagno al soddisfacimento dei propri desideri o all’accrescimento della propria ricchezza. (Io, personalmente, preferirei che mi si lasciassero più soldi da spendere come mi aggrada – fatto salvo, naturalmente, il contributo per quei servizi che non possono essere svolti da altri che dallo Stato e per la mutua solidarietà – anzichè essere trattato come un incapace: ma questo è un mio problema) La nostra differenza rispetto ai sistemi “scandinavi” citati, è che, da noi, la maggior parte delle tasse serve a mantenere un apparato burocratico non solo inutile ma dannoso ed una classe politica esorbitante: ai cittadini ritorna ben poco di quanto è stato loro tolto.E non si tratta nemmeno di far funzionare “bene” Stato, Regioni, Province, Comuni, Consigli di quartiere, Comunità montane, ecc. – è necessario sfoltire, sia diminuendo il numero degli enti che degli adetti. Questo trascurando l’aspetto culturale e sociologico per cui vi è una maggior propensione all’individualismo (veda mio caso) o alla socialità in alcuni paesi rispetto ad altri ed anche un diverso senso civico, con correlativa insolita concentrazione di “invalidi” e di furbi in alcune zone.
P.S: “adetti” in luogo di “addetti” non è un tentativo di risparmio dettato dalla crisi: si tratta di un refuso.