Hazlitt. Capitolo 4 – Niente lavori pubblici senza tasse
L’oggetto polemico del quarto capitolo è la fiducia acritica negli effetti benefici della spesa pubblica.
Hazlitt non mette in discussione i servizi pubblici essenziali, ma invece fa notare come si vada diffondendo in modo pervasivo la propensione a passare da ciò che è necessario fare a ciò che è possibile fare o “inventare” grazie alla spesa pubblica.
In tal modo, quest’ultima ottiene un consenso irrazionale e incondizionato, diventando un miracoloso strumento per accontentare le diverse parti sociali e per “far lavorare la gente”, ignorando del tutto i costi-opportunità. Quanto non è chiaramente e immediatamente visibile, viene insomma negato. In tal modo si pensa di essere gli abili artefici della creazione di nuovi posti di lavoro, mentre in realtà si sta solo spostando lavoro. Con l’intervento statale, in effetti, taluni lavori vengono annullati o distrutti in quei settori economici che non sono particolarmente interessanti agli occhi di questo o quel gruppo particolare.
Il risultato è che la spesa pubblica, gestita da una minoranza e indirizzata a favorirne un’altra, è spesso giustificata da una idea aleatoria di “bene comune”, riducendo in tal modo il benessere complessivo della maggioranza attraverso le tasse.
Hazlitt non manca di ricordare che il cosiddetto “capitale pubblico” non è altro che capitale sottratto a privati. Ciò significa, di fatto, che ogni iniziativa pubblica ne impedisce una privata.
La lezione che si trae, allora, è che è sempre doveroso chiedersi quando sia davvero necessario usare il potere coercitivo che sta dietro la spesa pubblica, impedendo il sistematico ricorso a decisioni politiche volte a “inventare progetti”.
Sembrano considerazioni banali… in realtà i danni che possono emergere dai pubblici “fervori produttivi” sono spesso ingentissimi!
La nostra società sarà mai capace di aprirsi davvero “filosoficamente” all’idea che il “bene comune” può essere raggiunto da una iniziativa fatta da un capitale “privato” che riesce a dare benessere alla società più di quanto possa fare l’iniziativa “pubblica”?
Ci sarà sempre chi denigrerà il ricorso al capitale privato perchè “mentalmente” si demonizza il PROFITTO e quindi l’idea che il “privato” generi ricchezza e benessere per l’ideatore di una iniziativa che non ricorre alla raccomandazione politica o alla sponsorizzazione e spartizione partitica.
RES NON VERBA……
L’uso delle due categorie “necessario” e “possibile” è ben noto alla politica, quella politica che, con le conseguenze che stiamo sperimentando sulle nostre spalle, utilizza solo e sempre la categoria del “possibile” e mai quella del “necessario”. Come farebbe altrimenti a soddisfare il proprio bacino elettorale ? La questione grave è che anche per le ragioni espresse da Hazlitt lo fa a spese della comunità.