Hazlitt. Capitolo 10 – Il feticismo della piena occupazione
In questo capitolo Hazlitt evidenzia come la piena occupazione fine a stessa sia un obiettivo antieconomico. Piuttosto sono da perseguire, insieme, sia la piena occupazione che la massima produzione, tenendo ben presente però che la prima è uno strumento, non sempre necessario, al raggiungimento della seconda, che è il fine imprescindibile. E questo perché una piena occupazione improduttiva, di tutta evidenza, non ha senso alcuno.
Il progresso economico dell’umanità è sempre stato realizzato dalla combinazione ottimale tra quantità di lavoro e produzione. Eppure, l’attenzione rivolta all’interesse di una minoranza porta a trascurare una tale evidenza e il risultato è che un mezzo come la piena occupazione viene elevato a fine, dimenticandosi di quello che è il vero fine dell’economia.
Occorre allora tornare a chiedersi quali siano le politiche economiche da adottare per riprendere a perseguire la massimizzazione della produzione.
Altra gigantesca idiozia. Ma non c’erano posti disponibili in agricoltura?
Il fine imprescindibile è la massima produzione? Ma ci rendiamo conto di quale immensa stupidaggine quest’uomo riesce a scrivere?
Proviamo a fare un gioco: poniamoci come fine imprescindibile la felicità dell’uomo, nel rispetto della felicità altrui e nell’imprescindibile, quella sì, salvaguardia del pianeta terra, almeno fino a quando non ne troviamo un altro disponibile.
Occorre tornare a chiedersi, piuttosto, quali siano le politiche da adottare affinché gli economisti si dedichino a qualcosa di utile per l’universo.
elalà gigantesca idiozia mi sembra piuttosto esagerato; se io potessi non lavorare per la grande abbondanza che c’è in realtà smetterei subito dedicandomi alla nobile arte del consumare a volontà! non credo che sarei l’unico..
@matteo
Infatti l’idiozia è la massima produzione, non la massima occupazione.
condivido sostanzialmente quando dice marco:
1) la “produzione” (cioè agricoltura, estrattivo ed industria), nei paesi europei costituiscono solo il 30% del PIL. Meglio rendere più efficiente il restante 70%
2) la “produzione” deve essere venduta e produrre senza vendere è un costo.
@roberto,
guardate che l’economista per produzione non intende solo agricultura e industria,ma tutto cio che si produce!(inclusi i servizi!)
Certo, il feticismo della piena occupazione può portare alla follia, esempi: ex URSS e Cuba di Castro, mentre il feticismo della massima produzione ( senza una equa ridistribuzione e una soddisfacente occupazione) non riesce neanche a realizzarsi, si taglia le gambe da solo, perchè per produrre bisogna anche vendere a qualcuno, senza contare che può produrre infelicità e rivolte popolari. Temo che il libero mercato mondiale ci stà avviando su questa strada, spero di sbagliarmi, ma temo fortemente.
…”modificando opportunamente le dotazioni iniziali con particolari strumenti di redistribuzione, imposte o sussidi in somma fissa (lump sum tax), un’economia concorrenziale consente di raggiungere qualsivoglia stato sociale Pareto efficiente sulla frontiera massima dell’utilità”. é un risultato perfettamente compatibile con la perfetta concorrenza!Quindi è erroneo pensare che il liberismo causi squilibri distributivi.Gli squilibri sono da attribuire ad interventi sbagliati da parte delle istituzioni.