24
Mar
2012

Hayek e la regressione del Diritto – di Gerardo Coco

Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.

Per ricordare il ventennale della morte di Friedrich August Hayek, su questo blog sono state fatte illuminanti considerazioni. Qui vorrei ricollegarmi a quelle di Serena Sileoni.

Ma innanzi tutto una domanda: perché le penetranti idee di Hayek e quelle del suo maestro Mises non sono mai entrate nella “cassetta degli attrezzi” degli economisti ufficiali? Perché lo statalismo, come dottrina dominante, non può tollerare l’esistenza di veri economisti.

Facendo tacere Mises ed Hayek, l’ideologia statalista ha bandito lo studio della scienza economica dalle università. Lo statalismo, infatti, non vuole economisti, ma “specialisti regolatori” che studino misure per impedire il funzionamento dell’economia di mercato.
E’ uno scandalo intellettuale di incredibile portata. Persino nelle più accreditate opere sul pensiero economico non c’è che qualche misero accenno ai due grandi economisti. Nell’Economic Theory in Retrospect, famosa storia del pensiero economico del cattedratico della London School of Economics, Mark Blaug, deceduto l’anno scorso, Mises non viene neppure citato.

Il fatto è che ”l’Accademia”, prostituitasi da decenni alle idee del gigolò della scienza economica, Lord Keynes, che voleva operare il miracolo di trasformare le pietre in pane e l’acqua in vino, è entrata in servizio permanente effettivo dello Stato per appoggiarlo nei suoi programmi ridistribuivi a favore di alcuni e a danno di altri.
Naturalmente questo è servito ad ottenere stipendi e fondi per ricerche inutili, altrimenti negati. Così per compiacere il Leviatano e diventandone dipendente, l’accademia ha perso un bene più prezioso: la libertà dell’indipendenza intellettuale.

La grandezza di Hayek e quella di Mises sta prima di tutto nella loro fermezza e netta opposizione ai dettami del conformismo intellettuale e così hanno salvaguardato le fondamenta dell’economia come scienza della ragione.
Per lo statalismo l’economia di mercato è diventato un fenomeno da tollerare come se fosse un’anomalia con cui dobbiamo convivere.
Memorabile a questo riguardo il leitmotive del Presidente del Consiglio, Monti: “l’equità come chiave di sviluppo”, degno epitaffio per la futura pietra tombale del governo attuale.

Hayek, appunto, notava che l’equità, la giustizia ridistribuiva, il cavallo di troia dei regimi totalitari,(e qui mi riallaccio alle considerazioni della Sileoni) porta ad un progressiva sostituzione del diritto privato con quello pubblico. L’ideologia antimercato che vuole regolare tutte le cose tramite precetti e divieti riducendo l’economia ad un fatto amministrativo, non può non contaminare anche il diritto.
Lo statalismo per essere efficace deve contare sulla sua acquiescenza per garantirsi la legittimità di progettare la società secondo i suoi particolari e arbitrari criteri. La tendenza a socializzare l’economia deve pertanto prevedere la socializzazione del diritto trasformando, il più possibile, il diritto privato in diritto pubblico. Negli ex paesi socialisti infatti esisteva praticamente solo il diritto pubblico. Quest’ultimo non è formato da norme di condotta per i privati cittadini ma da norme di organizzazione per pubblici ufficiali. E’ un diritto che non tende a regolare i rapporti tra i cittadini ma a subordinarli all’autorità.

Nella lotta per l’equità e giustizia sociale, anche i giudici sono diventati parte attiva per scardinare ancora di più il mercato. La giustizia distributiva non è né equa né egualitaria, ma procede secondo uno schema di valori che è quello di chi di volta in volta governa, di chi legifera o di chi è giudice. Nel diritto non dovrebbero avere cittadinanza giudizi di valore, dovrebbe essere un elemento coordinatore per trattare i cittadini allo stesso modo, altrimenti si trasforma in diritto “subordinante” che appoggia gli interessi di qualcuno in base al metro di valore che vi è implicito.

E così anche il corpo legislativo è diventato interventista ed in questo modo alimenta quel processo di corruzione che vorrebbe combattere. Più uno stato è corrotto, più legifera (Tacito). La legge dispone ed il cittadino obbedisce, questa è la democrazia dove il cittadino e le sue proprietà diventano meri oggetti della pubblica amministrazione. Si capisce perché Hayek non si definiva democratico. Per lui, la democrazia, il governo della maggioranza dotato di potere illimitato era diventato dispotico come un tiranno qualsiasi. Lo scopo delle costituzioni, scriveva è quello di prevenire le azioni arbitrarie ma la democrazia diventando un processo di acquisizione di voti per remunerare interessi particolari, ha aperto le porte all’arbitrio legislativo.

Si è inaugurata così l’epoca dell’oscurantismo non solo economico ma anche giuridico. Più aumenta la presenza dello stato nell’economia più scende in basso la reputazione del governo parlamentare, più viene coartata la libertà individuale, più il diritto diviene incerto perché ispirato dalla politica. Infine, la tendenza a portare tutti gli interessi sotto il proprio controllo distrugge anche lo spirito pubblico. Sempre e dovunque.

28 Responses

  1. alexzanda

    ragazzi,
    leggetevi legge legislazione e libertà di Hayek, il miglior libro mai scritto nella storia, un capolavoro assoluto e ineguagliato che tra duecento anni sarà ricordato e venerato come il precursore di tutto quanto serve alle società per prosperare nella libertà.
    credetemi, un libro incredibile per razionalità, logicità, evidente verità delle tesi ivi esposte, rigorosamente dimostrate con ferrea sistematicità e acutissima intelligenza: ogni affermazione viene spiegata e dimostrata scientificamente, ogni frase è pesata e ponderata a fondo, un vero susseguirsi di rivelazioni di una mente superiore, l’unica che abbia affrontato questi argomenti contemporaneamente dal punto di vista dell’economista, del filosofo, dello storico e del giurista.
    dopo questa lettura niente è come prima

  2. Cristiano Tabarelli

    Teorie sacrosante ma che faticano a trovare spazio, soprattutto in Italia, dove la maggioranza degli studiosi, giornalisti, economisti o intellighenzia varia si è formata negli anni 60-70 con i miti socialisti e
    marxisti che ancora oggi rimangono presenti nelle valutazioni e nelle proposte sociali e politiche che vengono effettuate. L’idea che lo stato-mamma possa risolvere tutti i problemi anche quotidiani dei cittadini rimane ben radicata nel senso comune della gente. Ma tutto questo non mi scoraggia nel sostenere che solo un pò di mercato salverebbe l’Italia da un lento declino.

  3. Marco Tizzi

    Resta da chiarire come sia possibile per una persona che tutta la vita ha parlato solo di libertà appoggiare e aiutare una dittatura militare…

  4. luciano pontiroli

    C’è sempre qualcuno che interpreta il ruolo di troll. Ci spieghi, per favore, di che si parla.

  5. alexzanda

    @Marco Tizzi
    libertà non significa democrazia, una democrazia può essere molto più dispotica di una dittatura e purtroppo in italia lo stiamo imparando sulla nostra pelle……
    certo che senza leggere i testi è difficile capire l’importanza dell’insegnamento teorico di Hayek, e facilmente (e magari involontariamente) si resta prigionieri dei luoghi comuni statalisti, il primo dei quali è proprio la rilevanza salvifica della democrazia, che di per sè eliminerebbe ogni pericolo per la libertà invece implicito nella dittatura….

  6. Marco Tizzi

    @alexzanda
    mi spiace, dittatura e libertà sono opposti inconciliabili.
    Questo al di là degli scritti: si può predicare bene e razzolare male, non sarebbe Hayek il primo

  7. claudio

    Per un’analisi acuta e alternativa sulla natura della democrazia è interessante leggere il libro-intervista all’ex-dittatore Lee Kuan Yew (Hard truths to keep Singapore going).
    Teniamo presente che Lee è per molti aspetti un devoto e anche uno “sperimentatore” delle teorie di Hayek.

  8. Davide Gionco

    C’è una cosa che non continuo a capire delle dottrine “antistataliste”.

    Se oggi, grazie alle tecnologia, riusciamo a produrre tutto il necessario per rispondere ai bisogni a domanda individuale impegnando non più del 20% della forza lavorativa, che lavoro potremmo mai far fare al restante 80% dei lavoratori?

    Inoltre oggi chi dispone di un discreto salario può permettersi di soddisfare praticamente la totalità dei bisogni essenziali a domanda individuale, mentre non può soddisfare i propri bisogni a domanca collettiva (sanità, istruzione, infrastrutture, un ambiente pulito, servizi sociali, etc).
    E questo avviene perchè lo Stato non dispone di sufficiente denaro per garantire questi servizi.

    Io penso che gli spazi per garantire lavoro, ma anche per consentire a ciascuno di noi di disporrre di un livello adeguato di beni e servizi a domanda collettiva, siano proprio in questo tipo di attività.

    Non a caso in tutti i paesi più evoluti, penso al Nord Europa, ma anche alla Svizzera dove vivo, la maggior parte dei posti di lavoro si hanno non nella produzione di beni e servizi e domanda individuale, ma in quelli a domanda collettiva.
    Che devono necessariamente passare per un soggetto che rappresenti la collettività, che è lo Stato nelle sue varie forme.

    Questo non significa automaticamente che queste persone debbano essere assunte dallo Stato, ma solo che lo Stato deve assumre il ruolo di formulatore della domanda collettiva e di verificatore della bontà del bene o servizi acquistato.
    In pratica si tradurrebbe in molti appalti pubblici, garantendo lavoro a molte imprese private.

    Invece la teoria dell’antistatalismo, per come la colgo, proposta da Giannino, non farebbe che ridurre l’offerta di lavoro nel settore dei beni e servizi a domanca collettiva, condannando l’80% della popolazione attiva alla improduttività.

  9. Marco Tizzi

    @claudio
    Vedete, però: non ci si può stupire se il mondo non vi ascolta nel momento in cui voi, come Hayek, appoggiate sistemi dittaturali.

    L’equazione liberismo = dittatura sono i liberisti ad averla creata e continuamente resa più forte: liberi di farlo, per carità, ma non vi lamentate se venite messi in un angolino.

    Personalmente ritengo che i pensatori liberali e liberisti si stavano dirigendo verso la vera meta, l’unica forma di governo davvero possibile perché esista libertà: l’anarchia.

    Solo che si sono spaventati perché l’anarchia può sfociare nel sociale, dato che il libero uomo può liberamente associarsi, e perché comunque l’anarchia è tradizionalmente posta “a sinistra” (qualunque cosa significhi).

    Quindi i liberali liberisti si sono rifugiati nella dittatura e il concetto di “libertà” è diventato la libertà dei pochi di rendere schiavi i molti.

    E allora non ci si lamenti se poi si viene messi in un angolino.

  10. claudio

    @Davide Gionco
    Quel che dici si può approssimativamente assimilare al pensiero keynesiano. Se vivere in uno Stato con un’economia keynesiana significasse vivere in uno Stato come la Svizzera, ben venga! Ma va considerato che la Federazione Elvetica, secondo gli analisti più accreditati, è uno dei paesi più liberisti e anti-statalisti del mondo. In l’Italia, a differenza che in Svizzera, le teorie di Keynes si danno per scontate e non sono mai messe in discussione, tanto che sono diventate l’alibi della partitocrazia. Il pretesto che ha permesso a un esercito di fuorilegge associati a delinquere di tenere sotto sequestro le istituzioni democratiche e di trasformare i cittadini in sudditi.

  11. claudio

    @Marco Tizzi
    La democrazia è il migliore dei sistemi possibili. Sicuramente lo è nella teoria, ma probabilmente anche nella pratica.
    Ritengo comunque che cercare e individuare gli effetti indesiderati della democrazia senza pregiudizi non significhi “appoggiare i sistemi dittaturali” o dittatoriali, che dir si voglia..
    L’anarchia d’altro canto è diametralmente l’opposto della certezza del Diritto (Rule of Low): la differenza tra essere libertari e essere anarchici è essenzialmente questa.

  12. sc

    [i]lo studio della scienza economica [/i]

    ahah l’ economia non è una scienza!!
    Non so di cosa diavolo blateri questo articolo ma si squalifica nelle prime righe!

  13. claudio

    @sc
    beh, direi che dipende dalla definizione di scienza che si intende adottare.
    esempio: per te la medicina è una scienza?

  14. Davide Gionco

    @claudio
    Se in Italia avessero applicato le teorie di Keynes negli ultimi 20 anni, ci troveremmo certamente con un debito pubblico al 200% del PIL (come in Giappone), ma saremmmo l’unico paese europeo a non sentire i morsi della crisi economica.

    In ogni caso io non ho detto quanto ha detto Keynes.

    Keynes sosteneva che lo Stato deve creare lavoro (anche inutile, come scavare le buche nel terreno) per distribuire denaro (stampato a debito) ai cittadini e dare loro la possibilità di tornare a spendere e consumare.

    Io, invece, sostengo che:
    1) Il deficit non sia un problema se lo Stato può stampare moneta a volontà, a meno che la quantità di denaro messa in circolazione sia eccessiva e causi inflazione.
    2) Che il mercato del lavoro sia in sovrapproduzione da tempo per quanto riguarda beni e servizi a domanda individuale.
    Per aumentare i posti di lavoro in questo settore l’unica alternativa è esportare beni e servizi, vincendo la concorrenza estera.
    Un’alternativa intelligente, però sarebbbe di convertire il nostro sistema produttivo da beni e servizi a domanda individuale a beni e servizi a domanda pubblica.
    Si tratta di settori di mercato in cui ci sarebbero molti bisogni da soddisfare e in cui si potrebbero creare molti posti di lavoro.
    Con l’unica difficoltà che i bisogni collettivi non possono essere rappresentati da una doomanda individuale, ma da una domanda dei cittadini organizzati insieme, ovvero lo Stato.

    Quindi non sostengo che deve essere lo Stato a creare i posti di lavoro, ma che deve essere lo Stato a consentire di organizzare la domanda collettiva a cui le imprese dovranno sapere rispondere.

    Tanto per fare un esempio: la ricostruzione dell’Aquila.
    Se fossero i privati ad avere i soldi, la si sarebbe già ricostruita.
    Ma invece è lo Stato a dovere mettere i soldi. E allora non la si può ricostruire.

    Eppure si tratterebbe dello stesso lavoro!
    Perchè lo Stato non può semplicemente stampare i soldi per pagare questi lavori?

    Per chi mi risponde: perchè si aumenta il debito.
    E io dico: e allora? Che cosa succede? Si stamperanno semplicemente altri soldi per pagare gli interessi sul debito.

    Per chi mi risponde: perchè l’immissione di denaro porterà inflazione.
    E io dico: davvero vi pare che in Italia oggi il problema sia un eccesso di liquidità in circolazione?

    Per chi mi risponde: l’Europa non ci consente di stampare euro.
    E io dico: non vi viene il dubbio che ci abbiano fregato?

  15. alexzanda

    @Marco Tizzi
    dunque i liberisti non meritano seguito perchè appoggiano le dittature (?!), predicano bene ma razzolano male, rifuggono le libere associazioni tra uomini liberi e temono l’anarchia che è di sinistra……….
    mi sembra chiaro che lei non ha letto nulla di Hayek e del liberisti e segue alcuni luoghi comuni, inevitabilmente di matrice statalista.
    legga il saggio “perchè non sono un conservatore” di Hayek, in La società libera, ma lo legga prima di commentare, sono solo 15/20 pagine, poi commentiamo insieme con piacere.
    se non lo trova posso mandarglielo via mail

  16. Marco Tizzi

    @claudio
    Lei mi dice che la democrazia è il migliore dei sistemi possibili, però Hayek sostenne invece il generale Pinochet: è ancora incerta la veridicità della frase “una dittatura è temporaneamente accettabile”, ma il sostegno è fuori da ogni dubbio.

    Quando si parla di sistemi di organizzazione della società si lavora sempre per approssimazione: non esistono né la dittatura perfetta, né la democrazia perfetta, né l’anarchia perfetta.
    Sono utopie alle quali i sistemi possono tendere.

    Credo che un sistema liberale e liberista dovrebbe tendere naturalmente all’anarchia, credo che ne sarebbe la naturale conclusione.
    Non, quindi, assenza di leggi (che è utopia), ma riduzione delle leggi al minimo indispensabile.
    “Anarchia” significa senza padrone, senza governante, senza leader. Non significa senza ordine, senza regole, senza leggi.

  17. Marco Tizzi

    @alexzanda
    No, Alex, ci mancherebbe.
    Non sto riportando il MIO pensiero, sto cercando di spiegare perché il pensiero liberista ha così tanti oppositori: quando si mette in crisi il concetto di democrazia a favore di dittature “temporaneamente accettabili” si fa fatica a far proseliti.

    Personalmente, ripeto, credo che il liberismo tenda all’anarchia. Ma questo per me è un giudizio positivissimo, non negativo.
    Purtroppo, però, il termine “anarchia” ha preso un valore inspiegabilmente negativo, soprattutto nel mondo anglosassone.

    Le faccio un gioco, confrontando alcune frasi di Hayek con alcune di Bakunin:

    “FREEDOM, the realization of freedom: who can deny that this is what today heads the agenda of history?” (Bakunin)
    “We must make the building of a free society once more an intellectual adventure, a deed of courage.” (Hayek)
    “Liberty is so great a magician, endowed with so marvelous a power of productivity, that under the inspiration of this spirit alone, North America was able within less than a century to equal, and even surpass, the civilization of Europe.” (Bakunin)
    “What a free society offers to the individual is much more than what he would be able to do if only he were free.” (Hayek)
    “When the people are being beaten with a stick, they are not much happier if it is called “the People’s Stick.”” (Bakunin)
    “It is indeed probable that more harm and misery have been caused by men determined to use coercion to stamp out a moral evil than by men intent on doing evil.” (Hayek)
    Possiamo andare avanti, ma non le sembrano tutte idee verso un fine ultimo comune?

  18. Marco Tizzi

    @Davide Gionco
    Davide, il tuo concetto di Stato come un grande “gruppo d’acquisto”, passami questa semplificazione, è assolutamente condivisibile e penso che lo sia per chiunque.
    Personalmente condivido anche il concetto di moneta che proponi, per quanto mi piacciano molto i concetti di “monete libere” e di “assenza di moneta”.

    Il problema è che la manifestazione reale dello Stato è invece un sistema poliziesco-militare che impone le sue decisioni in ogni ambito.
    E purtroppo questo non va bene.
    Anche perché così salta completamente la tua idea di moneta: stampiamo moneta fresca, se necessario, e diamola ai privati per fornire alla comunità di ciò che serve.
    Va bene, ma oggi, qui, succederebbe che la moneta finisce nelle tasche dei soliti noti e “ciò che serve” non arriva mai alla comunità.

    Ovvio che tu dalla tua Svizzera dorata possa parlare con una cognizione di causa più razionale, dato che vivi in uno Stato che fa lo Stato e basta, non rappresenta un “buco nero di denaro coercitivo e assolutista”.
    Non so da quanto manchi dall’Italia, ma ormai qui è così.

  19. giuseppe

    Confesso candidamente che non sapevo nemmeno chi fosse Haiek, e non ho certo la pretesa di saperlo adesso, sebbene mi sia un pò documentato.
    Mi ha favorevolmente colpito il fatto che Haiek ritenesse che il ruolo prevalente dello Stato è quello di mantenete lo Stato di Diritto. I diritti collettivi erodono certamente i diritti individuali. Secondo me è lecito individuare anche diritti collettivi, dal momento che viviamo in una Società organizzata, ma oltre un certo limite non è lecito andare. Il fatto poi che i Diritto collettivi aprono la strada ai totalitarismi, in parte è vero, e questo potrebbe parzialmente assolvere Haiek da qualche palese incoerenza, che tutti gli uomini evidenziano. Quel che trovo meno comprensibile è un certo integralismo che vorrebbe contrapporre in modo definitivo e quasi religioso Autori di diverse tendenze, nel caso Hayek e Keynes. Questo dualismo appartiene più al recinto della Filosofia che dell’Economia, che dovrebbe offrire sopratutto buone soluzioni a problemi diversi. Sembra che le idee di Keynes abbiano funzionato abbastanza bene col New Deal e questo non significa che quelle di Hayek non funzionino (pare abbiano ispirato l’azione politica della Tatcher) Insomma, nessuno, sano di mente, si sognerebbe di contrapporre la Fisica Classica di Newton alla Fisica Quantistica di Plank. Funzionano ambedue egregiamente nel loro dominio. O contrapporre l’approccio matriciale di Heisemberg a quello analitico di Schroedinger. Dicevano la stessa cosa con linguaggi diversi, ma cose talmente complesse che c’è voluto un altro grande scienziato – Dirac – per capirlo. Da questo atteggiamento un pò estremo nasce anche una concezione troppo sacrale del Liberismo,che lo pone sullo stesso piano – da questo punto di vista – del Comunismo. Il Liberalismo è invece qualcosa su cui si possono costruire aggregazioni più ampie e forse vincenti. Liberali erano quelli che nel 1848 venivano impiccati dagli Austriaci ( forse oggi si ribellerebbero contro i Borbonici di Roma), ma Liberali sicuramente erano anche i latifondisti che aiutarono la nascita del Fascismo. la linea di demarcazione passa per quella sfera che attiene la nobiltà d’animo e che delimita la Generosità dall’Egoismo. Ha poco a che vedere col Liberalismo. Ma Liberali sono anche i Radicali (la famosa scissione del ’52) ed è difficile da negare. Venendo all’attualità a me non sarebbero dispiaciuti Giannino e Tito Boeri insieme in un Governo. Avrebbero sicuramente fatto molto bene. Perché è l’intelligenza e la concretezza il vero discrimine. Saper poi che ognuno ha la sua idea precisa non è male. E’ come un navigatore satellitare che ci aiuta a discerenere nello sconfnato, contraddittorio ed affascinante universo del pensiero umano.

  20. Marco Tizzi

    @Luciano Pontiroli
    Guardi, non mi pare di aver fatto lo scoop dell’anno.
    Se vuol discutere la cosa nel dettaglio può rivolgersi direttamente al forum del Mises Institute, c’è una parte del forum dedicata all’argomento:

    mises.org/Community/forums/t/3413.aspx

    Molti commenti fanno capire chiaramente perché, imho, le idee liberiste non ottengono la fama che meriterebbero…

  21. Carlo Ghiringhelli

    Si consideri la storia del nostro Stato unitario:1)il Meridione ha sempre considerato lo stato straniero ed invasore-i Savoia avevano sostituito i Borbone-;2)il Cattolicesimo ha sempre incontrato difficoltà ad accettare il nuovo stato-è la questione romana e non solo-; 3)il marxismo ha sempre concepito lo stato come il comitato d’affari della boerghesia che doveva essere abbattuto; 4)il fascismo ha cercato di fascistizzare lo stato al fine di formare gli italiani ; 5)la mafia, che non è l’antistato, si è sempre servita dello stato per esercitare il proprio potere sulle carni vive…; 6)il ’68 si proponeva di portare l’immaginazione al potere allo scopo di cambiare lo stato autoritario, parruccone, maschilista e simili; 7) i liberali hanno sempre criticato lo stato partitocratico e burocratico in nome delle elite, con la sola eccezione degli spiriti azionisti e democratici. Oggi,tuttavia, l’avversario da contrastare è lo statalismo trionfante! Chissà perchè? E’ stato detto che se non si capisce l’economia s’indora la realtà: infatti lo stato moderno in Italia è stato il garante (Giolitti) del blocco storico-sociale costituito dagki industriali (del resto la grande imprenditoria è sempre cresciuta all’ombra delo stato in quanto sempre assetata di sussidi e refrattaria ad ogni autentica innovazione) e dalla aristocrazia operaia (sindacalizzata) del Nord e dai latifondisti del Sud, mentre l’amministrazione della macchina statuale era già appannaggio della piccola borghesia intellettuale meridionale a far tempo dal Depretis. Orbene tale blocco , denunciato dal Salvemini nel lontano 1911, è giunto, espandendosi in un parastato elefantiaco, fino a noi assumendo una varietò di configurazioni politiche che ora non appaiono più credibili forse a causa della crisi fiscale dello stato medesimo. Che fare? A nzitutto occorre definire i termini che usiamo quali: statale, pubblico, privato, democrazia. I) la ‘res publica’ è cosa complessa rispetto alla democrazia che è calcolo-procedurale- nel senso che democraticamente ci contiamo. pubblicamente non è possibile. Essa è una dimensione vocata alla comunicazione che ci vuole partecipi sulla base degli elementi comuni -è l’universitas-. Si pensi ai gruppi politici dei comuni italiani dei secoli XII e XIII che funzionavano sulla base della partecipazione, malgrado il rischio delle fazioni, del campanilismo delle corporazioni-che il fascismo aveva istituzionalizzato e la DC usato in modo clientelare- in una società priva dello stato; la societè delle società che permette a Francesco d’Assisi di vivere fuori dal diritto! (si veda il recente saggio di Agamben).
    II)Statale significa statocentrico, volontaristico in senso giacobino, etico nel senso di Gentile letto nella prospettiva dell’egemonia a là Gramsci.
    III)Privato è participio passato che significa essere tolto… e che non va confuso con il personale che designa il ruolo sociale dell’individuo -maschera-.

  22. Carlo Ghiringhelli

    Alle mie note precedenti aggiungerei quanto segue.
    Nella storia lo sviluppo del capitale è sempre stato condizionato dallo stato (leggi), ma inell’Italia moderna l’economia di mercato è stata ‘truccata’ dall’interventismo/dirigismo dello stato-oltre che contaminata dalla criminalità organizzata- con il corollario delle rendite di posizione, mentre il conflitto delle parti sociali -non essendo la società una unità- è sempre stato mediato dallo ‘welfare'(senza libertà con il fascismo, per i privilegiati durante la repubblica), con costi sempre crescenti a causa degli enormi sprech, delle ruberiei e della dilagante corruzione.

  23. Alberto

    Davide Gionco :


    … mentre non può soddisfare i propri bisogni a domanca collettiva (sanità, istruzione, infrastrutture, un ambiente pulito, servizi sociali, etc).
    E questo avviene perchè lo Stato non dispone di sufficiente denaro per garantire questi servizi.

    Ecco, Signor Gionco, basta questa semplice considerazione per spiegare che quanto lei sostiene si regge su nulla. La stessa locuzione “bisogni a domanda collettiva” reca in sè una connotazione ideologica che però, per lei, nella accezione che lei le dà, dovrebbe essere del tutto neutra. Non è cosi’. Sarebbe stata neutra se lei avesse parlato di bisogni del cittadino ma lei, invece, ha parlato di bisogni della collettività. Converrà con me che questa “collettività” vada quanto meno definita.

    Ma si regge su nulla per un motivo molto semplice: posto che il nostro stato si prende il 68.5% del reddito di una piccola/media azienda, mi dice per gentilezza cos’altro dovrebbe fare lo stato per “disporre di sufficiente denaro per garantire questi servizi” ?

    Per me lei non vive in Svizzera, lei vive sulla luna.

  24. saverio

    A ben guardare le Istituzioni del nostro paese si stanno suicidando, continuare ad aumentare la pressione fiscale porterà ad un’ulteriore inaridimento delle fonti di ricchezza privata dalla quale discende poi anche la ricchezza dell’apparato amministrativo, politico e giudiziario Italiano; o veramente qualcuno di questi politici, e/o statali pensa sul serio che stiano producendo loro stessi il loro reddito con il loro lavoro? Non è oramai lapalissiano che queste persone, le quali nella migliore delle ipotesi lavorano (o meglio: dovrebbero lavorare) 6 ore al giorno per 5 giorni alla settimana, (con regole ESCLUSIVAMENTE AD HOC per quanto riguarda il diritto previdenziale, del lavoro, e tributario a loro applicato) hanno un reddito semplicemente perchè c’è un’economia privata che produce ricchezza anche per loro? Anche questa parcellizazione del diritto, tra lavoratori statali e lavoratori privati, ed all’interno stesso di queste due macrocategorie, è sintomo indiscutibile del degrado della sua qualità giuridica… non solo quindi la fagocitazione del diritto privato nel pubblico, ma anche la loro disgregrazione in infinite sottocategorie corporative sono tutti fenomeni che stanno portando ad un’autodistruzione simile a quella dell’Impero Bizantino. Che venga quindi pure distrutta questa economia privata, e poi vedremo chi pagherà i loro stipendi…

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