4
Set
2009

Greenspan dei nostri? Macché. Consigli a Giulio

Greenspan era un libertarian e dunque la colpa della crisi è da addossare a quella scuola? L’argomento propalato dai liberal ha un’ottima e secca risposta da parte di Alex Pollock dell’American Enterprise Institute. È proprio come dice lui: se fosse stato un libertarian, Greenspan avrebbe abolito il monopolio della moneta e del suo prezzo relativo, e lo avrebbe sostituito con un meccanismo di libera contrattazione esattamente come si fa con il prezzo delle patate. Le élite e la gente comune la pensano però in maniera sempre più distante, mano mano che la crisi avanza, sui banchieri centrali. Ed è un fatto molto interessante, se solo i politici capissero davvero che cosa c’è alla base di questo fenomeno, e non preferissero invece utilizzarlo per critiche ai banchieri centrali magari solo un po’ demagogiche, come avviene da noi. Come esempio delle trombe che vengono suonate ininterrottamente all’indirizzo dei banchieri centrali, prendete per esempio il soffietto che stamane Floyd Norris riserva a Ben Bernanke sul New York Times. Il capo della FED viene trionfalisticamente accostato come salvatore della patria in crisi a Elbridge Spaulding, il banchiere-congressman che a fine 1861, di fronte al debito pubblico spaventoso provocato dalla Guerra Civile americana, ebbe la bella idea di inventare il moderno dollaro obbligandone il corso legale pur svincolato dalla parità di un tallone aureo di riserva a garanzia. Fu la nascita della “fiat money”, come si usa dire: la moneta creata a prescindere, per volontà dei governi. Che sia stato così tanto salvifica, come trovata, non può che pensarlo uno statalista.

Ma la pensano così, le opinioni pubbliche? Non si direbbe proprio. È uscito un interessante paper di Daniel Gros e Philip Roth, in cui si analizza la fiducia della “gente” verso le banche centrali. Per la BCE, la fiducia pubblica – come differenza tra giudizi positivi  negativi – è scesa da un livello medio superiore al 30% a meno di zero. Idem dicasi per la FED negli USA. I paesi europei in cui i cali sono più netti rispetto all’autunno 2008 sono la Francia, l’Italia e la Spagna, con uno shift di 22, 30 e 39 punti percentuali rispettivamente, a confronto degli 11 punti in  Germania.

Che cosa ne dovrebbero ricavare i politici? Che alla gente comune arriva perfettamente un dato: l’oceanica massa di liquidità a costo negativo pompata sui mercati non è riuscita né a ridare forza decisiva alla fiducia interbancaria, né tanto meno prende la via degli impieghi a imprese e famiglie. In altre parole, la gente comune avverte sulla propria pelle, che il magico moltiplicatore monetario sostenuto dagli iperkeynesiani a oltranza non sta funzionando in maniera tanto demiurgica come si pretende. Se i politici capissero così, il messaggio che viene da questi sondaggi, ne dedurrebbero l’esatto contrario delle conclusioni maggioritarie al G20 di oggi, e cioè che non è tempo di exit strategy. Se, al contrario, i politici ne approfittano solo per minare l’indipendenza delle banche centrali – che in America non esiste praticamente più per nulla o quasi, attualmente – e per alimentare campagne contro i banchieri centrali meno allineati al proprio vero o presunto colore politico, allora prendono fischi per fiaschi e commettono un errore ancora più grave della fiat money. Ciascuno di voi ha abbastanza fantasia per capire a chi e a che cosa mi stia riferendo.

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8 Responses

  1. Concordo con la sua impeccabile analisi, anche per se per l’esattezza Greenspan è un ex oggettivista randiano, più che un libertarian (e nonostante i tentativi di David Boaz del Cato di interpretare il pensiero libertarian economico come compatibile alla filosofia della Rand, c’è ancora diffidenza e differenza concettuale tra i due termini).
    In particolare la distinzione sta nella visione un pò idealistica romanzesco che gli oggettivisti pur più affini a posizioni da miniarchici “alla Nozick”, piuttosto che anarco-capitaliste “alla Rothbard” (tra la Rand e Murray ci sono sempre state incomprensioni), propongono sulla questione della proprietà.
    La proprietà viene intesa come un dato necessario, e non solo auspicabile per dare non solo garanzie e maggiori potenzialità all’individuo entro la società anche come promozione della propria immagine di successo e individualista ma anche come dato educativo, pedagogico e formativo.
    Ciò ovviamente non farebbe una piega con l’analisi austriaca se purtroppo non fosse, carente di un particolare che fa enorme differenza tra il dire e il fare: il denaro.
    Per i randiani il denaro non viene letto in termini economici ma culturali come una virtù, per gli austriaci che ovviamente sono economisti, questo non cresce mica sugli alberi!.
    Greenspan è stato tentato dall’approccio di coniugare in epoca clintoniana (quando ricordo M. Friedman, e non a caso cito sempre lui dato che per certi versi vi sono certe analogie con l’idea dell’elicottero monetario da lui teorizzato anche in un intervento fuori da un periodo di crisi effettiva dell’economia da parte delle istituzioni bancarie centrali, in tale regia tentò di inserire forme libertarian entro il partito Democratico Usa, pensando che dopo la “rivoluzione reaganiana” il punto dolente fosse cercare di inquadrare tale settore centrista dei Democrats, entro una possibile intesa con il Libertarian Party, in chiave di isolamento delle frange più radicals e liberals) l’idea randiana della proprietà per ogni americano, come parte del sogno americano.
    Guarda caso ciò avviene proprio nel periodo di promozione della clintonomics, entro forme di fiscalità vantaggiosa di mutui popolari attraverso enti come Fannie Mac e Freddie Mae, in gran parte finanziate a livello politico e pubblico, quale casse per la conciliazione mainstream di una crescita di consapevolezza del potenziale di libertà dato dalla proprietà.
    Il problema è che non solo tra “il dire e il fare c’è di mezzo il mare”, ma anche tra una mentalità fiscale conservatrice e una sociale progressista, dovrebbe esserci un abisso culturale in particolare sui limiti dell’intervento e la loro conduzione (anche se poi con Bush Jr, tale abisso è stato “ampiamente rimarginato”!).
    Il problema è che l’erogazione di denaro a tassi agevolati e senza alcuna sicura garanzia nel medio periodo di restituzione ha costituito “il primo mattone” (è il caso di dirlo!) della crisi attuale.
    Il secondo è stato ovviamente collegare il dato del valore immobiliare con la copertura di garanzia di debiti e investimenti, sperando che il valore potesse aumentare e raddoppiare “inflazionisticamente” più del suo reale valore di permuta d’acquisto il valore immobiliare.
    In pratica si è effettuato una forma di ridistribuzione di denaro più che per incrementare solo la domanda economica di acquisto di case in termini keynesiani, anche per aumentarne il loro valore, e quindi le opportunità di ricchezza artificiose offerte in copertura da tale denaro virtuale da spendere (anche se in realtà spendibile in quanto intrinsecamente, seppur in termini virtuali, vincolati intrisecamente alla casa abitata) entro una visione poco parsimoniosa e certamente keynesiana di consumi.
    E’ su questo secondo punto di offerta di denaro virtuale per gli investimenti, che qualcosa mi induce a pensare che ci sia dietro comunque una teoria monetarista friedmaniana anch’essa sbagliata per tempi e modi.
    Friedman non si è opposto a tale bolla immobiliare pronta ad esplodere, anzi se guardiamo le cronache, noteremo come Greenspan e Friedman operino sostanzialmente due parti della stessa partita, una in chiave economica di concessione di facili erogazione di denaro (in accordo con il monetarismo e con l’idea “un pò ormai fuori dai tempi massimi” dai tempi della Grande Depressione) sull’azione della Fed e l’altra su un versante anche in termini politici di riconversione anche in termini politici Democrats di teorie monetariste in sostituzione degli arnesi spuntati del Keynesismo.
    Il punto della faccenda però resta Greenspan, e ovviamente a livello privato, stando al libero La Terza America di Ron Paul (sul problema della moneta), Greenspan, confessa a Paul in privato l’inutile e dannoso ruolo della federal Reserve e dell’inutilità del suo intervento.
    Poi però in una audizione pubblica al Congresso, a domanda rivolta sempre da Paul, Greenspan pubblicamente difende il proprio ruolo e la propri poltrona da qualsiasi critica e attacco all’istituzione.
    E’ ovviamente il problema del signoraggio bancario e della denuncia del controllo della banca centrale federale della moneta (una denuncia austriaca e Rothbardiana non certamene friedmaniana visto che nel precedente commento al suo articolo, lei stesso ha delineato che la visione monetarista di M. Friedman era favorevole ai tassi bassi e all’intervento della Fed).
    Congressisti come Ron Paul stanno puntando con proproste di legge alla Camera e al Senato bipartisan a maggior controlli della Fed, un ente che è divenuto sempre più una agenzia esterna indipendente e fuori da qualsiasi controllo.
    E se Bernanke certamente sulla scia di Greenspan difende (come può, il che è tutto un dire, la propria poltrona appena riconfermata da “inopportune ingerenze” parlamentari), la gente certamente riprendendo i principi jeffersoniani, tende sempre più a giudicare i banchieri centrlali, non a torto, quali i veri responsabili anche della svalutazione del dollaro (che mi ripeto, mi scusi!; certamente è sulla linea della politica di tassi 0 promossi da Friedman).
    Poi capisco che la sua responsabilità sarà ben più limitata di un Greenspan, però un Friedman che non dice niente sul rischio ampiamente previsto dalla scuola austriaca in materia di subprime e che guarda caso era ancora presente durante l’ultima parte del mandato di Greenspan alla Fed, ed è stimato attualmente da Bernanlke come un modello della “ricetta miracolosa” attuale pur venendo ovviamente ancora stigmatizzato da un Krugman (il quale è sempre esageratamente inflazionato pure nella sua ridicolaggine di tesi, d’altronde non è contento neppure di Obama!!) è pur sempre un segnale che aldilà del vessillo liberista e libertario al quale appartiene senza dubbio Milton, non può far ricadere, almeno entro una dimensione di critica intra-liberista determinati dubbi sulle sue teorie (aldilà della sua difesa d’ufficio davanti al Keynesiano di turno).
    Mi pare che in questo suo articolo lei propenda più dell’altro ad esporre una teoria austriaca e una critica velata al monetarismo (che non a caso è legato alla presenza di denaro nel ciclo economico da parte delle Banche centrali, con ciò che ne consegue e da lei illustrato perfettamente) più del precedente articolo.
    Le segnalo in proposito la pubblicazione libraria nel mercato statunitense del libro End the Fed di Ron Paul.
    Il sito Mises.org a questo link ne offre una sua interessante recensione-anteprima.
    http://mises.org/story/3687
    Saluti LucaF.

  2. oscar giannino

    Esiste, siste caro Lolli: fa parte delle procedure telematiche di emergenza che segnalano ai vertici dei mercati impossivi cali degli indici, per evitare che si diffondano a macchia d’oilio per effetto dele soglie di vendita telmatiche – vedi pllemica incorso sull’High Frequency TrADING, I PROGRAMMI DI SOFTWARE DI VENDITA E ECQUISTO AUTOMATICO in millisecondi sui quali sempre più giganti come Goldman investono per “battere sul mercato” i concorrenti del propriety trading con milioni di operazioni al minuto. Naturalmente, le decisioni “segnalate” come consigli al verificarsi di diversi livelli di caduta sono poi da assmere dai vertici dei mercati quoati relativi – NYSE pe – tagiarandosi con le autorità come SEC e FED

  3. Più volte avete parlato, in questo blog di propriety trading, non ultimo riguardo i risultati trimestrali di Godman. Non so se questo blog sia il luogo giusto ma, da curioso/ignorante, mi piacerebbe capire esattamente di cosa si tratta e perchè, quando se ne scrive, non mi sembra che i toni siano entusiastici.
    Grazie

  4. oscar giannino

    caro spaziamente, è l’attività di compravendita di asset comunque denominati, equity, bonds pubblici e privati opzioni, call, put, tranche di attivi reingegnerizzati e cartolarizzati etc etc: tutto ciò che viene operato dalle grandi banche a carico della funzione market investment and operations – in questo caso la banca agisce come fosse un mega-trader del mercato finanziario volto a massimizzare l’utile attraverso il maggior numero di operazioni rispetto al margine conseguibile. Come è evidnete, si tratta di funzioni che non c’entrrano nulla con quelle della tradizionale banca commerciale. Non demonizzo affatto che il modello investment banking sia tale da generare i maggiori profitti, rispetto alle attvità di banche commerciali. basta però che non faciamo finta di elevare grandi elogi al ritorno della banca tradizionale, quando tutto ciò che avviene sui mercati vede il più degli utili bancari nel semstre 09 realizzato propriodalle tanto deprecate attività di multitrading finanziario. No slo negli USA, a dir eil vero

  5. Grazie della spiegazione, (ammetto di aver fatto una gran fatica…).
    Ciò che mi resta da capire è: tutte quelle operazioni, generano utili reali oppure gonfiati da iperattività ma mai, o solo in parte, realmente “monetizzabili”?
    Sperando di esser stato chiaro, prometto che poi smetto di fare la piattola…

  6. lolli

    Grazie,da una fonte tanto informata sapere che esiste realmente questa commissione che opera sul mercato per evitare repentini cali degli indici,mi fa sorgere qualche dubbio, su quello che sino ad ora è stato il rialzo degli indici da marzo ad oggi.E ancor più , avrà anche condotto operazioni anche nel momento del ribasso durato quasi 2 anni?

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