Grecia: Salvataggio in Extremis?—di Matteo Borghi
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Matteo Borghi.
Nella crisi greca siamo forse, finalmente, arrivati a una svolta. Più o meno la milionesima da quando la “troika” (oggi più correttamente “Brussels Group”) ha iniziato ad avere a che fare col governo di Alexis Tsipras. Un esecutivo che, al contrario dei precedenti, si è di fatto sempre opposto in maniera sistematica alle proposte di Bruxelles nel nome della lotta all’austerity europea che, a suo giudizio, avrebbe fiaccato l’economia greca fin dalle sue fondamenta.
Ieri sera il governo greco ha svelato la nuova ipotesi di accordo con i creditori, una manovra da 12 miliardi di euro che si avvicina – un po’ più di prima – alle richieste dei creditori. Tanto che, se la settimana scorsa il gap fra i due piani (quello europeo e quello greco) era di appena 500 milioni, a oggi la divergenza fra le richieste dovrebbe essere molto più bassa. A questo punto è chiaro come il punto vero del contendere sia più politico che economico: Tsipras, sull’onda del referendum, deve fare la voce grossa con l’Europa che, dal canto suo, non deve dare l’impressione di calare le braghe (tanto per dirla in lessico strettamente tecnico-economico) nei confronti della Grecia. Accordo quasi fatto allora? Mica tanto.
Primo perché l’accordo deve ancora essere accettato dall’Unione europea che, in particolare, potrebbe lamentarsi degli scarsi tagli accordati da Tsipras al sistema pensionistico. Secondo perché la proposta di Tsipras dovrà essere esaminata, a partire da oggi, dal parlamento greco dove alcuni deputati (anche della stessa Syriza, con un’ala radicale che ha minacciato addirittura una manifestazione) potrebbero giocare brutti scherzi al governo.
Non solo: le voci più drastiche, come privatizzazione e lavoro, dovrebbero essere discusse e approvate solo nei prossimi giorni, rendendo molto più arduo un cammino già di per sé molto in pendenza. Basti pensare che il 20 luglio scade la maxi rata della Bce che, senza un nuovo prestito, porterebbe il Paese dritto al default. Al contempo la mancanza di liquidità sta fiaccando i greci che, per tutta la settimana, non hanno potuto prelevare dai propri conti correnti.
Ma vediamo, più nel dettaglio, le proposte di entrambe le parti. Sembra raggiunto, finalmente, un accordo sulle baby-pensioni a 62 anni con 40 di contributi: finiranno nel 2022 al posto del 2036 chiesto da Tsipras (in Italia sono scomparse con la riforma Fornero del 2012); inoltre, dal 2019, dovrebbero finire le pensioni integrative mentre la troika chiede un taglio immediato del 20% delle pensioni oltre i mille euro che Atene non intende accettare. Tasse e sussidi: via lo sconto sulle grande isole a partire dal 2016, imposte più alte per gli armatori, aliquota ordinaria Iva al 23% (Tsipras insiste per mantenere il 13% sugli alberghi), al 6% sui medicinali e al 13% sull’elettricità; resta il nodo dei sussidi agli agricoltori che Tsipras vorrebbe mantenere fino al 2017, mentre la Bruxelles ne chiede l’abolizione immediata. Privatizzazioni: via alla gara per il Pireo e gli aeroporti (tranne l’area dell’Hellenikon di Atene la cui vendita a un fondo del Qatar è fortemente contestata da Syriza); Tsipras non vuole però cedere sulla cessione del monopolio statale dell’energia elettrica. Avanzo di bilancio primario (esclusi gli interessi sul debito): accordo di fatto su un +1% nel 2015, +2% nel 2016, +3% nel 2017 e +3,5% negli anni successivi, per rendere il debito sotto controllo entro il 2022. Qui sarebbe il caso di osservare che l’accordo sugli avanzi primari è in realtà assunto senza che NESSUNO possa sapere a quanto ammonterà PIL 2015, nonché il deficit pubblico, della Grecia per effetto di quanto avvenuto, ergo sono impegni suscettibili INEVITABILMENTE di variazioni a seconda di quale sia il denominatore. Lavoro: misure rimandate a settembre. Syriza vorrebbe alzare il salario minimo a 751 euro e abolire i licenziamenti collettivi. Bruxelles si oppone a entrambe le proposte. L’insieme delle riforme varrebbe appunto 12 miliardi di euro, poco più del 5% del Pil greco.
In ogni caso, niente di esplicito si dice su ricapitalizzazione-ristrutturazione delle banche greche, che è il VERO primo problema della Grecia ora. Il fondo ESM nasce come salva-Stati, ma con condizionalità propria. Insomma, si tratta di un punto chiave da chiarire.
Se l’accordo dovesse chiudersi entro stasera, come si augura il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, o entro sabato, come ipotizza il premier Matteo Renzi, sarebbe una vera e propria manna dal cielo per la Grecia. A fronte di piccoli impegni (ripetiamo stiamo parlando di poche centinaia di milioni di differenza), Atene porterebbe a casa un prestito da 35 miliardi (almeno questa è la richiesta di Tsipras. Secondo le fonti, sarebbero ora saliti a 53,5mld più 35 mld di accesso a fondi coesione UE).
Proprio nelle scorse ore l’Eurogruppo ha definito “esaurienti” le proposte di Syriza e ha aggiunto che nelle prossime ore si vedrà “se i conti tornano”. Ora la palla torna al parlamento greco: se non le accetterà passerà alla storia, oltre che per il fallimento del Paese, per aver rifiutato il piano più vantaggioso che un organismo internazionale abbia forse mai accordato a uno Stato membro.
Accidenti, addirittura “vantaggioso”….
Ma non mi sembra….
Poi da quando in qua, “ma è un eufemismo” dato che ora mai non ci crede più nessuno, a seguito di un referendum che ha votato NO, alle richieste della TROIKA, Tsipras si rimangia il tutto?
Gli economisti direbbero che hanno voluto dare un calcio al barattolo, per spostarlo più in la…
Orazio
appunto un accordo vantaggioso per la Grecia, se già con tutte le agevolazioni fiscali e sussidi vari elencati e noti alla ue, raggiungono una evasione fiscale vicina al 40%, mi immagino ora con le riforme restrittive dove arriveranno, spero vi sia un piano di controllo strategico, quanto meno per recuperare una parte dell’evaso…..altrimenti gli avanzi primari se li sognano…. io non la vedo così semplice, ho paura che fra 12 mesi saremo ancora qui ha parlare di grexit….
Personalmente ho il sospetto che la proposta di Atene non sia altro che un espediente per ricevere aiuti e ritardare il default. Si accettano condizioni molto vicine a quelle indicate da Bruxelles, si ricevono gli aiuti e poi si snaturano gli interventi di “rigore” grazie a voti parlamentari e eventuali sentenze del Consiglio di Stato o della Corte Suprema. La Grecia in questo modo riceverebbe dalla UE dei prestiti che non avrà mai la capacità di restituire, mentre le misure di bilancio sarebbero snaturate.
Dagli inventori del Cavallo di Troia ci si può aspettare questo ed altro.
Mi meraviglio molto che i burocrati di Bruxelles non realizzino due cose:
1) il gioco di Putin, che si serve dell’alleato Syriza, per colpire economicamente l’UE che dovrebbe svenarsi per la Grecia;
2) il “tabù” della irreversibilità dell’euro che consente a un Paese altamente indebitato e per nulla virtuoso, di approfittare illimitatamente dei contribuenti europei.
Penso che di questi due aspetti possano fornire degli interessanti spunti di riflessione.
Niente mi fa dubitare che sia Tsipras che Varoufakis sperassero di perdere il referendum. Varoufakis infatti appena “vinto” ha lasciato il cerino acceso, ma ormai alla fine, in mano a Tsipras e se ne e’ elegantemente scappato a gambe levate.
Che triste e grottesco teatrino!e il no,è il referendum,e il popolo greco che con uno scatto d’orgoglio fa il gesto dell’ombrello all’Europa,e tutti i nostri chiacchieroni a illudersi che le cose sarebbero cambiate……sí certo sono cambiate,in peggio.Temo N che io che tra pochi mesi saremo di nuovo in ballo con questa storia.Se fino a ieri i greci avevano le pezze al sedere come è pensabile che i punti del nuovo accordo vengano rispettati?mah….