Gray’s Anatomy: Hayek più l’ecologismo radicale
Nel corso degli anni Ottanta, il nome del filosofo inglese John Gray era diventato piuttosto noto tra libertari e liberalconservatori. Docente a Oxford, si era fatto molto apprezzare per gli scritti su Hayek (Hayek on Liberty, del 1984) e anche per altri testi: tra cui quel Liberalism, del 1986, che venne tradotto pure da noi da Garzanti.
Poi Gray cambia: e si tratta di una svolta assai netta.
In testi come Postliberalism: Studies in Political Thought , del 1993, False Dawn: The Delusions of Global Capitalism, del 1998, oppure Straw Dogs: Thoughts on Humans and Other Animals, del 2002, il filosofo britannico si allinea molto di più al luogocomunismo corrente: nei suoi giudizi sul mercato, sull’ambiente, sulla globalizzazione e via dicendo. E non caso ora è possibile leggere qualche suo articolo anche su quotidiani come The Independent o The Guardian.
Dopo esser passato dalla New Right al New Labour, Gray adesso sembra in cerca di una nuova collocazione. Così almeno lascia intendere uno straordinario recensore libertario, David Gordon, che di recente ha presentato (mescolando critiche e riconoscimenti) l’ultimo volume del pensatore inglese: Gray’s Anatomy: Selected Writings (Allen Lane, 2009).
Gordon è un libertario radicale, un rothbardiano, e solitamente sa essere spietato nel trovare anche minuscole pagliuzze stataliste in autori pure fortemente radicati nella tradizione del liberalismo classico. Eppure il suo giudizio su quest’ultimo lavoro di Gray è tutt’altro che negativo: sebbene non manchino gli accenti critici.
Bisogna dire questa antologia di scritti include pagine scritte nel corso di 35 anni: e quindi non stupisce che si possano trovare nel volume una netta critica del socialismo, un forte attacco all’interventismo, una condanna del progetto bolscevico volto a modificare la stessa natura umana, una presa di distanza da ogni forma di imperialismo aggressivo. Come dice Gordon, c’è molto liberalismo classico tra le righe del libro. Ma tutto questo assieme a un attacco feroce nei riguardi della teoria libertaria e, per giunta, a un’esplicita adesione alle tesi dell’ambientalista James Lovelock.
Forse la chiave di questa indigeribile mescolanza di cose del tutto eterogenee e incompatibili sta nell’osservazione di Gordon, secondo cui la posizione di Gray “poggia su una dottrina filosofica, il pluralismo dei valori, che egli ha assorbito da Isaiah Berlin. In questa prospettiva non esiste un’unica gerarchia dei valori: non insomma non possiamo dire, ad esempio, che la vita di un monaco sia migliore o peggiore di quella di un soldato”.
Di relativismo in relativismo, quello che un tempo era un hayekiano ora si trova a celebrare una prospettiva neopagana, che essenzialmente vede negli esseri umani una minaccia per il futuro della terra. Diciamola tutta: la grave crisi che stiamo vivendo non è solo finanziaria.
Un “post” interessante. Io, personalmente, temo l’isteria rivoluzionaria degli über-ecologisti.