Grandi opere e consenso
Distinti a distanti almeno quanto Oscar Giannino dai lanciatori di pietre dei centri sociali, riassumiamo le ragioni del “no liberale” alla TAV
“Abbattuto il muro dell’illegalità”. Così titolava l’altro ieri La Stampa l’editoriale dedicato all’operazione di polizia che ha portato allo sgombero del “fortino” con il quale si voleva impedire l’inizio dei lavori del tunnel geognostico propedeutico alla realizzazione della linea ferroviaria fra Torino e Lione. E in termini simili si è espresso il commissario Virano che ha dichiarato: “questo cantiere ha tutti i crismi della legalità. In teoria può anche essere considerato sbagliato, ma è legale”. Questa è la democrazia. Si vota, si discute, si decide e poi la maggioranza ha il diritto di imporre a tutti le proprie scelte.
Per la verità qualche dubbio sulla completa rispondenza della procedura adottata alla intricatissima normativa di settore rimane: basti pensare che, ad oggi, non è ancora stato approvato un progetto definitivo dell’opera e che, proprio in questi ultimi giorni, sono trapelate le prime notizie di una sostanziale modifica rispetto a quello originario. Ma non è su questo punto che vorremmo insistere.
Ci interessa piuttosto analizzare la legittimità dell’approccio “democratico” alle grandi opere.
Si dà per scontato che il governo rappresenti l’interesse generale, faccia da arbitro tra concezioni contrapposte e debba far prevalere, anche con l’uso della forza se necessario, l’interesse nazionale contro quelli particolari. E’ il cliché adottato anche nel caso della TAV, definita come “opera strategica” per il futuro dell’Italia se non dell’Europa a cui si contrapporrebbero gli interessi di una piccola minoranza.
Ma la realtà dei fatti fa a pugni con questo schema ideologico. Chiediamoci: chi saranno i beneficiari dell’opera? La collettività italiana nel suo insieme, una larga maggioranza dei cittadini? No, qualora venisse realizzata, a trarne giovamento sarebbe un’infima minoranza di italiani, qualche migliaio di persone che in media ogni giorno attraverserebbero il confine con la Francia. Non vi è dunque alcun interesse “superiore” da tutelare. Si tratta di due interessi contrapposti che dovrebbero essere considerati sullo stesso piano: quello di chi desidera spostarsi più velocemente e quello di coloro che risiedono nella Valle di Susa e che vogliono tutelare i propri beni (non dovrebbero avere invece voce in capitolo coloro che, giunti perlopiù da altrove, l’altro ieri lanciavano sassi e sacchi dell’immondizia incendiati contro poliziotti e carabinieri). Senza dimenticare l’interesse di tutti gli italiani a non vedere ulteriormente accresciuto il debito pubblico e/o la pressione fiscale.
Difficile, se così stanno le cose, trovare buone ragioni per l’uso della forza. Giustizia vorrebbe che coloro che vogliono spostarsi più velocemente acquisissero su base volontaria, compensandoli in denaro o in altro modo, il consenso di tutti coloro che sono danneggiati dalla nuova infrastruttura. Solo con tale approccio, come spiega in uno splendido paper Pascal Salin, possono essere rispettati i diritti di tutti.
Si dirà: così facendo nessuna “grande opera” potrebbe essere realizzata. Non è così. Agli albori del trasporto ferroviario e di quello stradale, non esisteva l’istituto dell’esproprio e l’acquisizione dei terreni avveniva su base volontaria. D’altra parte, la tecnologia ci consente oggi di minimizzare gli impatti delle “grandi opere” sia in fase di cantiere che dopo l’ultimazione dei lavori.
Torniamo al caso della Val Susa. Una volta completata, l’infrastruttura correrebbe per la maggior parte del tracciato in galleria e non avrebbe alcun impatto negativo sulla comunità locale: al contrario, chi risiede nella zona trarrebbe vantaggio dal fatto che un certo numero di convogli che attualmente transitano lungo la linea storica verrebbe “dirottato” sulla nuova linea. Analoga considerazione può essere svolta con riferimento alla costruzione dell’opera: come dimostra il caso del nuovo tunnel sotto il Gottardo (che gli svizzeri si faranno pagare dagli autotrasportatori italiani ed europei), i lavori possono essere condotti nel pieno rispetto della popolazione locale e dell’ambiente circostante.
Certo, tutto questo comporta probabilmente costi aggiuntivi. Ma anche rubare un’auto più veloce e confortevole costa meno che non acquistarla con proprie risorse. Non sembra però essere questa una argomentazione molto convincente per giustificare il furto o il danneggiamento della proprietà altrui.
Crossposted @ La Bussola Quotidiana
Ma dove vive questo Francesco Ramella? Si legga il reportage di Paolo Ricco (“Un’economia di precari e l’attesa infinita del tunnel”, IlSole24ore di mercoledì 29 giugno), dove si racconta quale effetto negativo sulla vita e sull’economia della valle hanno avuto il provincialismo degli intellettuali anti Tav e l’incapacità di decidere delle varie istituzioni locali nazionali. Finalmente qualche speranza c’è.
Caro F. Ramella, non le sto a ripetere quanto io penso di chi si oppone al TAV, però le do un consiglio: vada a lavorare, è meglio, non è mai troppo tardi.
Forse che siamo in mano a quattro lazzaroni protestatari per frustrazione, data l’inutilità della loro esistenza?
Posso capire solo chi, se esiste, ci rimette il suo terreno espropriato a quattro lire: qui sono d’accordo nel protestare, perchè l’opera pubblica non la deve pagare il singolo proprietario del terreno, ma, appunto, l’ente pubblico preposto.
Gli altri sono delinquenti.
Ero favorevole alla TAV non avendo approfondito l’argomento. Non sempre ne hai tempo-voglia ecc. Mi sembrava scontato , dopo lunghi dibattiti si è deciso e una minoranza , per lo più dei soliti , si oppone. Poi ieri ascolto la radio di Giannino e sento , non ricordo il nome , un tecnico che mi dice : l’Europa su una spesa prevista di € 20.000.000,00 ne mette il 10% gli altri il contribuente italiano. I tanto citati benefici sono pressochè irrisori ecc………..
Siamo proprio sicuri ?
Bravo l’ottimo Francesco Ramella! E bravo anche a Giannino per dare spazio alle ragioni del no liberale. Rimango sempre più perplesso però nel vedere certi ragionamenti keynesiani da quattro soldi per difendere la TAV in bocca a persone che frequentano un blog di ispirazione liberale. Caro Mario l’effetto negativo sulla vita della valle, della pianura e del monte lo avranno le nostre belle tasse che pagheranno un progetto tanto faraonico quanto inutile (anziché magari finanziare imprese private che si fanno in quattro per farci contenti, senza manganelli). Insomma, non devo stare io a confutare questo tipo di ragionamenti sui benefici per la comunità di un bell’appaltone pubblico a cascata – basta leggersi qualche lavoro di un economista di scuola austriaca. Le opere strategiche per la nazione mi puzzano di nazionalismo e chiunque ha un po’ a cuore il libero mercato non può essere nazionalista. Punto.
Gli inviti ad andare a lavorare per difendere un intervento finanziato con denaro pubblico sono da sbellicarsi (se non fosse che chi li esprime, magari pensa di dire una cosa arguta).
Non è che perché ci stanno ragazzini sfasciavetrine bisogna fare di tutta l’erba un fascio. La maggioranza non decide sulla mia proprietà privata o su quella di chi abita in Val di Susa o a Milano. Punto. Non è che perché, vabbé ormai è stato deciso, mi sbattono fuori di casa al prezzo che deciono loro. Chiunque mette il bene collettivo prima degli interessi egoistici dei singoli non può dirsi liberale. E, per di più, mi sta anche abbastanza antipatico.
@André
concordo sull’antipatia, meno solla logica
mi piacerebbe sempre allargare l’orizzonte olistico e capire che cosa significhi “i lavori possono essere condotti nel pieno rispetto della popolazione locale e dell’ambiente circostante”. E’ il pieno rispetto che mi sfugge. E’ una frase che ricorre sempre soprattutto tra gli ambientalisti. Un alpinista rispetta l’ambiente ma se scala una parete dove c’è il nido di un falco o aquila, il rapace abbandona il nido e il piccolo muore di fame. Voglio dire semplicemente di eliminare frasi che non hanno senso finquando non vengono spiegate dettagliatamente su ciò che si deve fare per attuare questa grandiosa salvaguardia.
Condivido in parte l’argomentazione, ma questa frase:
“Ma la realtà dei fatti fa a pugni con questo schema ideologico. Chiediamoci: chi saranno i beneficiari dell’opera? La collettività italiana nel suo insieme, una larga maggioranza dei cittadini? No, qualora venisse realizzata, a trarne giovamento sarebbe un’infima minoranza di italiani, qualche migliaio di persone che in media ogni giorno attraverserebbero il confine con la Francia.”
mi pare un ragionamento semplicistico.
La linea POTREBBE avere impatti sull’intero paese favorendo gli scambi commerciali con la Francia (Torino e Lione, Chambery, Annecy sono città che commerciano POCO, proprio a causa di una comunicazione piuttosto “complessa”).
Non sono convinto, come @Mario, che i costi al momento siano correttamente distribuiti (soprattutto visto quanto l’Europa spinge per farla). E questo mi spinge a dire che “abbiamo fatto casino” con la costruzione dell’opera.
Resta il fatto che un’opera da 20G€ non è una cosa che possono mettersi a fare quattro industrialotti ed un po’ di “pendolari” interessati ad andare a Lione più spesso.
Purtroppo, sulla TAV, come sui recenti referendum, il Paese ha ancora una volta perso una occasione per crescere e maturare…
@Luciano Mollea
La TAV non favorirà gli scambi commerciali. Le merci si sposteranno dalla gomma alla rotaia solo se verranno imposte restrizioni al transito ed incrementi di pedaggio ai TIR (come in Svizzera) ossia peggiorando le condizioni di inoltro. In caso contrario, lo affermano gli stessi promotori dell’opera, non vi sarà alcun trasferimento e la linea resterà desolatamente vuota. Nella migliore delle ipotesi l’opera sarà inutile. Nella peggiore, dannosa.
@Francesco Ramella
Basta salire sui TGV per vedere come sono vuoti…