God save Uber—di Luca Minola
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Luca Minola.
Ci risiamo. Giovedì i tassisti di tutt’Italia hanno spento i motori e sono scesi in piazza per protestare. Le grida si sono levate, ancora una volta, contro le aziende private – una su tutte Uber – che forniscono un servizio di trasporto alternativo al servizio pubblico non di linea, mettendo in contatto passeggeri ed autisti: il cosiddetto servizio di noleggio con conducente o Ncc.
In particolare, al centro della protesta vi è l’emendamento denominato “pro Uber”, inserito all’interno del decreto milleproroghe, approvato dal Senato e firmato dai parlamentari Lanzillotta e Cociancich.
A differenza di quello che si pensa, l’emendamento non solo non favorisce nessuna azienda privata, ma non liberalizza neanche il servizio di trasporto pubblico non di linea. La sua introduzione prevede semplicemente di rinviare a fine anno il termine entro il quale il Ministero delle Infrastrutture dovrà emanare un provvedimento che impedisca l’esercizio abusivo dei taxi e quello di noleggio con conducente. Inoltre, in attesa del provvedimento è stata anche sospesa la norma che imporrebbe agli Ncc di non sostare nel suolo pubblico fuori dal Comune che ha concesso la licenza.
Basta poco per capire come la protesta dei tassisti sia solo un altro modo per riaffermare e ribadire, semmai ce ne fosse stato bisogno, che la loro rendita di posizione, garantita dallo Stato attraverso le licenze, non deve essere toccata, ma anzi mantenuta e preservata. Pena? La paralisi delle città e meno voti alle prossime elezioni.
Anziché curarsi dei voti che potrebbero arrivare da migliaia di tassisti, le amministrazioni dovrebbero valutare quali sono i reali benefici per i cittadini, considerando che questi tipi di servizi, come il noleggio con conducente o il car sharing, sono sicuramente una valida ed economica alternativa al tradizionale e costoso taxi.
Prima però si devono chiarire alcune questioni.
Oggi, per ottenere una licenza da tassista è necessario acquistarla da un altro conducente che ha intenzione di cederla. Tuttavia, l’origine delle licenze non è affatto onerosa dato che vengono rilasciate dai Comuni in modo gratuito.
Ciò che le ha rese così costose è stata la gestione che ne ha fatto la categoria dei tassisti negli ultimi trent’anni. Un titolo gratuito è stato trasformato in un’autorizzazione da commerciare, diventando così una sorta di liquidazione di fine carriera.
L’innovazione tecnologica non ha fatto altro che generare nuove forme di concorrenza, mettendo in crisi l’impenetrabile mercato dei tassisti e delle licenze. Più concorrenza significherebbe, per i tassisti, annullare il potere di acquisto delle loro licenze, ma per i cittadini avere maggiori benefici.
Se l’offerta del servizio di trasporto non di linea si amplia, il vantaggio principale del consumatore sarà quello di pagare meno. Anche alle fasce di popolazione a basso reddito, tradizionalmente escluse dall’uso dei taxi, sarà finalmente concessa la possibilità di usufruirne. Ma non solo. Chiunque abbia a disposizione un’auto potrà migliorarne l’utilizzo e diventare imprenditore di sé sesso. Uno degli aspetti più positivi legato alla sharing economy è quello di consentire al proprietario di incrementare la produttività di beni capitali sottoutilizzati – in questo caso l’auto – in poco tempo e a bassi costi, garantendo una buona redditività.
Il legislatore, più che prorogare di un anno l’emendamento, dovrebbe rivedere l’interno sistema delle licenze, magari adottando delle soluzioni transitorie in modo da permettere in futuro la loro eliminazione ed aprire finalmente il mercato verso soluzioni più vantaggiose per i cittadini.
Altrimenti ci penserà inevitabilmente la tecnologia, a colpi di app.