“Giuristocrazia”- Brno chiama, Strasburgo risponde
Ran Hirschl, professore all’università di Toronto, ha rilanciato nell’ambito del dibattito accademico il termine “Juristocracy”.
In soldoni per il professore di Toronto sono sempre più spesso i giudici, a dispetto del potere legislativo, a prendere decisioni importanti. Sulle tematiche che scottano i costri di transazione per i politici sono troppo alti. Il decisionismo in termini di consenso non paga. Non aggrega consensi. Così, scrive Hirschl:
transfers to the courts of contested political hot potatoes offers a convenient retreat for politicians who have been unwilling or unable to settle contentious public disputes in the political sphere. It may also offer refuge for politicians seeking to avoid difficult no win decisions and or avoid the collaps of deadlocked or fragile governing coalitions.
In poche ore due decisioni fondamentali. La corte costituzionale ceca accende la luce verde per la ratifica del Trattato di Lisbona, la Corte di Strasburgo decide sul crocifisso nelle scuole pubbliche. Quando la politica langue, quando le classi dirigenti non hanno coraggio i giudici decidono. Sappiatelo.
Un piccolo appello: Hirschl andrebbe tradotto in italiano.
Io lo so e la cosa in certo modo mi tranquillizza, considerata la qualità media dei politici italiani di ogni deriva.
Stupisce leggere su di un sito liberale che «quando le classi dirigenti non hanno coraggio i giudici decidono». In certi casi, semplicemente, non è giusto decidere per tutti, ovvero non si hanno motivi per cambiare una decisione storica. Al di là del coraggio che più che altro manca su temi economici. Non mi riferisco in particolare ai due casi citati, ma più in generale sulla giuristocrazia.
Inoltre, e questo è un problema ancor più grave, questi giudici spesso si inventano le leggi di sana pianta senza alcuna base se non la loro personalissima volontà. Almeno un politico lo posso controllare, un giudice no.
Naturalmente quella sui giudici non era un “giudizio di valore”, ma la mera constatazione di un fatto. I giudici decidono. Appunto. Grazie per il commento.
Cosa intendi dire? che «a questo punto è urgente e necessario inserire le radici cristiane nella Costituzione italiana» come suggerisce la Mussolini? Lo chiedo perchè sul punto il legislatore ordinario non è latitante, essendo la presenza dei crocifissi in classe disciplinata agli artt. 159 e 190 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado), come specificati, rispettivamente, all’art. 119 (e allegata tabella C) del regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297 (Approvazione del regolamento generale sui servizi dell’istruzione elementare), e all’art. 118 del regio decreto 30 aprile 1924, n. 965 (Ordinamento interno delle Giunte e dei Regi istituti di istruzione media), e all’art. 676 del predetto decreto legislativo n. 297 del 1994.
C’è da domandarsi più che altro per quale motivo ci lamentiamo delle sentenze della CEDU se noi per primi mandiamo su uno come Zagrebelsky (per la cronaca non so cosa abbia votato ma posso immaginarlo)!
Caro Paolo, non ho mai detto che sarebbe necessario fare quello che tu dici. Domani il blog americano MirrorofJustice (www.mirrorofjustice.net), blog accademico dedicato allo studio delle tematiche giuridico-religiose ospiterà gentilmente un mio commento alla sentenza. Rimando a quello per qualsiasi considerazione di merito.
Rispetto a Zagrebelsky sottolineo che non di tratta di Gustavo (l’ex presidente della Corte Costituzionale ed editorialista di Repubblica), ma di Vladimiro. Il mio commento su MIrrorofJustice affronterà anche questo tema. Grazie per il commento.
@pasquale
Ringrazio per la precisazione.
Grazie a te per averci fatto conoscere Juristocracy. Riguardo al tuo appello hai pensato di segnalarlo – via Serena Sileoni (fellow dell’IBL) – alla Liberi Libri?
Si ne parlai tempo fa con Serena ed anche con Carlo Lottieri in una splendida cena senese. Ora vediamo cosa succede. Grazie per il commento.
Se IBL intende pubblicarlo, sono pronto a tradurre Hirsch in italiano e, se del caso, ad accompagnare la traduzione con una introduzione.
Luciano Pontiroli
Grazie mille caro Luciano, però non ci rubiamo il lavoro eh 🙂
Se sei interessato possono inoltrarti numerosi altri articoli di Hirschl sul tema.
annicchino3@unisi.it
p.annicchino@ucl.ac.uk
Grazie per la disponibilità.
@pasquale
Non intendevo rubare il lavoro a nessuno, non avevo capito che il posto era prenotato.
Vedo più difficile pubblicare in Italia articoli di Hirsch, in ogni caso gradirei riceverne copia.
luciano.pontiorlo@unicatt.it
@pasquale
rettifico l’indirizzo: luciano.pontiroli@unicatt.it
Graize mille. Provvediamo.
Punto primo: l’infallibilità del Papa – quando non parla ex cathedra – non è più un dogma.-Punto secondo: l’infallibilità dei magistrati è diventata….un dogma.- Nel corso della mia precedente carriera ho avuto a che fare con molti magistrati e tutti – ma proprio tutti – si ritenevano infallibili….- Naturalmente le cose non stanno così altrimente non ci sarebbe bisogno di avere due o tre gradi di giudizio.- Quanto il 60% delle sentenze di primo grado (pronunciate da magistrati) vengono riformate in Appello (da altri giudici) evidentemente qualcuno ha sbagliato e….non è infallibile.- Ma provate ad andarglielo a dire: attacco alla magistratura, ingerenza, al golpe al golpe! Purtroppo con una classe politica (anche europea) assolutamente squalificata ed inetta i magistrati hanno buon gioco nel prendere il sopravvento.- Ma le loro sentenze (come qualsiasi frutto dell’operato umano) possono essere profondamente errate..- Ma non possiamo dirlo (nemmeno pensarlo) perchè “le sentenze si rispettano e non si commentano”.- Cazzata pazzesca, le sentenze pronunciate da giudici umani non sono Il Verbo o le Tavole della Legge ed è anzi doveroso criticarle, commentarle, opporvisi.- Altrimenti si rischia di cadere nella Dittatura (italiana o europea) della magistratura.-