Giudizio tributario: qualche proposta utile.
Il Ministro della Giustizia avrebbe elaborato una serie di misure per accorciare la durata dei processi civili limitando l’accessibilità ai gradi di appello e di legittimità per evitare che i diritti di impugnazione delle Sentenze vengano abusati da parte dei contendenti.
L’occasione è dunque propizia per affrontare anche la questione del decongestionamento del contenzioso tributario nell’ambito del quale il diritto di impugnazione viene molto spesso abusato da parte dell’Amministrazione Finanziaria: anche se vige il principio della soccombenza per cui chi perde dovrebbe pagare le spese sostenute dalla controparte, i soldi infatti sono sempre quelli presi dai Contribuenti (mica vengono prelevati dalle tasche degli Impiegati o dei Funzionari o dei Dirigenti degli Uffici periferici che autorizzano o decidono gli appelli davanti alle Commissioni Tributarie Regionali o i ricorsi davanti alla Corte di Cassazione!); d’altra parte, l’esperienza giudiziale di questi ultimi otto anni dimostra che, soprattutto la Corte di Cassazione, trova spesso il pretesto per dare ragione al Fisco, anche ribaltando indirizzi da tempo consolidati. “A pensar male … si fa peccato”, ma è un dato di fatto che l’Agenzia delle Entrate (controparte dei Contribuenti nei Giudizi tributari) è la longa manus che serve al Governo anche per recuperare le risorse finanziarie con cui il Ministero preposto provvede a pagare gli stipendi ai Magistrati (quelli di Cassazione si collocano intorno ad € 15.000,00 al mese). Sic!
Ecco allora qualche suggerimento per il Ministro della Giustizia che certamente produce una rilevante riduzione del contenzioso tributario giudiziale:
• introduzione di una forma di acquiescenza agevolata per le Sentenze delle Commissione Tributarie sfavorevoli ai Contribuenti che preveda la riduzione delle sanzioni al 40% per quelle Provinciali ed al 60% per quelle Regionali (in questo modo i Contribuenti possono avere un interesse apprezzabile a non proseguire oltre nel Giudizio);
• introduzione del divieto di appello per gli Uffici finanziari contro le Sentenze che si pronunciano sulla nullità degli atti impositivi impugnati o sul merito, conservando il diritto di opposizione nei gradi superiori solo per le questioni di puro diritto riguardanti l’interpretazione delle norme tributarie; gli Uffici finanziari esercitano infatti una potestà accertativa nei confronti del Contribuenti e perciò la pretesa deve essere valida e sufficientemente fondata sin dal momento in cui viene notificata al destinatario; diversamente, non può essere il Contribuente a patirne le conseguenze sostenendo gli oneri ed i costi delle impugnazioni avversarie, ma deve essere il Responsabile del Procedimento ad assumersi la responsabilità anche patrimoniale per il danno arrecato all’Erario nell’aver esercitato male la potestà accertativa;
• introduzione del principio che, in caso di soccombenza dell’Ufficio finanziario, al pagamento della condanna alle spese contribuisca almeno per il 30% il Responsabile del Procedimento in solido con il Suo diretto Superiore e col Dirigente dell’Ufficio medesimo in parti egualmente ripartite (1/3 ciascuno); almeno una parte non simbolica dei soldi necessari deve infatti provenire dalle tasche di chi ha ingiustamente provocato o perseverato nel contenzioso sfavorevole per l’Erario.
Già che c’è, il Ministro potrebbe inoltre apportare qualche altra utile modifica al contenzioso tributario per favorire la definizione stragiudiziale delle controversie, ristabilire la parità processuale fra le Parti ed eliminare oneri inutilmente iniqui e dispendiosi a carico dei Contribuenti:
• re-introduzione delle originarie riduzioni del 25% per l’acquiescenza alla pretesa impositiva o sanzionatoria e per le definizioni mediante la procedura dell’accertamento con adesione;
• eliminazione del reclamo obbligatorio che non garantisce alcuna imparzialità per assoluta mancanza di terzietà rispetto all’Ufficio procedente, costituisce solo una insidia procedimentale per i Contribuenti, offre una opportunità in più agli Uffici periferici per tentare di introitare un quid aggiuntivo (comunque conveniente per il Contribuente che approfitta della riduzione delle sanzioni ed utile all’Operatore che si guadagna il trattamento incentivante o lo fa guadagnare al Suo Superiore), limita l’esercizio del diritto di difesa per ciò che dipende dalla scelta della migliore strategia processuale, aumenta i costi per l’assistenza e la difesa che dovrà gestire anche la fase pre-giudiziale oltre a quella giudiziale;
• eliminazione del divieto della prova testimoniale nel processo tributario per provare fatti e circostanze rilevanti per la decisione in quelle situazioni in cui gli accertamenti si basano sulle presunzioni ed il Contribuente non ha l’obbligo di istituire e tenere la documentazione contabile e fiscale.
Si tratta di modifiche semplici, giuste ed utili sia per ristabilire un rapporto più giusto ed equilibrato fra i Contribuenti e gli Uffici finanziari, sia per velocizzare l’iter contenzioso in materia tributaria, sia per decongestionare le Commissioni Tributarie e la Corte di Cassazione dall’ingente carico tributario che, nella situazione attuale, è inevitabilmente destinato a crescere sempre di più … nonostante tutto.
caro Seri,
non occorrerebbe arrivare a far partecipare il funzionario direttamente alle spese di soccombenza (io sarei anche d’accordo ma chi li farebbe più gli accertamenti? i nostri funzionari pubblici sono meschini all’inverosimile quando si tratta della loro carriera o dei loro soldi….), basterbbe che, come in ogni impresa privata, si facesse un controllo a posteriori sulla loro “produttività” intesa per economicità ma con la vera ed unica sanzione come spauracchio, la perdita del posto di lavoro per gli inefficenti.
gli americani staranno anche stampando dollari a palate, ma la serietà di una società in cui vale sempre e dovunque il “you are fired” per chi non fa bene il suo lavoro è infinitamente superiore alla serietà di questa vecchia, decadente e finto protettiva europa.
Se vogliamo sognare (cioè fantasticare di riforme della procedura tributaria/civilistica):
– terzietà: il convenuto necessario di primo grado (= Erario) è quello che paga lo stipendio ai giudici: ne vogliamo parlare?
– fino a qualche anno fa almeno, era in vigore l’ osceno art. 21, dove si dice che, se il contribuente si scorda di eccepirla tempestivamente, la nullità dell’ accertamento si sana: la nullità sanabile ex post è un orrore giuridico che manco su Dylan dog;
– mille anni fa c’ era la “causa temeraria” prevista e sanzionata dal giudice già nel cpc: si è atrofizzata ? Mi piacerebbe vederla applicata in ambito tributario;
– una bella clausola compromissoria tra contribuente ed Erario, no ? Già c’ è nei lavori pubblici !
– non so bene riguardo l’ esecutività delle sentenze, ma mi piacerebbe che fossero titolo per andare da un qualunque contribuente e farsi dare i soldi che lui versa a titolo di IRPEF: do you know il pignoramento presso terzi ?
– se semplicemente i giudici tributari cominciassero ad applicare l’ art. 5 delle preleggi ? Quello che dice che la legge stabilisce solo per il futuro ? In ambito fiscale la repubblica nata dalla Resistenza se l’ è scordata, forse perchè è una norma inventata da quel cattivone di Mussolini;
– almeno una volta era il contribuente stesso a dover portare alla segreteria delle Commissioni le copie del Sole 24 ore con gli aggiornamenti di legge, perchè noi non abbiamo soldi per un abbonamento: dobbiamo pagare lo stipendio ai forestali calabresi, mica cavoli !
Drin … drin…: scusate mi suona la sveglia e mi è finito il sogno, proprio sul più bello ! Stanotte mi accontenterò di sognare di fare sesso con Monica Bellucci: molto più realizzabile.
Il Ministro Severino ha capacità, sensibilità, competenza e intelligenza.
Ma non ha il passo. In un bel Governo serio di Legislatura (per fare una vera Riforma Organica di tutti i Codici e le Procedure) ce la vedrei bene, ma con questo ci sta solo rimettendo la reputazione.
Utilizzo l’occasione per parlare della giustizia civile, che viene citata nella parte iniziale dell’articolo, e per lanciare una mia modesta proposta in merito.
Parto da una mia esperienza personale che fortunatamente non ha richiesto i soliti tempi biblici grazie anche a un Giudice (uso la maiuscola non a caso) estremamente capce ma si è risolta in pochi mesi.
La causa è stata con un vicino di casa e si è risolta con una piena vittoria da parte mia. Purtroppo anche se la controparte è stata condannata al pagamento delle spese, le spese reali hanno ecceduto quelle al cui rimborso la controparte è stata condannata. Ma questo non è responsabilità del Giudice.
L’osservazione che voglio fare comunque è la seguente: già dall’inizio della causa era palese che la ragione stesse tutta dalla mia parte e qualsiasi studente di legge avrebbe potuto facilmente rilevarlo, ma anche chi la legge non la conosce.
Purtuttavia la controparte si è intestardita, rifiutando nella fase iniziale una mediazione in cui avrebbe lui avuto tutto da guadagnare.
Ora non penso proprio che l’avvocato della controparte non si rendesse conto che era una causa persa in partenza.
Si parla tanto di responsabilità civile del giudice, ma non sarebbe il caso di introdurla anche per gli avvocati laddove portino avanti cause che sono manifestamente infondate? E comunque essere più severi nell’attribuzione delle spese per coloro che le intentino?
Cause assurde sono un costo sia per chi le vince e anche per lo Stato.
Basterebbe introdurre il principio che nelle cause civili la parte perdente debba pagare una certa percentuale del valore in gioco ovvero una quota fissa sostanziosa laddove tale valore non sia determinabile per ridurre di colpo il numero delle cause.
Ad esempio quando un condomino non paga le rate condominiali è del tutto evidente il suo torto.
E’ assolutamente legittimo che l’enorme quantità di dipendenti delle Entrate e degli Enti pubblici (Comuni, Autorità, ecc.), pagati coi soldi dei contribuenti, facciano partire le richieste di pagamento solo quando dopo attenta valutazione, risulti che la richiesta dell’Ente impositore sia lecita. Chi sbaglia paga. Il non accettare questa procedura di civiltà in virtù del fatto che poi nessun impiegato né funzionario farebbe più partire una richiesta di pagamento significa accettare la superficialità e l’incapacità degli addetti degli uffici pubblici e questo,sinceramente, è degno di uno stato africano sottosviluppato e non di un grande Paese come l’Italia.
Sono in accordo con te, ma pongo una domanda, chi controlla il controllore? Quando in alcuni anni inviano cartelle pazze che metteno a repentaglio la quiete del cittadino contribuente. E come è andata a finere le truffe dei semafori che comuni compiacenti con le ditte private hanno ingiustamente multato gli ignari automobilisti? Mettendo in moto un giro di materiale cartaceo? Siamo degni di uno stato Sudafricano. hai ragione. Preferisco di essere multato subito se commetto una infrazione, e non che mi arrivi cartelle esattoriali che ci vuole una laurea per capirle epoi contattare le agenzie dell’entrate e svolgere da soli le indagini della veridicità dell’ atto. No lo Stato Pubblico non si tocca. Dove sono andate a finire le belle parole di Brunetta sulla semplificazione?
@Vincenzo In effetti hai detto una verità inconfutabile, ma devi sapere che per ogni attività professionale autonoma, come quella dell’ avvocato devono attenersi a un regolamento deontologico, l’ordine degli Avvocati non vigila, ma una segnalazione all’ Ordine è rilevante, quando è palese che un avvocato si appende agli specchi, ignorando tale disposizione deontologica, così come avviene per il giuramento di Ippocrate dei Medici. Servirebbe realizzare vere punizioni disciplinari per gli addetti ai lavori al fine di non ingolfare la macchina della giustizia.
Purtroppo il processo Tributario è pur sempre tenuto un poco in disparte.
A monte ci sta la ripetuta autoreferenzialità che l’Agenzia delle Entrate si è attribuita nel tempo..
Non è un soggetto super partes, garante della correttezza fiscale del Paese.
Leggi, regolamenti, interpretazioni, fanno tutto loro.
E l’intero baraccone costa ormai un bel botto.
Sono sempre più in conflitto d’interesse.
Con l’introduzione del reclamo obbligatorio si è veramente toccato il fondo.
Non tanto per il reclamo in se, quanto per la specifica modalità di effettuazione.
Questa la prima cosa, a mio avviso, da azzerare o radicalmente modificare.
@Michele
L’ordine degli Avvocati vigila sui suoi iscritti esattamente come il CSM sui magistrati
Ho potuto constatare senza ombra di dubbio che le Commissioni tributarie non seguono la giurisprudenza consolidata e sentenziano secondo gli umori del momento, provocando in tal modo un aumento incredibile di ricorsi fino alla cassazione. Non ho saputo spiegarmi questi atteggiamenti anomali se non pensando male, molto male. Ritengo che fino a che le commissioni non saranno composte da giudici che facciano solo questo mestiere avere la giustizia tributaria è un pia illusione.
@omero mastix
quoto al 100% , a pensar male si fa peccato però…
Paul Revere
Sì ho peccato fortemente, quando incappi in certe sentenze che disconoscono i tuoi diritti, sono contrarie alle norme tributarie e anche a quelle del buon senso, non sono in linea con la giurisprudenza consolidata di tutte le altre sezioni, non rispettano i principi del massimario pubblicato con la pretesa di uniformare i comportamenti dei giudici raccogliticci, come fai a non peccare e ad azzeccarci? Se poi deve anche pagare (solve et repete) forti sanzioni, diventi un suddito inc…. to.
” introduzione del principio che, in caso di soccombenza dell’Ufficio finanziario, al pagamento della condanna alle spese contribuisca almeno per il 30% il Responsabile del Procedimento in solido con il Suo diretto Superiore e col Dirigente dell’Ufficio medesimo in parti egualmente ripartite (1/3 ciascuno); almeno una parte non simbolica dei soldi necessari deve infatti provenire dalle tasche di chi ha ingiustamente provocato o perseverato nel contenzioso sfavorevole per l’Erario.”
Ecco, e qui finisce il sogno!!
Contro l’uso strumentale o sproporzionato del potere giudiziario
«Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza davanti ad un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta».(Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo)
Se vogliamo sognare, basterebbe che questa norma sacrosanta fosse alla base di ogni controversia tra stato e cittadino e la nostra vita sarebbe “salva” dai soprusi legulei.