Giù le mani dal web
I governi sono sempre più interessati alla rete: sebbene in Italia questa notizia non abbia avuto molto spazio nei principali canali di informazione, l’Economist vi ha invece dedicato più di un articolo. Vediamo, in breve, cosa sta accadendo e cosa potrebbe accadere in futuro.
Internet non è solo un utile strumento per informarsi, chattare, ascoltare musica, guardare film ecc… ma è anche un importante strumento di crescita economica, come rivela uno studio del McKinsey Global Institute, secondo cui il web ha permesso una crescita del PIL del 21% negli ultimi 5 anni (registrando una considerevole crescita rispetto al 10% degli ultimi 15 anni) nei paesi sviluppati esaminati. Ha inoltre un effetto catalizzatore per la creazione di posti di lavoro e ha consentito anche ai business medio-piccoli un incremento di produttività del 10%. In media, se internet fosse un settore, avrebbe un impatto sul PIL (3,4%) maggiore di quello del settore agricolo (2,2%) e delle utilities (2,1%). Ma internet va oltre il solo peso del PIL, in quanto genera anche surplus per i consumatori, in termini di servizi aggiuntivi (e-mail, social network, servizi di ricerca…).
Fino ad oggi il web poteva essere considerato libero, in quanto la governance è di tipo multistakeholder, ossia governato da una pluralità di soggetti che hanno uguale autorità, per evitare che si creino concentrazioni di potere in capo a uno o pochi soggetti aumentando il rischio di scelte repressive immotivate. Questa scelta sarebbe giustificata dalla convinzione che una maggiore apertura e trasparenza avrebbe garantito più innovazione e la ricerca di McKinsey sembrerebbe confermare tale opinione: nonostante – o forse proprio grazie a – tale mancanza di vincoli, il web ha giocato un ruolo importante come attore economico. Inevitabilmente, ha attirato l’attenzione dei soggetti politici, com’è emerso all’ultimo Internet Governance Forum (IGF): ci sono, infatti, stati e agenzie che vorrebbero estendere i loro poteri nella gestione del web. Non sembrerebbero comunque esserci reali giustificazioni di tale scelta: dietro il pretesto di garantire una maggiore sicurezza (a tal fine, sarebbe più opportuno intervenire con pene più severe e garantendo la certezza della pena), è più che lecito dubitare che ci siano motivazioni di interesse politico.
Questo non significa che il governo non giochi comunque un ruolo importante, solo che il primo comandamento delle decisioni politiche dovrebbe essere “non fare danno”, specie nei settori che sembrano funzionare senza problemi. Dato che finora la rete ha funzionato senza vincoli (come scrive l’Economist, “supple yet strong”), lo stesso potrà continuare a fare in futuro. In caso contrario, ci si scontrerebbe poi con complicazioni di non facile soluzione: sarebbe infatti arduo definire i perimetri dell’intervento lecito e di quello invasivo della libertà di espressione, trovare il confine tra controllo e censura. Un intervento in questo campo quindi, oltre che immotivato, andrebbe anche a creare più problemi di quanti ne risolva. Date le difficoltà ben più gravi che i governi devono affrontare ora, è una scelta che non ha alcun senso, né politico, né economico, né sociale.
il web è sviluppo, troppi in Italia non se ne sono ancora accorti: http://www.pierferdinandocasini.it/2011/09/29/la-banda-larga-per-battere-la-crisi/
Ma perchè il web deve avere un occhio di riguardo? Perchè si possono mettere le mani, che sò? la rai, la sanità, enti locali… ma sul web no? Perchè?
Ancora un tentativo di fermare il pensiero collettivo che ormai è critico e stanco della disgrazia politica che ci governa rubando tutto quanto riesce.. i tempi sono quasi maturi.
@Gestione Hotel
E chi ha detto che si possono mettere le mani, che ne so, su rai, sanità, enti locali, ecc.
Per me questo Stato, ladro, corrotto, incapace, inefficiente, controproducente, arrogante, ipocrita e vigliacco, deve semplicemente togliersi dai piedi.