Giornalista non abilitato? In carcere!
Cosa vuol dire “fare il giornalista”? La risposta potrebbe sembrare ovvia: dedicare il proprio tempo a comunicare notizie e opinioni al pubblico. Tutto il resto è ininfluente: purché se ne assumano la responsabilità, “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione” (art. 21, comma 1 della Costituzione).
Tra il dire e il fare, però, c’è di mezzo l’Ordine dei giornalisti, istituito dal fascismo nel 1925 e mai abolito. In Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca, Austria, Olanda, Germania, Grecia e Finlandia non esiste nemmeno una legge che regolamenti la professione di giornalista, per non parlare degli Stati Uniti, dove l’esistenza di un organismo simile sarebbe semplicemente impensabile.
Per “fare il giornalista”, in Italia, devi essere iscritto all’Ordine. Pura formalità? Non proprio: diciotto mesi di praticantato e un esame per diventare “professionista”, due anni di articoli pubblicati (e retribuiti, col risultato che spesso sono i praticanti a pagare gli editori per farsi rimborsare la metà e accontentare così i capricci dell’Ordine) per diventare “pubblicista”. Ma, soprattutto, redattori e collaboratori non iscritti all’Albo commettono addirittura un reato. Secondo l’art. 348 del codice penale, infatti, “chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a 6 mesi o con la multa da 103 a 516 euro”.
Il requisito dell’iscrizione all’Ordine per l’esercizio della professione giornalistica contrasta palesemente, già di per sé, con il dettato costituzionale; il fatto che la mancata iscrizione costituisca reato, poi, è semplicemente incredibile. Ma non c’è limite al peggio: qualche giorno fa, la Federazione Nazionale Stampa Italiana (che è il sindacato dei giornalisti) ha annunciato trionfalmente che il Senato ha approvato la proposta di legge n. 2281 con cui i senatori Marinello, Ruvolo, Mazzoni, Torrisi e Pagano intendono modificare il codice penale.
La norma, già approvata dal Senato, prevede che “chiunque abusivamente esercita una professione, per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, è punito con la reclusione fino a 2 anni e con la multa da 10.000 euro a 50.000 euro. La condanna comporta la pubblicazione della sentenza e la confisca delle attrezzature e degli strumenti utilizzati”.
Avete capito bene: se la modifica verrà confermata dalla Camera dei Deputati (la Fnsi stima che il suo esame avverrà entro l’autunno), la mancata iscrizione all’Ordine potrebbe portare non solo a una sanzione centuplicata rispetto al passato, ma addirittura al carcere.
La norma riguarda tutte le professioni, cioè anche avvocati, medici, commercialisti, eccetera. Ma è con riferimento al caso dei giornalisti che, nella mia personalissima opinione, rivela tutta la sua assurdità, e per un semplice motivo: un sedicente avvocato o medico, per il fatto di non essere realmente ciò che dice di essere, potrebbe, nell’esercizio della sua professione, danneggiare direttamente un bene o perfino la vita di qualcun altro. Al contrario, il danno che un sedicente giornalista può produrre a un terzo è del tutto indipendente dalla sua qualifica e avverrebbe ugualmente che sia o che non sia iscritto a un albo. E ciò proprio perché il giornalista, nell’esercizio della sua professione, opera rivolgendosi verso un pubblico indistinto.
In ogni caso, anche volendo pensare che l’esercizio “abusivo” della professione di giornalista possa essere qualificato come reato, il principio di proporzionalità imporrebbe al legislatore di commisurare la pena all’illecito commesso, anche tenendo conto della “capacità criminale del reo”; come si può pensare che lavorare per un giornale senza abilitazione o dichiararsi impropriamente giornalista dimostri una “capacità criminale” tale da dover essere punita addirittura con il carcere?
Il fatto incredibile è che perfino l’Ordine si è schierato contro la norma, proponendo “una sorta di ‘foglio rosa’, auspicato da tempo dall’Ordine (che avverte sempre più l’esigenza di una riforma generale) che consentirebbe non solo di ridurre i casi di sfruttamento ad opera di troppi editori, ma anche di vincolare ai doveri deontologici quanti intendono occuparsi di informazione”, essendo infatti “doveroso non ignorare l’esistenza di migliaia di pubblicisti, quotidianamente impegnati per garantire ai cittadini l’informazione, che non sono solo fortemente penalizzati dagli editori sotto il profilo economico, ma si vedono negato il diritto di partecipare all’esame di Stato per diventare professionista”.
Twitter: @glmannheimer
—
Quindi scrivere o pensare non è più un diritto direi quasi naturale, ma qualcosa che è sottoposta all’approvazione di qualcuno.
Ma chi ce li ha mandati questi qui in Parlamento ? Che fine ha fatto il Diritto ? Cosa insegnano nelle Facoltà di Giurisprudenza ?
mi sembra del tutto ovvio
una quiescenza ottusa per troppi lustri ha indotto nella mente dei nostri politici un modello sociale di tipo tardo medioevale (i tre stati del re sole)
forse per qualcuno sorprendentemente questa volta non è insorta la nascente borghesia (oggi troppo incapace e collusa) ma la Chiesa che ha il polso della situazione….e si vede (tanto da risultare indigesta a tutti commensali che si vedono non graziose scarpine ma masicce scarpe …nel piatto, sperando che durino perché potrebbero presto trasferisti ai delicati glutei degli altri due stati : classe politica e vergognosa borghesia). E ALLORA SI SALVI CHI PUO’
CENSURA IN PRIMIS SU GIORNALAI CINGUETTANTI (un capacità logica tarata a 140 caratteri e poi LA CONTRORIFORMA
Gli ordini professionali sono fra gli enti che dovrebbero essere soppressi immediatamente da un Governo e da un Parlamento un minimo ragionevoli. La ragione, però, non alberga nelle stanze della politica italica, cacciata dagli interessi corporativi.
Nel caso dell’Ordine dei giornalisti possono nascere limitazioni pesantissime per tutti coloro che tengono o gestiscono blog, anche di natura personale. Il blog è o non è soggetto alle regole della professione giornalistica? In altri termini, in funzione degli orientamenti della Cassazione, solo gli editori (che possono essere facilmente controllati) potrebbero essere gli unici ad avere il diritto di esprimere il proprio parere in rete. Questa limitazione del diritto di espressione del pensiero potrebbe arrivare per via giudiziaria, senza necessità di modificare alcuna legge o di emettere alcun decreto interpretativo.
L’orientamento del Governo e delle (per così dire) opposizioni è punitivo nei confronti di internet, anche come mero strumento di business (tassa su hardware, canone RAI per le società e i professionisti, IVA sui prodotti acquistati su store esteri, ecc.). Sembra che la difesa del sistema passi attraverso la chiusura al mondo esterno, una sorta di autarchia ideologica, culturale e produttiva.
L’Italia si appresta a vivere una fase di contrazione economica ancor più drammatica di quella di Monti e Letta. Probabilmente, verso la fine di quest’anno o all’inizio del prossimo, si scoprirà che dietro agli annunci di Renzi c’era il nulla, che la recessione si è solo aggravata e che – grazie ai concomitanti aumento della spesa pubblica e diminuzione del PIL – si è giunti alla insostenibilità dei conti pubblici.
Fate due considerazioni su uno scenario futuro sfavorevole, ma altamente probabile!
Sì, mi associo. Osservo che comunque quanto segnalato da Mannheimer è solo uno dei tanti effetti dell’oligarchismo di Stato, nel quale fatalmente vira la democrazia rappresentativa, in assenza di sussidiarietà:
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/tav-il-nodo-delloligarchia-colpevoli-di-difendere-la-nostra-terra-e-i-beni-comuni/
e che il Senato della Repubblica, nella forma presente, non tutela la democrazia, ma è solo un covo di parassiti:
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/2014/04/10/senato-si-tav-la-prova-del-fallimento-del-bicameralismo-perfetto-manca-la-riforma-perfetta/
con questo, non voglio dire che la riforma del Senato proposta dal propagandista Renzi abbia un senso, anzi… la riforma “giusta” del Senato, secondo quel grande intellettuale del ‘900 che è stato Pier Luigi Zampetti, la leggete nel testo appena linkato. Peraltro, essa avrebbe senso solo nel contesto partecipativo, dal quale al momento siamo lontanissimi.
Mi sa che andremo a picco.
A mio sommesso avviso, il Presidente della Repubblica dovrebbe rinviare la legge alle Camere, per evidente contrasto con l’art. 21 della Costituzione.
Veramente tutta questa discussione è una cantonata galattica, nata da una incredibile stupidata scritta dal sindacato dei giornalisti, la FNSI, che qualche giorno fa esultava perché finalmente si stabilisce “per chi esercita abusivamente la professione di giornalista una maggiore sanzione penale, carcere compreso”. In realtà la legge riguarda professioni per cui è necessaria una “speciale abilitazione”, mentre l’esame per iscriversi all’OdG è una prova di “idoneità professionale” (art. 32 Legge 69/1963), come quella che serve per i trasportatori su strada, per i conduttori di impianti termici, e altre professioni che richiedono una cerca preparazione tecnica. La differenza è evidente: la Commissione di abilitazione è quella degli Esami di Stato, nominata dal Ministro, e composta da professori universitari di ruolo; la commissione per la prova dell’albo giornalisti è nominata dall’Ordine stesso, e integrata da due magistrati, proprio perché non abilita a niente, e neanche conferisce una qualsiasi abilitazione, o autorizza l’uso di un titolo (dott.ing. per gli ingegneri, dott.comm. per i commercialisti, …) , ma valuta semplicemente le capacità professionali. Inoltre la FNSI evidentemente dimentica che per fare il giornalista pubblicista (che comunque può anche dirigere testate, sia cartacee che radiotelevisive, e sono molti a farlo) non c’è da sostenere alcun esame: pensa davvero che nel prossimo futuro verranno tutti arrestati? L’art. 348 non c’entra niente con i giornalisti: nessuno li arresterà, nessuno sequestrerà loro il pc o la mitica lettera 22, se qualcuno ancora la usa. Eppure bastava informarsi: mai al Senato, durante l’esame della nuova norma, si è mai parlato di giornalisti, né in Commissione né durante la discussione in Aula. Infatti la norma nasce per punire i medici abusivi: tanto è vero che se ne è discusso in commissione Sanità; facile per tutti informarsi, giornalisti compresi, se sanno ancora leggere, visto che i resoconti stenografici delle riunioni parlamentari sono disponibili sui siti web del parlamento. E infatti dalla lettura, anche rapidissima, di quelle sedute ci si accorge di una discussione che rende chiaro tutto: qualcuno ha proposto di scrivere una norma esplicita, diversa dall’art. 348, per sanzionare con la stessa pena i mediatori immobiliari abusivi. E’ illuminante: anche i mediatori immobiliari devono avere dei titoli, devono superare un esame, devono iscriversi ad un albo: proprio come i giornalisti. Eppure, c’era bisogno di una norma esplicita, fatta apposta per loro, perché non possono essere ricompresi nella “speciale abilitazione” dell’art. 348 (tra parentesi: questa norma sui mediatori poi non è stata approvata). Ma ancora: visto che viene modificata solo l’entità della sanzione, e introdotto il sequestro delle attrezzature, ma non cambiano i destinatari della norma (la “speciale abilitazione” c’è anche nel testo attuale), perché si pensa che da domani riguardi i giornalisti, e oggi no? Perchè la FNSI sembra aver fatto festa? perché altri superficiali giornalisti, e ce ne sono stati anche fra quelli importanti e blasonati, hanno scritto sull’argomento senza neanche andare a verificare le fonti? E’ così preoccupante il livello dell’informazione in questo paese, e qui parlo di questioni tecniche, di fatti, e non di opinioni, anche discordanti, che sono invece sempre benvenute? E soprattutto, perla finale, perché la FNSI ha fatto sparire, malamente, negli ultimi giorni dal suo sito la risibile comunicazione, invece di semplicemente rettificarla? Il sindacato unico dei giornalisti (che già di per sé è un obbrobrio che esista, proprio perché unico) è così ignorante da non sapere che il web non dimentica?