Fuori il Bio dall’Italia! – Un chiarimento
Alcuni giorni fa ho pubblicato un post, volutamente provocatorio, dal titolo “Fuori il Bio dall’Italia! Fuori l’Italia dal Bio!”. Come era prevedibile, la cosa ha suscitato diverse reazioni. Torno quindi sull’argomento, per tentare di dare una risposta cumulativa ai numerosi commenti e cercare di chiarire meglio il mio pensiero.
L’articolo si chiudeva con un invito a riflettere. Ebbene, dal tenore dei commenti, mi sembra che questo invito non sia stato colto. Infatti molti si sono schierati aprioristicamente a favore dell’agricoltura biologica, altri hanno fatto l’esatto contrario, riducendo la discussione in una specie di scontro tra tifoserie. Insomma, che si sia pro o contro, sembra che la maggior parte dei lettori, almeno di queli che hanno voluto far sentire la loro voce, ritengano legittimo che lo Stato intervenga per dire ciò che è giusto coltivare e come.
Ed è proprio ciò che succede: infatti nel nostro paese è vietato, di fatto se non di diritto, coltivare varietà geneticamente modificate, e anche la legislazione europea è piuttosto restrittiva in merito rispetto a quanto avviene in molti paesi del mondo. Su che basi? Nessuna, al momento, almeno per ciò che realmente conta, ovvero la tutela della salute o dell’ambiente, che non sono messi in pericolo da nessuna delle varietà OGM sul mercato. Piuttosto alcuni stati preferiscono utilizzare i pregiudizi e la scarsa informazione in materia per mettere in atto una nuova forma di protezionismo commerciale, fondato sull’idea (di dubbia efficacia) che se chiudiamo le porte agli OGM e lasciamo credere ai consumatori che facciano male, i consumatori stessi non potranno che orientarsi verso l’acquisto di prodotti nostrani.
Eppure, ed era questo il senso della mia provocazione, se proprio dobbiamo andare a cercare rischi per la salute o per l’ambiente, è più facile trovarne nel metodo biologico, e non occorre riflettere molto per capirne la ragione: è una tecnologia obsoleta, ma pur sempre una tecnlogia, e come tutte le tecnologie obsolete è meno produttiva (quindi comporta la necessità di ricorrere a più terra coltivabile per produrre la stessa quantità di cibo) e meno sicura. D’altronde in un epoca in cui si produceva gioco forza in regime di biologico c’era molta più attenzione a ciò che si mangiava e al modo in cui veniva prodotto, e questa attenzione derivava proprio da una maggiore consapevolezza dei rischi che potevano derivare da metodi scorretti di produzione, stoccaggio, conservazione e trasporto. E al tempo stesso il cibo era, molto più di quanto non sia oggi, veicolo di infezioni e malattie.
Sono queste buone ragioni per proibire l’agricoltura biologica? Ovviamente no. Sarebbe però una buona ragione per evitare di sovvenzionarla e di proteggerla rispetto alla concorrenza dell’agricoltura convenzionale (e per agricoltura convenzionale intendo anche l’uso di OGM) e per lasciare che ogni produttore trovi da sé la maniera ideale e più redditizia per stare sul mercato.
E sarebbe anche una buona ragione per abbandonare un approccio fideistico ai problemi legati all’alimentazione accettando l’idea che ci può essere del buono in ogni metodo: per esempio la diffusione dell’agricoltura biologica ha riportato in evidenza l’importanza delle fertilizzazioni organiche del terreno, molti produttori di fertilizzanti si sono orientati verso quel settore e di questo hanno beneficiato anche gli agricoltori convenzionali – e lo stesso si può dire delle rotazioni colturali. E’ sbagliato però cercare di sostituire una sana e razionale consapevolezza con le certificazioni di qualità, e con l’idea che per stare sicuri basti dividere il mondo in compartimenti stagni.
L’agricoltura è uno straordinario insieme di tali e tante diverse competenze, che si esplicitano in una talmente vasta diversità di realtà aziendali, ognuna con le sue specifiche caratteristiche di clima, composizione del terreno, vocazione colturale, tradizioni territoriali, indirizzi di mercato, che è assolutamente impossibile ridurre tutto a una sterile contrapposizione ideologica tra buono e no buono, così come ogni intervento pianificatorio si rivelerà, e si è sempre rivelato, mortificante per la libertà di ogni agricoltore e controproducente per l’efficienza e la competitività dell’intero settore.
Caro Masini, ma è forse svizzero? O se è italiano, ha vissuto all’estero gli ultimi vent’anni? Come può stupirsi che la sua provocazione abbia determinato uno scontro fra tifoserie? L’Italia è un’arena dove su qualsiasi argomento si schierano due eserciti agguerriti per una lotta all’ultimo sangue. L’argomento è quasi sempre sconosciuto alle masse, ma è sempre una bandiera sotto cui raccogliersi ed arroccarsi contro i nemici, causa di tutti i mali del mondo. Ad alimentare gli scontri perenni sono soprattutto la paura irrazionale, l’ignoranza e l’odio verso chi non la pensa come te. Tre fattori che hanno fatto la storia del mondo e che non accennano a scomparire o per lo meno a ridursi nei nostri tempi “moderni”.
Dopo la mia personale provocazione (e sfogo), voglio testimoniarle la mia solidarietà, di cui certo sentirà bisogno visto che ha constatato che in un blog liberale come questo (dell’ottimo Oscar Giannino) sia necessario scrivere: “una buona ragione per evitare di sovvenzionarla e di proteggerla rispetto alla concorrenza” e che la maggioranza dei lettori “ritengano legittimo che lo Stato intervenga per dire ciò che è giusto coltivare e come”.
Libertà dove sei?
@il dentista di provincia
Purtroppo la norma è lo scontro fra fanatismi, la discussione è solo un “utopia”, perchè come si evidenzia a più riprese ogni discussione è fatta solo per riaffermare le idee del proprio gruppo/partito/sindacato/famiglia/cricca/cosca/associazione e per opporsi senza se e senza ma alle idee del gruppo/partito/sindacato/famiglia/cricca/cosca/associazione nemico e ripeto bene
“NEMICO” mai avversario.
Detto questo sull’agricoltura i paesi occidentali dovrebbero fare una sana e seria riflessione, non possiamo vivere pensando solo alla qualità, perchè per sfamare i +500.000 europei ci servono quantità importanti di derrate alimentari, che bisogna ottenere nel modo più efficiente possibile, oggi questo lavoro lo fa essenzialmente la chimica (pesticidi, ormoni, additivi) e la meccanizzazione, ma domani la tecnologia dovrà andare avanti altrimenti, continueremo a dipendere sempre di più dalle coltivazioni estere fino a diventare totalmente schiavi anche in questo settore.
Meditate gente. Meditate.
Ogni volta che penso al km 0, penso che non potrei mai mangiare banane…
A voler prendere posizioni fideistiche su questi argomenti si rischia di voler riproporre, anche senza volerlo, una nuova idea di feudalesimo con comunità minime che lottano per l’autosufficienza. Bello a parole, ma con il rischio di utopie negative già sperimentate e fallite.
purtroppo l’ogm porta alla colonizzazione, bisogna comperare sempre quel seme, e quindi andare da chi lo detiene.
cmq sono d’accordo con il dentista e con giuseppe. ormai in italia vivono le tifoserie. Io ho adottato il metodo che quando parlo con un amico gli dico subito, “mi dici tu cos’è l’ogm?” poi parliamo. quasi sempre la discussioni si interrompe, per mancanza di chiarezza.
anch’io con giuseppe dico: c’è poco da meditare, molto poco….
Credo che Masini abbia sbagliato, nella sua provocazione, a mettere fra i pericoli del Bio il rischio di “morte” (l’unica cosa che il sottoscritto ha eccepito), per il resto andava tutto bene. Insomma, Masini ha ecceduto nella provocazione alimentando così, lui per primo, le “tifoserie”. Ciao