E se fossero privati?—di Luca Minola
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Luca Minola.
Come ogni anno l’istituto di ricerca Eurispes ha pubblicato il proprio “Rapporto Italia” in cui analizza e fotografa la situazione economica e politica della penisola.
Il rapporto conferma che gli italiani continuano, e a ragione, a ritenere la pressione fiscale come un problema. Il 62,5% degli intervistati ritiene che non ci sia stata una sensibile diminuzione delle tasse: le uniche riduzioni, percepite come tali, riguardano, infatti, il canone RAI e la Tasi-Imu.
Al di là di questo dato, prevedibile dato il livello di pressione fiscale a cui siamo sottoposti, una delle sezioni più interessanti del rapporto è quella dedicata alla valutazione dei servizi da parte del campione interpellato, che evidenzia un netto giudizio negativo per quelli forniti dal settore pubblico.
Le amministrazioni pubbliche centrali ottengono il 72.4% delle bocciature, mentre quelle locali il 61%. Non vengono risparmiate nemmeno la Giustizia che ottiene solo il 43.1% dei giudizi positivi, la Sanità e la Difesa che ottengono, invece, il 47.7%.
Il giudizio negativo non è così sorprendente, visto che i cittadini soffrono sulla propria pelle i noti mali della burocrazia e dell’elefantiasi pubblica: si pensi solo agli effetti sulla vita delle persone dei tempi della giustizia o delle liste d’attesa nella sanità pubblica.
Ma oltre a questo vi è un dato ancor più significativo che emerge dal rapporto: dovendo scegliere, il 40% degli intervistati si dice convinto della maggiore qualità dei servizi privati, contro il 24% che, invece, premia quelli pubblici. Le motivazioni dietro a questa scelta non si conoscono, ma basta poco per immaginarle. Generalmente i servizi privati sono efficienti, dinamici, aperti all’innovazione e attenti alla qualità offerta proprio perché sottoposti alle regole della concorrenza.
Si tratta di un giudizio su cui riflettere, dal momento che il grande tabù della riduzione della spesa pubblica, che è la prima esigenza del nostro paese, è l’inviolabilità della gestione pubblica dei servizi di interesse generale. Gli italiani, almeno secondo l’indagine Eurispes, sembrano pensarla diversamente.
Appare evidente che, oltre a semplificare l’apparato burocratico e normativo, l’unica carta rimasta a disposizione per diminuire la spesa pubblica ed aumentare la qualità dei servizi che oggi sono in capo allo Stato, ma che potrebbero tranquillamente essere forniti dal mercato, sembra essere la loro privatizzazione e liberalizzazione.
Solamente attraverso questi processi è possibile sollevare le amministrazioni pubbliche dal compito di offrire alcune prestazioni, oggi inefficienti e onerose a causa della loro pessima gestione, ma puntualmente garantite dalle tasse dei contribuenti.
Non credo che il problema sia privatizzare o meno, ci sono paesi dove i servizi pubblici funzionano. Le municipalizzate che hanno “privatizzato”, e sono diventate SPA quotate sui mercati, continuano a non funzionare. Credo si dovrebbe capirne il tipo di gestione. Finchè non si introduce in qualsiasi realtà il concetto di MERITO è ovvio che i risultati non possono essere che questi!!!!