Finmeccanica, le indagini e i mandanti
C’è un po’ di aria viziata da Francia e Stati Uniti. Ma parlare di complotti esteri è del tutto sbagliato. Sono soprattutto polemichette italiane, invidie e contrasti politici, finanziari e imprenditoriali che affondano le radici in mille piedi pestati, negli anni, da Piefrancesco Guarguaglini. C’è tutto questo e molto di più, nelle indagini che da qualche settimana a questa parte hanno iniziato a proiettare lunghe ombre su Finmeccanica. Ma forse anche molto meno, se si sta al merito di quanto, almeno sinora, è emerso. Però l’Italia è l’Italia. Ha regole, tabù e sviluppi del tutto propri, quando Procure e verbali d’intercettazione innestano il circo mediatico-giudiziario al quale da quasi vent’anni la vita pubblica italiana ha preso l’abitudine. Anche quando si colpisce la più grande azienda italiana nel comparto della difesa e sicurezza, il gioiello della più avanzata tecnologia in un settore difficilissimo dove il procurement è interamente governativo e soggetto di conseguenza a tutte le influenze geopolitiche del caso, la protagonista della più grande crescita in mercati iperprotetti. Con decisivi salti di scala nelle nazioni più ambite per bilancio della difesa, come il Regno Unito con Westland e Stati Uniti con DRS. Finmeccanica, con Guarguaglini alla guida, è riuscita nel mondo anglosassone in ciò che non è riuscito a francesi e tedeschi, alle prese con le problematiche sinergie di Airbus e A400M. Anche e forse proprio per questo, Finmeccanica è al centro di un vero scontro di potere. In Italia, a molti questa scelta e questo protagonismo nel business della difesa – “le armi”, che schifo! – non piace a molti. A questo punto o L’Italia politica riuscirà a darsi una regola di condotta rigorosa, di fronte ai rischi dei presumibili sviluppi di questa partita, oppure i grandi concorrenti esteri brinderanno.
Se esprimiamo questo giudizio, allo stato degli atti e di quel che abbiamo letto, non è perché si ritenga che un’azienda italiana di tale importanza internazionale, e il suo management che è cosa comunque distinta, vadano difesi a prescindere, qualunque sia l’evidenza offerta da eventuali indagini. Ma perché, al contrario, il lungo preavviso con cui da tre mesi almeno la comunità dell’informazione era in preallarme per l’esplosione dei dossier, sinora non ha ancora visto emergere tutta questa gran carne al fuoco. Ha visto molto fumo, questo sì. Anche se è riuscita sin qui a far apparire il contrario, la maestria degli amplificatori di professione, che mirano alla testa di Guarguaglini per impedire un’eventuale successione coerente alla strategia internazionale di crescita di Finmeccanica, poco arrendevole all’asse franco-tedesco.
Che cosa è emerso in concreto, delle inchieste di cinque Procure di cui da marzo scorso l’Espresso ha preso a scrivere, e a pubblicare brani estrapolati da intercettazioni che vanno avanti da anni? C’è innanzitutto l’inchiesta della Procura di Trapani, addirittura aperta nel 2005, relativa agli appalti per la sicurezza e la video sorveglianza del porto e della città che ha ospitato la Louis Vuitton Cup. L’accusa ipotizza che un sodalizio abbia tentato di pilotare la gara, per spartirsi la torta milionaria, in occasione della competizione velistica del 2008-2009, gestita come evento straordinario dalla Protezione Civile di Guido Bertolaso. Gli inquirenti ipotizzano dalle telefonate intercettate una fitta rete di complicità per pilotare la gara. Senonché la Elsag Datamat, controllata da Finmeccanica, si ritira dall’accordo. Gli inquirenti ipotizzano che comunque sia prova di connivenza, di totale controllo della situazione da parte dei vertici di Elsag che rispondono a Guarguaglini, e solo grazie a improprie condotte vincono appalti a raffica in Italia e all’estero, non grazie all’eccellenza dei propri prodotti e servizi, dalla sorveglianza al G8 a L’Aquila ai biglietti dei mezzi pubblici a Torino, ai simulatori della Marina Militare, alla sorveglianza del traffico autostradale in Grecia. Diciamo che non c’è male, non partecipare a una gara sospetta come prova conclusiva che la si sta pilotando.
I vertici di Elsag figurano poi nell’indagine della Direzione investigativa antimafia di Napoli, aperta nel 2007 sulle gare per la creazione di una cittadella della polizia e del Cen, un centro di elaborazione dove far confluire le immagini delle telecamere di sicurezza installate in città. Una gara da 37 milioni vinta nel 2009 da Elsag e quattro consociate. Bloccata però dall’indagine, che ha investito anche il vicecapo della Polizia, poiché quest’ultima cofinanziava la gara.
C’ poi il terzo e quarto filone, che accomuna le Procure di Napoli e di Bari. Qui il fascicolo è stato aperto solo perché nelle intercettazioni di Giampaolo Tarantini e dell’ex direttore dell’Asl barese Lea Cosentino, a margine degli affari sanitari pugliesi, Tarantini si vanta di presentare il suo amico Enrico Intini alla Protezione Civile di Bertolaso attraverso esponenti pugliesi della Selex e di Elsag.
Quinto filone , quello della Procura di Roma, il più delegittimante perché collegato alla “banda Mokbel”, gli affaristi di quart’ordine eredi della banda della Magliana e riciclatori di denari sporchi delle ‘ndrine calabresi, al centro anche delle frodi carosello per cui sono indagate Fastweb e Telecom Sparkle , oltre al senatore Di Girolamo. Mokbel aveva investito, dicono gli inquirenti, 8 milioni in quote di minoranza della Digint, società di security elettronica acquisita da Finmeccanica nel 2008 per meno di un milione. Senonché, a quel punto, Mokbel da socio di minoranza viene liquidato ed estromesso. Eppure la Procura indaga per fondi neri di Finmeccanica.
Da quel che si comprende finora, a Trapani la società di Finmeccanica non ha avuto parte nella gara sospetta, a Napoli la gara sospetta è stata bloccata, il filone Tarantini è fatto di millanterie registrate, l’ipotesi Mobkel fa a pugni con le sua liquidazione con suo cospicuo danno patrimoniale.
Eppure, da tutto ciò si è desunto e scritto che Finmeccanica per tutto questo sia odiata ormai dall’Aeronautica per lo scontro con Lockheed sul JSF-35, dagli USA per le forniture al Pakistan e Paesi musulmani, che l’alleanza con Boeing per la ripresentazione dell’AW 101 alla gara per il Marine One della Casa Bianca sia un gesto disperato, invece che una conferma del protagonismo dell’azienda italiana. E che infine Letta ormai diffida di Guarguaglini, e Tremonti lo ha in realtà scaricato, pensando a un manager che gestisca con un occhio di riguardo Agusta ed Aermacchi in Lombardia, Alenia in Piemonte, Aeronavali a Venezia, e Ansaldo ed Elsag in Liguria, ma per il resto ridimensioni la presenza americana e britannica del gruppo, e magari ceda Drs negli USA.
Dopo tre mesi di bagnomaria mediatico, ai quali alla fine i vertici di Finmeccanica hanno reagito con iniziative giudiziarie per manipolazioni sul titolo, il ministro degli Esteri Frattini ha reagito affermando che “chi è contro Finmeccanica è contro l’Italia”. Il Tesoro, da azionista di controllo, ha comunque taciuto. E mezza Europa guarda con grande interesse, alla voluttuosa manovra autoaffondante che rilevanti poteri italiani tentano verso una Finmecanica il cui peggior demerito, alla fin fine, è di perseguire con successo una grande crescita ignara dei veti politici.
Se anche le cose si dovessero metter male, l’auspicio è che la politica ricordi che il business della difesa è fatto da un pugno di manager specialisti che nel mondo si conoscono e rispettano tutti, perché da decenni masticano ogni piega del loro difficile mestiere. Un finanziere o un manager di altra storia ed esperienza, ma magari più servizievole, sarebbero un pessimo servizio per Finmeccanica. E per l’Italia.
Meno stato e più sentimento patrio?
Piu che di maggior sentimento patrio mi accontenterei di maggior rispetto per chi lavora bene.
Io sto con Guarguaglini! Seguo ed ammiro quello che ha fatto con Finmeccanica.
Giro il Mondo x lavoro e vedo come agiscono le aziende francesi, tedesche o inglesi: senza scrupoli.
Forza Guar!