Fiat-Chrysler, vinta la scommessa sui media italiani
In aggiornamento della scommessa fatta ieri su Fiat-Chrysler: scommessa vinta, purtroppo. Nessun giornale italiano ha pubblicato una sola riga sulla battaglia legale dell’avvocato Thomas Lauria e dei fondi d’investimento e pensione da lui rappresentati, contro Fiat-Chrysler, né il lettore italiano ha trovato un solo cenno alle mail scambiate da consulenti e dirigenti di primo piano della Chrysler con la task force dell’auto dell’Amministrazione americana, anch’esse tutte contro Fiat. Abbiamo letto del piano terra al quale Marchionne vuole prendersi l’ufficio in Chrysler, per poter più agevolmente fumare ogni tanto in cortile, e del fatto che mangerà alla mensa dei dipendenti: questo sì, ma delle mail traboccanti scetticismo dei manager Chrysler verso l’azienda torinese, neanche una riga.
Nel frattempo, Lauria non ha aspettato le la scadenza del termine previsto per il pomeriggio di domani, e si è appellato alla Corte Suprema. Vedremo se essa si adeguerà alle considerazioni di rinunciatario realismo del giudice di merito di prima istanza, Arthur Gonzales, che in buona sostanza aveva deciso che in un chapter 11 a forte garanzia di capitale pubblico, come questo, l’Amministrazione prevaleva sulle norme di diritto positivo che tutelano creditori e obbligazionisti… Con ogni probabilità anche domani, vista l’alluvione di dati sul voto europeo, l’attenzione della stampa italiana sarà dirottata altrove. Magari ce la si caverà con qualche breve nelle pagine di economia. I criteri con i quali sono confezionati i giornali di questi tempi sono del resto assai singolari. Il Corriere di De Bortoli oggi apriva sul “fine ricreazione” decretato ieri dalla Marcegaglia, al termine di una campagna elettorale tra le più scombiccherate e volgari della storia italiana, e dedicava le prime pagine del giornale alla sferzata confindustriale. Caricandola, con un po’ di consapevole malizia, di un sapore critico verso Berlusconi probabilmente superiore alle intenzioni della Marcegaglia stessa. Il Sole 24 ore, quotidiano della stessa Confindustria, per converso non ne faceva alcun cenno, della pur energica dichiarazione della Marcegaglia. Vattelapesca perché, più realista del re. Per rifarvi la bocca, leggete lo strepitoso George Will sul Washington Post di oggi, qui. Sulle pretese di salvare GM da parte dell’azionista che ha fatto perdere 23 miliardi di dollari ad Amtrak dal 90 ad oggi, e sul fatto che il too big to fail si applichi a un’azienda che l’ultimo giorno prima della decisione governativa capitalizzava in Borsa un undicesimo della scassatissima Harley Davidson, è imperdibile. Avercene, sui giornali italiani.
beh, nel sole24ore a pagina 29 si legge
“[l’intesa è stata spinta]. Tanto da forzare la mano ai vertici del gruppo[..]. La conferma è contenuta in scambi di e-mail[..]riportati dal WSJ.”
Si, è comunque ridicolmente trascurata, ma una trentina di righe in un box conta comunque come accenno 🙂
Oggi va meglio: il sole24ore a pagina 33 titola: “Fiat-Chrysler è stallo: la corte USA ferma il deal”. L’articolo tuttavia spiega solo superficialmente il problema e si sofferm invece sui problemi politici dell’amministrazione Obama.
A prescindere dalla battaglia legale, mi domando chi abbia convinto Obama delle virtù tecnologiche di Fiat…… l’ asset principale essendo l’ incredibile abilità di Marchionne nel giocare a poker. Paradossalmente, se fosse riuscita la fusione con Opel forse ci sarebbe stata una chance per i 3 zoppi che tuttavia insieme potevano anche avere una possibilità. Allo stato, l’ accoppiata italo-americana da sola non ha invece alcuna chance e forse qualcuno potrebbe sfruttare lo stop della corte usa per far saltare tutto.
Concordo sulle osservazioni. Settore motori a parte, la tecnologia Fiat nell’auto proviene pressochè per intero dai pochi fornitori sopravissuti, molti dei quali nemmeno presenti sul mercato automobilistico americano. Opel era (è?) una scorciatoia per rimediare a questo “impasse”; permette, infatti, di mettere le mani su piattaforme di progettazione recente (vedi Insignia, Agila, Astra). Ma indipendentemente da ciò rimane comunque un dubbio di fondo: se i capitali e le risorse durante gli anni buoni 2006 e 2008 vennero investiti con il contagoccie (anche per volontà degli stessi azionisti FIAT); chi e attraverso quali miracoli si risolleva la Chrysler?
Che i dirigenti Chrysler non abbiano digerito l’accordo è ovvio: capita spesso in questi casi, quando ci si rende conto che, forse, esso sarà il preludio ad una riorganizzazione interna e ad alcuni tagli del personale dirigente.
Non per questo vedo il motivo per cui dovremmo trovare aspetti negativi per l’accordo: FIAT a quanto pare non sborsa un Euro, acquisisce la possibilità di entrare su un mercato che per quanto in crisi è pur sempre gigantesco, e in prospettiva può uscirne fuori senza traumi, se non quello di ritrovarsi di nuovo fra le troppe Cenerentole del settore…
Allra che dovremmo dire di Opel, venduta a chi non ha mai fatto una auto (completa, non a pezzi) nella sua storia, senza che il Governo tedesco dimostrasse di avere una “vision” come direbbero in america, e magari con quel briciolo di azzardo che si deve tirare uori in certe situazioni?
Mi pare il tema principale la sua scommessa. Non c’è motivo per cui la nostra stampa non avrebbe dovuto dettagliare alle perplessità o preoccupazioni dei manager americani invece che poch cenni. Non ritengo però che questa ‘omissione’ sia maliziosa. Non ne vedrei il motivo. Piuttosto rilevo che si tratta di un malvezzo tipico di un giornalismo arronzato ed attento alla superficie ed alle parole vuote e meno ai fatti ed alla loro completezza. Infatti le perplessità dei manager Chrysler espresse nelle mail avrebbero dovuto costituire oggetto di specifiche domande a Marchionne anche allo scopo di farne verifica. Mi vien da dire ‘ad impossibilia nemo tenetur’.
luigi zoppoli