Falso in bilancio e ingolfamento del sistema giudiziario—di Raffaele Fiume
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Raffaele Fiume.
Dopo tanta attesa il Governo ha presentato la propria proposta sulla riforma del reato di falso in bilancio. L’idea di modificare la disciplina vigente è più che benvenuta perché è del tutto evidente che essa oggi merita una revisione.
Il dibattito su questa modifica ha seguito, purtroppo, il mainstream di ideologia, tifo campanilistico e insufficiente approfondimento che caratterizza il processo legislativo da qualche lustro.
La proposta che ne è scaturita ha il merito di eliminare le soglie percentuali e di rafforzare le pene, ma presenta alcuni nei abbastanza evidenti.
Il più evidente è la procedibilità d’ufficio.
Il bilancio e le comunicazioni sociali sono materie molto, molto sofisticate. I bilanci delle società quotate, redatti secondo i principi contabili internazionali, mantengono naturalmente ampi margini di soggettività nei giudizi sottostanti alla formazione dei bilanci stessi. E il confine tra un giudizio non condivisibile ed uno errato e quindi illecito e forse penalmente rilevante è assai difficile da individuare, soprattutto senza avere il possesso materiale dei documenti contabili.
Senza essere tacciati di nemici della magistratura, si può legittimamente dubitare della presenza diffusa di competenze specialistiche adeguate nella magistratura inquirente, che non è selezionata, né formata su questa materia. E, ciononostante, la legge le assegna un potere di iniziativa giudiziaria.
Un potere dalla forza dirompente, soprattutto per le società quotate, per le quali la sola esistenza di un’indagine già può arrecare gravi pregiudizi. D’altro canto, proprio le società quotate sono soggette a controlli da parte di vari soggetti, altamente qualificati, quali le società di revisione, la CONSOB e, in alcuni casi, la Banca d’Italia o altre Autorità di settore. Si tratta di soggetti più che autorevoli ed indipendenti, già preposti alla vigilanza sui bilanci e già titolati ad attivare l’azione penale.
Nelle spa non quotate esiste comunque il Collegio sindacale composto da professionisti qualificati. Sarebbe, forse, sufficiente valorizzarne il ruolo, magari elevando anche i requisiti professionali di accesso, anziché annichilirlo come è stato di recente fatto proprio da questo Parlamento.
Discorso a parte meritano le società a responsabilità limitata. Sembra si sia trascurato il fatto che nelle srl tutti i soci hanno diritto di ispezione su tutti i documenti della società, anche attraverso professionisti di loro fiducia. Dunque, i primi danneggiati da un bilancio falso (i soci) sono già in possesso di un potere di accesso e raccolta di informazioni praticamente illimitato. Altre categorie di soggetti che potrebbero subire danni da bilanci falsi, magari orditi proprio dai soci, già sono tutelati da reati specifici quali, ad esempio, il ricorso abusivo al credito, la bancarotta, l’evasione fiscale.
Altra criticità viene proprio dal criterio di identificazione delle società “minori”, destinatarie di una disciplina semplificata, con quelle non fallibili ai sensi della Legge fallimentare. Non è chiaro perché siano state scelte quelle soglie dimensionali e non, ad esempio, le soglie dimensionali che consentono il bilancio in forma abbreviata, la cui ratio si fonda proprio sulla minore necessità di rendere informative dettagliate ai soci.
Meglio ancora sarebbe stato, per le ragioni già evidenziate, prevedere una disciplina semplificata sulla base della natura giuridica, ritenendo “minori” le società a responsabilità limitata, in cui i soci già godono di particolari tutele.
Questa impostazione sarebbe stata anche coerente con la traiettoria che sta seguendo l’evoluzione della normativa europea sul bilancio di esercizio, che si dirige verso l’eliminazione dell’obbligo di bilancio o comunque verso una massiccia semplificazione del documento per tutte le società di minori dimensioni.
Il rischio che si corre è un ulteriore ingolfamento del sistema giudiziario, aggravato dal gap di competenze specialistiche degli inquirenti e dalla sostanziale mancanza di meccanismi di salvaguardia degli indagati da un’azione penale troppo intrusiva.
L’auspicio è che, nel passaggio parlamentare un maggiore approfondimento e un dibattito più aperto possano portare ad individuale soluzioni più lungimiranti e più razionali.
Condivido e ritengo corretta l’attenzione chiesta per le competenze spcialistiche e per evitare sovraccarichi alla giustizia. Entrambi gli argomenti vanno in direzione opposta al favore manifestato per la denotarizzazione prevista dal ddl liberalizzazioni (http://www.leoniblog.it/2015/02/25/ddl-concorrenza-professioni/): nelle transazioni immobiairi il notaio ha quella competenza specialistica che manca ad avvocati, anch’essi giuristi ma con competenze e funzioni diverse da quelle dei notai. Abbassando le competenze specialistiche degli addetti, è poi ragionevole prevedere nell’immobiliare un maggior contenzioso che peserebbe su una giustizia già fin troppo ingolfata.