Euro Right, euro wrong
Negli Stati Uniti le elezioni europee sono state accolte con un sospiro di sollievo da alcuni solitamente acuti commentatori “di destra” – in primis la sempre brillante Anne Applebaum su Slate e Washington Post.
Mi è tornato in mente come per anni ci siamo arrabattati nel cercare di spiegare, in Italia, le differenze di sfumature nel grande contenitore della destra americana. La distanza che separa Old Right e neo-conservatori sembrava (sembra) minima, vista dall’altra parte dell’Atlantico.
Ma anche negli Usa si fa fatica a capire che cosa è accaduto e sta accadendo in Europa. E si legge il patatrac dei partiti socialisti come un segnale che dà avvio a una stagione diversa.
Che dire? Magari! Le elezioni europee aprono da noi scenari per certi versi interessanti (ne ha ben scritto Oscar Giannino), ma è tutta politica politicante, sono mosse di scacchi dei vari leader. C’entra poco costringere lo Stato massimo alla ritirata. Che non è nei piani di nessuno.
Per farla breve, credo che:
– i partiti “di destra” mainstream (da Sarzoky a Cameron) altro non sono che realtà gelatinose, per nulla permeate dai principi del mercato, assolutamente determinate a restare ancorate ai “principi” (scusate le virgolette, è più forte di me) della social-democrazia, infiocchettati da economia sociale di mercato. Siamo al paradosso: per Erhard e company, il “sociale” era marketing per “vendere” il mercato. Ora usiamo il mercato come artificio di marketing, per sdoganare a destra il “sociale”!
– il grande successo dei partiti estremi non dice nulla di nuovo. Non è una notizia che una crisi economica dia spazio a forze politiche che capitalizzano la paura e l’incertezza. Ma non saranno certo loro, a frenare l’espansione dei pubblici poteri.