Esselunga, dal benestante al fuori sede – di Michele Pisano
Perché il fenomeno targato Caprotti piace a molti
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Michele Pisano.
Di Esselunga i giornali hanno parlato di recente soprattutto per una causa civile, che – senza entrare nel dettaglio degli aspetti giudiziari – ruotava attorno alle quote di Supermarkets Italiani s.p.a., la holding che controlla Esselunga, e ha coinvolto la famiglia Caprotti, padre e figli, con Bernardo vincitore in appello.
Questi aspetti tuttavia non hanno affatto minato la costante forza del gruppo Esselunga a Milano, e in altre parti d’Italia, in cui c’è grande ammirazione per la società fondata da Bernardo Caprotti.
Un gruppo fortissimo, che negli ultimi anni ha segnato numeri più che positivi: nel 2014 un utile di 212 milioni e vendite per 7 miliardi, con una crescita dello 0,8 per cento e nuove assunzioni in cantiere. Nel 2015 invece l’utile è cresciuto del 37 per cento, arrivando a 290 milioni di euro. Anche le vendite sono cresciute, del 4,3 per cento, pari a 7,3 miliardi, addirittura più del mercato di riferimento che registra una crescita al 2,8. Gli investimenti sono stati di 400 milioni: Esselunga negli ultimi cinque anni ha investito complessivamente 1,8 miliardi.
La capacità di abbracciare diverse fette di mercato ha permesso a Esselunga di ottenere buoni risultati e addirittura incrementare le assunzioni. L’organico medio è di 21.930 unità. Nel 2014 ci sono state 795 nuove assunzioni, nel 2016 altre 500. Di questi, il 92 per cento ha un contratto a tempo indeterminato. Nell’ultimo lustro sono state contate 2.600 unità in più.
Caprotti ha comunque avuto notevoli difficoltà ad espandersi sul territorio nazionale. Come ha ben spiegato nel suo “Falce e martello”, pubblicato nel 2007 da Marsilio, e con una seconda edizione uscita nel 2014, Esselunga si è dovuta districare tra le maglie di un sistema che non vedeva di buon occhio l’ingresso di nuovi soggetti nel mercato e cercava di limitarne l’espansione. Caprotti si riferisce espressamente alla Lega delle Cooperative, ma anche alle amministrazioni di centrosinistra che governavano alcuni territori.
Nel libro, “vecchio” di quasi 10 anni, si riesce a leggere un’attualissima realtà. Secondo Caprotti, Esselunga non solo ha conosciuto le difficoltà ad investire con cui si scontra ogni imprenditore sul suolo italiano, dovute alla tassazione e alla burocrazia, ma si è dovuta pure confrontare, o meglio, scontrare, con il sistema delle Coop che rendeva difficoltoso muoversi liberamente sul territorio. L’obiettivo delle Coop era quello di instaurare un monopolio, non permettendo una libera concorrenza e impedendo così che i prezzi potessero seguire le leggi del mercato. L’obiettivo del gigante “rosso” era quello di mettere fuori dal mercato Esselunga, vista come un’ingombrante concorrente al centronord. Non è certamente stato facile per l’imprenditore milanese contrastare gli eventi successivi all’uscita del libro, scritto riportando fatti precisi e comprovati. Questo gli è infatti costato una lunga battaglia contro la stessa Legacoop, che poteva contare su una forza politica ed economica maggiore rispetto a quella di Esselunga.
La storia di Esselunga inizia nel 1957, con l’apertura del primo supermercato in Italia, proprio a Milano. Caprotti, che partecipò alla fondazione della Esselunga insieme con Nelson Rockefeller, si ispirò al modello dei superstore degli Stati Uniti, in cui Caprotti aveva anche vissuto precedentemente per un anno, tanto che pure l’insegna, minimalista, assomiglia a quella di una delle più importanti catene di supermarket americani, la Wegmans. Con quest’ultima, e con la Trader’s Joe, quest’anno la Esselunga ha condiviso il podio dei marchi con maggior gradimento, secondo una ricerca di Boston Consulting Group, chiamata “What really shapes the customer experience”.
Oggi Esselunga conta 152 superstore e supermarket in Lombardia, Piemonte, Veneto, Liguria, Toscana, Emilia Romagna e Lazio. Il successo è dovuto alla pianificazione di precisi obiettivi di lungo periodo, garantiti dalla elevata capacità di gestione dell’impresa. Gli utili positivi, i nuovi superstore, la costante ricerca di personale e le assunzioni non si spiegherebbero se non si guardasse alla semplicità delle politiche decisionali dell’azienda: si va oltre la pubblicità del terzo millennio, che diventa un mero accessorio attraverso cui confermare i risultati, ma non lo strumento principale che li determina. Inoltre, una strategia di contenimento dei prezzi e di iniziative promozionali punta a fidelizzare i clienti e allo stesso tempo a ricercarne di nuovi. Anche questo è un aspetto preso dal modello statunitense. Basti pensare alla già citata Wegman, nata nel 1916, che ha puntato molto sugli aspetti estetici dei supermercati, con ampi spazi e numerosi assortimenti, accompagnati da specifiche offerte commerciali. Inoltre, la formazione del dipendente è un aspetto imprescindibile per puntare alla fidelizzazione del cliente, obiettivo a cui punta costantemente anche Esselunga.
Non tutti, soprattutto di questi tempi, possono vantare un boom come quello dell’azienda di Caprotti. L’attenzione per il consumatore, associata all’entusiasmo e alla volontà di rendere dinamica l’impresa, riescono a superare le imposizioni fiscali dello Stato, colpevole di una tassazione eccessiva che mina la volontà di produrre e mettersi in gioco, e dai sistemi che rischiano di compromettere il normale andamento del mercato.
Ed è così che, nonostante gli ostacoli incontrati sul proprio percorso, Esselunga continua a competere egregiamente con i suoi concorrenti, riuscendo a primeggiare in scena tra gli applausi del pubblico pagante. Dal fuorisede al benestante.
Complimenti un grande successo. Sono cliente esse lunga da quando è arrivata a Torino. Ho parteggiato x il suo accesso al mercato . Giuseppe Trabucco
Ma questo può essere un articolo? Una piccola apologia non argomentata..
Studio attento e scrupoloso. Articolo ed analisi lucide con una tesi conclusiva realista. Complimenti all’autore. Alberto Palmas
Devo ammettere che questo articolo mi lascia un po’ perplesso….
Nutro ammirazione per l’attività imprenditoriale di Caprotti, però qui si rasenta la venerazione, o la così detta “informazione redazionale” (= pubblicità confezionata come articolo).
L’autore è sicuro di conoscere e di riportare tutta e sola la verità?
Faccio un esempio semplice semplice, riferito alle assunzioni.
Conosco non poche aziende che hanno assunto dipendenti a tempo “indeterminato” (e che se ne vantano spacciandosi per dei benefattori), per portarsi a casa per 3 anni 8 k/€ annui di decontribuzione, per totali 24 k/€ a dipendente assunto, consapevoli di poter lasciare a casa queste persone, alla fine del triennio, ad un costo ridicolo, in virtù del funzionamento del contratto a tutele crescenti. Siamo sicuri per esempio Esselunga non faccia la stessa cosa? Io non ne ho la più pallida idea, però nel dubbio me ne sto zitto.
Siamo sicuri che Esselunga non segua lo stesso ostracismo da lei subito dalle Coop quando è lei nelle condizioni di avvantaggiarsene? Anche in questo caso io non ne ho la più pallida idea di come stiano le cose, però anche in questo caso me ne sto zitto.
Potrei continuare, ma credo di essere stato abbastanza chiaro: l’autore ha fatto il copia e incolla da qualche presentazione di Esselunga, o ha fatto un’indagine un minimo approfondita?
Ma che sarebbe questo, uno spot della Esselunga?
Avevo letto qualcosa della battaglia di Caprotti contro le Coop.
Articolo scorrevole e godibile
Domanda: ma l’autore fa la raccolta dei punti fragola???
Io parlo da consumatore finale e non ho altri interessi. Conosco la struttura commerciale al dettaglio in Emilia perchè ci vivo. Ho incontrato è comprato in tutte le principali catene presenti qui. Esselunga ha un livello di servizio superiore a tutti gli altri. Il personale è educato. Gli scaffali sono sempre pieni. I tempi di coda alle casse contenuti. Il servizio fidelity card con il passaggio diretto in uscita dopo lettura in corsia dei codici prodotto ( con controlli a campione ) è il migliore che esiste oggi. Le raccolte punti sono precise e puntuali e offrono solo prodotti di alta qualità e non cianfrusaglie. Lo so; I consumatori orientati politicamente non stanno a guardare queste “piccolezze”. Per loro conta solo affermare la superiorità del modello “cooperativo”. Ma a me interessano i fatti e questi lo sono.
Carrefour, Geant, Auchan,Lidl si espandono in tutta Europa e Esselunga non riesce a valicare il confine della Lombardia. Poveri noi.
Non so se essere più basito dall’ articolo redazionale o da certi commenti. Vedo tifosi dei punti fragola… A chi fa facili allusioni, faccio presente che dalle mie parti sono presenti praticamente tutte le insegne degne di nota che operano in Italia, e preferisco altro sia rispetto a Coop, sia rispetto ad Esselunga.
Questi cari lettori purtroppo non afferrano la caduta di stile dell’articolo (per cosi dire), che tesse le lodi sperticate di un’azienda senza basarsi su dati concreti. Siamo di fronte a puro tifo.
Esselunga è il mio supermercato di riferimento.
Ho fatto confronti con altri ma da consumatrice di una certa età e con le esigenze di una famiglia numerosa confermo che il rapporto qualità / prezzo è sempre il migliore.
Piuttosto penso che chi ha impedito attraverso la politica che ci fosse una corretta concorrenza l’ha fatto facendo pagare di tasca propria ai cittadini dei loro territori questa stortura.
Poi ci lamentiamo che vengano operatori tedeschi e francesi ad aprire i loro supermercati in Italia…. E attraverso questi punti vendita immettono sul mercato i loro prodotti. Poteva eessere Esselunga il nostro motore di vendita in Europa!!!!
Caro FR Roberto, il suo modo di ragionare è alquanto singolare. E’ lei che deve dimostrare che Esselunga attua pratiche scorrette, non Esselunga (o il giornalilsta) a dover smentire il suo “siamo proprio sicuri che non lo faccia?”. Altrimenti in questo modo nessuno potrebbe dire più nulla, a meno di poter dimostrare la propria “innocenza a prescindere”, cosa alquanto difficile. Caprotti, nel suo “Falce e carrello”, porta numeri, date e fatti ben precisi. Se qualcuno può fare altrettanto nei suoi confronti, lo faccia. Altrimenti, concordo, è bene che se ne stia zitto.
Cliente affezionatissimo dell’Esselunga nonchè estimatore di Caprotti credo che l’articolo manchi uno dei punti fondamentali sulla situazione odierna dell’azienda ed è il fatto che incarna alla perfezione la tipica debolezza dell’imprenditoria italiana che si fonda su aziende in cui “il Padrone” lavora 20 ore al giorno 365 giorni all’anno e pretende di controllare tutto senza una vera e propria struttura manageriale dotata di autonomia gestionale. Ho clienti con fatturati a 9 zeri che sono la fotocopia dell’Esselunga: imprenditori geniali e di successo quasi ottuagenari che vivono per l’azienda, che controllano ogni singolo dettaglio del quotidiano e che si circondano di manager deboli privi di qualsiasi reale potere decisionale.
Auguro a Caprotti di vivere altri 100 anni, ma se malaugaratamente domani dovesse avere problemi di salute, l’Esselunga resterebbe una nave senza timone e senza motore.
@Giorgio, io non devo dimostrare niente, perché la mia critica è rivolta a chi ha scritto l’articolo, che per come è scritto è di pessima qualità, perché si sintetizza in una lode sperticata senza argomentazioni. Io sono abituato a prestare attenzione ad informazione ben fatta, dove il fact checking è eseguito come si deve. Il resto è puro gossip, che magari in certi casi è vero. Se lei si accontenta di un’informazione superficiale, buon per lei, le auguro di non dover pagare un giorno troppo scotto al suo essere “credulone”. Le lascio il tifo e la fede. Io mi dedico ai fatti.
Verissimo quello che dice Andrea61. Caprotti è un imprenditore fenomenale e dedito alla sua azienda (l’ho visto con i miei occhi girare tra le corsie di un supermercato non proprio sotto casa sua per verificare il punto vendita personalmente…).
Però ha un limite immenso. Non gestire il passaggio generazionale e non managerializzare l’azienda potrebbe voler dire condannarla alla sua morte, anche se è un gioiello, il giorno in cui lui non ci sarà più.
A Dublino,dove vivo da 10 anni, esse lunga non esiste. Anzi, io stesso non conosco essendo di Torino ed avendo lasciato l Italia un decennio fa.
In Irlanda sono i tedeschi lidl ed Aldi ad espandersi.
Esselunga farà la fine di altri marchi italiani come Parmalat se non riesce ad espandersi in Europa.