Esaltarsi per un po’ di deficit in più, pagato caro
Da Messaggero e Mattino
Ieri la giornata europea era cominciata bene per un po’ di membri dell’Unione, trai quali l’Italia, con le parole del presidente della Commissione José Manuel Barroso che hanno annunciato un allentamento del vincolo del 3% di Pil come limite di deficit pubblico oltre il quale scatta la procedura d’infrazione. Immediatamente il premier Letta, numerosi ministri ed esponenti della maggioranza, hanno esultato “ce l’abbiamo fatta, la serietà paga”. In effetti, è un riconoscimento agli italiani, famiglie e imprese, visto che dal 2009 è solo dalle loro tasche e grazie al loro sacrificio, con 38 miliardi di euro di aggravi fiscali, che si sono trovate le risorse per migliorare di circa 35 miliardi il deficit pubblico. Ma come l’arco della giornata per l’Europa è poi peggiorato, con nuove nubi di serio aggravamento della crisi in Portogallo e Grecia, allo stesso modo prima di stappare champagne è meglio cercare di capire in che cosa consista, l’allentamento annunciato da Barroso. Anche perché, nelle ore successive, il commissario agli Affari Economici Olli Rehn l’ha di molto circoscritto.
A chi si applica?
Solo ai Paesi virtuosi, cioè quelli che non sono sotto procedura d’infrazione. L’Italia ne è appena uscita, insieme a Lettonia, Ungheria, Lituania e Romania. Questi 5 Paesi si sommano ad altri 7, che erano già sotto il 3% di deficit pubblico nel 2012 o prima ancora: Germania, Estonia, Finlandia, Lussemburgo, Malta, Bulgaria<, Svezia. Il criterio si applica dunque a meno della metà dei 27 membri dell’Ue, che dal primo luglio sono 28, grazie all’ingresso della Croazia. Ad altri 6 membri, Spagna, Francia, Olanda, Polonia, Portogallo e Slovenia, 2 settimane fa era stato già concesso un “bonus” di 1 o 2 anni prima di rientrare sotto il 3%, rispetto a quanto precedentemente stabilito. E molti in Italia si erano chiesti che senso avesse, il nostro sacrificio fiscale per rispettare il programma europeo, quando ad altri Bruxelles concedeva più margini.
L’allentamento è uguale per tutti i virtuosi?
No, sarà valutato “caso per caso”. Anche perché se no a potersene giovare di più sarebbe la Germania, il Paese la cui economia sta meglio e con un deficit di poco superiore all’1%. Nel valutare il discostamento conta innanziutto quanto l’economia reale va male rispetto al cosiddetto “prodotto potenziale”, e da questo punto di vista l’Italia dovrebbe beneficiarne di più, visto che a fine 2012 saremo a meno 8 punti di Pil di crescita rispetto al 2008. Però questo vantaggio è fortemente attenuato da due altre condizioni. Conta quanto distante è nel tempo il pareggio di bilancio tendenziale “strutturale”, cioè corretto per il ciclo, che attualmente per l’Italia era previsto al 2014-15. Infine c’è un criterio aggiuntivo, che il commissario Rehn ci ha tenuto a chiarire proprio per frenare l’euforia italiana: il maggior deficit possibile “deve comunque” rientrare nel tetto del 3%. Il che significa che se prendiamo per buone le previsioni di aprile del governo, che fissavano nel 2,4% di Pil il deficit per il 2013, nell’anno in corso il margine per l’Italia è di un deficit aggiuntivo pari allo 0,5-0,6% di Pil, cioè contenuto entro gli 8 o 9 miliardi. Meglio di niente, ma comunque poca cosa.
Si potranno abbassare le tasse, allora?
No. Non con questi 8-9 miliardi, almeno. La Commissione europea autorizzerà il maggior deficit solo per tre tipologie di spesa : quote di cofinanziamento nazionale di fondi europei per coesione e sviluppo (qui rientra dunque un piccolo bonus aggiuntivo per l’occupazione, rispetto ai 3 miliardi sin qui somma italiana ed europea dei due provvedimenti assunti dal governo in queste settimane), grandi reti europee di trasporto (i cosiddetti “corridoi”ferroviari e marittimi da Nord Est a Nordovest e da Sud a Nord) e infine il potenziamento delle infrastrutture digitali. “Devono” essere spese per investimento, non per coprire la parte corrente del bilancio fatta di entrate e uscite. L’Italia resta per altro soggetta ai vincoli assunti con il fiscal compact, ogni anno il debito pubblico deve scendere di almeno un ventesimo della quota che eccede il 60% del Pil. Al momento, il nostro debito sale, e la politica non ne vuol sentire di dismissioni pubbliche per abbatterlo.
Ma chi guadagna di più? Noi, oppure era meglio fare come Francia e Olanda che hanno già ottenuto slittamenti di anni per rientrare sotto il 3%?
Paradossalmente, se Bruxelles applicherà alla lettera all’Italia quanto ieri annunciato, per Francia e Olanda nei prossimi 2 anni va meglio, avranno cioè più risorse consentite rispetto a noi che ci siamo sottoposti a un eccidio fiscale “concentrato” nel tempo. E’ vero che noi abbiamo un debito pubblico in crescita oltre il 124% del Pil, di decine di punti superiore a quello francese e olandese. Ma è appunto dura da buttar giù, che i maggiori sacrifici siano chiesti a chi come l’Italia perde intanto più punti di Pil, cioè di reddito e patrimonio. E’ il paradosso di un’Europa che resta assolutamente poco cooperativa. Proprio per questo, la politica italiana dovrebbe puntare comunque a tagliare significativamente imposte e cuneo fiscale, su lavoro e imprese. E per far questo sui tagli di spesa bisogna passare, dopo anni, dalle parole ai fatti. Altrimenti, la strage di impresa e lavoro potrà di poco rallentare, ma non certo cambiare segno. Prima di gioire di contenuti “premi” europei, la politica italiana deve applicare allo Stato quanto finora ha riservato solo agli italiani. Per il momento, siamo alla Corte costituzionale che boccia persino il modesto taglio alle Province tentato dal governo Monti. Che pena. E che rabbia.
“Prima di gioire di contenuti “premi” europei, la politica italiana deve applicare allo Stato quanto finora ha riservato solo agli italiani.” La vedo una “missione impossibile”. Quindi, prepariamoci a una bella IMU progressiva, all’aumento dell’imposta di bollo sulle attività finanziarie, all’introduzione di nuove accise e all’inasprimento di quelle esistenti, ecc., con la scusa che bisogna comunque rispettare il rapporto del 3% tra deficit e PIL e i vincoli assunti con il fiscal compact. Il tutto entro ferragosto, con decreto legge, come da migliore tradizione. Se fossi un politico, quest’anno le ferie estive le passerei all’estero.
Abbiamo Enrico Letta che si autoiincensa per avere ricevuto dall’EU la cifra di 1,5 miliardi di Euro, ma finge di ignorare, oppure glissa sul fatto che lo Stato Italiano deve allle imprese QUARANTA mld di Euro, come tranche, per lavori fatti da mesi o anni…..
più che altro “che rabbia”
e quel che più conta che figura di cacca ci fanno gli italiani che da anni si fan spennare facendosi pure prendere per i fondelli
e quando vai all’estero e di prodighi in difesa di un paese che da agricolo in 30 anni è diventato il secondo paese manifatturiero d’Europa (sulla pelle nostra e dei nostri genitori -classi 1910 – 55) ti senti rispondere che ognuno ha il governo che si merita……..
Sembra che stiamo tirando avanti in una situazione sempre più complicata e ingestibile razionalmente. Chissà se qualcuno possiede dei parametri che ci indichino il punto di rottura? Punto dove la maggioranza disastrata finanziariamente e nello spirito dovrà decidere di far cambiar pagina al sistema.
certo che solo 10 anni fa si fosse vista la realtà attuale penso che sarebbe scoppiata una vera rivoluzione cosa oggi molto improbabile perché ormai siamo assuefatti. Alla fine degli anni 90 si vedeva l’ingresso nell’euro come una grandissima opportunità di miglioramento oggi siamo qui ad esultare perché qualcuno in Europa forse ci lascia sconfinare di qualche spicciolo, si fa per dire di spesa in più. Il nostro premier canta vittoria come un ragazzino non consapevole della tristezza che trasmette alle persone che ogni giorno devono combattere per stare in piedi sopratutto nelle PMI. I signori Prodi e Ciampi scienziati dell’euro non sapevano nulla? possibile che questo scenario non era minimamente prevedibile? io dico che è impossibile e che anzi lo si vede già nel caso Monti e adesso Letta, il governo italiano a prescindere dai rumori che fanno non contano più nulla e vanno a Bruxelles come impiegati vanno a riverire e rendere conto per garantirsi qualche posizione nel futuro. Ma non è preferibile allora parlare subito chiaro e mandarli a casa tutti? se tutto questo è il prezzo per cedere la sovranità, a noi gente comune cosa importa? anzi se così fosse il comando sarebbe sicuramente tedesco e credo che la maggior parte di coloro che ci hanno portato a questo squallido disastro verrebbero sicuramente mandati a casa e quindi inutile trascinarci ancora mesi o anni su questo delirio sperando che forse abbasseranno le tasse. Lei Giannino conosce bene la situazione e sa benissimo che ci stanno prendendo in giro l’informazione è fortemente manipolata ultimante e cercano di tenere a bada i buoi, lei sa e ci dica qualcosa di più