Energia: tre errori di percezione troppo comuni
Martedì ho partecipato, come membro della giuria, alla National Sci-Tech Challenge, una iniziativa promossa da ExxonMobil e Junior Achievement Italia per indirizzare i giovani allo studio delle materie scientifiche. Come sempre, dai ragazzi si imparano molte cose.
Dodici squadre composta ciascuna da cinque studenti di scuole superiori, selezionate negli istituti superiori, si sono confrontati con una traccia ampia e stimolante:
Utilizzando tutte le tecnologie disponibili oggi o in futuro, il vostro team dovrà sviluppare un progetto per realizzare un sistema di trasporti integrato, veloce ed efficiente che si estenda dalla Russia all’Europa.
Anzitutto, complimenti al liceo scientifico “Stanislao Cannizzaro” di Roma che ha vinto la competizione. Sia io sia gli altri giurati (Emiliano De Maio, Donatella Giacopetti, Gian Battista Merlo e Gennaro Olivieri) abbiamo fatto una fatica vera e sincera nell’individuare i migliori: è vero, e non retorico, quello che abbiamo detto, cioè che dato il livello dei lavori nessuno perdeva (ma qualcuno vinceva, ed è giusto così). Vorrei però fare alcune considerazioni generali, con un poscritto da vecchio pedante (qui i pensieri di due anni fa, a valle della medesima iniziativa).
Tutti gli elaborati – stesi dopo una due giorni di lavoro serrato e dopo una serie di lezioni e confronti – prendevano sul serio la sfida. Quello che mi ha stupito è che, al di là di alcune comprensibili fughe in avanti tecnologiche, pressoché tutti cercavano, sia pure con le ingenuità a cui l’anagrafe dà diritto, di misurarsi con la realtà delle cose. Quasi nessuna si proponeva quegli obiettivi “moralistici” che generalmente si riscontrano nel dibattito pubblico: a differenza degli adulti, i ragazzi non pretendevano di dirci come la gente dovesse spostarsi, o dove andare o per fare cose. Prendevano atto che esseri umani e merci si spostano, e cercavano di andare incontro a questa esigenza sviluppando soluzioni pratiche, delle quali tenevano in conto sia l’aspetto tecnico, sia quello economico-finanziario, sia (in misura minore, e comprensibilmente) quello regolatorio e gestionale (le tracce vincenti sono state premiate, tra l’altro, proprio per l’attenzione a questi temi).
Un’altra cosa che mi ha stupito – perché la mia generazione ha una sensibilità molto diversa, e quelle precedenti ancora peggio – era la totale libertà “ideologica” dei ragazzi. Globalizzazione, commercio e mobilità dei fattori produttivi erano non solo dati per scontati, ma considerati come un fatto positivo. Un solo gruppo ha “problematizzato” la faccenda, ma soltanto per dire che, in un orizzonte di medio termine, i dazi e le altre restrizioni commerciali tra Europa e Russia sarebbero venuti meno (speriamo).
Questo è incoraggiante (e in buona parte collima con la mia esperienza nell’iniziativa IBL nelle scuole, attraverso la quale l’Istituto Bruno Leoni porta il concetto di “scambio” nelle scuole superiori). Contemporaneamente, non mancavano idee un po’ strampalate. Una precisazione: è normale che i giovani non vedano problemi reali, oppure vedano problemi dove non ci sono. Per conquistare una prospettiva ragionevolmente obiettiva su qualunque tema servono applicazione, esperienza e tempo che per ovvie ragioni loro non hanno avuto modo di fare. Però è significativo che alcune semplificazioni (o distorsioni) siano sistematiche. Ne voglio evidenziare tre.
La prima è, più che altro, una curiosità. Tutti i gruppi attribuivano un ruolo centrale, nei loro progetti, alla realizzazione di treni a levitazione. Niente in contrario, ma perché questa popolarità? Boh.
La seconda è che sembra essere ormai passata l’idea per cui l’impatto ambientale delle attività umane coincida strettamente con l’emissione di CO2. Non voglio qui negare o sminuire l’importanza del riscaldamento globale, ma non c’è solo quello. Eppure, nessuno ha neppure preso in considerazione altre forme di inquinamento né l’accettabilità sociale delle infrastrutture. In parte questo può derivare dal fatto che noi europei, che amiamo lamentarci dell’inquinamento, in realtà l’inquinamento – nel significato che il termine aveva fino a qualche decennio fa – ce lo siamo lasciato alle spalle, non ne abbiamo esperienza diretta, e tanto meno ne hanno esperienza diretta le generazioni nate tra la fine degli anni Novanta e l’inizio dei Duemila. Eppure, non c’è solo l’anidride carbonica. Perché nella percezione pubblica ha acquisito una tale preponderanza?
Terzo: parlando di riduzione dell’impatto ambientale dei trasporti (cioè, per la ragione appena vista, di riduzione della CO2) tutti pensavano solo alle rinnovabili; e quasi tutti confondevano l’ampio mondo delle tecnologie rinnovabili con quelle più “di moda”, cioè eolico e fotovoltaico, delle quali non veniva quasi mai preso in considerazione l’aspetto dell’intermittenza e della non programmabilità. Dove abbiamo sbagliato, noi che ci facciamo ricerca e divulgazione? Perché trasmettiamo una visione così semplificata dei problemi energetici?
Sono domande che i ragazzi pongono, e rispetto alle quali non hanno colpa. Sono però spunti di riflessione che lascio ai lettori perché da una errata, parziale o distorta percezione dei problemi non può che derivare una errata, parziale o distorta scelta delle soluzioni.
PS Nel caso qualcuno dei ragazzi che hanno partecipato alla Challenge capiti su questo blog, piccola antologia degli errori più comuni.
- Non esiste il moto perpetuo! Diversi elaborati proponevano soluzioni tecnologiche del tipo “ricupero il calore disperso per generare energia”, oppure “ricupero l’energia dispersa nelle frenate per far ripartire il veicolo”. Magari si può pure fare, ma non basta: una parte dell’energia viene inevitabilmente dispersa!
- Il petrolio non viene più impiegato nella generazione elettrica, almeno nell’Ocse e nei paesi che non siano ricchi di olio in modo sovrabbondante. È costoso e inquinante.
- I tempi di ammortamento contano: se un investimento ritorna in molte decine di anni, probabilmente non è un investimento che meriti di essere finanziato (con rare eccezioni).
- Quando un investimento viene finanziato dai governi o dall’Unione europea, i soldi non spuntano dagli alberi: vengono dalle tasche dei contribuenti. Non esiste il moto perpetuo neppure nella spesa pubblica. Nessun pasto è gratis.
- La tentazione di risolvere i problemi di coordinamento con l’integrazione verticale e il monopolio è forte e seducente. Ma c’è un lato nascosto: se il monopolista sbaglia, pagano tutti; e anche se non sbaglia, pagano comunque tutti sotto forma di minore efficacia del processo di sperimentazione e scoperta. Gli errori sono importanti per imparare, e solo un processo aperto e competitivo è in grado di valorizzarne al massimo la lezione e il contenuto informativo, perché ciascuno di noi impara dagli errori degli altri. Se c’è uno solo, quando impariamo è troppo tardi.
- Non ci sono solo i costi operativi, o i costi variabili: anche i costi di investimento vanno considerati per capire se una tecnologia è utile (per un determinato utilizzo e rispetto alle alternative). Nulla è “gratis”, neppure l’energia del sole o del vento (il sole e il vento sono gratis, la conversione della loro energia in forme a noi utili costa).
- L’errore per me più grave: la potenza si misura in kW; l’energia in kWh (in entrambi i casi, con multipli e sottomultipli). La “k” va scritta minuscola. Le unità di misura sono tutto! (questa osservazione non è solo per i ragazzi ma per tutti: ne vedo di ogni, in giro…).
Bell’articolo. Sulle unità di misura condivido totalmente.
L.
Molto interessante, si potrebbe sapere se sono disponibili sul web gli elaborati?
Quanto al punto 1, da possessore di una Toyota Prius, premesso che appunto il moto perpetuo non esiste, il sistema ibrido serve appunto a recuperare quell’energia che negli autoveicoli tradizionali viene dissipata: rallentamenti, discese, frenate. Ovviamente non tutta sarà disponibile al riutilizzo, ma aiuta ad abbattere sensibilmente i consumi di carburante (guidando con attenzione si arriva a percorrere 25 km/l in ambito urbano, con un motore 1800 a benzina + il sistema elettrico).
Interessante e istruttivo. Circa la rete dei trasporti aggiungerei che, come Marco Ponti ha giustamente osservato qui,
http://www.valdellatorre.it/associazioni/notav/ponti.asp
anche il “Corridoio 5” era un mito, una bufala pazzesca.
Ma anche, su queste colonne, Ivan Beltramba ha dimostrato che la TAV italiana, vedi la Firenze-Bologna, è stata totalmente inutile:
http://www.leoniblog.it/2011/10/24/abbiamo-risparmiato-un-minuto-%E2%80%93-ivan-beltramba/
La tragedia è che, In realtà, la maggior parte delle “opere grandi” è stata fatta non perché i trasporti funzionassero meglio, ma solo per fare un piacere ai loro realizzatori, con i soldi dello Stato. Keynesismo puro. Se pensiamo che, con lo Stato in bancarotta, TUTTI vogliono ancora fare la TAV Torino-Lione, che non serve assolutamente a nulla:
http://www.leoniblog.it/2012/03/04/la-tav-non-supera-il-thatcher-test/
E per questo che non ci salviamo senza “società partecipativa” vedi a
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/i-maestri-2/pier-luigi-zampetti/i-due-e-book-sulla-lezione-di-pierluigi-zampetti/
Ed è per questo che anche Renzi è condannato a fallire. Ne riparleremo.
L’Ingegnere non si smentisce. Le unità di misura sono tutto. E la differenza tra kw e kwh è banale, ma ci si inciampa.
Vale per tutti, come dice Lei. Bisognerebbe dirlo a tutti quelli che con una certa prosopopea, e per lo più con il sotteso scopo di prevalere dialetticamente, parlano di Matematica e di Fisica con una certa supponente superficialità.
L’ingegnere percepisce redditi da ExxonMobil o società / enti ad essa affiliati?