5
Set
2011

Edison: se non puoi vincerli, rimandali

L’incontro tra il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, e l’amministatore delegato di Edf, Henri Proglio, si è concluso secondo le attese, spostando al 30 ottobre il calo del sipario sui patti parasociali che legano il colosso francese alla cordatina dei colossini italiani, guidati da A2a, nell’azionariato di Edison. Non so se i tempi supplementari in questa partita siano una buona notizia. So però che non sta né in cielo né in terra che sia il governo a preoccuparsene.

La vicenda è nota e ne abbiamo parlato più volte anche qui su Chicago-blog. Edison, uno dei maggiori attori italiani nell’elettricità e nel gas, vede il suo capitale diviso tra i francesi di Edf e, attraverso una serie di scatole cinesi, A2a e altre municipalizzate (in particolare Iren, che la partita la sta giocando, o meglio subendo, in proprio). Il matrimonio, nato per convenienza, è finito male. Tutti sanno e tutti sapevano che era destinato dunque al divorzio. Il problema sono le modalità del divorzio, dettate dall’accordo prematrimoniale (cioè il patto di sindacato) che, per il modo in cui venne redatto, lascia sostanzialmente il campo aperto al coniuge finanziariamente più forte, che pure non è privo di problemi, anche perché l’altro coniuge non è solo più piccolo ma è anche afflitto da un debito insostenibile che rende di fatto impossibile qualunque ulteriore impegno.

Di fronte a questa telenovela, la reazione più normale del mondo è: fatti loro (cioè degli azionisti). Si scannino pure e la risolvano come gli pare. Purtroppo, il primo a non pensarla così è il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che è intervenuto a gamba tesa, diversi mesi fa, sullo schema di divisione dei beni che era stato concordato. Risultato dell’operazione? Mesi persi in trattative estenuanti, gesto d’orgoglio dei francesi che hanno messo un loro uomo (Bruno Lescoeur) alla testa di Edison, fiorire di ipotesi le più improbabili, e infine, fatalmente, ritorno verso l’ipotesi iniziale. In sostanza, Edf assumerà il controllo di Edison, mentre A2a guadagnerà i bacini idroelettrici e manterrà un’opzione call sulle azioni in suo possesso. Nel riassetto potranno entrare anche gli asset di Edipower, che sta in pancia a Foro Buonaparte per il 50 per cento ed è per un altro 20 per cento di A2a, ma queste sono (complicate) variazioni sul tema. Il punto essenziale è: Milano si prende gli alimenti, Parigi trattiene il tetto coniugale. Per ragioni incomprensibili, i politici italiani una cosa del genere, tanto semplice e tanto lineare e tanto ovvia dato il contesto, non la digeriscono. Sicché siamo dove siamo.

Siamo, cioè, al punto che la cosa diventa l’oggetto di un vertice tra il ministro italiano dello Sviluppo economico e il numero uno di Edf. Commento di Proglio: “a Milano fa bel tempo“. Commento di Romani: “si aprono tutte le possibilità” (inclusa quella di una cordata italiana pronta a respingere lo straniero). Lo stile è l’uomo.

Dicevo che questo vertice è una pagina vergognosa. Perché? Perché Romani non c’entra nulla, il governo non c’entra nulla, la politica (se non locale, e indirettamente) non c’entra nulla con la trattativa in corso. Il controllo di Edison non è “strategico” in nessun senso del termine. Il Tesoro non possiede, direttamente o indirettamente, partecipazioni in Edison né nei suoi azionisti. L’intero confronto dovrebbe interessare i vertici di A2a (e soci) e quelli di Edf. La trattativa dovrebbe svolgersi a livello aziendale.

Perché il ministro ritiene di doverci mettere il becco? Lo fa su mandato del presidente del Consiglio? O del ministro dell’Economia? E a che titolo ha ricevuto questo mandato? Oppure lo fa su mandato dei vertici di A2a? E a che titolo il ministro dello Sviluppo obbedisce ai vertici di un’azienda quotata? O, ancora, lo fa su richiesta dei maggiori azionisti di A2a, cioè i sindaci di Milano e Brescia? (Vale la pena ricordare che, appena eletto, Giuliano Pisapia incontrò Tremonti proprio a proposito di Edison – perché?). Se è così, perché Romani, anziché occuparsi dei problemi che ha in agenda, si preoccupa delle patologie del capitalismo municipale?

Sono le domande che chiunque dovrebbe porsi di fronte a un simile, dannoso, imbarazzante pasticcio.

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3 Responses

  1. alexzanda

    pensano di poter mettere becco in tutto, hanno invaso ogni settore, ritengono che la politica abbia diritto di decidere tutto, anche le faccende private in cui non c’entra nulla, e nessuno dice alcunche’….
    anzi, ormai siamo arrivati agli autotrasportatori che chiedono l’intervento del governo per disciplinare per legge i contratti tra mittenti e vettori stravolgendo la volonta’ delle parti ignare…con l’appoggio dell’opinione pubblica che chiede sempre piu’ protezione e interventismo, salvo poi volere meno tasse…..
    questo e’ un misto tra peronismo, populismo e massmedia-crazia, l’unico risultato inevitabile sara’ la fine argentina…..

  2. Ero cliente ENEL e la abbandonai perché continuava a comportarsi da monopolista anche quando no lo era più. La fornitura metano mi arrivava dal locale fornitore con tariffe vessatorie (le più care in assoluto) Migrai in Edison-Energia ma i loro tempi di evasione di una pratica sono lunghissimi (mesi). Ora sto valutando nuovi fornitori, l’unica arma che abbiamo in possesso noi utenti finali (uso domestico). Se fossi a capo di un’azienda le varie ditte fornitrici busserebbero insistemente alla porta…

  3. Giuseppe D'Andrea

    Se vivessimo nel vero libero mercato, il problema non si porrebbe, le aziende aprirebbero chiuderebbero, si fonderebbero e dividerebbero liberamente e responsabilmente si finanzierebbero con i fondi propri e verrebbero valutate in base a quello che fanno. Invece questo non è libero mercato, questa è un’economia corporativa fatta di veti incrociati intromissioni politiche, pizzi statali, finanziamenti bancari sballati, casse integrazioni e fallimenti “socializzati”, dove perdono sempre e comunque i lavoratori che vengono lasciati in mezzo alla strada e gli imprenditori seri ai quali non viene data la possibilità di concorrere onestamente con questi oligarchi del cavolo sponsorizzati dallo stato.

    Che schifo.

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