È tutta colpa delle rinnovabili!
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Giuseppe Artizzu e Carlo Durante.
L’ultima volta ci siamo sentiti a marzo. Ci dicevano che eravamo a 7.000 MW di fotovoltaico e che era una follia. Tagliare! Tagliare! Poi qualcuno glielo spiega, e gli sorge il dubbio che i soldi dati alle rinnovabili non siano solo buttati a quattro bucanieri in cerca di soldi facili. Intanto però il danno era fatto.Passano sei mesi, e eccolo lì che ritorna, garrulo, e dice: visto che bravi? Il gas sale, l’elettricità no! Un attimo… ma non dicevate che gli incentivi sarebbero stati un salasso? Si, ma avevamo trascurato che con sole e vento si brucia meno gas, quello caro, e di giorno l’elettricità in borsa costa meno. Chi consuma tanto, ci va almeno in pari. Le famiglie no, per farle risparmiare manca ancora tempo, ma intanto respirano aria più pulita…
Non che i soldi non siano un problema, però mi sa che l’avevate gonfiata un po’. Nel 2008, l’ultima volta che il petrolio era schizzato, la bolletta era salita di un centesimo e mezzo a chilowattora. Quest’anno meno di uno (un cono con due palline di gelato al mese a famiglia, a farsi i conti), e ci abbiamo guadagnato 13 terawattora l’anno di fotovoltaico, puliti, indigeni, garantiti venticinque anni. Sono costosi, ma il costo è quasi tutto riassorbito dal risparmio che generano sul mercato elettrico. Pensaci bene, già a marzo, fosse stata solo questione di soldi, ci tagliavi le tariffe e basta: invece ci hai messo i “cap”.
Dice: adesso però abbiamo grane vere. Tanto per cominciare, ai ragazzi si è grippato il sistema del gas: a luglio ha fatto fresco, Enel ci dà giù col carbone, e in più col fotovoltaico quest’estate abbiamo risparmiato quasi un miliardo di metri cubi. Fra calo dei consumi e boom delle altre fonti, gli stoccaggi sono pieni già a inizio ottobre. E della Libia ferma da mesi non ci siamo neanche accorti! Per farti capire, pensa che nel 2012 col solo fotovoltaico risparmiamo due miliardi e mezzo di metri cubi: è il 10% di quello che bruciamo per fare elettricità. Capisci bene che quelli non stanno tanto tranquilli.
Ma i ragazzi non si erano già impegnati a comprarne per parecchi anni? Dice: È proprio quello il problema: per decenni, e con il petrolio che non scende quello sì che potrebbe diventare un salasso! Con gli stoccaggi pieni non possono neanche prendersi il gas e sperare in un inverno freddo. D’altra parte con questi contratti ci hanno scaldato per cinquant’anni, non è mica che adesso, come dice sempre un mio amico, giriamo il tubo da un’altra parte. Facile dirlo oggi, ma a un bilanciamento fra fonti si sarebbe potuto pensare.
Dice: e a quelli dei cicli combinati che gli dico? Siamo sempre di rincorsa e mai in anticipo: così nel luglio 2003 ce la vedemmo brutta, e dicemmo che ci servivano centrali nuove. Ci hanno dato retta e all’inizio ci hanno pure guadagnato tanto, ma hanno esagerato. Poi però è arrivata la crisi e non si vede via d’uscita. Ci mancavano pure le rinnovabili che tolgono spazio al picco. Se poi fanno Porto Tolle, lassù chiudono bottega. Quando si erano fatti i business plan gli impianti dovevano andare a tutto motore, e invece si ritrovano a mezzo servizio quando va bene.
Dice: fosse tutto qui … ne è venuta fuori un’altra. Cioè? Fai che domenica fa bello e c’è vento: non solo spengono un sacco di cicli combinati (meno gas), ma non riescono neanche a importare tutto quello che potrebbero da Francia e Svizzera. Le centrali nucleari non ce le hanno fatte fare, ma almeno godiamo un pò di quelle altrui. Macché! troppe rinnovabili tutte insieme e dobbiamo tagliare l’import: è roba che costava poco, peccato.
Dice: e poi, tanto per dirla tutta, non si capisce bene questa storia della sicurezza della rete. Solare e eolico sono ballerini: è un fatto, anche se mica ci vuole tanto a prevederli bene. Però anche la domanda è un pò ballerina: che la rete vada bilanciata non è una novità. Terna ci sa fare, nel 2008 di dispacciamento spendevamo due miliardi e mezzo, l’anno scorso meno di uno e mezzo. Sembra che l’intermittenza di sole e vento Terna la veda come un’opportunità di fare business, non certo come un’emergenza. A sentire quegli altri invece apriti cielo: siamo sull’orlo di una catastrofe elettrica! Fosse vero, Terna alzerebbe bandiera rossa, no? Invece ci propone interventi di medio termine, mica ci dice di fermare tutto. Anzi, investe pure lei in parchi fotovoltaici: a ben vedere siamo tutti azionisti indiretti, e quindi piccoli speculatori.
Certo che è roba complicata, ma con chi ne parli? Dice: e con chi ne vuoi parlare, con i soliti! Il sistema lo hanno costruito loro, hanno qualche interesse costituto, ma ne capiscono. Gli altri, delle rinnovabili, saranno pure svegli, ma se ne inviti uno si presentano in ventisei e dicono uno il contrario dell’altro. Ai tempi del decreto, energivori e Assoelettrica si sono alleati; dall’altra parte non c’era un comunicato stampa con gli stessi loghi.
Dice: non so che fare. Questi vogliono già un quinto conto energia, vogliono fermare pure gli impianti sui tetti. Gli eolici li sistemano con le aste farlocche così… si rincomincia finalmente a ragionare solo fra amici. Certo che è un peccato, ci si sono buttati in tanti, c’era spazio per tutti, anche per valorizzare qualche nobile competenza industriale. In fin dei conti, non è mica giusto che non facciamo rinnovabili solo perché siamo pieni di gas. In questo modo la zavorra del passato ipoteca il futuro, chi glielo spiega ai nipoti?
E se per una volta si facesse Politica, invece che tattica di logoramento? Se fosse concordato un modello cui tendere, anziché difendere il cortile dei gioielli di famiglia? Aiutiamoli a giocare nei cortili dei vicini, completiamone la trasformazione in global player, invece di fare i bulli qui. O forse che, in queste condizioni, contano più loro dei loro azionisti? Siamo di fronte a un “baco” di sistema.
Molti i nodi da sciogliere. Ecco i più critici, o forse scomodi.
Uno. C’è troppo gas? Sicuramente c’è troppo gas caro, perché indicizzato al petrolio. D’altra parte è un caposaldo della nostra sicurezza energetica, e il gas è più pulito del carbone e dei derivati petroliferi. Lato offerta non ci sono flessibilità, bisogna agire sulla domanda: per esempio, favoriamo una volta per tutte una rapida penetrazione del gas nell’autotrazione. Senza ripensamenti.
Due. Ci sono troppi cicli combinati? Sì, e anche le sere d’inverno ne serviranno meno di quanto si pensi. È vero che di sera non c’è sole, ma gli idroelettrici stanno già intuendo il cambiamento e a mezzogiorno risparmiano per ore più profittevoli. Ossia: le rinnovabili aumentano la disponibilità idroelettrica per il picco serale. Quindi? All’americana: capacity payment solo per i cicli combinati che servono davvero.
Tre. Ha senso ridurre l’import elettrico dall’estero, finché ce n’è? No. Ha senso spegnere moduli e turbine quando vanno troppo? No. Soluzione chiavi in mano: i pompaggi sono lì fermi, perché non si usano all’occorrenza? Se c’è troppa offerta i prezzi scendono e si creano gli spazi di arbitraggio. E se chi li ha non li usa va… incoraggiato.
Quattro. Ci sono problemi di sicurezza della rete? Lasciamolo dire a Terna, e lasciamo che Terna proponga le soluzioni. Il Ministero e l’Autorità vigilino, come da ordinamento. Se c’è un’architettura che negli ultimi anni ha funzionato è questa. Su che base se ne mette in dubbio l’efficacia?
Cinque. Gli incentivi. È giusto che vengano alla fine, perché se non si aggiusta il contesto tocca riparlarne ogni tre mesi. Il fotovoltaico sta quasi in piedi da solo: prima si entra in un sistema di tipo tedesco verso la grid parity e meglio è. Con giudizio però, basta violenze alla certezza del diritto. Per le altre tecnologie, stimoliamo la ricerca, realizziamo una filiera italiana, troviamo i modi per abbattere il costo del kilowattora fino a renderlo indipendente dall’incentivo. Se proprio vogliamo le aste almeno diamo certezza agli investimenti, evitando il blocco dello sviluppo e il consolidamento delle iniziative nelle mani di pochi. Insomma che il settore perda i caratteri speculativi e diventi un vero motore di diversificazione delle fonti.
Sei. Le rinnovabili devono essere abituate al mercato, e i proprietari degli impianti devono imparare a vendere il loro prodotto. Tranne che per i piccoli impianti, il monopsonio del GSE è una distorsione. Per garantire i livelli minimi di valorizzazione dell’energia, lo strumento è il contratto alle differenze, non la cessione fisica al gestore.
A farla breve, è una questione di sistema, di visione, non di incentivi. È ora di rivedere i meccanismi del mercato elettrico, fermo ai soliti protagonisti, stabili e prevedibili, e adeguarlo al nuovo mix. Le stesse logiche di approvvigionamento energetico dovranno cambiare. È il modello stesso che ci ha retto per cinquant’anni che va ripensato in chiave moderna.
Dice: e va bene, parliamone…
Giuseppe Artizzu è Amministratore Delegato di Cautha – Carlo Durante è Amministratore Delegato di Maestrale Green Energy
Non sono sicuro di avere capito bene tutto, ma mi sembra interessante il discorso
Gentili Signori Artizzu e Durante, l’argomento dell’articolo è interessante, le vostre tesi forse anche condivisibili, ma dovreste cercare di scrivere in modo più lineare e meno colloquiale affinchè anche i non addetti riescano a comprendere i concetti. Leggete gli altri articoli di questo blog, troverete ottimi esempi.
Stefano Gargano
@Massimo Peruzzo
Sono d’accordo…l’articolo è faticosissimo da leggere!
Grazie per gli apprezzamenti.
Circa la difficoltà di lettura, giusto lo spunto ma banalizzare è rischioso. Le assicuro che lo sforzo di semplificazione c’è sempre – dovessimo esprimerci in gergo tecnico non ci pubblicherebbe nemmeno “Le Scienze”.
Apprezzerà per lo meno il dialogo surreale – le domande dell’immaginario ignorantone dovrebbero essere sufficientemente facili da comprendere.
Tenga anche conto del fatto che la campagna mediatica contro le rinnovabili è fortissima. Lo sforzo è dunque sempre per essere molto “pop” o se preferisce “mass-oriented”, altrimenti i budget multimilionari antagonisti ci schianterebbero in pochi istanti.
Avete usato una forma di difficile lettura. Non si può scrivere in questa maniera!
Il vostro intervento pone un problema concreto ma, secondo me, non è convincente sul piano dei costi e dei benefici. Vado a memoria perché non ho sottomano lo studio di Poyry sul peak shaving stimava una riduzione del prezzo *medio* del MWh pari a circa 2 euro grazie essenzialmente al fotovoltaico. Il nostro studio Ibl sul costo degli incentivi, con assunzioni talmente conservative da risultare quasi imbarazzanti, valutava l’impatto degli incentivi nel 2011 nell’ordine degli 8 euro / MWh. Quindi, se la mettiamo da un punto di vista puramente economico, la strada per dire che gli incentivi si sono ripagati è ancora lunga. Questo aspetto è fondamentale per varie ragioni, ma la più importante è questa: l’incentivazione delle fonti rinnovabili viene giustificata dai suoi sostenitori con argomenti di carattere ambientale, cioè le rinnovabili, che costano di più rispetto alle fonti convenzionali, vanno sostenute perché producono esternalità positive. Bene: diciamo che è vero. Il punto è misurare quelle esternalità e chiedersi se sono giustificate dal saldo netto tra il costo (8 euro) e il beneficio (2 euro): ossia, il minore inquinamento (CO2 e il resto) vale o non vale i 6 euro di differenza? La domanda è tutta qui e la mia sensazione è che no, non li vale. In ogni caso, se anche li valesse, lo strumento più efficiente non sarebbe quello di un sussidio differenziato (perché devo finanziare in modo diverso FV, eolico, biomasse e il resto, che mi producono esternalità assolutamente identiche?). D’altro canto, se fosse vero che le rinnovabili stanno in piedi da sole, o quasi, non avremmo bisogno di tutto l’ambaradan che è fatto non solo di sussidi, ma anche di tassazione e cap & trade per renderle “convenienti”.
Questo porta ai vostri sei punti:
1) e 2) C’è troppo gas e, di conseguenza, troppi cicli combinati? Se ce n’è troppo, i consumatori non se ne sono accorti ma questo, mi direte voi, è un problema di concorrenza sul mercato del gas. Vero. In ogni caso, se anche il mercato funzionasse bene, la patata bollente passerebbe (come in parte già è) in mano ai titolari di contratti gas e di cicli combinati, il che, dal mio punto di vista, va benissimo. Fatto salvo che questi chiedono forme implicite di “risarcimento” (capacity payment) di cui non si può che dire male. Il problema è che questi soggetti hanno almeno un argomento molto forte dalla loro: cioè che i loro investimenti sono sottoutilizzati non perché hanno subito un rischio di mercato non calcolato (fatti loro) ma per un risultato diretto e prevedibile di policy di incentivazione eccessivamente generose. E qui è, almeno in parte, difficile dargli torto.
3) Vale l’argomento precedente.
4) A me pare che Terna non sia così tranquilla di fronte al proliferare di impianti intermittenti, cosa che nei corridoi Terna lascia intendere in modo abbastanza esplicito e che è all’origine di un’altra polemica ancora, simile a quella del capacity payment (anzi: l’altra faccia della medaglia del CP): quella sui pompaggi. Idem come sopra. In generale, comunque, la variabilità dal lato offerta – per quanto relativamente prevedibile – non è la stessa cosa della variabilità dal lato domanda, perché comunque ne amplifica gli effetti. Per questo, almeno per quel che riguarda il solare, io credo sia stato un colossale errore illudersi che il FV potesse funzionare su grande scala e come fonte che viene immessa in rete. Al contrario il FV ha un grande senso off grid, andando a sommarsi (o in alcuni casi a smorzare: pensiamo al consumo per la climatizzazione d’estate…) alla variabilità lato domanda. Il FV è una bellissima cosa sui tetti: fuori tetto molto meno. Aggiungo che il concetto di grid parity non ha senso per il FV in rete: la parità presuppone che i pannelli non devono sostenere costi di dispacciamento. Altrimenti è un dato farlocco e privo di rilevanza pratica.
5) Gli incentivi sarebbero stati un problema minore se non fossero stati, soprattutto per il solare, ampiamente sovradimensionati, come your truly non ha mai mancato di sottolineare, anche quando non andava di moda. Ripeto: secondo me è il sistema stesso degli incentivi a essere bacato, ed è il sistema stesso degli incentivi a portare a distorsioni quali il monopsonio del Gse di cui voi giustamente vi lamentate.
6) Abbastanza d’accordo, ma sarebbe stato meglio assai pensarci prima (non averci pensato, va da sé, non è colpa né vostra né mia, ma è un problema con cui entrambi dobbiamo fare i conti…). Data la situazione in cui ci troviamo, delle aste ben disegnate sono uno strumento ragionevole. Che poi le aste possano essere (e plausibilmente saranno) mal disegnate è un altro paio di manico, ma sarebbe erroneo confrontare un mondo di aste mal disegnate con un mondo imperniato su altre soluzioni che, invece, sono disegnate bene: per la semplice ragione che il disegnatore è lo stesso e non sembra saper reggere molto bene la matita (ma questo si sovrappone alla discussione con Tommaso Barbetti nel post sulle aste).
Concludo: a me sembra che il modo in cui sono state gestite le rinnovabili finora sia ampiamente criticabile, sia per il buco che ha creato sia per la pezza che ci è stata messa. In questo contesto, soluzioni efficienti non ne esistono: meglio cercare un ragionevole second best, con la consapevolezza però che abbiamo messo in piedi un ginepraio da cui sarà difficile uscire sani.
Certo per un comune cittadino, non direttamente coinvolto nel settore, è sicuramente difficile comprendere il “dialogo” impersonato nell’articolo qui sopra.
Nella realtà dei fatti in nostro sistema elettrico è – senza ombra di dubbio – totalmente sbilanciato ed asimmetrico rispetto a tutti gli altri Paesi ricchi e sviluppati del pianeta.
Per rendersene conto è sufficiente leggere le statistiche di produzione elettrica dei Paesi OCSE pubblicato dalla I.E.A. di Parigi (www.iea-org) dalle quali si evince chiaramente che il “Mix fuel” dei Paesi del G8 è composto da: Carbone + Nucleare (per almeno il 60% della produzione), poi a complemento viene il Gas, l’Idro, un pochino di Petrolio ed infine a completare: Geo, Eolico, Smaltimento Rifiuti e Solare.
L’Italia invece (notoriamente il Paese più ricco e furbo del mondo !?!) ha un “Mix” particolarmente sbilanciato e rischioso, visto che siamo anche il Paese che dipende più di tutti dall’import di risorse energetiche, essendo quasi privi sul nostro territorio.
Quindi ci siamo ridotti ad avere:
– 50% circa prodotto da Gas (per oltre il 90% d’importazione via tubo da: Ageria, Russia, Olanda-Norvegia, Libya);
– 14% da Idro;
– 8% da Petrolio (O.C.);
– 12% da Carbone;
– 13% da import (nucleare da Francia, Svizzera e Slovenia);
– 3% da Geotermico, Eolico, Rifiuti e … Solare.
Non casualmente, l’elettricità in Italia costa circa il 30% più cara della media Ue e questo, oltra ad essere un fattore rilevante e penalizzante per la capacità competitiva del sistema produttivo nazionale (a scapito di occupazione e benessere collettivi), è anche un fattore importante per la nostra sicurezza strategica degli approvvigionamenti energetici.
Certo, dopo la rinuncia (referendum) al Nucleare, bisognerebbe domandarsi perchè continuare ad importare E.E. dall’estero (chiaramente ed indiscutibilmente prodotta dal Nucleare), oltre a renderci conto di quanto sia necessario ed opportuno bilanciare il nostro 2Mix delle Fonti” per produrre E.E., raddoppiando la capacità di produzione da Carbone (con gli impianti tecnologicamente avanzati e denominati a “Carbone Pulito”); dimezzare la produzione da Gas (troppo rischioso e costoso).
Quanto sopra permetterebbe anche nel nostro Paese di liberare (risparmiare) un enormità di risorse economiche) che potrebbero opportunamente essere in parte investite per finanziare la ricerca delle tecnologie del futuro e le Rinnovabili, anzichè continuare ad aumentare la fiscalità caricando gli incentivi sulle Bollette Elettriche dei consumatori tutti (previsti ben 10 Miliardi all’anno nei prossimi anni)!
Questo è quanto hanno realizzato i tedeschi (che producono il 46% della E.E. con il Carbone; il 23% con il Nucleare) e con gli enormi risparmi che conseguono, finanziano le Rinnovabili.
Esaminare per credere!
Ma … è possibile che sul prestigioso Chicago Blog ci siano solo degli illetterati?
Sono stupito. L’articolo è complesso, ma non così tanto da meritare denunce ed improperi!
Io l’ho personalmente trovato molto interessante, e la forma riflette la sostanza, che non è semplice.
@Vittorio Silvestrini
Prima riga: “ci dicevano…” ovvero terza persona plurale, ma chi sono? Quarta riga: “ritorna garrulo e dice…” ovvero terza persona singolare, ma chi è, uno di quelli di prima?
Più avanti: “Il sistema lo hanno costruito loro…” CHI??
E “…questi vogliono già un quinto conto energia…” CHI? E che cos’è?
E così via. E’ davvero illeggibile. In compenso nei commenti nessuno ha scritto denunce nè improperi. Illetterato sarà lei.
@Carlo Durante