E se la fine dall’euro non fosse l’opzione peggiore? – di Gerardo Coco
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Gerardo Coco.
Non sappiamo quando, ma succederà: la dissoluzione dell’eurozona. Anche al profano non è sfuggito che il progetto di integrazione monetaria più ambizioso della storia, è andato in crisi dopo appena dieci anni di operatività. Un record di velocità fallimentare. Nel corso dei secoli non c’è unione monetaria che sia sopravvissuta senza che i suoi confini combaciassero con quelli delle aree politiche, salvo appunto quella degli Stati Uniti d’America che pure ha impiegato ben due secoli prima di funzionare.Mentre la ragione prima della crisi va ricercata nel fatto che l’unità monetaria non è stata la conseguenza naturale di un unione politica, creata da un elettorato comune, ma il mezzo artificioso per realizzarla, il suo peggioramento e la sua irreversibilità va ricercata nel fatto, senza precedenti nella storia, che i deficit dei governi hanno creato una economia dove i prodotti più comprati e venduti sono ormai rappresentati dai titoli del debito pubblico. Si pensi che il rapporto debito/pil mondiale necessario per finanziare la seconda guerra mondiale è praticamente pari a quello odierno. Il debito “fluttuante” europeo, privo di qualsiasi copertura se non quella garantita dalla sempre più scarsa capacità contributiva collettiva, ha preso il controllo delle economie trasformandole in un referendum continuo sul rendimento del debito. Ma questo referendum lungi dall’essere uno strumento di democrazia economica, riflette solo la propensione di governi autoreferenziali e assolutisti di conformare le regole dell’economia alle proprie necessità. Il mercato del debito, portando alla insolvenza generale e creando un clima di incertezza, precarietà e volatilità, rende la crescita impossibile. Sarà appunto la paralisi dell’azione economica a determinare l’autodistruzione dell’euro.
Missione impossibile
Fin dal 1999, l’economista britannico ed alto funzionario dell’UE, Bernard Connolly, nel suo libro, l’“Anima corrotta dell’Europa” (The Rotten Heart of Europe) aveva previsto la crisi politica europea ed il ruolo egemone che avrebbe svolto la Germania. Poco prima dell’eruzione della Grande Crisi, nel 2007 sempre Connolly scrisse che l’EU aveva deliberatamente creato la “bolla” più pericolosa di tutte, l’UEM, l’Unione economica e monetaria.
Le vittime sacrificali sarebbero state in primo luogo le famiglie, le imprese e poi le banche, e all’interno del cordone sanitario europeo il controllo sarebbe stato preso dal paese più forte che ne avrebbe approfittato per instaurare un impero Eurogermanico. Ma questo vaticino non si realizzerà perché l’eurozona si è trasformata, contro le previsioni, in una prigione per tutti e dalla quale anche il popolo tedesco, se potesse, uscirebbe volentieri. Ma oggi nessuno può farlo e tutti cercano di prendere tempo in attesa di un meccanismo salvastati che funzioni. L’’interconnessione dei debiti e crediti fra i paesi membri e fra questi ed il resto del mondo vincola tutti, per ora, saldamente all’eurozona. Se ad es. la Germania abbandonasse l’euro ripristinando il marco, la moneta comune colerebbe immediatamente a picco rispetto al marco e a tutte le altre valute. La Germania è infatti il fulcro dell’unione monetaria. Ma sarebbe una catastrofe anche per la Germania stessa perché essendo il maggiore creditore dell’eurozona vedrebbe i propri crediti svalutarsi nel momento della conversione da euro in marchi. Tutto il capitale tedesco in euro sarebbe svalutato nella stessa misura dell’euro. E pur vero che anch’essa avrebbe il sollievo della svalutazione del proprio debito in euro, ma il deprezzamento colpirebbe i suoi creditori nel resto del mondo che non tollererebbero di essere danneggiati dal paese che ha implicitamente garantito tutto il debito accumulatosi nell’eurozona. L’uscita dall’euro in questo momento non è negoziabile per nessuno tanto meno per i paesi deboli che non potrebbero rifinanziare il debito se non a tassi esorbitanti.
L’unica opzione possibile è quindi più centralizzazione, più integrazione, cioè più Europa al fine di ristrutturare il debito. Nelle parole recenti di Angela Merkel, “una lunga strada”. La lunga strada significa che, nessun paese potrà più piazzare il proprio debito fino a quando non verrà stipulato fra tutti i membri un patto fiscale che ristabilisca, attraverso riforme strutturali la loro capacità di indebitarsi, al momento, esaurita. Ammesso che funzioni ci sarà tempo per costruirla? E se ci sarà tempo quanto costerà in termini di prolungata stagnazione?
Le conseguenze dell’assolutismo finanziario
Per intendere il significato di questo patto di integrazione fiscale non bisogna dimenticare il postulato fondamentale: il fulcro del sistema economico resta il debito sovrano e questo è il riferimento da adottare per valutare la gamma delle opzioni possibili a disposizione degli stati la cui necessità resta quella di perpetuare i deficit. Come riuscirci?
Poiché la potenza del mercato obbligazionario del debito pubblico sta nel sanzionare i governi facendo aumentare il costo del loro indebitamento, tutte le norme, riforme, regolazioni e piani di risanamento di cui le popolazioni europee saranno vittime, serviranno all’obiettivo principale: favorire a tutti i costi il mercato dei titoli di stato. Il che significa aumentarne il valore ed abbassarne il rendimento con strumenti selettivi e complementari dosati e utilizzati in combinazione per cercare di creare nuovo debito senza provocare collassi.
Le future ricapitalizzazioni bancarie e obiettivi di liquidità richiederanno una quantità maggiore di titoli di stato e le banche centrali assicureranno ai propri governi la possibilità di assumere prestiti a tassi reali possibilmente negativi e quindi i guadagni dei governi diventeranno le perdite per qualsiasi investitore: diventerà così difficile ottenere un rendimento positivo al netto dell’inflazione. L’asset allocation nei portafogli degli investitori istituzionali e dei gruppi bancari favorirà i titoli di stato a favore della riduzione del costo dei debiti e a spese della crescita degli apparati produttivi. Per raggiungere questo fine le riforme strutturali contempleranno un cocktail micidiale di misure imperniate sia sulla tassazione esplicita che su quella occulta. La prima la conosciamo già e serve ad aggredire direttamente patrimoni e redditi delle classi medie.
La seconda, occulta è l’inflazione. Più alta è, più velocemente si riduce il debito. Al momento è ancora strisciante ma è possibile che nuovi stimoli monetari in presenza di stagnazione possano farla impennare e diventare incontrollabile da richiedere “misure non convenzionali” come controllo dei prezzi e dei capitali. Si verificherebbe anche una enorme redistribuzione della ricchezza a favore di tutti i debitori. Il costo della monetizzazione sia diretta (remota da parte della BCE) che indiretta (da parte del fondo salvastati, European Stability Mechanism ESM) ricadrebbe sui percettori di reddito fisso nella forma di riduzione di potere d’acquisto.
La terza è la manipolazione dei tassi di interesse, la misura più sottile di tassazione occulta, ma anche la più letale per l’economia.
Il tasso di interesse è il prezzo più importante dell’economia perché è quel prezzo che, in un mondo normale, dovrebbe segnalare la scarsità delle risorse e guidarne l’allocazione verso gli investimenti più produttivi ed urgenti per la collettività, mettendo in relazione i rischi con i rendimenti. Ma ormai non viviamo più in un mondo normale. Siamo nel mondo dei debiti e il tasso è fissato dalle banche centrali in funzione del debito. A causa dell’inflazione i tassi reali sono negativi e questo dovrebbe segnalare, economicamente, un’abbondanza illimitata di capitale. Invece l’economia ne è priva. A quale aberrazione ci ha portati il paradigma dell’assolutismo finanziario statale! In un mondo normale non appena un governo inflazionasse, il mercato richiederebbe immediatamente interessi più alti per compensare il tasso di inflazione dissuadendo i governi dallo spendere. Ma questo è impedito perché i governi per continuare a produrre deficit devono investire a tassi di interesse negativi cioè prendere a prestito per rimborsare alla scadenza meno di quello che hanno ricevuto.
Il paradigma finanziario repressivo, cercando di prevenire un nuovo collasso, creerà una tale confusione che l’eurozona invece di diventare un luogo di integrazione diventerà un area di conflitti e immiserimento.
Il mercato dei capitali, completamente falsato da tassi di interesse artificiali, reso incapace di trovare allocazioni razionali non funzionerà più, gli investimenti non daranno reddito, non ci sarà più incentivo al risparmio, i percettori di reddito fisso vedranno crollare il proprio potere d’acquisto, i fondi pensioni che detengono quote crescenti di ricchezza non saranno più in grado di ottenere rendimenti in grado di remunerarla e non riusciranno a pagare le pensioni di una popolazione sempre più longeva. La gente di tutti i ranghi e di tutte le condizioni non avrà più prospettive di redditività e le energie imprenditoriali saranno soffocate.
Alla fine l’economia controllata dai governi paralizzerà tutto e tutti e la crisi precipiterà. Non sappiamo se assumerà la forma di una deflazione o inflazione, ma ciò poco importa perché, nella sostanza, entrambi i fenomeni riusciranno nello stesso intento: eliminare definitivamente la bolla del debito. La prima, attraverso i default, la seconda attraverso la distruzione dell’unità monetaria. In entrambi i casi l’eurozona si dissolverà.
Ma non si creda che sia un evento catastrofico come si continua a ripetere per spaventare la gente. Sarà solo la fine di una calamità. La fine del peggior arbitrio perpetrato nella storia monetaria moderna. Quando nel 1944, i paesi uscirono distrutti dalla seconda guerra mondiale, il conflitto più devastante della storia, già negli anni 50 avevano ricostruito le proprie economie. E senza repressioni finanziarie.
La disintegrazione dell’euro lascerà le case in piedi, le fabbriche pronte per l’uso e soprattutto non ci saranno milioni di morti. Ci saranno solo milioni di vivi pronti e ansiosi di riprendere in mano il proprio destino.
La mutazione dei sistemi politici non è di per se sintomo di ‘armagheddon’. L’idea che senza euro-zona le singole nazioni europee crolleranno è del tutto pretestuosa. Le crisi portano l’opportunità di cambiamento e sono la prova che la via perseguita è sbagliata, non che non si è stati frettolosi abbastanza, la via dell’euro-accentramento è palesemente sbagliata, perché fondata sulla presunzione di guidare i popoli contro la loro volontà verso unioni continentali e macroeconomiche utilizzando la coercizione, Barroso sosteneva scherzando che l’Unione Europea è un “Impero senza Imperatore”, io penso che questa battuta rispecchi una verità fondamentale; Gli Imperi non tengono conto delle genti racchiuse al loro interno, pensano solo all’espansione territoriale, abbiano al loro comando un Augusto, un Imperatore, un Fuhrer, un Commissario del Popolo o un Parlamento non fa alcuna differenza, è l’organo di comando che decide, noi tutti dobbiamo accettare.
La disgregazione dell’EuroZona, pacifica e controllata, seguita da un’azzeramento dei debiti lascerebbe dei perdenti in campo, coloro che hanno investito in debito pubblico e i fruitori della spesa ‘fuori-bilancio’, ma sarebbe anche una possibilità enorme per rilanciare l’economia senza i debiti cancerosi del bilancio statale, oltre a essere la più grande garanzia contro l’indebitamento futuro degli stati.
Una moneta stabile e solida , un sistema bancario ‘saldo’ e onesto, un tasso di interesse libero di fluttuare senza le interferenze di un soggetto politico, aggiunto alla tutela dei risparmi, delle proprietà e delle libertà dei cittadini restituirebbe alla nostra nazione e probabilmente all’europa intera, gli strumenti giusti per fare buona imprenditoria, buon mercato e corretta distribuzione dei benefici fra la gente.
Forse lo stato sarà meno ‘potente e glorioso’ ma la collettività sarebbe più ricca e libera di quanto sia oggi, arriverebbero i capitali da investire, i risparmiatori sarebbero premiati dalla loro condotta e potrebbero a loro volta essere i veri arbitri supremi della ‘utilità’ delle aziende. Eliminando una delle tasse più odiose che la moderna macroeconomia statalista ha inventato, l’inflazione il peso dei piccoli risparmiatori e dei lavoratori non verrebbe intaccato, il ciclo economico ‘mondato’ dalle distorsioni produrrebbe lente ma progressive crescite complessive delle Nazioni.
Se si vuole seguire la strada ‘difficile’ della rifondazione economica e morale del paese e del nostro paradigma di capitalismo, si può fare. Se invece vogliamo continuare a ingannare i lavoratori e i cittadini raccontando la favola che possiamo promuovere equità, giustizia e prosperità per legge o peggio con la forza, il tutto per salvare le posizioni privilegiate di alcuni interessi e le ipocrisie degli Stati Nazionali, già in default logico, la strada verso l’abisso è inevitabile.
“La disintegrazione dell’euro lascerà le case in piedi, le fabbriche pronte per l’uso e soprattutto non ci saranno milioni di morti. Ci saranno solo milioni di vivi pronti e ansiosi di riprendere in mano il proprio destino.”
Ma, purtroppo, una delle molle della ripresa economica fu la ricostruzione di quanto distrutto dalla guerra .
Uno e trino appartiene a Dio ed ai misteri della fede. Uno e diciassette è solo Torre di Babele. I diciassette debiti pubblici denominati nella stessa unità di conto rappresentano una sorta di esperimento mal riuscito di finanza pubblica svincolata dalla realtà economica e sociale. Finora la Germania è stata la nazione che ha tratto beneficio dall’euro-marco potendo aumentare artificialmente il costo dei prodotti degli altri Paesi euro e potendo esportare verso i restanti 16 Paesi dell’eurozona senza lo svantaggio competitivo della moneta forte.
Non c’è proprio nulla da obiettare sull’analisi dell’autore. In questo momento prevale in me il pessimismo sul futuro economico dell’intera area euro perché esiste il concreto rischio che tutte le nazioni che hanno adottato la moneta unica s’avvitino in una una spirale recessiva dalla quale è difficile uscire: più recessione –> meno PIL, meno PIL –> meno sostenibilità del debito pubblico, meno sostenibilità del debito pubblico –> più drenaggio fiscale per sfuggire alla crisi di liquidità.
L’unico punto su cui non sono pienamente d’accordo con l’autore è la conclusione. ” La disintegrazione dell’euro lascerà le case in piedi, le fabbriche pronte per l’uso… “. Le fabbriche saranno pure in piedi, ma l’economia oggi è fatta di innovazione, know-how, competizione e capacità di penetrare i mercati, tutte capacità che stiamo già perdendo a vantaggio dell’Asia e che una grave recessione finirebbe per spazzare via definitivamente. Per ricostruire un sistema competitivo serve un’intera generazione, ma il risultato non è certo. L’esperienza dell’Est Europa ci suggerisce che da decenni di cultura statalista ed oligopolista non se ne esce. Nonostante il basso prezzo della manodopera e la capacità attrattiva per gli investimenti industriali stranieri tipica dei Paesi poveri, l’Est Europa è rimasto indietro. Inoltre noi avremmo anche la difficoltà di abituarci a ragionare ed operare da Paese sottosviluppato quando si è stati nella ristretta cerchia dei Paesi ricchi.
Eppure ci sarebbe modo di sfuggire ad un destino molto triste solo se venissero operate quelle drastiche riforme che vanno ad incidere sui meccanismi più perversi della spesa pubblica, ovvero le liberalizzazioni vere, i costi della burocrazia ed il numero impressionate di amministrazioni periferiche dello Stato. Ma questo va contro tanti interessi di parte e contro la mentalità statalista diffusa in tutt’Europa. Ricordiamoci sempre che l’Italia nei confronti dell’Europa è un malato con 41 di febbre in mezzo a tanti malati con febbre a 40!
l’euro ha regalato – per 10 anni – ai cattivi gestori della cosa pubblica di poter pagare gli stessi tassi d’interesse dei migliori gestori della cosa pubblica.
Ha permesso allo stato italiano di indebitarsi per 10 anni alle stesso tasso dello stato tedesco.
lo stato italiano doveva approfittare del regalo (poco meritato) per risanare i suoi conti, per ridurre la spesa pubblica, per non far crescere ulteriormente il debito pubblico (possibilmente in assoluto o almeno in proporzione del pil).
Ma il popolo italiano si è affidato in questi 10 anni critici ad una corte di buffoni, incapaci, nani, ballerine , leghisti e corrotti che hanno dilapidato il regalo immeritato.
In 10 anni la spesa pubblica è cresciuta incontrollata, i disavanzi annuali hanno gonfiato ulteriormente il debito e non essendo capaci di competere se non con svalutazioni competitive il pil si è bloccato 10 anni fa e non si è mai più ripreso.
Un popolo di cialtroni che elegge governi di cialtroni finisce inevitabilmente molto male.
Purtroppo abbiamo fatto male anche agli altri partners, con una grandissima quota di corresponsabilità nel far fallire l’intero progetto dell’euro.
Da non trascurare il fatto che avendo gli europei per lo più in questi 10 anni affidato il potere a governi di destra, e avendo questi fatto di tutto per sabotare il processo europeita , è del tutto ovvio che nel frattempo l’istituzione euro non si si sia irrobustita con la necessaria coesione politica e con la cessione di sovranità degli stati.
Invece di fare la federazione d’europa ci si è baloccati con il federalismo degli analfabeti padani.
Finirà male, molto male, meritatamente male.
L’Euro ha dieci anni. Dieci anni sono un un piccolo, piccolissimo arco di tempo nella Storia dell’umana civiltà. Fallirà? Non fallirà? Diamo tempo alla Storia di fare il suo corso, basterà aspettare senza fretta. Ad una cosa, però si può già rispondere e con certezza: l’Euro è un pezzo di un progetto politico complessivo chiamato “Europa”. Un Progetto che ha alle spalle millenni di guerre, scontri e rivoluzioni. Dopo due guerre militari mondiali e con l’inizio di una fredda, gente di buona volontà capì che per aver pace e prosperità in Europa era necessario ed obbligatorio che ci fosse un centro di gravità intorno a cui far ruotare un progetto di Europa in pace e magari unita; questo centro di gravità aveva, ha e avrà sempre un nome e solo uno: l’asse franco-germanico. Tutto il resto (Londra intesta) è secondario, non che non sia importante ma solo secondario. Per far vivere l’Euro basterebbe, al limite, il solo accordo tra Parigi e Berlino, se poi altri vi partecipano tanto meglio. Ma l’Euro come il resto del progetto necessita di regole e del rispetto delle stesse. Pensare di usare l’Euro e di rispettare le regole del gioco ha come risultato uno solo: l’uscita dalla UE. Stare nelle UE non è un diritto e neppure un dovere, stare nella UE è un cosciente atto di responsabilità che comporta il rispetto di regole. Qualcuno non gradisce? Libero d’uscire.
Le radici di tutto risalgono addirittura all’abbandono della gold parity, che tolse agli Stati il vincolo dell’esistenza di un patrimonio con cui garantire il debito. A quel punto, la garanzia per i creditori era rappresentata dalla possibilità, per uno Stato, di utilizzare la leva fiscale per ottenere quanto necessario per pagare i creditori.
A questo, i governanti europei hanno aggiunto la stupidata di una moneta comune con 17 politiche economiche, monetarie e fiscali diverse, con 17 meccanismi e necessità di emissione di debito diversi, una banca centrale in grado di indicare il costo del denaro ma non di dirigere, e quindi coprire, il debito dei 17 singoli stati.
La previsione di un dominio tedesco sulla Europa del prossimo futuro? Una riedizione, riveduta e corretta e allargata, del Sacro Romano Impero. Ma almeno, all’epoca, i feudatari di ogni rango siglavno vincoli di fedeltà con l’Imperatore da cui entrambi avevano benefici. Oggi, si tratterebbe semplicemente di un drenaggio continuo di risorse da tutti i paesi verso la Germania.
Noi saremmo tutti molto più poveri, i tedeschi non sarebbero comunque ricchi.
@Grezio: condivido la conclusione ma non mi sembra pensiero profondo e intelligente dare tutta la colpa ai governi degli ultimi 10 anni.
Il grande debito nasce negli anni 80 (ricorda il CAF?) e mi sembra banale accusare solo nani, ballerine e ..leghisti federalisti.
La nostra è sempre e soltanto la solita “Italia di Andreotti”.
Si, si, finirà male, torneremo poveri!
Da una attenta analisi, la fine dell’EURO porterebbe a dei sacrifici da un punto di vista TEMPORALE di poco inferiore alla CONTINUA AGONIA di SOPRAVVIVENZA DELL’EURO.
La vera differenza sarebbe solo POLITICA (VI SAREBBE UNO STOP CON LA FORZA DELLA CASTA E DEI LORO PRIVILEGI)
Io penso che la CASTA sta solo rimandando la sua morte: Esempio – Dopo anni di mazzette, tangente, fatturazioni false, finanziamenti illeciti di partiti finiti con condanne pari a zero tra scadenza dei termini, prescrizioni e altri artefizi, il caro MONTI inasprisce il D.Lgs 472 equiparandolo a livello PENALE…tradotto in due parole: MANETTE AI LADRI DI GALLINE
Sono d’accordo con l’analisi, penso sia inevitabile quanto descritto. La storia si ripete e periodicamente per fare passi avanti è necessario farne qualcuno indietro. E’ auspicabile, per il futuro, che coloro che reggono le redini degli stati, degli apparati economici e finanziari comprendano che i problemi non si risolvono agendo sugli effetti e che è del tutto inutile, come recita un antico proverbio, chiudere le stalle quando ormai gli animali sono scappati. Il problema comune a tutti risiede nel fatto che i danni provocati da pochi ricadono sulle spalle di molti e, guarda caso, su coloro che vivono già delle difficoltà. Recuperare regole e valori richiederà molto tempo, quello che non abbiamo per affrontare il problema alla radice, ma siamo italiani e ne usciremo senz’altro, meglio di altri, la storia ha anche detto questo.
Le ragioni dell’unione monetaria non sono mai state economiche ma politiche. I trattati che hanno avviato l’unione monetaria miravano alla stabilizzazione e pacificazione del nostro continente. La logica suggerisce che per pacificare un’area si dovrebbe partire dall’unione politica. Tuttavia tutti i tentativi di unione politica, fatti in millenni di storia, furono sempre fallimentari. L’unione monetaria o economica è una via “lunga” e “scomoda” per ottenere un’unione politica e, in definitiva, la pace.
L’Europa (quella dell’unione a 27) non ha guerre al suo interno da meno di 60 anni, a me sembra tremendamente poco, e tuttavia è il periodo più lungo dalla caduta dell’impero romano. In questo senso l’unione monetaria ha raggiunto il suo scopo. Il rischio dell’uscita dall’unione monetaria non è il fallimento di qualche stato, ma la guerra. Effettivamente l’unione monetaria è costosa, ma lo è soprattutto per l’incapacità della classe dirigente europea, che ha dimenticato (o finto di dimenticare) le ragioni fondamentali del “cammino comune” e ha dimenticato di prendere le opportune misure per limitare i costi (ad esempio, ridurre il debito quando i tassi erano più favorevoli) di questo straordinario investimento.
LA PACE SI COMPRERA’ IN
EURO: QUALSIASI PREZZO E’ UN BUON
PREZZO!
L’uscita
dall’Euro è il
peggiore dai mali possibili. La moneta unica nasce come strumento di
pace e la
sua assenza favorirà la guerra.
Le ragioni dell’unione monetaria non
sono mai state
economiche ma politiche. I trattati che hanno avviato
l’unione monetaria
miravano alla stabilizzazione e pacificazione del nostro continente. La
logica
suggerisce che per pacificare un’area si dovrebbe partire
dall’unione politica.
Tuttavia tutti i tentativi di unione politica, fatti in millenni di
storia, furono
sempre fallimentari. L’unione monetaria o economica
è una via “lunga” e
“scomoda”
per ottenere un’unione politica e, in definitiva, la pace.
L’Europa (quella
dell’unione a 27) non ha guerre al suo
interno da meno di 60 anni, a me sembra tremendamente poco, e tuttavia
è il
periodo più lungo dalla caduta dell’impero romano.
In questo senso l’unione
monetaria ha raggiunto il suo scopo. Il rischio dell’uscita
dall’unione
monetaria non è il fallimento di qualche stato, ma la
guerra. Effettivamente l’unione
monetaria è costosa, ma lo è soprattutto per
l’incapacità della classe
dirigente europea, che ha dimenticato (o finto di dimenticare) le
ragioni
fondamentali del “cammino comune” e ha dimenticato
di prendere le opportune
misure per limitare i costi (ad esempio, ridurre il debito quando i
tassi erano
più favorevoli) di questo straordinario investimento.
Complimenti a Coco : solita chiarezza ed onesta’ intellettuale. Inutile illudersi ulteriormente. L’unione monetaria sta per implodere e con essa, probabilmente, l’UE. Ci aspettano tempi grami. Un governo appena degno di questo nome cercherebbe di preparare il paese affinché il tonfo inevitabile non fosse totalmente privo di reti di protezione, invece di continuare la spremitura patrimoniale dei sudditi dopo averne eroso il reddito da lavoro. Paese di quaquaraqua’ e governo perfettamente in linea.
Sarà forse giudicata una opinione primitiva, e torvamente deflazionista, ma il gold standard potrebbe essere un’opzione interessante per non immiseririre troppo.
Bah, mi sembra solo sciocco malthusianesimo monetario, previsioni basate sul nulla e su propri ciechi desideri. Il progetto euro, specie accettando la premessa dell’autore che sia stato creato come strumento per costringere all’unione popoli contrari (il che non è), sta funzionando benissimo tanto che sta spingendo proprio a quell’unione fiscale che è l’ultimo passo obbligatorio prima di una unica politica economica seguita da una sola politica (specialmente estera). E tanto è che la GB, entrata in UE per sfaciare non per costruire dopo gli attacchi (truccati da allarmi) lanciati in unione con le banche americane, si è chiamata fuori sperando di sabotare l’accordo raggiunto (PARE). Il solito gioco già fatto con la fallita creazione dell’Efta, solo che questa volta pare che il fallimednto sia arrivato subito.
Gli Italiani – me inclusa – anni fa erano europeisti perchè speravano che l’Europa costringesse l’Italia a fare le cose che i nostri politici non avrebbero mai fatto in materia di liberalizzazioni ecc. Invece l’Eruopa è solo un’altra casta burocrate parassita che si è sovrapposta – con altre spese – a quella che già avevamo. Non è mai stato indetto alcun referendum in Italia per chiedere se fossimo favorevoli all’adesione; non si farà nessun referendum ora, perchè l’esito sarebbe scontato – guardate un po’ se l’hanno lasciato fare ai Greci.
17 nazioni (e già il numero non è propizio) con 17 lingue, culture, economie e interessi diversi non potranno mai andare d’accordo. Soprattutto perchè i 17 ‘soci’ non sono soci alla pari, ma vengono guardati dall’alto in basso dalla Germania (e dalla Francia), che non fanno più la guerra coi cannoni, ma con le banche. Come se anche loro non avessero un enorme debito pubblico e le banche piene di sirtaki bonds che tutti dovremmo ricapitalizzare.
Io non voglio essere ‘governata’ dai burocrati di Bruxelles che nessuno conosce e nessuno ha mai votato, e che certamente non faranno nulla in favore dell’Italia; io non voglio vedere Monti che ogni due giorni va da loro col cappello in mano a prendere ordini. Questa non è democrazia, ma dittatura europea.
Il debito pubblico italiano dovrebbe essere solo nelle mani degli Italiani che incasserebbero gli interessi creando un circolo virtuoso interno; bisognerebbe tornare alla lira, che è commisurata alla nostra economia. L’euro fa costare tutto il doppio o il triplo, e oggi vale circa 500 lire: basta andare a fare la spesa per capirlo. (Prima dell’Euro non sapevo quanto costassero le zucchine, ora sì. La benzina costa 3400 lire al litro: detto in lire fa tutt’altro effetto!).
La manovra di Monti avrebbe dovuto ridurre il debito vendendo immobili pubblici e altri beni inutilizzati. Invece raschia il fondo del barile per continuare a sprecare come e più di prima.
Tutto verrà distrutto: si tassano le case – unico bene durevole – ignorando quanti pensionati vivano con i magri affitti di piccoli appartamenti frutto dei risparmi di una vita. Sere fa Passera ha ammesso candidamente che il Catasto è incompleto, quindi l’Ici o Imu non verrà pagata dagli abusivi evasori veri – alla faccia dell’equità della manovra. Basterebbe incrociare i dati dell’Enel e della Telecom per identificare le case non accatastate, ma nessuno lo fa; è tanto più semplice e comodo tassare quelli che si conoscono già.
Per avere un capro espiatorio da offrire al popolo bue si tassano le Porsche e le barche, si incita all’odio di classe e alla caccia all’evasore fiscale in un’atmosfera da Stasi; si vuole eliminare il contante. I primi evasori fiscali sono invece i membri della casta, ma nessuno li toccherà.
Gli attuali ‘sacrifici’ non servono assolutamente a nulla perchè non affrontano il problema fondamentale: la mentalità sovietica dello stato italiano che ci considera sudditi da spremere per i suoi scopi, e continua a voler fare tutto e male. I ministri passano ma i burocrati restano, e si oppongono trasversalmente a qualsiasi mutamento dello status quo. Nessun privilegio della casta è stato toccato: vitalizi, province, enti inutili, consulenze, nepotismo, corruzione, discrezionalità, spese senza controllo.
Pensate all’albero di Natale di cartapesta a Roma, costato 25.000 euro: se tanto mi dà tanto… Invece a sentir loro i tagli incidono solo sui servizi e sembrerebbe che non vi siano sprechi da eliminare.
Faranno passare Natale, poi ci massacreranno ancor di più.
Immaginare che l’unione europea si fosse fatta così solo col dirlo è un pò troppo semplice per popoli e nazioni che hanno trascorso millenni ad ammazzarsi fra loro. 27 nazioni, 27 lingue diverse, 27 organizzazioni statali diverse, tassazioni, welfare tutto diverso. Ora, avere imposto una moneta unica poteva rappresentare quel vincolo, quel perno dove agganciarsi tutti e cominciare a girare tutti sulla stessa orbita; e’ stato un pò il comprare la frusta prima del cavallo sperando che questo si sarebbe assoggettato poial volere del padrone, purtroppo così non è stato. I virtuosi hanno proseguito a fare i bravi e i cattivi lo sono diventati ancora di più, approfittando di un decennio di vacche grasse e tassi bassi per spendere ancora a man bassa e rovinare le proprie economie (il nostro debito è arrivato al 120%, quando avremmo dovuto essere al 60%). Adesso i tedeschi, giustamente, non se la sentono di garantire per tutti e ci impongono sacrifici per riequilibrare la nostra finanza. In linea di principio andrebbe bene, avete scialacquato prima ora dovete pagare e rimettervi in ordine, ma le cose non vanno proprio così. La stretta fiscale e i futuri? tagli della spesa pubblica deprimeranno sempre di più la crescita innescando quel circolo vizioso che ci farà correre dietro ai pareggi di bilancio. Se si vuole che l’unione non vada in frantumi bisogna arrivare alla BCE che funzioni come la FED, il passo fatto a Bruxelles questa settimana va in quella direzione, ma è ancora troppo lento e non credo che noi abbiamo tutto questo tempo davanti
Io sono stato da sempre euro-scettico e non me ne vergogno.
So di non scoprire l’acqua calda, ma per una vera unione di nazioni così eterogenei, sia nelle culture sia nel fronte economico e sociale, bisognava anzitutto partire con l’unione socio-politica sovrannazionale e, soprattutto, con un numero di nazioni ridotto e con caratteristiche simili. Solo dopo un vero consolidamento, poteva starci l’allargamento ad altri paesi, ovviamente alle condizioni già presenti nello statuto dell’unione. Il progetto di una moneta unica non è altro che la conseguenza di una vera unione socio-politica, e non l’inverso.
Alle varie considerazioni mi sembra che manchi un argomento
(che sarebbe da approfondire bene bene): a me sembra che il nostro sistema economico occidentale non sta in piedi. Un sistema basato sull’indicatore PIL e sulla percentuale della sua “crescita”. Ma quale crescita ci possiamo aspettare nei prossimi anni, non solo in Italia ma anche negli atri paesi ?
Poi un altro dubbio. Nell’articolo si favoleggia di un ritorno ad un mitico “dopo guerra”, ad un mercato perfetto dove tutto si autoregola da solo perfettamente.
Ma la nostra storia è stata piena di “interventi statali” per salvare questo e quello (sempre a gran voce richiesti, soprattutto dai grandi paladini della libertà economica). Il mercato non sta in piedi da solo questo mi sembra non l’abbiamo ancora capito. Ed è grave. Guardatevi intorno.
@Yaldus Pyn
su come siè creato il debito c’è un ottimo video di Giannino che smentisce quanto tu affermi
@Marina Mascetti
Forse sei moltogiovane. Abbiamo votato nel 1989 un apposito referedum
@Yaldus Pyn
caro yaldus pyn,
resto sempre un pò perplesso quando vedo che anche i lettori di questo blog abboccano alle chiacchiere correnti e non fanno lo sforzo di informarsi.
Suggerisco di verificare l’andamento del debito pubblico italiano con il sito BASE INFORMATIVA PUBBLICA di BANKITALIA.
In breve :
1.il 28 giugno 1992, alla caduta del 7° governo Andreotti – cinquantesimo governo della prima repubblica – il debito pubblico italiano ammontava, in euro, a 799,5 miliardi di euro.
2.Dal 28.6.92 al 10.05.1994 si succedettero due governi di transizione a guida Amato e Ciampi, che fronteggiarono una crisi della lira profondissima, l’uscita dal serpente monetario ed una pesantissima manovra di salvataggio propedeutica al rientro nello Sme e successivamente nell’euro.In presenza di tassi sulla lira molto alti il debito arrivò a 994,7 miliardi di euro.
3. il 10.05.1994 con il primo governo Berlusconi nasce ufficialmente una, soi-disant, seconda repubblica : quel giorno il debito pubblico ammontava a 994, 7 miliardi di euro.
Oggi il debito pubblico è a circa 1.900 mld (ultimo dato certificato al 30.09.11 1.883 mld euro)
Ne consegue che in soli 17 anni i governi della Seconda Repubblica hanno saputo cumulare nuovo debito per oltre 905 miliardi di euro, quindi quasi 100 miliardi di euro in più rispetto al debito cumulato dalla prima repubblica in 47 anni e praticamente quasi raddoppiando il debito ereditato al momento della sua nascita.
Se ha voglia di andare a consultare il sito della banca d’italia e calcolare come nei 17 anni della 2° repubblica i diversi governi hanno lasciato cumulare nuovo debito scoprirà anche chi lo ha tenuto più a freno e chi l’ha lasciato correre di più.
Io non sono un tecnico come chi scrive prima di mè. Sono il titolare di un ristorante. Dico una cosa che magari può essere tacciata di polulismo o peggio di ignoranza finanziaria. Io – e tanti come mè – con quel bel Caravaggio da 500.000 Lire in tasca mi sentivo bene, al sicuro, con 250 euro non so cosa fare e sto molto attento a quello che faccio. Con 100.000.000 di Lire in banca eri un signore, con 50.000 € oggi poco più di un pezzente. Ero contento di pagare un mio dipendente 2.000.000 al mese era contento anche lui, oggi con 1000/1200 euro come dice Lui (il dipendente) ”puzza di fame”. Così è se vi pare. Un caro saluto a tutti. Nicola Cortesi
Nell’età del relativismo delle culture, del politeismo dei valori, del pensiero debole, della teoria della verità poliedrica, della democrazia senza aggettivi, sta trionfando l’assolutismo finanziario che ha creato artificiosamente l’euro come moneta comune ed unica nella circolazione, ignorando l’antropologia -così come fanno tutti i fondamentalismi- in quanto è risaputo che una moneta forte esige una virtù -la disciplina del bilancio pubblico- di cui gli Italiani (vale il rapporto tautologico tra i cittadini e lo stato) raramente hanno dato prova, condizionati dalla partitocrazia e dall’impianto rigidamente corporativo della società. Nel frattempo la grande finanza degli oligopoli slegata dal territorio, così detta creativa. sulla base di tassi d’interesse bassi e servendosi di algoritmi matematici maligni se orientati solo alla massimizzazione del profitto -vedi bonus dei banchieri- cartolarizzava prodotti illiquidi in forma strutturata e vendibile trasformando il rischio di mercato in rischio finanziario, con relativa copertura assicurativa, e in un ambiente di regolatori e controllori poco efficaci, ha perturbato il mercato del debito creando quella bolla del debito (privato e sovrano) che è scoppiata sotto i nostri occhi. Ora il problema è: come eliminare suddetta bolla definitivamente? Mutualizzazione, eurobonds, default selettivo da parte della seconda BCE -quella del Sud- che sarà costretta a svalutare, deflazione, inflazione… Oggi siamo in un mondo dove la finanza coperta delle famiglie quali luogo di formazione del risparmio che rimborsa il capitale con interesse, si è scoperta; la finanza speculativa delle imprese che impiegano il capitale senza rimborsarlo rimanendo costantemente in negativo, si è indirizzata verso i titoli di stato; la finanza ‘Ponzi scheme’ propria delle Pubbliche Amministrazioni ha bisogno di pagare i debiti indebitandosi perennemente, alimentando così il flusso del signoraggio; mentre in campo internazionale, ad esempio, le banche cinesi con gravi problemi di insolvenza vengono finanziate dallw banche d’affari americane -è l’accumulazione primitiva a là cinese!- al fine di sviluppare quell’economia manufatturiera grazie alla quale, una volta entrato nel WTO e agganciato lo yuan al dollaro, lo Stato cinese ha potuto comprare i titoli del debito americano -e pensare che il know how è stato dato da noi!-. Inoltre in Occidente si è assistito all’accorciamento del ciclo dei beni, anche di alta tecnologia, passando da una economia di sviluppo -si tenga presente che se si vuole una crescita forte la sostenibilità si ridurrà mentre aumenteranno le diseguaglianze- ad una economia di sostituzione; si è premiata la rendita e si è ridotto all’osso il lavoro che ha perso nobiltà e dignità; si è determinata una straordinaria concentrazione di ricchezza finanziaria e non (forse necessaria per investire in nuove strategie geoeconomiche e/o geopolitiche?) saccheggiando pure il risparmio dei ceti medi -vi hanno contribuito anche gli stati con la tassazione in forma esplicita e occulta-. Tutto ciò ha messo in gioco da una parte , il Welfare State, che è stato l’assillo di tutti i grandi del Novecento da Mussolini a Hitler da Roosevelt a Stalin, e, dall’altra, la democrazia, lo Stato di diritto, la pace. Dunque non si tratta di una crisi ma della sindrome di un inarrestabile cambiamento epocale (in questo senso ‘this is the end’ dei Doors) che il capitale, inteso quale sintesi vivente di intelligenza del lavoro, di risorse, istituzioni e di ambiente,esige per continuare a valorizzarsi: altro che fuoriuscita dal capitalismo se non come categoria retrogada che Marx non aveva inventato perchè era interessato a comprendere i meccanismi di funzionamento del capitale! A fronte di tale sacrificio umano e sociale non serve invocare la sovranità nazionale monetaria nè ricorrere al patriottismo-finanziario- nè protestare su scala planetaria, ma occorre accettare la sfida dei tempi vincendo la paura e l’incertezza per imparare urgentemente a governare sistemi complessi sulla base di unità elementari semplici da parte degli ottimati o di ciascuno di noi ?, sapendo che una civiltà che non funziona bene o si disgrega o si imbarbarisce o è capace di creare nuove forme in spirito di libertà (si prenda come paradigma euristico la cibernetica della mente di S.Ceccato).
Come spesso mi capita la stesura del mio commento in prima battuta non mi ha soddisfatto, pertanto almeno la conclusione gradirei riscriverla nel modo seguente. Dunque dalla crisi conclamata si uscirebbe stimolando la domanda mediante stimoli monetari -abbassare le tasse sul lavoro, ad esempio, ovvero rischiare l’inflazione-, ma io credo che col pretesto di salvare l’euro in forza del nuovo paradigma: lo sviluppo a condizione che i conti siano in ordine -è il rovesciamento del paradigma neoliberista antikeynesiano: prima i conti in ordine poi lo sviluppo-, si voglia mettere in gioco LO STATO DEL BENESSERE, ma anzitutto LO STATO DI DIRITTO. A fronte di tale sacrificio umano sociale civile non serve invocare la sovranità nazionale monetaria o ricorrere al patriottismo finanziario o protestare nelle piazze dell’universo mondo, ma occorre accettare la sfida dei tempi vincendo paure ed insicurezze per impegnare seriamente le nostre migliori forze nell’istruzione e nell’educazione da parte di ciascuno di noi, sapendo che una civiltà potrebbe disgregarsi o imbarbarirsi se non fosse capace di creare nuove forme di individualità, di convivenza e di scambio.
Dott. Giannino buona sera, mi piace molto la Sua trasmissione su radio24.
Lei sicuramente saprà di cosa parlo quando cito la “Commissione Trilaterale”, Mario Monti è l’esponente europeo di questa associazione a delin….ehm….volevo dire di gentil uomini, il che vuol dire essere alla diretta dipendenza della famiglia Rockfeller, con tutto quello che ne consegue. Inoltre, sia Mario Monti che Mario Draghi, sono esponenti di primo piano del “BILDELBERG”…suppongo anche in questo caso che Lei sappia di cosa parlo, tanto per fare un esempio…Lei prima ha citato l’agenzia di rating FITCH mentre parlava con il corrispondente del Sole24ore da Parigi, bene, il proprietario di questa agenzia di rating è il Visconte Marc LADREIT de LACHARRIERE, costui non è altri che il rappresentante del Bildelberg in Francia, vuole che questo signore non informi i suoi compagni di merende il giorno del declassamento sul debito di uno stato e tutti insieme allegramente si mettano a giocare al ribasso?????????? Onestamente lo farei anch’io, a chi non piace vincere facile? Quello che mi rattrista in verità è come i popolini europei accettino di essere trascinati in un baratro senza ritorno senza nemmeno porsi la domanda di chi è che sta muovendo i fili di questo teatrino.
A sto punto, che stiamo a fare? Il gioco delle tre carte? Ad ogni modo se quanto scritto non Le risulta la prego di correggermi, mi sono limitato a menzionare la famiglia Rockfeller, tuttavia Lei saprà benissimo che anche una certa famiglia Rothshild sta facendo la propria parte….dal caos viene l’ordine….o no?
Le porgo i migliori saluti, sperando di non averLa tediata troppo con il mio sfogo e che quanto le ho scritto possa essere discusso nel Suo spazio radiofonico anche se so che
determinati argomenti sono severamente vietati sui media.
Distintamente
Davide