E ora il fisco ci vuole mettere a dieta
Lo Stato non si mette a dieta, ma vuole metterci a dieta. Quale premura, quale solerzia. Dalla rivolta degli studenti di Los Angeles contro i menù a base di verdure e zuppe fino alla moda dilagante di una “fat tax” contro i chili di troppo.
L’ultima frontiera nell’isteria salutista collettiva si chiama così, tassa antigrasso. La Danimarca ha sdoganato per prima la grasso-esazione: dal primo ottobre burro, olio e biscotti hanno subito un sensibile aumento di prezzo. Per duecentocinquanta grammi di burro i danesi spendono il 14,1% in più, mentre il prezzo di un litro di olio d’oliva è salito di quasi sei euro. In questo modo entreranno nelle casse dello Stato danese circa duecento milioni di euro all’anno.
La grasso-fobia insita nella ricetta danese ha inaugurato la crociata europea contro i cibi spazzatura. In Francia dal 2012 arriva la taxe obésité contro le bibite zuccherate, Coca-cola inclusa. Ungheria, Norvegia e Finlandia hanno già affilato l’arma fiscale contro i consumatori di patatine e cioccolata; Svezia e Regno Unito si candidano a fare altrettanto.
In Italia la Coldiretti – non a caso la Coldiretti – si è subito schierata con il partito del fat taxing. Gli argomenti sono sempre gli stessi: i grassi fanno male e chi li consuma grava sul sistema sanitario nazionale. A ben vedere, le falle sono più d’una. Innanzitutto, la “teoria lipidica” non è mai stata dimostrata. In Mangia grasso e vivi bene il dottor Perugini Billi spiega uno degli effetti imprevisti della crociata globale contro i lipidi: è aumentato il consumo di carboidrati e, paradossalmente, siamo diventati tutti più grassi.
Ugualmente gli alfieri della tassa antigrasso trascurano un altro fatto, e cioè che una tassa, che colpisce beni come burro, carne e patatine in Paesi che ne fanno largo consumo, difficilmente sarà rispettata senza batter ciglio. Infatti eccoti lì il mercato nero delle patatine, il contrabbando dei panetti di burro, la speculazione sulle tavolette di cioccolata. Eccoti lì i consumatori danesi che il giorno prima dell’entrata a regime della tassa vengono immortalati nei supermercati mentre si affannano compulsivamente a riempire i carrelli con i beni bersagliati dal fisco salutista. Ma che scene sono queste? Scene totalitarie.
Ancor prima delle implicazioni pratiche della tassa antigrasso, ci sono ragioni morali per le quali ribellarsi a quest’ennesimo balzello è un imperativo. La tassa per insegnarci come mangiare, che cosa mangiare, è un’intollerabile invasione nella nostra sfera privata, un’ingiustificabile intrusione in un campo di scelte personalissime. Lo Stato deve occuparsi di noi quel tanto che serve a garantire la convivenza pacifica. La libertà di ciascuno dovrebbe essere limitata nella misura strettamente necessaria a tutelare la libertà degli altri.
Tassare un comportamento per così dire “vizioso”, ma non certo aggressivo, è una premura paternalistica di cui facciamo volentieri a meno. Un peccato di gola non è un reato, almeno per ora. Gli stili di vita cosiddetti “sani” si possono suggerire, pure incoraggiare, a patto che si usi l’informazione e non l’imposizione tributaria. La responsabilità individuale può crescere soltanto nella libertà, perfino nella libertà di sbagliare. Siamo quello che mangiamo, e noi vogliamo scegliere quello che siamo. Niente menù di Stato. “Se si abolisce la libertà dell’uomo di determinare il proprio consumo di beni, si tolgono tutte le libertà”, diceva Ludwig von Mises. Tenetelo a mente, consumatori di tutte le taglie, lo Stato terapeutico è dietro l’angolo.
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Occuparsi della salute dei cittadini, che parole suadenti. Peccato che sia solo un altro modo di “vendere” una nova tassa per compensare l’aumento della spesa pubblica convincendo i creduloni che sia per il loro bene. Insomma, si tratta di pubblicità ingannevole.
Della nostra salute ai solerti governanti non importa un fico secco. Della libertà individuale ancor meno. L’importante è che la gente paghi per mantenere i “carrozzoni”. L’Europa è in crisi e s’addensano su tutto il continente le nubi minacciose della recessione mentre l’incremento del debito pubblico è una strada negata dai mercati finanziari. Come mantenere le burocrazie, il cui costo è in continua crescita, a fronte della diminuzione del PIL se non con nuove tasse?
Permettetemi una battuta cattiva: la BCE si è posta come primo obiettivo la lotta all’inflazione, ma l’Europa si è posta come obbiettivo principale “l’inflazione della burocrazia”.
Ovvero: come un orrore ne giustifica un altro. L’ orrore di base è che tu cittadino hai il diritto di farti curare a spese dell’ erario sempre e comunque, anche quando hai un ictus perchè mangiavi troppo. Però, allora, io stato ti ostacolo nel mangiare, perchè è male. Oltre a tacere i benefici dell’ olio di oliva sulle malattie cardio-vascolari (ma i danesi la conoscono la chimica ?) si afferma che non ci sono cose sbagliate, ma solo cose tassabili coll’ etichetta della moralità: se mangiare grasso è sbagliato, allora non va tassato, ma proibito. Forse tra un po’ con l’ effetto serra in Danimarca non farà più freddo.
Il tema dei diritti universali è assai complesso, questi, attraverso la legge, possono esser compressi con compartecipazione alle spesa, limitazioni, esclusioni e simili. Parebbe che anche i carboidrati siano nocivi se assunti in quantità non controllate: ripristinare tessere annonarie ed aumenti di tasse in misura ridotta. L’italia deve diventare un paese di santi e poeti dove i navigatori sono banditi. In attesa di una regolamentazione sul sesso mi pongo il problema visto da parte delle prostitute: quante volte? e se questo esonda dalla procreazione vale di più o di meno?
Io la penso esattamente come Lei! Però o si privatizza completamente la sanità: sia le prestazioni come in parte è già avvenuto sia la copertura tramite assicurazioni (opzione che preferirei) e allora sono affari nostri quello che mangiamo, quanto fumiamo, quanto e cosa beviamo… altrimenti è giusto che chi coi suoi comportamenti aumenta fortemente la probabilità di ricorrere alle prestazioni sanitarie pagate dalla collettività paghi di più!
@LucaS
Dico a Luca che il suo discorso non regge: quand’anche fosse vero che mangiare meno grassi ci fa vivere più sani e/o più a lungo, è certo che mangiare meno grassi non porta all’immortalità; resta quindi inevitabile che prima o poi si finisca con l’ammalarsi. In compenso potremmo gravare sui conti dell’INPS più del previsto.
La tassa sul cibo (sale, macinato) era uno dei cavalli di battaglia dei grandi governi del medioevo. Plus la change plus c’est la meme chose..
Ci si deve battere per la SANITA’ PRIVATA altrimenti avranno aempre l’alibi per dirci cosa mangiare, come vestirci, se mettere casco e cinture, etc
Ma stiamo a discutere sulla qualità dei provvedimenti presi dai politici?
Ma fatemi il piacere!
Ragionate con la vostra testa e tenete presente solo le cose che vi interessano personalmente.
Il resto sono solo chiacchiere (e tasse).
L’unico consumo intelligente?
È quello descritto in questo sito…..
http://rivoltanonviolenta.jimdo.com/2011/11/27/prepariamoci/
Articolo davvero interessante. Vorrei sapere da quale libro è stato estrapolata la frase di Ludwig von Mises “Se si abolisce la libertà dell’uomo di determinare il proprio consumo di beni, si tolgono tutte le libertà”?? vorrei approfondire la questione leggendo il libro. grazie