13
Ott
2009

Draghi sul welfare: come sprecare buoni consigli

La lezione tenuta oggi dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi al Collegio Carlo Alberto di Moncalieri – solida istituzione di gloriosi tempi che furono – è un bell’esempio di spiegazione a studenti non versati nella questione dei princìpi di fondo, dei fini e degli strumenti attuativi dell’assicurazione sociale pubblica in tutte le sue forme, sostanzialmente per la garanzia contro i rischi da perdita di lavoro, e per il sostegno alla vecchiaia. È un intervento che riprende talvolta alla lettera le riflessioni e le proposte che, con decenni di anticipo, alla materia furon dedicati da quel grande attuarialista che era Onorato Castellino, maestro di Elsa Fornero. Non contiene solo analisi, ma anche indicazioni di punti critici irrisolti, e di eventuali proposte per affrontarli. La politica si è divisa in due: alcuni nella maggioranza, come Urso e Della Vedova, hanno apprezzato e condiviso. Il ministro Sacconi ha mostrato di non gradire.  Chi ha ragione, e perché? È nel merito, che non piacciono a taluni le indicazioni del governatore? O piuttosto è una questione di metodo? Per quanto mi riguarda, le proposte sono sagge. Il governo poteva e può non dico farle proprie integralmente, ma opportunamente farne uso per procedere sulla via del dialogo sociale e delle riforme. Infine, se la questione non è di merito ma di metodo, forse è il caso di approfittarne per chiarirsi le idee: su che cosa debba o non debba dire e fare, un governatore della Banca d’Italia.

Sugli ammortizzatori, come potete leggere Draghi riconosce che il governo molto ha fatto quest’anno per attenuare le disparità tra coloro che non ne erano coperti in terziario e artigianato, in caso di perdita dell’impiego. Ma aggiunge che ancora allo stato attuale almeno 1,2 milioni di lavoratori dipendenti ne restano esclusi, e quasi mezzo milione di lavoratori parasubordinati, oltre al fatto che il requisito dei 12 mesi di contributi versati nei due anni precedenti al sussidio non è solo distonico rispetto a criteri più limitati e diluiti nel tempo di altri grandi Paesi europei, ma soprattutto poco coerente alla flexicurity verso la quale il governo stesso vuole meritoriamente procedere. Per questo, dice Draghi, usciti dall’emergenza occorre una riforma complessiva. Poiché aggiunge chiaramente “usciti dall’emergenza”, mi pare che abbia ragione non una ma due volte. Non vedo contraddizione con quanto il governo ha sempre sostenuto.

In materia previdenziale, Draghi non solo sottolinea che pur dopo le correzioni recenti sui coefficienti di trasformazione a partire dal 2015 sembrano permanere problemi legati al basso tasso di sostituzione per chi ricadrà integralmente nella riforma Dini, a capitalizzazione “virtuale”, ma avanza l’ipotesi che al pilastro integrativo su base volontaria possano essere trasferiti parte di quel monte contributi del 33% individuale che sono attualmente il tetto più elevato in area Ocse. In che cosa consiste, a tale proposito, l’invasione indebita di campo rispetto al governo? Piuttosto, mi pare un utile osservazione che potrebbe essere utilizzata dall’esecutivo nel suo rapporto con i sindacati, per ottenere maggiore disponibilità a incentivare il rialzo dell’età media pensionabile effettiva. A ciò si aggiungono molte pertinenti osservazioni, sull’eccesso di costi e commissioni che continuano a gravare sulle gestioni e prodotti previdenziali integrativi, nonché sulle ripercussioni che derivano dall’essere troppi gestori non di adeguata  massa critica amministrata, nonché ancora sulla necessità di sottoporre le rendite a condizioni di trasparenza nelle modalità di erogazione, che oggi continuano a mancare per asimmetria informativa. Non vedo se non del bene, da tali proposte. Richiamano a più responsabilità non solo lo Stato, ma anche gli operatori finanziari e assicurativi.

Il punto di fondo è forse un altro. La politica diffida ormai dei tecnici non eletti, dopo anni nei quali proprio da essi venne una straordinaria supplenza politica al clamoroso fallimento di un’intera classe politico-istituzionale. In questo, posso capirla e anzi la capisco. Deve governare chi si presenta al giudizio dell’elettorato e ne ottiene la maggioranza. Ma se questo significa che un governatore della Banca d’Italia deve tacere su qualunque argomento abbia a che fare con la finanza pubblica e privata, vuol dire solo che la politica ha ancora poca stima di se stessa. Così facendo mostra non di avversare legittimamente ipotesi improprie – che oggi non esistono –  ma di temere fantasmi. Che sono figli della propria inadeguatezza, dei propri complessi di inferiorità.

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9 Responses

  1. Piero

    Non mi è un gran simpatico Tremonti (un pò di più da quando ha minacciato le dimissioni xrchè Silvio sputtana in giro troppi soldi) ma debbo ammettere che la demolizione del suo scalone operata dal centro/sinistra è stata una colossale c…ta.
    About pilastro integrativo 3 piccole considerazioni:
    1) il reddito reale del ceto medio si è già fortemente eroso nell’ultimo decennio.. nel prossimo tra crisi+Cina ulteriormente peggiorerà.. non credo che la massa avrà tanti soldi da investire nel privato.. neanche se ci fossero validi incentivi pubblici (da finanziare con nuove tasse ? tagli alla spesa ? .. di fatto partite di giro a somma zero)
    2) ho sentito che Draghi stigmatizza che il mix “troppo” azionario dei fondi integrativi disinformati alimentati con la riforma Prodi proprio prima del grande crack è stato un grave errore.. tanto più x chi era già anziano ed ha poco tempo residuo x recuperare..
    3) ma il problema più grave di tutti sono i crescenti milioni di parasubordinati.. di fatto lavoratori autonomi quanto a garanzie con la differenza che questi ultimi almeno nei tempi passati han mediamente guadagnato magari evadendo tanto e se la possono cavare anche con basse pensioni.. mentre x i parasubordinati purtroppo non sarà mai così.. finiti i soldi di papà saran dolori..

  2. Piero

    scusa l’intromissione Oscar.. stò ascoltando giusto ora la tua trasmissione Radio24 sulla stampa estera contro SB.. e del non certo disinteressato approccio dell’Australiano.. sarebbe bello se potessi aprire su questo blog lo stesso argomento.. sfordandoci tutti quanti (me compreso) di analizzare in modo s-passionato (a-partitico) il problema del Pluralismo e del grado di reale Accessibilità delle informazioni al grande pubblico.. perchè se la Libertà non è Consapevole non è autentica Libertà..

  3. Alessio Borsotti

    Egr. Direttore,
    condiviso la sua analisi e “la lezione di Draghi” deve essere studiata anche da chi si dichiara “esperto”.
    Spero nelle persone come l’On.Della Vedova,perchè possono stimolare una politica governativa troppe volte zoppa.

    Distinti Saluti
    Alessio Borsotti

  4. Una semplice considerazione.
    Lavorando nel privato, nutro forti dubbi sull’innalzamento dell’età pensionabile.

    Non sarebbe meglio abolire la previdenza pubblica e lasciare ad ognuno di costruirsi la propria pensione in un quadro normativo ben definito?

    Allo Stato si potrebbero lasciare i sussidi di disoccupazione e le pensioni sociali per infermità e/o soglia di età.

    E’ la mia un’idea tanto peregrina?

    X Giannino
    A proposito di invasione indebita di Draghi sono d’accordo con lei solo in parte.
    Si possono dire certe cose al Governo anche in modi più discreti…
    Effettivamente non se ne può più di questi “esterni” che danno commenti su tutto…FMI, OCSE, BANCA MONDIALE, BANCA D’ITALIA, EUROPA, ONU…
    Non esistono più quelli che una volta si chiamavano “canali istituzionali”??? Possibile che si possa ormai tutto “sputtanare” in pubblico (prendendosi poi i contributi dei cittadini di nascosto).
    Do un suggerimento…si potrebbero pubblicare sul blog i contributi che il cittadino italiano dà alle varie istituzioni mondiali? in che posizione si trova l’Italia?
    Va bè…mi sono dilungato troppo.
    Saluti.

  5. Sono fra coloro consci di dover lavorare fino a 70 anni indipendentemente dalle varie riforme ma facendo due conti su quanto poco riceverò una volta pensionato.
    Bisogna però dire che quanto afferma Azimut72: “Lavorando nel privato, nutro forti dubbi sull’innalzamento dell’età pensionabile” non è affatto banale perche. semplice esempio, faccio fatica ad immaginarmi schiere di commerciali pronti ad attaccare il mercato verso i 70 anni, oppure venditori, sempre della stessa età che zompano da un cliente al’altro con proposte innovative, inoltre: quante saranno le aziende realmente interessate a far lavorare dei vecchi? Oggi le statistiche, se non erro, parlano di ultracinquantenni molto deboli sul mercato del lavoro, immaginiamo gli ultrasessantenni? Ma forse elucubro e basta.
    Nel merito del Post: condivido pienamente quanto scritto da Giannino, specie l’ultima parte…

  6. Scarthorse

    Mi permetto di intervenire in quanto dipendente privato e quindi destinato a subire e pagare le conseguenze delle decisioni dell’Olimpo. Noto che da un lato l’elite economica parla di innalzamento dell’età pensionabile e dall’altro la stessa elite fa di tutto per estromettere dal lavoro già chi si avvicina ai 50 anni (in genere per sostituilo con lavoratori precari e a costo infimo). Quando poi è impossibile trovare un’altra occupazione. Ah dimenticavo: la suddetta elite, nazionale ed europea, parla sempre di tagli da effettuare alla spesa pubblica (salvo gli aiuti per consentire di privatazzare gli utili e socializzare le perdite degli amichetti of course…) quindi è implicito che non ci possano essere fondi per sostenere la disoccupazione che ne conseguirà. D’accordo che il tema non è molto liberista ma tra i 50 e i 70 di che cosa vivranno gli interessati in attesa di crepare ? Se si abbina tutto questo a quanto già osservato da qualcuno e cioè che i redditi disponibili alla classe media sono via via sempre più esigui il cerchio si chiude.
    Sulla previdenza integrativa mi sembra che si stato detto tutto quel che c’è da dire nell’ottimo libro del Prof. Beppe Scienza, matematico dell’Università di Torino, “La pensione tradita – Conti alla mano perchè conviene tenersi il TFR e non aderire ai fondi pensione.” Quindi quando ne sento parlare faccio gli scongiuri e mi metto la mano sul portafoglio…

  7. Alessandro Berta

    sottoscrivo appieno.
    se seguiamo il commentatore che ritiene occorra dare le indicazioni tramite “canali istituzionali”, cioé non pubblici, intanto, la “lecture” di Draghi contiene indicazioni già evidenziate nelle ultime relazioni “istituzionali” cui è tenuto per funzione e ruolo, così come la Commissione europea, la bce etc. Mi pare che avessimo già avuto un governatore che usava solo i canali “istituzionali” per riferire alla politica e penso che nessuno di noi ne senta affatto la mancanza !

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