Draghi reloaded: bene Tremonti, però…
In un paese sempre uguale a se stesso, è forse inevitabile che anche le Considerazioni finali del governatore della Banca d’Italia – che Mario Draghi ha finito poco fa di leggere – abbiano il sapore acre del “già detto“. Non è, chiaramente, una critica a Draghi: il suo ripetersi è una risposta inevitabile all’essere sistematicamente “non ascoltato”. Lo si intuisce fin da quando il gov. chiarisce che le vendite di titoli di Stato colpiscono soprattutto paesi
titoli di Stati che hanno ampi deficit di bilancio o alti livelli di debito pubblico; soprattutto, quelli di paesi dove queste due caratteristiche si combinano con una bassa crescita economica. Per questi paesi non c’è alternativa al fissare rapidamente un itinerario di riequilibrio del bilancio, con una ricomposizione della spesa corrente e con riforme strutturali che favoriscano l’innalzamento del potenziale produttivo e la competitività.
E’ evidente che il principale interlocutore di Draghi è il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti.
Draghi, naturalmente, promuove la manovra da 25 miliardi di euro messa in campo dall’inquilino di Via XX Settembre. Lo fa dopo aver brevemente ricordato le caratteristiche ancora critiche del contesto internazionale, e dopo aver rimarcato che nel 2010 i paesi emergenti avranno tassi di crescita decisamente buoni, mentre tra quelli industrializzati, a fronte di una crescita “significativa” negli Usa e in Giappone, i segnali in Europa sono “deboli”. Draghi coglie l’occasione anche per difendere (con un tono un po’ da avvocato d’ufficio, onestamente) la riforma della finanza globale e, di striscio, i cambiamenti introdotti negli Stati Uniti dall’amministrazione Obama; e dà una pagella dignitosa al sistema bancario italiano.
L’operazione di avvicinamento alle questioni italiani procede attraverso una riflessione critica sull’Europa. Per Draghi, era inevitabile che la reazione alla crisi comportasse l’aumento vertiginoso del debito e del deficit pubblico quasi ovunque nel Vecchio Continente (rispetto al quale l’Italia segna una performance di relativo rigore). Per questo, la “exit strategy” rende
urgente un rafforzamento del Patto di stabilità e crescita: l’impegno a raggiungere un saldo di bilancio strutturale in pareggio o in avanzo va reso cogente, introducendo sanzioni, anche politiche, in caso di inadempienze; va assicurata l’integrità delle informazioni statistiche, in particolare quelle di finanza pubblica va assicurata l’integrità delle informazioni statistiche, in particolare quelle di finanza pubblica.
Per il Gov., insomma, l’Ue ha senso nella misura in cui riesce a essere guardiano efficace della solidità delle finanze pubbliche. E questo perché senza credibilità delle regole e dei bilanci degli Stati, difficilmente si creano le condizioni per avere investimenti e crescita. E’ in questo snodo che si innesta la riflessione sull’Italia – di cui Draghi ha ricordato l’imbarazzante deficit di crescita nel periodo pre-crisi: nel decennio scorso, l’Italia è cresciuta del 15 per cento contro il 25 per cento medio dell’Ue, il tasso di occupazione è inferiore di 7 punti (che diventano 12 per le donne), la produttività per ora lavorata è salita appena del 3 per cento contro il 14 per cento dell’eurozona.
In breve, la crisi italiana non coincide con la crisi europea e globale. Quella è transitoria; la nostra è strutturale. Per questo, gli interventi anticrisi non possono aver natura di eri provvedimenti d’urgenza. Draghi condisce la sua invettiva (oddio, non era proprio un’invettiva) con parole di fuoco per l’evasione fiscale (“macelleria sociale è una espressione rozza ma efficace: io credo che gli evasori fiscali siano i primi responsabili della macelleria sociale“, dice discostandosi dal testo scritto) e la corruzione. Ma il fulcro delle sue valutazioni sta qui:
La gestione del turnover nel pubblico impiego e i tagli alle spese discrezionali dei ministeri recentemente decisi dal Governo devono fornire l’occasione per ripensare il perimetro e l’articolazione delle amministrazioni, per razionalizzare l’allocazione delle risorse, riducendo sprechi e duplicazioni tra enti e livelli di governo. Occorre un disegno esteso all’intero comparto pubblico, che accompagni le iniziative già avviate per aumentare la produttività della pubblica amministrazione attraverso la valutazione dell’operato dei dirigenti e dei risultati delle strutture.
Il Governo ha introdotto misure di contrasto all’evasione fiscale. L’obiettivo immediato è il contenimento del disavanzo, ma in una prospettiva di medio termine la riduzione dell’evasione deve essere una leva di sviluppo, deve consentire quella delle aliquote; il nesso fra le due azioni va reso visibile ai contribuenti.
In breve,
In molte altre occasioni abbiamo affrontato il tema delle riforme strutturali. La crisi le rende più urgenti.
In sostanza, Draghi invita il governo a essere più coraggioso, a guardare al lungo termine e trasformare le necessità imposte dalla crisi nell’occasione virtuosa per completare riforme a lungo attese, dall’aumento dell’età pensionabile al taglio strutturale della spesa pubblica, dalle liberalizzazioni alla razionalizzazione della spesa locale, dalla trasparenza nell’informazione statistica alla riduzione delle tasse. Solo così il paese potrà tornare a crescere. E solo crescendo potrà convergere verso i tassi di crescita della parte più dinamica dell’eurozona. L’esortazione di Draghi, dunque, suona come una promozione solo parziale della manovra di Tremonti, giudicata necessaria ma non sufficiente, coraggiosa ma non ambiziosa.
Nn si può pensare di fare riforme strutturali che incidano sugli sprechi della PA operando tagli orizzontali.
Operando in questo modo si ottiene un risultato di breve termine, sicuro, ma di corto respiro e scarsa efficacia.
Si lasciano sostanzialmente inalterate le situazioni di spreco, corruzione, spesa improduttiva la dove è una voragine enorme (i soliti esempi… costi sanitari nelle regioni del sud, i forestali in calabria, le auto blu per 21 miliardi all’anno) e si tira ancora la corda laddove una politica virtuosa fa oggettivamente fatica a garantire livelli di servizi da stato moderno a cittadini tutto sommato disposti a sacrifici e buoni contribuenti.
Se si vuole incidere su i problemi bisogna PER FORZA essere selettivi e far male (lacrime e sangue) laddove c’è l’inefficienza o peggio la malversazione.
E sarà particolarmente difficile perchè saranno proprio i furbi che vivono e vogliono continuare a vivere alle spalle degli altri che faranno il massimo della resistenza , attiva e passiva, contro ogni forma di rinnovamento.
Certo , se intere aree del paese vivono di assitenza o assistenzialismo non si può pensare di cambiare in un mese o i un anno, è un progetto Politico, un percorso da intraprendere.
Il problema è che le persone su cui queste misure andrebbero a incidere sono un bacino elettorale che nessuno vuol perdere. Sarebbe necessario che nessuno schieramento politico cercasse questi voti e li desse a priori per persi. Ma i nostri rappresentanti politici sono solo dei mezzi uomini, quando non sono completamente corrotti e semplicemente supportano la malversazione nella quale trovano ampio personale compenso privato.
Chissà se troveremo mai una classe politica si servitori civili anzichè di gestori del potere ?
Dopo la retromarcia, per esempio su quelle piccole provincette e dopo le dichiarazioni sentite a destra e sinistra mi viene da dire solo una cosa: “verba volant”.
La crisi come causa ultima nasce dall´espansione creditizia orchestrata dalle banche centrali e dall´intero sistema bancario, sino a quando non si agira´contro di essa continueremo ad assistere a teatrini come quello dell´assemblea della Banca d´Italia…questa mattina ho potuto assistere alla diretta della stessa via internet, ho sempre immaginato l´assemblea del comitato centrale del politburo sovietico, penso che l´assemblea di questa mattina sia la cosa che piu´gli si avvicini
Con un certo cinismo si potrebbe dire che la manovra varata da Tremonti trova il consenso del governatore Draghi perchè male non fa. Se esaminiamo le considerazioni contenute nella relazione del Governatore della Banca d’Italia possiamo riscontrare la pochezza delle idee contenute nella manovra varata dal Governo: mancanza di tagli strutturali, mancanza di misure a sostegno di una crescita che non sia effimera.
Una vera lotta all’evasione richiede una vasta tipologia di misure idonee a contrastare le più svariate manovre poste in essere per eludere o evadere il fisco. Nella puntata di Exit di venerdì sera sono stati descritti i comportamenti che alcuni nostri eccellenti connazionali residenti in una delle zone più povere d’Italia – Rimini – pongono in essere, con la collaborazione di San Marino, per sottrarre al fisco parte dei propri proventi, utilizzando sistemi che finiscono per essere del tutto legali.
Una vera lotta all’evasione è una battaglia che richiede mezzi, tempo e soprattutto pazienza e costanza. Elementi che devono essere decisamente presenti in qualsiasi compagine di governo.
Gli interventi spot non servono a molto. Ne deriva che il mancato recupero di parte di quei 120 miliardi di evasione annuale, impedisce di avere le risorse per far fronte alle necessià del nostro paese. Intanto il debito pubblico rimane sul groppone di ogni italiano e la speculazione può fare il bello e il cattivo tempo.
la mia traduzione:
manovra dai numeri corretti che non aggredisce il problema.
ci mette al riparo per qualche mese ma poi saremo da capo.
mi pare il gioco delle 3 carte a cui siamo soliti assistere nell’area Euro , in fondo siamo quelli del piano di salvataggio da 750 B€ ma anche che ..se un paese non paga la sua parte compenseranno gli altri…sempre gli altri.
per cui chi ancora ha un giradischi in grado di farlo si ascolti il vinile 75 giri di Draghi … e contuiniamo a sperare che gli spread sul nostro debito continuino ad essere abbastanza insensibili alle variazioni dello stesso. io compero un ombrello!