Dr. Corrado and Mr. Passera
«Spero non mi stia dicendo che lo Stato deve entrare a gamba tesa nelle decisioni di aziende private e quotate», risponde – quasi stizzito – Corrado Passera all’intervistatore di Linkiesta, che lo interroga su Telecom e banda larga. Bene, bravo, bis. Non sfugge al ministro che un simile intervento «non solo non risponde alle regole del gioco, ma significherebbe non attrarre più un investimento estero». È rassicurante che parole di questo tenore provengano dal Ministro per le Attività Produttive di un paese con la storia industriale dell’Italia. Passera ha alle spalle una lunga esperienza manageriale; una significativa parte di essa – non si può negare – è stata vissuta in settori o aziende tutt’altro che indifferenti alle sollecitazioni politiche: eppure traspare, nella dichiarazione riportata, l’apprezzamento della necessaria autonomia della funzione dirigenziale.
Chi sarà allora il Passera che, tre righe oltre, proclama di voler «convincere Telecom a fare una combinazione forte con la Cdp»? “Costringere” no; “convincere” sì. Esclusi gli interventi a gamba tesa, ma ammesse trattenute e spintine. Pensa forse il ministro che gli interventi diretti dell’esecutivo scoraggino gli investimenti esteri ma che la moral suasion esercitata sull’incumbent per mezzo del braccio armato del governo sui mercati possa attrarne?
L’intervista di Passera segue il rallentamento (apparente) sull’ipotesi di scorporo della rete fissa, con il conferimento a una nuova compagine societaria partecipata dalla Cdp; l’abboccamento tra Franco Bernabè e Naguib Sawiris per la possibile sottoscrizione, da parte del magnate egiziano, di un aumento di capitale di Telecom, a dispetto della contrarietà del gruppo di controllo e in particolare del socio forte Telefonica; e infine la disponibilità di F2i e Vito Gamberale a entrare nella holding Telco, con un apporto di qualche centinaio di milioni, sufficiente a neutralizzare l’eventuale manovra dell’ex proprietario di Wind. Scaramucce societarie che appassionano gli addetti ai lavori ma allontanano gli investimenti.
Passera, invece di prendere le distanze dal turbine di indiscrezioni che danneggia l’azienda e il comparto, rilancia la prima ipotesi, ora appannata; e lo fa con un argomento discutibile: il parallelo con Terna e Snam. Anche concedendo che la sistemazione di quei dossier presenti un esempio da seguire (e così non è), il ministro trascura due differenze fondamentali. La prima è di natura industriale: gestire la rete elettrica e, a maggior ragione, quella del gas pone questioni tecnologiche assai più banali di quelle che circondano una rete di telecomunicazioni; la seconda è di natura storica: Enel ed Eni sono ancor oggi saldamente in mano pubblica, diversamente da Telecom.
La preoccupazione di Passera per lo sviluppo delle reti di nuova generazione è legittima e apprezzabile: difficilmente egli potrà agevolare la transizione calcando la mano su una soluzione di scarso respiro industriale e comunque di competenza dell’azienda e dei suoi azionisti. Cosa che il ministro ha mostrato di sapere, ma che – preso dalla foga – sembra aver dimenticato nello spazio di poche righe.
C’é ancora qualcuno che segue e persino commenta le dichiarazioni di Passera?
” Non ti curar di lui…”