Dopo il referendum più multe per tutti?
A breve potrebbero arrivare sanzioni europee per la mancata depurazione delle acque: a pochi mesi dal referendum contro la contestata quanto inesistente privatizzazione dell’acqua e contro gli immaginari extra-profitti, sono proprio le tanto lodate e stimate gestioni pubbliche quelle incriminate.
Le multe riguarderrebbero la Lombardia dove, secondo la “IX indagine nazionale a campione sulle tariffe del servizio idrico” di Federconsumatori, si trovano le quattro città meno care: Varese, Lodi, Lecco e Milano.. Sebbene le due cose non siano direttamente collegabili da una relazione di causa-effetto, esse mettono in luce un po’ di riflessioni sulle conseguenze del voto: innanzitutto, se mancano i soldi, non si possono fare neanche gli investimenti, seppur necessari per adeguarsi alle direttive comunitarie. Se non ci sono sufficienti fondi per investire le spiegazioni più probabili sono due: i prezzi sono troppo bassi, o il denaro che c’è viene sprecato. Le due ipotesi trovano conferma nel fatto che nessuna società abbia ancora ridotto le tariffe in misura pari al 7% di remunerazione del capitale come chiesto dai referendari, a dimostrazione di quanto siano improbabili i famigerati extra profitti sull’acqua. Ci si scontra quindi con un serio problema di credibilità della governance: il mancato rispetto delle regole – compreso l’esito referendario – è infatti dovuto, oltre a problemi di budget, al fatto che regolatore e regolato coincidono, anche se questo problema potrebbe essere risolto in seguito alla disposizione della manovra Monti che assegna all’Autorità per l’energia le competenze sull’acqua. Infine, la sicurezza dei cittadini e il controllo degli sprechi sono stati palesemente ignorati dalle gestioni pubbliche, mentre i “cattivi” privati sembra non lo abbiano fatto, o perlomeno non sono sul banco degli imputati o si trovano in situazioni meno gravi.
Il problema, di fatto, è che il conto molto salato – pari ad almeno un miliardo di euro (ma probabilmente saranno di più) – non lo pagheranno i diretti responsabili, ma solo i cittadini. Anziché remunerare i capitali investiti, le loro bollette serviranno a ripianare gli inevitabili, ovvi e prevedibili limiti delle gestioni pubbliche e della cattiva regolazione.
Lucia, ma il quesito non diceva affatto che andavano ridotte del 7%. Non diamo corda ai referendari, please.
Il fatto che la gestione pubblica vada migliorata è fuori di dubbio. Ma questo non mi sembra un argomento per sostenere che la gestione privata sarà migliore.
In questo caso credo che non c’entri nulla: gli argomenti per sostenere la maggior validità della liberalizzazione sono altri.
Non viene evidenziato un nesso logico che ci porti da “la gestione pubblica inefficiente si merita le sanzioni” a “la gestione privata liberalizzata sarebbe migliore”.
“un argomento per sostenere che la gestione privata sarà migliore” è molto semplice: se il privato non funziona chiude e passa la mano a qualcun altro. Se il pubblico non funziona (e non funziona da un bel po’) aumenta le tasse e/o le tariffe
@Andrea
Giusto, molto più semplice cambiare gli italiani che, pubblici o privati, certi vizietti li hanno un pò tutti. Semplice? Mah!
L’articolo mi pare chiaro: la dott.ssa Quaglino non dice che il referendum imponeva di ridurre le tariffe, ma che questa era la richiesta populistica dei referendari, e che se gli si fosse dato retta, situazioni come quelle qui descritte sarebbero amplificate e rese croniche.
Saluti e complimenti,
P.E.
@gianni elia
Non sto sostenendo che l’acqua vada gestita dal pubblico…
Solo criticavo la logica dell’articolo.
In ogni caso: in quale dei mondi possibili “se il privato non funziona chiude e passa la mano a qualcun altro”? Mi dispiace ma la teoria liberale (assolutamente seducente, non lo nego) in questo sito sostenuta ha sempre una debolezza di fondo: è anch’essa una religione, non si confronta con l’essere umano per come è (i.e. che non se ne sta lì buonino a “far funzionare il mercato”, ma cerca continuamente di farlo funzionare per sé). E “il privato che non funziona” farà di tutto per “agganciare” aspetti della realtà (leggi: la politica, o la criminalità, o entrambe) che gli consentano di rimanere dov’è, invece di essere “sanamente” scacciato dalla moneta buona.
La realtà è troppo complessa per lasciarsi decifrare dalle teorie o dalle religioni. Un po’ di eclettismo e flessibilità farebbe bene alla discussione. E’ sempre relativamente facile raccontarsela se si parte da un’interpretazione univoca della realtà. Ed è un peccato perché questo spesso mina quella che potrebbe essere (in questa “oasi” di pensiero civile) una feconda discussione.
Perdonate la lunghezza.
la gestione pubblica dell’acqua ha senso se questa ha come obiettivo una buona qualità dell’acqua e prezzi nel lungo periodo contenuti. Se questo è avvenuto ben venga……ma pare che nel complesso gli obiettivi non sono ancora stati raggiunti. Potremo aspettare ancora 20…50 poi potremo riparlarne. Il problema è che io compio il 73 anni e non potrò apprezzare il pubblico.
Hai spiegato bene perchè la politica non dovrebbe immischiarsi in affari economici. E’ la politica con il suo potere sovrano a favorire questo o quel privato a scapito immancabilmente di altri, la lezione che ne dovremmo trarre è la necessità di ridurne il peso
Non per chiederne altra come fau tu
Credo che l’articolo ingeneri alcuni errori. Non è colpa del referendum se certi investimenti non sono stati realizzati: questi investimenti, sulla depurazione, non si progettano e realizzano in sei mesi. Avrebbero avuto bisogno di anni. Quindi, il problema è da cercare più indietro nel tempo. Io andrei a verificare un modello tariffario che per diversi motivi si è mostrato inadeguato a garantire gli investimenti necessari, basato sul modello di full cost recovery, in cui il capitale investito è solo quello garantito dai cittadini nell’arco della concessione (eventualmente, anticipato sotto forma di prestito da qualche istituto bancario). Quindi i cittadini il conto lo pagano comunque. La classe politica, locale e nazionale, questo è fuor di dubbio, si è dimostrata inadeguata a gestire la realizzazione di una “Grande opera” davvero necessaria per il Paese. Luca
@Luca Martinelli
non credo neanche io che possa esserci alcun collegamento diretto tra le due cose. C’è però un collegamento tra quello che i referendari credevano e chiedevano di votare (che è comunque differente dal contenuto del secondo quesito) e le conseguenze del voto, che si manifesta nei mancati investimenti. Questi ultimi, senza la remunerazione del capitale investito non potranno che peggiorare ulteriormente. Ovviamente a farne le spese, nel passato come in futuro, saranno sempre i cittadini. Senza contare che c’è una certa differenza, per i cittadini che dovranno sostenere tale spesa, pagare (in bolletta o con le tasse) per un investimento, e pagare una sanzione per il mancato investimento.
@Lucia Quaglino
Come si può affermare che “conseguenze del voto” sono i mancati investimenti, se ad oggi nessun Ato e nessun gestore si è adeguato, “cancellando” la remunerazione del capitale investito dalla tariffa? Ancora: sono uno dei membri del Comitato promotore del referendum, e posso confermarti che avevamo chiaro ciò che andavamo a votare.
@Luca Martinelli
Chiarisco: ovvio che nn può essere conseguenza del voto, ma lo sarà probabilmente: se con le tariffe di prima non coprivamo gli investimenti, come potremo farlo in futuro se si riducono? se non le riducono, che segnale di crediblità danno? Peraltro, comunque, è ovvio che la condizione di incertezza normativa – essa sì conseguenza diretta del referendum – ha determinato uno stallo degli investimenti e una maggiore difficoltà nell’accesso al credito.
non ho nè ho mai avuto alcun dubbio che voi aveste le idee chiare in materia, non ne sono per nulla sicura per la maggior parte delle persone però, data la comunicazione eccessivamente semplificata sul tema.
@gianni elia
1) In quale mondo vivi?
2) In quale mia frase chiedo “più politica”?