5
Gen
2010

Dopo il no di Bernanke a Taylor, un cero a sant’Ambrose e al suo pessimismo

Capisco che a inizio anno potrebbe essere considerato menagramo. Ma io continuo a non essere molto ottimista, sul decorso della crisi mondiale. Capisco che i governi debbano impegnarsi nel convincere le opinioni pubbliche che ormai si tratta solo di tirare il fiato e andare avanti, perché la grande rete di sicurezza ha funzionato e non si può che migliorare, senza troppi patemi. Ma la lettura dell’intervento pronunciato da Ben Bernanke al meeting annuale dell’American Economic Association mi ha gettato nello scoramento. Per fortuna invece Ambrose Evans-Pritchard mi ha tirato su il morale, con il suo sarcasmo che in realtà dipinge uno scenario da film horror.
Bernanke prova a demolire dalle fondamenta proprio la critica che su questo blog ha costituito il refrain dell’intero 2009, a proposito degli errori di politica monetaria americana di cui la crisi finanziaria è stata figlia. L’intero paper infatti è una risposta alle severe critiche portate da John Taylor allo stance di politica monetaria seguita da Alan Greenspan negli anni Duemila. Immagino molti di voi abbiano letto Getting Off Track di Taylor, che al Bruno Leoni abbiamo tradotto in italiano col titolo Fuori Strada. A me pare che le argomentazioni di Bernanke siano non condivisibili in punta di teoria, e molto preoccupanti per le conseguenze implicite. Vediamo di chiarire.
Bernanke parte dalla legge di Taylor (la ritrovate qui alla slide 2), e ripercorre la distanza tra i bassi tassi praticati dalla Fed e quelli indicati dalla cautela (fino a 400 punti base più bassi a fine 2004, oltre 600 punti base più bassi a inizio 2008, nella slide 3). Dopodiché Bernanke sostiene che in realtà la norma di Taylor è sbagliata per almeno tre ragioni: la prima è che incorpora valutazioni di inflazione al momento reale, la seconda è che dovrebbe incorporare valutazioni di inflazione perduranti e non contingenti, la terza è che anzi dovrebbe incorporare poi solo previsioni di inflazione, e non andamenti reali. Per il presidente della FED, in altre parole, l’inflazione da fronteggiare con i tassi d’interesse e foriera di destabilizzazione non è affatto quella, per esempio, dovuta allo schizzare verso l’alto delle commodities come quando il barile toccò i 147 dollari, perché al contrario è il regolatore monetario che deve distinguere  l’inflazione a carattere strutturale da quella dovuta a fiammate contingenti e speculative; e anzi la cosa migliore, visto che il regolatore lavora avendo davanti a sé una finestra temporale della quale bisogna tener conto per gli effetti che lo stance di politica monetaria eserciterà poi sull’economia reale, è quella che la FED non lavori neppure incorporando nei suoi modelli econometrici l’inflazione long-lasting, bensì solo le previsioni per il futuro sull’andamento dei prezzi. Così corretta la legge di Taylor, come si vede nella slide 4, Bernanke crede di aver dimostrato che la forbice tra i tassi concretamente seguiti dalla FED e quelli più prudenti indicati da Taylor si riduce considerevolissimevolmente. Fino al punto tale da far perdere consistenza alla critica  monetarista.  Ma così argomentando non è che si corregge la legge di Taylor. Semplicemente, la si disconosce riducendola a tutt’altra cosa rispetto a quella che è e vuole essere: un’indicazione alla cautela nei tassi rispetto all’andamento che lega inflazione e differenza tra output potenziale e reale. Al suo posto, Bernanke afferma invece un’assoluta discrezionalità della FED. È dunque la più completa difesa del passato greenspaniano prodotta da Bernanke sin dall’inizio della crisi, finanziaria prima e reale poi. Capisco che Helicopter Ben abbia atteso che venisse la conferma da parte del Congresso al secondo mandato, prima di esporla in termini tanto espliciti. È la conferma che viviamo in tempi che pensano la crisi passerà semplicemente mettendone sotto il tappeto la polvere dei cocci prodotti.
Da tale premessa, poi, Bernanke nella seconda parte del paper passa a una difesa ancor più estrema. I tassi non sono stati spericolati, ed essi non hanno avuto alcuna responsabilità nell’alimentare la bolla immobiliare. Essa è stata solo figlia della finanza sintetica intervenuta sempre più massicciamente nel settore dei mortgages, afferma il presidente della FED. Dunque il problema è di regolazione di quegli strumenti di finanza sintetica, non di eccesso di liquidità al sistema grazi al quale quegli strumenti hanno avuto modo di prosperare. Per dimostrarlo, alla slide 9, Bernanke  raffigura il rapporto tra politica dei tassi e incremento di valore immobiliare in molti Paesi, in un grafico che assolve ictu oculi la FED da ogni colpa. Ma è una maniera di procedere del tutto inaccettabile: perché i tassi americani – cioè sulla valuta di riferimento mondiale – esprimevano quella liquidità oceanica nella quale il mercato leader degli impieghi finanziari annegava ogni rischio di emittente, controparte e prenditore per la finanza sintetica che veniva rimbalzata in tutto il mondo, e così facendo garantiva la redditività a doppia cifra e gli utili crescenti dell’intermediazione finanziaria USA che attiravano il flusso di capitali dal Far East necessario a pareggiare l’altrimenti insostenibile crescente sbilancio commerciale e delle partite correnti americane. Mettere sullo stesso piano il dollaro e valute di Paesi diversi, quando il dollaro ha la funzione mondiale che ha, falsa ogni paragone tra relazioni dei tassi e degli asset – immobiliari e mobiliari – che non sia corretto per quella funzione esercitata.
Che cosa implica, questa totale assoluzione della FED? Almeno due cose. La prima è che il regolatore monetario USA continuerà a restare indifferente a eventuali effetti inflazionistici del suo attuale tasso zero. La seconda è che scommette su un andamento di cambio del dollaro totalmente legato alle notizie congiunturali che vengono dall’economia reale USA, scommettendo cioè che il debito pubblico massiccio americano in via di tumultuoso accumulo non lo porti sempre più giù, verso quota 2 dollari per euro (ricordo a tutti che la cosa arrecherebbe ulteriori vantaggi competitivi allo yuan-renminmbi). Capisco che queste due conclusioni piacciano molto a Paul Krugman, che anzi critica Bernanke perché avrebbe dovuto, a suo modo di vedere, aggiungere richieste di deficit  e debito pubblico ulteriori. Ma a me le parole di Bernanke sembrano solo la fedeltà a vecchi e spaventevoli errori.
Dai quali credo si accrediti ulteriormente la versione iperpessimistica di Evans-Pritchard. La contrazione di M3 e degli impieghi alle imprese nell’Eurozona ha toccato il record negativo da che i dati si raccolgono, negli anni 70, I Paesi in surplus commerciale o finanziario – Germania, Cina, Giappone, India, Emirati – non hanno potuto o voluto compensare il drastico calo della domanda verificatosi negli Usa, Eurozona ed Europa. Lo squilibrio Est-Ovest del mondo non è meno grave di un anno e mezzo fa. I debiti delle famiglie dei paesi avanzati sono ancora due quinti del GDP mondiale e i debiti pubblici salgono a ritmi forsennati, trasferendo sul Tesoro sovrano i rischi di patrimonio privati. L’instabilità comporta rischi imprevisti, vedi il no dell’Islanda oggi al 5,5 bn $ di rimborso ai depositanti britannici e olandesi della fallita Icegate. Non abbiamo ancora toccato il fondo. No. Io almeno la penso così.

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18 Responses

  1. Pietro M.

    A volte mi chiedo se esistono cose sufficientemente idiote da far spaventare anche Krugman, ma credo che le scemenze stiano a Krugman come la vodka a Eltzin.

    Concordo pienamente col pessimismo. Quando si tratta di veder nero, James MacPherson mi fa un baffo.

  2. Davide

    Bravo Oscar, quando ogni bambino delle elementari saprà quali errori commessi da chi hanno causato l’attuale sfacelo economico, allora sarò soddisfatto.
    Solo allora, probabilmente, potremo aspettarci che le “autorità” non li ripetano all’infinito, trascinando il mondo occidentale verso la distruzione come stanno facendo ora.

  3. Daniele Castelnuovo

    Sempre stimolante e interessante, ma non condivido del tutto. Per i prossimi 3/5 anni sono più ottimista. Infatti, da un lato considero Greenspan il dissennato traghettatore di Clinton alla reaganomics attraverso la sistematica ‘corruzione’ dopando l’economia l’economia e la finanza con tassi di interesse ridicoli. E attendo di vedere se Bernanke farà la stessa cosa con Obama. Ma dall’altro confido che i ‘cretini’ che si sono separati dai loro soldi nello scoppio delle numerose bolle speculative degli ultimi 30 anni faranno un po’ di giudizio. Per 3/5 anni appunto.

  4. andrea lucangeli

    Quello che mi spaventa è la mancanza di etica, di moralità e di morigeratezza dimostrata dalla classe dirigente economica mondiale.- Gli errori contingenti si possono sempre superare (a prezzo di gravi sacrifici) ma ciò che manca è una nuova e convinta consapevolezza che bisogna “cambiar registro” per il futuro.- Paradossalmente ho visto troppo pochi suicidi tra la ruling class economica per potermi fidare di un loro vero ravvedimento….- Tra qualche anno, passata la tempesta, tutto ricomincerà “allegramente” come prima….- E’ nelle scuole, negli anni della formazione del carattere e della personalità, che bisognerà intervenire per cercare di “plasmare” una nuova classe dirigente economica che abbia solidi principi morali ed etici.- Non possiamo continuare ad allevare le giovani menti dell’economia del domani in “covi di vipere” dove la massima aspirazione è quella di ….”fottere il prossimo”……

  5. microalfa

    Non ci si deve meravigliare più di tanto delle giustificazioni non richieste di Bernanke quale portavoce dell’oligarchia politico-economica al potere: non appena si è accorto che la causa prima del disastro finanziario in atto – la politica monetaria della FED – si espandeva extra moenia nella comunicazione di massa, ha semplicemente pensato di deviarne la verità sui soliti temi più politically correct.
    Per cui, caro Davide, non illudiamoci, i bambini delle elementari sapranno solo la versione ufficiale della verità elargita dai padroni del vapore attraverso i media consenzienti. Anche senza conoscere esattamente i numeri penso che spannometricamente ad ogni lettore del Chicago blog corrispondano diversi milioni di lettori della propaganda governativa alla Krugman/Stiglitz.
    Sull’etica dei comportamenti, Andrea, è meglio stendere un velo pietoso. Che afflato etico ci può mai essere nell’azione metodica di progressiva erosione delle libertà individuali? Il socialismo planetario che ci aspetta nel suo positivismo non lo contempla.
    Il brutto di tutto ciò è che resta in bocca lo sconforto di essere totalmente senza difese, senza arma alcuna per una possibile reazione, se non questi spazi esigui per ora ancora liberi di esprimersi ma del tutto marginali: la chimera redistributiva deresponsabilizzata è troppo attraente per i più. Almeno sulla carta.

  6. Kalergi

    Giannino, Friedman e Schwartz ci misero 888 pagine per fare da contraltare a Benjamin Strong. Suvvia, anche nell’età della rete, non confondiamo istantaneità e pigrizia.

  7. Enrico Castro

    Interessanti gli ultimi post del blog del prof. Scott Sumner.
    Sulla difesa di Bernanke della monetary easy segnalo il seguente link:

    http://www.themoneyillusion.com/?p=3563

    Gli altri due articoli riguardano:

    1. Il commento ad un paper di Bernanke di 11 anni fa in cui l’attuale governatore della FED spiegava in cosa avevano fallito le autorità monetarie giapponesi affrontando la recessione degli anni ’90
    http://www.themoneyillusion.com/?p=3587

    2. Un’analisi del crash del 2008 che prende spunto dal paper di Bernanke precedentemente menzionato
    http://www.themoneyillusion.com/?p=3595

  8. Pietro M.

    Scott Sumner io lo confondo con Cyclope degli X-men, ma Wikipedia mi informa che Cyclope è Scott Summers e non Sumner. 😀

    A parte questo, leggere Sumner è una cosa atroce. E’ convinto che basti creare sufficiente espansione monetaria finché si è in tempo e tutti i problemi si risolvono o si evitano. E’ convinto che basta stabilizzare MV o qualcosa di simile e l’economia funziona liscia come l’olio.

    Se uno è convinto che un sistema bancario con leverage di 25:1 con triliardi di dollari di debiti di dubbio gusto e con consumatori idnebitati più del PIL sia un problema puramente monetario e non reale, e si possa risolverlo con misure monetarie e non con un aggiustamento reale, vive nel mondo dei sogni…

    La teoria monetaria di certi monetaristi è da prendere a capocciate un muro per la disperazione… non è un’oncia migliore di quella dei Bernanke o dei Greenspan o di quella difesa da Krugman…

    Questo è esattamente quello che dicevo riguardo Horwitz e le sue commistioni tra teoria austriaca (buona) e teoria paleo-monetarista (cattiva) in stile Yeager-Warburton. O si vede il problema del ciclo come un’insostenibilità REALE creata da cause MONETARIE, o si vede il problema del ciclo come un probema puramente MONETARIO. Non c’è mix di queste due visioni che possa aver senso sul piano della politica economica.

    Se c’è un boom, il danno è già stato fatto (austriaci), espandere ulteriormente l’offerta di moneta come vogliono i Sumner è non solo impossibile nel lungo termine, ma dannoso.

    Sumner dice che siccome c’è il rischio di liquidity trap (they are all keynesian now?) bisogna tagliare i tassi di più. Che ragionamento è? Sembrano i modelli neo-wickselliani di Woodford in salsa giapponese della Zero-Interest Rate Policy: se i tassi si tagliano prima, si arriva a zero prima. Dire che la Fed avrebbe potuto prevenire la crisi tagliando prima non ha alcun senso, a meno che non si creda che la crisi sia dovuta ad un sunspot evitabile o ad uno squilibrio di breve termine. Nein! La crisi è dovuta a problemi strutturali che vengono alla luce, e quindi tagliare i tassi posticipa ma non elimina il redde rationem.

  9. Non so se essere così pessimista. Ma per prudenza, nel caso abbiate ragione, ho venduto le mie azioni.
    Divagazioni a parte, esistono paper abbastanza convincenti che dimostrano con un approccio microeconomico che “bassi tassi troppo a lungo” implicano un’assunzione di rischi maggiore da parte degli istituti finanziari. In sostanza si sbugiarda la difesa di Bernanke e si confermano le posizioni di Giannino ed altri. (ad es. qui: http://center.uvt.nl/staff/ongena/preprints/iop.pdf)

    Non mi piace molto l’interpretazione fatta di Sumner nei commenti precedenti. Per come la interpreto io, l’analisi di Sumner é molto vicina a quella di Taylor. Sostiene che la FED ha adottato posizioni anti-inflazionistiche (tight money) quando vi erano segnali di recessione (si veda qui: http://www.themoneyillusion.com/?p=249). Forse tagliare i tassi non elimina problemi strutturali, ma sembra, possa evitare recessioni. Fino allo zero bound, e oltre.

  10. Forse tagliare i tassi non elimina problemi strutturali, ma sembra, possa evitare recessioni. Fino allo zero bound, e oltre.

    Forse dovremmo (dovresti) porre questo problema: tagliare i tassi evita la recessione o la post-pone? E come si pongono i tagli dei tassi rispetto ai problemi strutturali?
    Se non li risolvono, si riproporranno; se li aggravano (in qualsiasi modo: rischio inflazione, maggior scoordinamento investimenti-risparmi, eccesso di consumo, bolle…) si riproporranno peggiori. Se li compensano, allora non erano problemi strutturali, è tautologico.
    (se ho capito di cosa state discutendo)

  11. @ Leonardo: Hai ragione. Quando nel 2001 Greenspan abbassò i tassi tirò fuori l’economia da una crisi. E’ stata la politica monetaria aggressiva ad alimentare la crisi successiva? Non credo, l’evidenza ci dice che é il messaggio sbagliato che i tassi rimarranno bassi a lungo a creare maggiori “rischi di emittente, controparte e (soprattutto) prenditore” e quindi ad aver contribuito alla crisi. Dico contribuire perché hanno innescato un processo su base strutturale (dando gli incentivi, ovvero le possibilità di profitto alla finanza dei derivati). Ed é solo l’incentivo, ovvero l’abuso dello strumento ad essere sbagliato non la creazione ingegneristica del derivato in sé. Se interpreto bene, possiamo metterla così: se la politica monetaria avesse dato i messaggi giusti (messaggi di medio periodo, 6-7 anni) non ci sarebbe stata questa straordinaria alterazione della percezione del rischio.
    Infine, Greenspan ha sempre sostenuto che la causa prima della crisi é stata quella “global saving glut” (dei Paesi asiatici ed Europei) che ha finanziato i consumi americani e le global imbalances per un decennio. E’ questo il “problema strutturale” di cui dovremmo preoccuparci? (review qui: http://portale.unitn.it/bpmapp-upload/download/fstore/7f0000016c9f2f72_186c6b2_11c07210e38_-2efc/30_07_fracasso.pdf)

  12. Dal mio punto di vista additare un saving glut asiatico come causa della congiuntura attuale, da parte di Greenspan ma pure di qualsiasi politico USA, è alquanto in mala fede.
    Gli USA hanno avuto un discreto periodo di tassi di interesse bassi e elevata fornitura di moneta (e tutto il moral hazard che ne discende). Solo le prime due cause, che tu sai un economista austriaco o monetarista, implicano un aumento del consumo. Se il tasso di consumo aumenta, diminuisce il tasso di risparmio. La domanda sia di beni di consumo che di beni capitali (stimolata dai tassi bassi) crea quindi nella tua economia sia una scarsità di investimenti rispetto al risparmio privato, sia una spinta sulle importazioni pur di soddisfare la domanda (e l’export cinese era pure a prezzi più competitivi di quelli USA). Non è un caso allora che la bilancia estera USA fosse negativa. Mettici pure che il bilancio USA è stato comunque negativo.
    Tutto questo si riassume nella contabilità nazionale, dove (S-I)+(T-G)=(X-M) cioè risparmio privato più risparmio (surplus) pubblico uguale conti con l’estero. Ecco, se il risparmio privato manca per gli stimoli al consumo, e il budget statale è negativo, puoi solo avere un deficit con l’estero… Gli USA hanno mandato fondi alla CINA, fondi che la CINA anche non poteva spendere in consumo, che ha risparmiato, e con questo risparmio ha acquistato titoli USA, cioè ha finanziato la spesa pubblica americana.

    Per rompere questo circolo forse gli USA non dovevano accettare i fondi cinesi che lei stessa aveva dato, in altri termini avrebbe dovuto evitare gli stimoli sulla propria domanda. Per questo dico che un politico o un banchiere centrale americano è l’ultima persona che dovrebbe lamentarsi della Cina.

    Spero di non esser stato noioso e supponente, questa è solo la mia ricostruzione.

  13. ops, volevo dire “La domanda sia di beni di consumo che di beni capitali (stimolata dai tassi bassi) crea quindi nella tua economia sia una scarsità di risparmio rispetto al agli investimenti” perdonami.

  14. Tutto nella norma. Quando però dici: “Gli USA hanno mandato fondi alla CINA, fondi che la CINA anche non poteva spendere in consumo, che ha risparmiato, e con questo risparmio ha acquistato titoli USA, cioè ha finanziato la spesa pubblica americana.” sostieni quello che dice Greenspan. E non c’é stata una scarsità di investimenti rispetto al risparmio, perché a finanziare gli investimenti USA ha concorso appunto l’eccesso di risparmio estero, come poi dici dopo. Sbagli, credo, quando sostieni che é aumentata la domanda di beni capitali (intendo privati) ma non quella di investimenti (delle imprese). Le imprese investono in beni capitali (terreni impianti macchianri), che altro?!
    Ne segue che concordiamo sullo squilibrio. Ma mi chiedo come potevano gli USA non “accettare” i fondi dati ai Cinesi (via importazioni)? Impedire l’acquisto di bond USA ai cinesi? Per me all’origine resta un errore di politica monetaria. Oppure di politica fiscale. Ma non sapremo forse mai se un maggior risparmio dello Stato sarebbe stato sufficiente a ridurre lo squilibrio.
    Grazie della discussione.

  15. Erasmo78

    Secondo me, anche prescindendo dalla politica dei tassi, per essere pessimisti, basta vedere COSA si è fatto con quei soldi. Se fossero stati investiti in attività che a livello di utilità, avessero un futuro, si potrebbe anche discutere su quanto sono costati,in termini economici e quindi sociali. Fatto sta che Greenspaan ha liberato uno tsunami di liquidità che per cercare ‘soddisfazione’ è andato a finire in ogni forma di ‘speculazione’. Bernanke ha ingoiato tutta l’acqua ormai ‘sporca’ e ne ha risputata altra che sta andando ad allagare le stesse identiche fogne. Anzi, se prima una parte degli asset problematici era rappresentato da mutui, un impiego che comunque ha un bene reale a parziale o totale garanzia, ora si ha l’impressione che questo mare di soldi sia andato semplicemente a nascondere i danni già fatti e farne di nuovi, ad esempio con una sopravvalutazione delle Borse. Già perchè fra qualche tempo credo che nel valutare un’azienda oltre a fatturato e utili futuri si comincerà anche a valutare la voce ‘debito’ che fino ad ora sembra aver rappresentato una virtù, piu’ che un difetto.

  16. Alex, mi sono corretto dopo, non c’è stata alcuna scarsità di investimenti altrimenti non avrebbe senso quello che ho scritto (come hai rilevato), ho solo invertito una frase. Ed hai detto bene, gli USA si sono finanziati con i fondi cinesi, fondi raccolti attraverso il loro export, che gli USA stessi hanno foraggiato con la loro politica monetaria. Appunto, è assurdo che gli USA non accettassero quei fondi, solo che sono loro i primi ad aver creato il saving glut.
    E per questo io non dico quello che dice greenspan, cioè che il problema è l’eccesso di risparmio cinese: una cosa è dire che il loro bilancio è stato drogato dalla politica USA, un’altra è dire che hanno voluto risparmiare troppo. I cinesi hanno sempre avuto un elevato tasso di risparmio (con uno Stato che pesa solo il 30% dell’economia loro sono i veri capitalisti 🙂 ) semplicemente si è allargata la base su cui applicare quel tasso.
    E’ come incolpare una pistola del fatto che uno l’ha usata per spararti alle gambe, per capirci.

  17. Felix

    Caro Oscar,
    Nonostante il mio nome (ereditato dal nonno), sono pessimista per il futuro economico e finanziario dell’Europa e degli U.S.A.. Da commercialista di provincia (lo sono anche del ns. amico Alberto M.) vedo, ogni giorno, una contrazione dei volumi d’affari e dei margini operativi delle piccole e medie imprese e non s’intravede minimamente la luce in fondo al tunnel. L’anno 2010 sarà sicuramente peggio del 2009.

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