Donne che odiano le donne
“Leggi questo pezzo e poi dimmi che ne pensi”, mi dice la mia amica Mavi sabato pomeriggio lanciandomi l’Internazionale dall’altra parte del divano mentre il suo Pietro (quasi duenne) cerca di difendersi dall’assalto della mia Matilde (quasi treenne) che pare un’agente del Mossad . Prendo il settimanale, leggo l’articolo. Si tratta del coming out di Anne-Marie Slaughter, super professoressa di Princeton ed ex consigliera di Obama, che spiega i motivi per cui si è dimessa dall’incarico alla Casa Bianca. Per arrivare ad emettere una sentenza: «le donne non possono avere tutto».
Dopo due anni in cui la sua settimana lavorativa cominciava alle 4.20 del lunedì mattina «quando mi alzavo per prendere il treno delle 5.30 da Trenton a Washington» e finiva il venerdì sera tardi «con il viaggio di ritorno», e in cui non ha mai lasciato l’ufficio prima dell’orario di chiusura dei negozi – «ciò voleva dire che tutto il resto, dal lavasecco alla parrucchiera agli acquisti natalizi, era rimandato al fine settimana, tra le attività sportive dei ragazzi, le lezioni di musica, i pranzi in famiglia e le chiamate in teleconferenza» – Anne Marie ha deciso di mollare l’incarico per stare vicina al figlio adolescente in piena crisi ormonale, e di tornare a essere solo professoressa. Eppure fino ad allora era stata aiutata dal marito, sempre, in tutto. Ma il suo verdetto finale è che per una donna è impossibile farcela, di certo nel lungo periodo.
Due giorni dopo arriva la notizia che Marissa Mayer, una delle massime dirigenti di Google, a 37 anni è stata nominata amministratore delegato di Yahoo. La Mayer è incinta di un bambino che nascerà a ottobre. Il caso manda in estasi le femministe, già adombrate per il pezzo della Slaughter. E riaccende la guerra dei due mondi. Anche sul ring di twitter dove a colpi di 140 caratteri si massacrano maschi alfa e femmine alfa . Da una parte uomini che sognano la geisha tutta casa e guêpière, che (a volte sì) discriminano e penalizzano. Dall’altra donne che non si rassegnano a cercare la parità dei sessi quando la parità non esiste semplicemente perché le donne sono diverse dagli uomini. Né migliori, né peggiori, ma diverse. E mentre non possono fare a meno degli uomini, spesso rischiano di diventare le peggiori nemiche delle donne.
Come mi terrorizza la donna fallica che pensa di fare carriera mangiandosi i maschi a colazione prima della lezione di kick boxing, mi spaventa a morte anche la cenerentola furbetta che appena rimane incinta chiede il permesso per maternità a rischio (e poi la vedono sfrecciare in bici sul pavé) e resta a casa un altro anno dopo il parto. Come non mi piace la neomamma “con le palle” immolata sull’altare della carriera che molla il pupo a tre tate diverse per fare a gara col marito a chi esce più tardi dall’ufficio, mi mandano in bestia anche le pasionarie dalla causa facile che vedono mobbing dove in realtà c’è solo poca voglia di lavorare. Con il risultato che il capo la prossima volta ci pensa non due, ma cinque volte ad assumere una donna, giovane e fertile.
Ps. Chiamo al telefono la mia amica Mavi che un anno e mezzo fa in ospedale, a travaglio già iniziato ha spedito il suo pezzo al giornale con cui collabora perché non la assumono. Mi risponde tutta contenta: forse le fanno firmare un contratto di “sostituzione maternità”. Per un anno.
Complimenti vivissimi per questo articolo molto equilibrato e che condivido in pieno! Non c’è una virgola fuori posto.
http://m.linkiesta.it/blogs/apologia-di-socrate/ciascuno-il-suo
Alcune considerazioni sul tema
Sono assolutamente d’accordo con lei. Lavoro in una azienda grande italiana e per il momento non ho figli ma quello che vedo che le poche donne che hanno fatto carriera qua lo devono a qualche uomo e sono le peggio nemiche delle altre donne. Penso che il ruolo delle donne nell’organizzazione aziendale è importante laddove apportano le qualità positive di una donna. Invece nella quasi totalità dei casi vedo donne appiattite ed emulatrici dei comportamenti maschili.
L’unica grande dimenticanza in questo articolo è che crescere i figli e mantenere una casa decente è già un lavoro. Quindi ad andar bene una donna “normale” di lavori ne ha già due. Se l’autore dimentica questo, il ragionamento parte da ipotesi fallaci.
Il capo che assume una donna giovane e fertile sa (o dovrebbe sapere benissimo) che questa quando avrà dei figli sarà diversa, e non necessariamente in peggio. Ma non potrà pretendere né che stia a lavorare di più, né che sia serena allo stesso modo di prima stando in ufficio per otto ore. Anzi, dovrebbe attendersi che chieda di poter lavorare meno – essendo consequenzialmente pagata meno – per stare accanto al figlio, per seguirlo e per crescerlo. Questo un capo o un responsabile del personale dovrebbe saperlo, poi opererà le proprie considerazioni. Peraltro, una donna che può seguire meglio i propri figli è più produttiva al lavoro. Parlo di una donna normale, con esigenze normali.
Se mancano consapevolezza (da parte del capo) e rispetto (sia da parte del capo/azienda verso la donna che da parte di una donna che ha figli, sia verso i figli che verso il proprio lavoro), inutile sia rivendicare diritti (da parte della donna) sia esigere prestazioni impossibili da soddisfare (da parte del capo/azienda).
Se invece si ritiene normale e cosa buona che una donna con bambini lavori otto ore al giorno dal lunedì al venerdì, e si ritiene cosa normale, buona e giusta che i figli sin da piccoli stiano con lei tre ore al giorno, naturalmente le ore del giorno in cui sono più stanchi; se si ritiene normale tutto ciò, poi non lamentiamoci se ci troviamo pieni di adolescenti semi-decerebrati, con autostima vicina allo zero e senza una minima capacità imprenditoriale. Queste due ultime caratteristiche – tanto per restare in tema economico – fondamentali per la crescita economica sana e liberale di un paese.
Sono assolutamente d’accordo con Alba credo che tra i problemi delle donne ai vertici ci sia quello di permearsi troppo ad un modello maschile di potere, o per lo meno, a come le donne pensano sia un modello maschile di potere. Aggressivo, arrogante, dispotico… Risultato: troppo spesso sono proprio le donne capo ad essere le maggiori nemiche delle donne, la situazione si aggrava soprattutto quando queste ultime decidono di crearsi una famiglia. Spesso la scelta è vista come un tradimento verso il posto di lavoro e, premettendo che anch’io aborro chi si approfitta della situazione di maternità per poltrire a casa, trovo anche insano e ingiusto che non ci sia una qualche solidarietà femminile che comprenda quanti e quali siano gli sforzi di una donna che desidera a tutti i costi essere una professionista e insieme una madre. Troppo spesso noi donne siamo messe alla prova, ogni volta con la stessa richiesta di dimostrare l’attaccamento viscerale all’azienda a discapito della famiglia, troppo spesso tutto ciò accade più per placare un’insano desiderio del capo-donna più che per reali esigenze lavorative. Con il risultato che troppo spesso molte donne scelgono di abbandonare la crescita professionale per dedicarsi solamente alla famiglia, e magari, visto che sono in gamba, mettere in piedi qualche altra attività collaterale. Secondo me è uno scandalo accada anche questo, tanto quanto è uno scandalo che le neo-mamme “vedano mobbing dove in realtà c’è solo poca voglia di lavorare”, come dice Camilla.
Condivido, anche se non posso fare a meno di pensare che questa diversità biologica che rende la donna assolutamente necessaria rispetto all’uomo nella procreazione e nei primi anni del bimbo, allo stesso tempo le precluda la possibilità di perseguire i propri obbiettivi senza sensi di colpa e senza scelte assolutistiche volte a prediligere o una cosa o l’altra.
Certo è che da un grande potere, come quello di mettere al mondo un figlio, deriva una grande responsabilità. Ma siamo nel 2012, ormai sappiamo anche che non è la quantità di ore passate con i propri figli ad essere importante ma la qualità. Ci vuole equilibrio prima di tutto.
Bravaaaaa
@Enrica La quantità a mio avviso invece è importante tanto quanto la qualità se non di più. Manca in questo pezzo, ma sicuramente non era il tema, la consapevolezza che esistono vie di mezzo tra 12 ore in ufficio e l’abbandono del lavoro. Queste vie di mezzo arrivano con asili aziendali, con strutture e servizi dedicati alla più semplice gestione familiare. Queste cose, come quasi tutto, sono percepite come costi e non come generatori di ricchezza. Ricchezza non vuol dire solo denaro.
«le donne non possono avere tutto» o più banalmente “nella vita non si può avere tutto”? Donne o uomini che siano?
Purtroppo essendo i luoghi di produzione distinti dalla casa è banalmente ovvio che tutto diventa più complicato. Per esempo ci sono migliaia di uomini e donne che fanno i pendolari Torino-Milano e non credo abbiamo molto da dare alla famiglia quando tornano a casa.
Non mi spiace. Le sorelle che abbandonano la carriera sono delle perdenti, come sono stata perdente io 40 anni fa, sotto l’aspetto ” la carriera mi stressa”, la famiglia ancor di più, perchè ho mandato a quel paese la carriera di manager. Non l’ho fatto per creare una famiglia, non è mai stato il mio obiettivo, 64 enne zitella senza figli, ma perchè, a diffenza dei maschi che devono restare i breadwinners, io ho potuto decidere di “tagliare i ponti” allo stress perchè mi andava di far così. Qundi se le femmine piangono perchè la carriera stressa ma vogliono anche la famiglia, vogliono collaudare l’utero & all, peggio per loro.
Complimenti per l’analisi lucida e garbatamente ironica. La quotidiana esperienza empirica mi porta a concordare che le donne diventano le peggiori nemiche delle donne sia quando si appiattiscono sul modello maschile e abdicano alla propria specificità in nome di una carriera spesso aggressiva e livorosa sia quando la gravidanza (prima) e i pargoli (poi) diventano l’unico argomento durante l’orario di lavoro. E i vari comitati per le pari opportunità o le quote rosa non mi sembra aiutino molto. Mi sorprende che in altri paesi il femminismo sia cresciuto e la “lotta” sia cambiata da opposizione in tentativo di integrazione (i.e. le posizioni di ormai venti anni fa di Luce Irigaray) mentre da noi tutto rimane condito da un livore sterile e controproducente, dall’invidia personale e, spesso, dalla denigrazione fine a se stessa. Grazie quindi per questa critica gentile ma ferma che condivido pienamente. Myo
Ai giornalisti piace accendere il dibattito sulle scelte di vita degli altri. Per quanto mi riguarda.. che facciano ciò che gli pare. Non mi interessa affatto.
Ciò che mi riguarda invece sono le regole che devo rispettare. I politici si sforzano di introdurre nuove leggi per rendere le donne e gli uomini più simili di quanto abbia decretato madre-natura, ma i risultati non sempre sono esaltanti.
Per esempio i diritti delle lavoratrici incinte e delle neomamme hanno anche dei costi nascosti: diminuiscono le chance di essere assunte e quelle di fare carriera.
Oggi, mentre si dibatte di quote rosa, è interessante considerare con che dinamiche il mercato scaricherà i costi delle nuove regole che si stanno introducendo.
@ Enrica: ahimé, il tempo di qualità oggi vale solo verso i bambini. Hai mai fatto caso che il contrario non viene mai indicato?
Perché invece non proporre il tempo “di qualità” al lavoro (dove realmente conta solo la qualità), e il tempo “di qualità e quantità” coi figli? La triste verità è che se proponi il tempo di qualità a tuo figlio lui deve adeguarsi, se lo proponi al tuo capo ti manda a farti friggere (eufemismo).
La storia del tempo di qualità la fanno passare come pensiero dominante grazie a trasmissioni come SOS Tata, per togliere i sensi di colpa alle mamme.
Salvo poi – dopo, molto dopo, oramai in ritardo – lavorare come matti, cercare un dialogo coi figli, spendere vagonate di soldi in master, stage e cose varie per “garantire un’adeguata formazione ai propri figli”, oramai trentenni, senza un mestiere, senza un’autonomia e un’autostima forte, senza la minima capacità (auto-)imprenditoriale che se fossero stati seguiti da piccoli avrebbero avuto senza sforzi sovrumani da parte dei genitori.
Provate a mettervi dalla parte dei bambini, e cercate di capire le loro esigenze. Una società che non comprende e non segue i bambini, non ha futuro.
Uno dei pochissimi articoli equilibrati che ho letto relativi a questo argomento attuale e spinoso. Complimenti.
Concordo con l’ultimo commentatore (uomo) perchè per una volta è una donna ad analizzare le donne con sincerità e lucidità. Penso però che le prime a “giudicarci” nei nostri ruoli (madre, mogli, manager, pulitrici di culetti o di lavandini) siamo proprio noi. Un uomo difficilmente nel corso della vita si trova a riflettere sul proprio ruolo (marito, padre…. pulitore difficilmente, stressato anche) e su dove le scelte lo potrebbero portare. Lo fa e basta perchè tanto davanti al fuoco, la sera, con un piatto caldo in mano c’è sempre qualche donna che lo aspetta.
Brava!
@Angelo. Il mio punto di vista sulla quantità non vuol essere una carezza per i sensi di colpa ma la consapevolezza che anche se passiamo 24 ore con nostro figlio non è detto che poi saremo madri migliori o avremo super figli. Come non è detto che se ci ammazziamo di lavoro lui/ lei diventeranno dei manager o presidenti degli Stati Uniti. Perchè biologicamente e psicologicamente siamo diverse dall’uomo, e questo ci condizionerà sempre nelle nostre scelte al contrario di un maschio. Quindi trovare un equilibrio in famiglia come al lavoro è prioritario e non è per niente facile. Molto spesso tocca rinunciare a qualcosa e molto spesso è un ottimo lavoro. Scusate forse sono andata un pò fuori tema.
Errata corrige: il “Perchè” del biologicamente siamo….è da cancellare.
@Angelo
Mia mamma non ha mai lavorato, ha solo allevato i suoi due figli ed è una splendida 60enne che ora si gode la pensione del marito (insieme a lui eh!), che al contrario ha sempre lavorato 12 ore al giorno. Ognuno fa quel che vuole, se è felice lui sono felici tutti ci sono mille opzioni tutte potenzialmente corrette. A mio parere, tuttavia, in famiglia non si può lavorare 8 ore al giorno entrambi e avere anche cura del proprio figlio. Altrimenti non si fanno figli (e chi ha detto che è necessario? A me per esempio non interessano). Uno dei due, dovrebbe lavorare 4 ore oppure entrambi 6 ore, non di più. Ah ma così non si può far carriera! E chi l’ha detto che in questa società bisogna per forza far carriera? A me i vari Marchionne o i banchieri in doppio petto mi fanno solo pena, io vivo molto meglio di loro con 1/1000 del loro conto in banca.
@Andrea Tibaldi
Ho citato Angelo perché condivido in pieno!
Ma per piacere… Io in giro vedo un sacco di donne deboli e dipendenti dagli uomini; ma davvero pensate che senza di voi noi moriremmo di fame? La vogliamo finire con sta storia che siete tutte forti e indipendenti? Perché poi va a finire che vi convincete di questo e alla prova dei fatti sbattete contro un muro (e gli antidepressivi scorrono a fiumi…).
Mai pensato @andrea. Dico che e’ cosi’ dalla notte dei tempi (allora gli antidepressivi non c’erano). Il problema e’ proprio nell’aver voluto smarcarci dal “piatto caldo” seguendo modelli maschili. Per l’uomo non e’ mai stato cosi’. A caccia c’e’ sempre andato
Non siamo uguali ed abbiamo necessita’ realizzative diverse. E, ovviamente, parimenti importanti. E a proposito di pari opportunita’…… E quando si divorzia? Li li pari opportunita’non hanno diritto di cittadinanza? Penso che un po’ di buonsenso non guasterebbe….