Divieti d’Italia: il fumo
Tra le ordinanze in materia di sicurezza urbana più comuni, non mancano quelle sul fumo.
All’aperto, soprattutto nei parchi, è spesso vietato fumare: si pensi a Napoli e Verona. Nella prima città le sanzioni amministrative pecuniarie vanno da € 27,50 a € 275,00, ma aumentano – da € 55,00 a € 500,00 – se la violazione viene commessa in presenza di donne in evidente stato di gravidanza e di lattanti o bambini fino a 12 (dodici) anni.
A Bolzano il divieto di fumo è esteso ai parchi-gioco e alle aree pubbliche nelle immediate vicinanze di donne in evidente stato di gravidanza e di lattanti e bambini fino a dodici anni; quindi, agli impianti sportivi, in occasione di manifestazioni (cinema all’aperto, rappresentazioni teatrali e musicali, ecc.) che si svolgono su aree pubbliche, limitatamente agli spazi utilizzati per la somministrazione di cibi e bevande e a quelli allestiti per ospitare il pubblico adiacenti al luogo di somministrazione di bevande e cibo.
I motivi sono quelli di tutela della salute, anche dei non fumatori e dei soggetti più deboli, quali bambini e donne incinte, oltre che per evitare di dare cattivi esempi ai bambini. Il divieto sembra quindi anche avere funzione educativa, in qualche modo persino suppletiva, rispetto al ruolo dei genitori: ma non dovrebbe essere quello di tutelare i bambini dal cattivo esempio di chi fuma compito dei genitori, più che del legislatore?
Le ordinanze anti-fumo comprendono sovente anche le sigarette elettroniche, ad oggi trattate da taluni sindaci alla stregua di sigarette normali, mentre altri non le limitano. Tra i primi, i Comuni di Lomazzo (CO) e di Castronno.
Tuttavia, in proposito, recentemente è stata bloccata dal TAR l’ordinanza del comune di Malo (VI), che estende il divieto di fumo all’interno dei locali comunali e di altri enti pubblici nel territorio comunale, nonché nei parchi giochi, anche alle sigarette elettroniche.
Secondo il giudice, “appare carente di motivazione, in particolare in ordine alla mancata distinzione fra sigaretta elettronica con principio nicotinico e no, nonché riguardo all’estensione del divieto ai parchi gioco”.
L’esempio del fumo suggerisce che i divieti sono come le ciliegie: l’uno tira l’altro. Fuori di metafora, l’uno tende a portare con sé altri divieti. Dalle sigarette normali a quelle elettroniche, benché il dibattito sugli effetti di queste ultime sia ancora aperto: fanno male o possono essere utili a smettere di fumare? Per ora, sembrerebbe che ogni sindaco sia libero di darsi la risposta che preferisce (alcuni le limitano, altro no), una risposta che, pare di intuire, ha poco a che fare con la salute dei cittadini, e più con il consenso elettorale.
Del resto, anche per il fumo valgono le considerazioni fatte per gli altri divieti: basta andare in un luogo dove non sia proibito, per essere liberi di fumare, nonostante le ineludibili ragioni di salute che lo Stato tanto inderogabilmente quanto inutilmente – com’è evidente – mirerebbe a tutelare. Ciò è confermato dal fatto che dove vigono i divieti, non sono mai fatti rispettare troppo efficacemente: l’esperienza quotidiana insegna che, al riparo da occhi “pubblici” e “vigili”, si fuma tranquillamente anche all’interno degli uffici, compresi quelli pubblici. Detto altrimenti, i controlli e l’enforcement non sono possibili o sono troppo costosi.
Per quanto riguarda il buon esempio, nulla fa più che una buona educazione e campagna di sensibilizzazione. Invece un divieto, in quanto tale, accresce la forza attrattiva del comportamento che si vorrebbe impedire: forza crescente al decrescere dell’età dei soggetti che invece si vorrebbero tutelare.
Infine, si pensi agli effetti distorsivi che si potrebbero generare, come insegna il caso USA, dove sono aumentati gli incidenti automobilistici mortali, a causa dei viaggi che i fumatori dovevano fare per recarsi ai bar dove vige la libertà di dedicarsi al priprio vizio.
È pur vero che i soggetti, soprattutto quelli più deboli, vanno tutelati da chi non ha la sensibilità e l’intelligenza per capire che le proprie azioni non devono danneggiare gli altri. Difficile è il punto di equilibrio tra tutela pubblica e responsabilità privata, particolarmente in mancanza di politiche mirate alla sensibilizzazione dei soggetti attori dei problemi. Soprattutto se si pensa che con i divieti lo stato ritiene forse di supplire alla responsabilità individuale, anziché trovare il modo, la forma, gli strumenti più efficaci per valorizzare la libertà dei cittadini di essere responsabili: perché chi sa esserlo per sé stesso, saprà esserlo anche per gli altri.
Ricordiamo che chiunque volesse segnalare ordinanze di divieti particolarmente assurdi, limitanti e inutili, può farlo su twitter (@LuciaQuaglino) o via e-mail (lucia.quaglino@brunoleoni.org).
A Napoli si bruciavano le immondizie per strada per protestare contro un inceneritore moderno (ma ogni tanto si bruciano ancora i cassonetti), il sistema fognario è al collasso, il traffico è soffocante, appena fuori città ci sono fetide discariche a cielo aperto, ma scatta il divieto di fumo all’aperto nei parchi per la tutela della salute dei minori e delle signore incinte. Il massimo della contraddizione. Ma questo è lo Stato del paradosso, lo Stato dei burocrati che vogliono far cassa con le multe giustificandole con stupidaggini e fatti irrilevanti e inculcare il principio che ogni cosa è gentile concessione del feudatario, pardon del parlamentare, del sindaco o funzionario pubblico.
Anche nel resto d’Europa esiste la mania dei divieti pseudosalutisti. Infatti quella di violare le libertà dell’individuo facendo leva sulle paure irrazionali degli ipocondriaci è una tendenza generalizzata. Perché dobbiamo prendere dall’Europa solo gli esempi peggiori?
P.S.
Io che sono un nordista e un fumatore non farò mai lo sciopero del tabacco, memore dell’errore che abbiamo commesso cacciando Radetzky. Oggi paghiamo l’essere diventati italiani subendo la follia burocratica. Non rimpiango il Lombardo-Veneto in quanto provincia austriaca, bensì perché senza zavorre il Lombardo-Veneto potrebbe essere una regione prospera, libera e stabile, un luogo migliore per lavorare e per vivere.
Mi scuso con gli amici napoletani di averli tirati in ballo, ma Napoli è la capitale della contraddizione. Comunque, anche se nordista, comprendo la nostalgia dei napoletani per i Borbone.