Diritti di proprietà e libertà di impresa: chi li salverà?
L’accettazione cieca del punto di vista giuridico contemporaneo condurrà alla distruzione graduale della libertà individuale di scelta nella politica come nel mercato e nella vita privata, perché il punto di vista giuridico contemporaneo comporta una sempre maggiore sostituzione delle decisioni collettive alle scelte individuali e l’eliminazione progressiva degli aggiustamenti spontanei, non solo fra domanda ed offerta, ma anche fra ogni tipo di comportamento, attraverso procedure rigide e coercitive come quella della regola della maggioranza.
Con queste parole tratte dalla sua opera più importante, La libertà e la legge, il filosofo del diritto Bruno Leoni già nel 1961 metteva in guardia i suoi lettori dal considerare la democrazia come un campo di battaglia sul cui terreno, all’esito dello scontro elettorale, la maggioranza possa innalzare il vessillo della vittoria a danno delle minoranze.
Le costituzioni ed i diritti fondamentali dovrebbero rappresentare robusti argini per assicurare che le istituzioni rappresentative non siano del tutto permeabili alle infiltrazioni di settori organizzati della società e di lobbies che manovrino per ottenere una legislazione grazie alla quale, parafrasando il titolo di un recente libro di Franco Debenedetti, lo Stato scelga i vincitori e salvi i perdenti. Tuttavia senza una cultura autenticamente liberale radicata nelle coscienze delle classi dirigenti qualsiasi occasione è ancora oggi propizia per aggirare ogni sorta di tutela della libertà individuale.
È accaduto così, ad esempio, che il consiglio regionale del Lazio nell’agosto del 2015 ha emanato un regolamento sulla “nuova disciplina delle strutture ricettive extralberghiere” all’interno del quale sono stati disseminati numerosi e stringenti limiti alla libertà di impresa di coloro che vogliono esercitare l’attività di B&B e di case vacanze in forma non imprenditoriale. La chiusura obbligatoria per non meno 100 giorni l’anno, la durata di contratti d’affitto non inferiore a 3 giorni, la necessità che alcuni spazi abbiano una dimensione non inferiore ad un certo numero di metri quadri e la possibilità per i comuni d’individuare ulteriori periodi di chiusura sulla base di valutazioni legate al fabbisogno economico, non avrebbero rappresentato altro che restrizioni alla libera concorrenza ad esclusivo vantaggio del settore imprenditoriale alberghiero che si contende con B&B a case vacanze l’ampio mercato dell’ospitalità.
Al di fuori del circuito della rappresentanza democratica tuttavia l’autorità indipendente antitrust ha sollecitato il TAR del Lazio per verificare la legittimità dell’operato dell’assemblea regionale e l’esito del giudizio, definito appena qualche giorno addietro, non è stato per la verità sorprendente sotto alcun profilo.
Il Collegio dei giudici amministrativi ha ricordato con abbondanza di riferimenti normativi che non è più possibile all’interno del nostro ordinamento giuridico reclamare una limitazione della libertà d’impresa e della libera concorrenza se non in nome della tutela della salute e della sicurezza pubblica. Ha aggiunto il Tribunale che le norme introdotte negli ultimi anni a sostegno della libertà d’impresa e della tutela della libera concorrenza mirano a far
uscire il nostro Paese dal lungo periodo di crisi che lo stesso sta attraversando e, soprattutto, a fargli conseguire un migliore rating dal punto di vista dell’ammodernamento e della sua competitività, a livello europeo ed internazionale, oltre che una maggiore credibilità agli occhi degli organismi comunitari di valutazione economico-finanziaria dei Paesi membri, nonché della finanza internazionale possibilmente interessata ad investire in Italia.
Il regolamento è stato dunque annullato.
In Italia le libertà, i diritti individuali e lo sviluppo economico prosperano quando possono sempre di più grazie a pratiche ed istituzioni che si collocano al di fuori del normale circuito della rappresentanza democratica. È’ bene pensarci di tanto in tanto.
@roccotodero