Dieci siti per quattro centrali?
Il senatore “ecodem” del Pd, Paolo Della Seta, ha annunciato questa interrogazione al ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola. Della Seta rivela dieci siti che sarebbero informalmente circolati come possibili localizzazioni per ospitare le future centrali nucleari italiane (si è parlato di quattro impianti): alcuni sono plausibili, altri me lo sembrano meno (se non altro, per ragioni di rete). Comunque, sarà interessante ascoltare la risposta di Scajola: occhi puntati, dunque.
C’è un punto della riflessione di Della Seta, però, che (al momento) mi sembra fuori luogo. Scrive:
Il Governo, con l’Italia lontanissima dagli obiettivi vincolanti fissati dalla Ue per le emissioni di anidride carbonica investe tutte le risorse sull’atomo e le sottrae alle rinnovabili e all’efficienza energetica, scegliendo una strada lunga e costosa.
La strada sarà sicuramente lunga, e sicuramente costosa (in termini assoluti) mentre non è detto che sia così costosa (in termini relativi, cioè rispetto alle possibili alternative). Però, (a) è indubbio che l’installazione di centrali nucleari – a parità di domanda elettrica – contribuirebbe ad abbattere le emissioni almeno quanto farebbe la medesima produzione da fonti rinnovabili (dico “almeno” perché le rinnovabili possono richiedere un backup convenzionale di cui l’atomo non ha bisogno); (b) soprattutto, al momento il governo non sta “investendo” alcuna risorsa (nel senso: risorsa pubblica) sul nucleare, tranne qualche spicciolo (troppo pochi) sull’agenzia di sicurezza. Ovviamente, se nel futuro emergeranno forme di sussidio più o meno mascherato, mi troverò sulla stessa barricata di Della Seta. Ma per ora nessuno ne ha parlato: si è discusso piuttosto di soluzioni tecniche (come strutturare il processo autorizzativo e la vigilanza sull’esercizio delle centrali) e di modalità di finanziamento (consorzi, contratti a lungo termine, eccetera) da parte delle imprese interessate – cioè, non coi soldi dei contribuenti o dei consumatori.
Chi vivrà, vedrà.