Decreto liberalizzazioni: La riforma delle professioni: il ballo sulla mattonella
La montagna ha partorito un topolino? Sì, e per giunta un topolino gracile. In estrema sintesi, e con un’espressione un po’ colorita, è questa la valutazione che si può offrire sulle norme in materia di servizi professionali contenute nel decreto sulle liberalizzazioni.
Tre sono i punti su cui il testo governativo vuole intervenire: le tariffe professionali, il preventivo e il tirocinio.
a) tariffe professionali. Ecco, in questo caso si tratta veramente di una “riforma” irritante, perché costituisce la mera riformulazione dell’esistente. E’ bene sapere, infatti, che, a partire dal 2006, ogni professionista poteva derogare ai minimi stabiliti dalle proprie tariffe professionali, ma sempre e comunque nei limiti di cui all’articolo 2233 del codice civile. E tale articolo recita che: “in ogni caso la misura del compenso deve essere adeguata all’importanza dell’opera e al decoro della professione”. Quindi non esiste una libertà assoluta nella determinazione del compenso del professionista: volendo, gli Ordini possono eccepire che quanto liberamente pattuito non sia “adeguato” all’importanza della prestazione professionale svolta e non sia decoroso, irrogando, conseguentemente, le opportune sanzioni disciplinari nei confronti del professionista “scorretto”.
Il decreto sulle liberalizzazioni declama l’abolizione delle tariffe (tranne che in caso di liquidazione da parte dei giudici, il che è corretto), ma stabilisce che “in ogni caso la misura del compenso ……. deve essere dell’importanza dell’opera”. E quindi? Quindi si è legittimati a ritenere che non sia cambiato assolutamente nulla! Certo, non si menziona più il “decoro” della professione, ma un compenso reputato inadeguato all’importanza dell’opera sarà automaticamente da considerarsi “indecoroso”: un bel valzer di parole, ma ci si continua a dimenare sulla stessa mattonella, senza fare un passo in avanti;
b) preventivo. Visto che questo sarebbe un decreto sulle liberalizzazioni, una norma che introduce un ulteriore obbligo a carico del professionista sembra proprio assurda. Si impone, infatti, l’obbligo di rilasciare un preventivo scritto al cliente, a pena di commettere un illecito professionale: il professionista deve rendere edotto il cliente della complessità del servizio, degli oneri ipotizzabili e della polizza assicurativa. La misura del compenso, peraltro, va pattuita in modo omnicomprensivo, ma non si capisce esattamente cosa ciò significhi. Si deve indicare anche l’IVA e la cassa previdenza? Si deve determinare “a corpo” e non “a misura”, come si suol dire? Chi vivrà vedrà, nella speranza che il Parlamento spazzi via questa disposizione durante l’iter della conversione in legge del decreto.
Si tratta, infatti, di una norma repressiva, che limita fortemente la libertà di contrattazione tra professionista e cliente; si tratta di una norma che muove sempre dal presupposto che il professionista sia sempre la “parte forte” del rapporto contrattuale, il che è profondamente inaccettabile, e che voglia costantemente abusare del fiducia del cliente;
c) tirocinio. Viene ridotto a diciotto mesi: i primi sei mesi potranno svolgersi in università, ma solo a seguito di apposite convenzioni con gli ordini professionali. La riduzione del periodo di tirocinio/praticantato è positiva, ma l’attesa di apposite convenzioni per poter svolgerne sei mesi in università durante il corso di laurea riduce di molto la portata innovatrice della norma. Nella sua versione originaria, circolata alcuni giorni fa, infatti le università avrebbero potuto liberamente determinare se permettere lo svolgimento del tirocinio e le sue concrete modalità: ciò avrebbe potuto favorire una sorta di concorrenza tra università, che, invece, la formulazione attuale preclude completamente.
Tutto giusto, salvo che le tariffe non sono rimaste in vigore neppure per il giudiziale.
Dovranno essere formulati dei criteri, che martedì non ci saranno.
Quindi martedì ci sarà gente che ha ragione, vince una causa e non ottiene il rimborso delle spese legali, grazie a quella scienziata della Severino.
L’obbligo di preventivo, se a corpo, è una sciocchezza colossale: come faccio a sapere quante volte verrà il cliente? Quante volte mi telefonerà? Mi si vuol vietare di farmi pagare queste prestazioni? Bella liberalizzazione!
E uno psicanalista deve sapere da subito quando sedute serviranno?
P.
Non posso che sottoscrivere le considerazioni in merito all’impostazione pienamente illiberale e dirigista dell’obbligo del preventivo. A parte la scarsa, dimostrata conoscenza delle effettive quanto molteplici casistiche che si originano nei rapporti professionali (a cominciare dai relativi approcci) lascia quantomeno perplessi la volontà di imporre un nuovo obbligo, omogeneo a tutte le categorie professionali, eliminando, anche in via di principio, la possibilità residuale di tener conto dei parametri tariffari.
Le due questioni sono legate tra loro: sarà inadeguato all’importanza dell’opera prestata, temo, qualsiasi compenso “liberamente” pattuito con grandi imprese, soprattutto assicurazioni e banche, che da sempre tentano di comprimere il più possibile le spese legali. Finora, molte richiedevano ai loro professionisti di applicare sempre i minimi tariffari; mi aspetto che ora siano esse a stabilire compensi forfetari da includere nel “preventivo”.
Temo che il significato del verbo “liberalizzare” e dei suoi derivati vari a seconda di chi lo pronuncia: ma ce lo aveva preannunciato Humpty Dumpty!
Scusate, ma veramente ci si aspettava qualcosa di diverso da un governo che conta ben quattro personaggi ex Intesa o Fondazione, ed uno di essi precedentemente a dirigere le Poste e prima ancora nel gruppo IRI ? L’ingenuità e’ perdonabile, ma qui siamo proprio al limite. Incredibili sono anche gli appelli, nel blog, a Giannino, per un partito nuovo: non ce n’e’ più il tempo, e tantomeno per raccogliere consensi necessari ad incidere sulle decisioni di un qualsiasi governo. Cosi’ com’è il paese sembra proprio al capolinea: forse il nord avrebbe titolo per rimanere agganciato al Nord Europa, ma con l’handycap che si ritrova mi pare molto più probabile il The End di Giannino.
@Mario45
L’offensiva contro le professioni era già iniziata sotto il precedente governo, per non parlare del secondo governo Prodi. Non mi pare che ci fossero molti esponenti di Intesa.
@luponti
Sono d’accordo, l’offensiva contro le professioni era già stata tentata dai governi precedenti. Mi chiedo serra lecito aspettarsi qualcosa di diverso da un governo cosi’ congegnato.
@Filippo
Rispondo a lei Filippo ed anche all’autore dell’articolo, sulla questione del preventivo. Io opero da sempre in un settore (quello informatico) dove un tempo il preventivo era la regola, nel senso che non si riusciva a prendere un contratto senza un preventivo (ovvero di un’offerta preventiva). Ora i bei tempi in cui si riusciva a fare i preventivi sulla base dei requisiti raccolti (e lei può immaginare che non potessero essere estremamente dettagliati) sono miseramente tramontati perché i contratti vengono al 95% acquisiti mediante gare. E la competizione è ormai tale che le offerte non tengono più in conto della rilevanza di ciò che si deve fare, ma tendono a essere costruiti sui minimi salariali dei dipendenti che potrebbero svolgere il lavoro.
Lei probabilmente si starà chiedendo ma cosa c’entrano queste mie considerazioni. Dovrebbero semplicemente servire a spiegarle che, se lei ha lavorato fino ad oggi senza preventivo, può considerarsi un ex-privilegiato. L’argomento che non si potrebbero fare preventivi precisi data la molteplicità delle casistiche vale per ogni professione/attività e denota solo l’abitudine di aver potuto fin’ora calcolare l’onorario sulla base di quanto effettivamente fatto, caricando sempre sugli altri il rischio d’impresa. Sia chiaro, non intervengo né per ripicca, né con soddisfazione per quanto sta avvenendo, ma solo per bilanciare un punto di vista troppo autoreferenziale. Cordiali saluti
@Stainer
Però i professionisti sono lavoratori, non imprenditori.
@Luciano Pontiroli
Caro Luciano, non me ne voglia, ma la sua risposta non è pertinente. In primo luogo perché ci sono molti studi professionali, che possono configurarsi come imprese, dato che vi opera un numero variabile di professionisti dipendenti. In secondo luogo, perché non mi risulta che le “leggi di mercato” siano diverse in funzione del settore economico o del ruolo rivestito da un soggetto; mentre è sicuramente vero che tali “leggi” siano state fin’ora tenute ai margini in quei settori in cui la regolamentazione pubblica ne ha addomesticato l’applicazione.
@Stainer
Non le ne voglio, ma non mi sembra corretto parlare di rischio d’impresa a proposito dei professionisti. Anche se vi sono molte “law firms”, credo che la professione sia ancora impostata nel modo tradizionale: se l’obiettivo di queste cosiddette riforme è trasformarla sul modello dell’impresa globale di servizi legali, credo che si dovrebbe coinvolgere la professione, non costringerla.
Non capisco perché si parli di liberalizzazione, io ho 53 anni da due anni disoccupato ho superato l’esame di abilitazione alla professione di geometra, ma al collegio di Frosinone mi hanno chiesto 2.700,00 € per iscrivermi, alla faccia della liberalizzazione. Da aggiungere i 3.000,00 € per il fondo, insomma non sono sul mercato non so se riuscirò a fare lavori per questi importi ma devo anticiparli, da chi vado da qualche usuraio per averli?
Rispondo a Stainer:
Nel Suo lavoro, è mai stata fatta una legge che IMPONESSE il preventivo?
Ecco, non la vogliamo neppure noi. Il cliente è libero di chiedermi il preventivo, io DEVO essere libero di dire che non sono in grado di farlo; il cliente è libero di andare da un altro che glielo faccia.
Questa è libertà. Se il mercato arriverà a pretendere sempre il preventivo ovviamente mi dovrò adeguare (ma tutti staranno altissimi, visto che non si sa che c’è da fare). Ma imporlo per legge non è liberalizzazione, è dirigismo.
Per fortuna hanno taroccato il testo post cdm (ma nessuno va a controllare che il testo in gazzetta corrisponda a quello approvato in cdm?) e il patto sui compensi non deve più essere omnicomprensivo.
Resta lo scempio dell’abolizione delle tariffe prima dell’emanazione dei parametri, che danneggia i clienti e non gli avvocati.
Sono un iscritto ad un ordine, mio padre era un iscritto ad un Ordine; sono favorevole alla loro liberalizzazione, ma mi sembra che non lo si voglia fare. La liberalizzazione avverrà solo nel momento in cui si toglieranno agli Ordini i poteri di “sostituto di autorità”, scusate il plagio a “sostituto di imposta. Tali poteri passano marginalmente dall’inefficace Esame di Stato, ma sopratutto attraverso il potere di nomina di commissari nei pubblici concorsi, che avvengiono senza considerare: il merito del candidato e l’assenza di conflitti di interesse ma, al contrario, con logiche di lotizzazione politica e/o parentale. Le distorsioni che ne conseguono sono a tutti note.
MA come si può definire liberalizzazione quella attuata dal governo Monti! Forse i rappresentanti del governo tecnico dimenticano che la parola liberalizzare significa: rimuovere le barriere all’ingresso.Come si può pensare che la riforma delle professioni così come disegnata dal decreto Monti sia finalizzata a migliorare la qualità dei professionisti e ad eliminare le caste e le lobby esistenti.Questo decreto a mio parere é fallimentare in tutti i sensi ed anzisi rivelerà molto pericoloso specialmente per i giovani che come me sono entrati da poco nel mondo del lavoro. E’ ridicolo attuare misure che riguardano le tariffe professionali, i tirocini… e poi lasciare immutate le modalità d’accesso alla professione. Il motto del vero liberalismo è che solo nella libertà e nella competizione ciascuno può dare il meglio di sè. A ciò si può arrivare solo abbattendo tutti quei limiti che vengono imposti da determinate gerarchie, e seguendo le leggi del mercato e della concorrenza. Svolgo questa riflessione: quale sarà la vera conseguenza pratica della liberalizzazione delle tariffe professionali? che i giovani avvocati pur di crearsi un giro di clientela, praticheranno senza dubbio tariffe molto inferiori rispetto ai veterani…e magari proprio a quei veterani che compongono i consigli degli ordini. Alla luce di ciò e considerata la potenziale pericolosità sul piano della concorrenza che i giovani professionisti rappresenteranno…credo fermamente che il risultato cui porterà tale riforma (anche se al decreto Monti tale termine non si addice) sarà limitare ancora di più e non per meritocrazia l’accesso alla professione. Piuttosto di attuare una finta liberalizzazione fallimentare nelle promesse teoriche, e come a breve verificheremo anche nei risultati pratici, era meglio lasciare le cose come stavano.