Decreto liberalizzazioni: contrordine compagni, niente libertà di sconto
Pochi giorni fa, circolava la notizia che il decreto legge si apprestasse a completare una delle liberalizzazioni più semplici: quella del commercio al dettaglio. Dopo che il primo decreto cd. salva Italia aveva generalizzato la libertà di orari per i commercianti, prevista in via sperimentale da una delle manovre estive solo per le località turistiche e le città d’arte, l’eliminazione dei limiti e degli adempimenti per praticare vendite promozionali, di liquidazione o di fine stagione avrebbe consegnato finalmente il commercio al minuto alla libera contrattazione delle parti, non solo nella scelta di quando fare acquisti, ma anche di come convenire sul prezzo migliore, anche tramite la libertà di sconti.Si sarebbe trattato di una mera e lineare deregolamentazione a costo zero per la quale non sarebbe stata necessaria nemmeno una disciplina transitoria, ma che anzi avrebbe cancellato una selva di disposizioni in merito spesso confuse e diversificate, le quali mostrano tuttora, come ha illustrato Silvio Boccalatte nel recente paper I saldi: storia di un’assurdità italiana (PDF), una profonda e irrazionale sfiducia verso il mercato.
Nell’ultima versione della bozza di decreto, invece, l’articolo che avrebbe dovuto sancire la libertà di praticare sconti, saldi o vendite straordinarie, la durata delle promozioni e l’entità delle riduzioni si riduce a semplificare alcune modalità di promozione commerciale.
In particolare, consente molto più riduttivamente le vendite abbinate promozionali di prodotti di diverse tipologie. Più chiaramente, non si parla più della libertà di praticare sconti quando e quanto si vuole, senza più obblighi di comunicazione all’amministrazione, poteri amministrativi o limiti di qualunque tipo inerenti alla facoltà di apporre sconti. Si sancisce piuttosto di rendere più semplice e praticabile la vendita di prodotti abbinati: per intenderci, quella che normalmente viene effettuata in occasione delle festività tradizionali. Al di là della domanda se qualcuno sentisse il bisogno di una simile semplificazione (al momento risultavano per caso vietate?), sembra lecito chiedersi quanto l’arretramento da una vera misura di liberalizzazione a una limitata semplificazione di una delle modalità di vendita dei prodotti sia simbolo della endemica difficoltà del nostro paese a credere nella promozione della crescita economica tramite una libera concorrenza e competizione, anche nei settori più semplici da deregolare.
La storia dei saldi non l’ho mai capita. Perchè burocratizzare gli sconti? Ognuno faccia il prezzo che gli pare quando gli pare. Mi sembra talmente ovvio, ma forse mi sfugge qualcosa. Ci deve essere una qualche logica sotto altrimenti, come dice la voce fuori campo in Rashomon, “perdiamo la fiducia nel genere umano”.