Declamazioni, dirigismo e soluzioni concrete—di Rocco Todero
Certificazione dei crediti e garanzia dello Stato per i debiti delle PPAA
Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Rocco Todero.
Con due provvedimenti di recente emanazione – il decreto legge n. 66/2014 convertito in legge n.89/2014 ed il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 27 giugno 2014 – Governo e Parlamento hanno introdotto la garanzia dello Stato per il pagamento dei crediti certi, liquidi ed esigibili, vantati da imprese e professionisti nei confronti delle pubbliche amministrazioni diverse dallo Stato.
Si tratta di una serie di regole in virtù delle quali il creditore privato ottiene dalla amministrazione debitrice, per il tramite della piattaforma informatica del ministero dell’economia e delle finanze, la certificazione dei propri crediti maturati al 31.12.2013 ed iscritti nel bilancio della P.A. come debiti di parte corrente. Grazie a tale certificazione, che in sostanza altro non è che un riconoscimento di debito da parte dell’amministrazione, lo Stato garantisce di provvedere al pagamento del credito per l’ipotesi in cui l’amministrazione debitrice dovesse risultare inadempiente nei confronti della banca o dell’istituto di intermediazione finanziaria al quale l’originario creditore privato abbia ceduto la propria pretesa patrimoniale.
Il creditore privato, dunque, verrà immediatamente soddisfatto dalla banca che accetterà la cessione del credito vantato nei confronti della P.A. e lo Stato interverrà solo nell’ipotesi in cui, giunto a scadenza il termine per il pagamento del credito da parte della amministrazione debitrice nei confronti della banca che lo ha acquistato, il debito medesimo non verrà estinto col pagamento.
Per le operazioni di cessione il legislatore ha previsto che non potrà essere richiesto uno sconto superiore all’1,9% annuo sui crediti ceduti sino a 50.000 euro ed all’1,6% sui crediti superiori a tale cifra.
Lo Stato, infine, si rifarà del pagamento del credito nei confronti di Comuni, Provincie e Regioni inadempienti decurtando le somme che periodicamente dovrà trasferirgli e che non siano preordinate al finanziamento dei livelli essenziali d’assistenza e qualora non sia possibile provvedere al recupero integrale delle somme dovute dagli enti interessati si procederà alla riduzione delle somme a qualsiasi titolo dovute e quindi anche di quelle destinate ai livelli essenziali d‘assistenza.(artt. 8 e 9 D.M. 27 giugno 2014).
L’introduzione della garanzia dello Stato – la vera novità di questi interventi normativi, atteso che la certificazione dei crediti è già in vigore da alcuni anni – ha il fine di “ assicurare il completo ed immediato pagamento di tutti i debiti di parte corrente certi, liquidi ed esigibili,” ed il legislatore ha ritenuto di potere raggiungere questo obiettivo cercando di stimolare e di rendere appetibili per le banche le operazioni di cessione del credito.
Il meccanismo introdotto dai recenti interventi normativi appare, ad una prima lettura, di indubbio interesse soprattutto perché spinge nella direzione dell’adempimento obbligatorio dei debiti delle pubbliche amministrazioni nei confronti dei privati fornitori di beni e servizi e lo fa condendo il tutto con l’enfasi di affermazioni categoriche come quelle che prescrivono che “La garanzia del fondo è a prima richiesta, diretta, esplicita, incondizionata ed irrevocabile..”; ma stimola, allo stesso tempo, alcuni rilievi critici per superare i quali sarà necessario attendere la “messa a regime” dell’intera operazione.
Occorre, innanzitutto, osservare che la garanzia dello Stato è oggi limitata ad un fondo capiente nella misura di euro 150 milioni mentre i debiti certificati risultano già adesso essere nell’ordine di decine di volte di più. Altri 1.000 milioni di euro dovranno essere recuperati all’interno del bilancio del Ministero dell’Economia e delle Finanze attraverso opportune variazioni di spese sulle quali non vi è stata tuttavia alcuna indicazione.
La possibilità di ottenere la certificazione dei crediti al fine di potere usufruire della garanzia dello Stato è poi limitata ai crediti certificati alla data di entrata in vigore del decreto legge (24 aprile 2014) o a quelli la cui istanza di certificazione sarà presentata entro un determinato termine ( il 23 agosto 2014, poi prorogato al 31 ottobre 2014).
A ciò si aggiunga che il meccanismo della garanzia dello Stato rischia di alterare il principio di parità di trattamento dei creditori, poiché coloro che riusciranno a cedere tempestivamente i loro crediti alle banche saranno soddisfatti, grazie all’intervento dello Stato, a scapito di quanti potranno vantare un credito più vecchio ma ancora non ceduto, magari perché non hanno trovato l’istituto di credito disponibile alla cessione. Chi prima arriverà meglio alloggerà, dunque.
L’impatto concreto dei provvedimenti varati, inoltre, dipenderà dall’adesione del sistema bancario al volere del Governo e del Legislatore e, in particolare, dall’accettazione del tasso di sconto che dovrebbe rendere conveniente per gli istituti di credito la cessione del credito, tasso che, è opportuno sottolinearlo, non è il risultato della volontà del “mercato” quanto piuttosto di un’imposizione dello Stato.
Tutto dipenderà, poi, dalla fiducia che le banche riporranno nella garanzia che lo Stato offre per il pagamento dei crediti che hanno acquisito, e non è detto che questa garanzia ispiri la fiducia che occorre, tenuto conto anche del fatto che il decreto ministeriale citato impone un accantonamento a coefficiente di rischio in un apposito fondo del solo 8%. del valore del credito certificato e ceduto, mentre la garanzia dello Stato è concessa per l’intero ammontare della pretesa patrimoniale.
La maggior parte dei Comuni, delle Province e delle Regioni, infine, versano in condizioni di grave crisi di liquidità e presumibilmente si avvarranno della facoltà, prevista nel decreto legge, di proporre alle banche di rateizzare e riscadenzare i debiti ceduti. Le banche valuteranno tali proposte in base alle loro convenienze come è giusto che sia.
Quindi, siamo in presenza: 1) di una riserva limitata per la garanzia di pagamento dei crediti, 2) di una discrasia fra la somma garantita e quella effettivamente disponibile ed accantonata per ogni cessione del credito, 3) dell’impossibilità di garantire il pagamento dei crediti secondo la loro anzianità, 4) dell’impossibilità di garantire l’efficacia dell’intera operazione senza l’adesione massiva delle banche, 5) di un’impostazione sostanzialmente dirigista.
Proviamo ad articolare una modesta proposta che possa evitare, o quanto meno ridurre, gli inconvenienti illustrati.
Invece di chiamare in causa le banche, cui riconoscere un tasso di sconto annuale dalla cessione del credito, lo Stato potrebbe più semplicemente imporre – con una misura di lungo periodo – la riduzione graduale del debito a tutte le pubbliche amministrazioni non statali, costringendole a pagare annualmente un stock di debito certificato e predefinito, sotto la minaccia, per il caso di inadempimento, di destinare l’equivalente dei trasferimenti statali di competenza della P.A. per l’anno di riferimento direttamente al pagamento dei crediti dei privati. Le norme sul coordinamento della finanza pubblica lo consentirebbero di certo.
Così facendo, lo Stato potrebbe innanzitutto imporre il pagamento dei debiti seguendo l’ordine della loro anzianità, oppure potrebbe assicurare periodicamente un pagamento frazionato a tutti i creditori; quindi potrebbe tentare di risolvere in gran parte il problema dei pagamenti perché non avrebbe bisogno della disponibilità di alcuna somma posta a garanzia delle corresponsioni, ma dovrebbe più semplicemente prevedere per un certo numero di anni – o finché i debiti non saranno definitivamente estinti – la possibilità di destinare i trasferimenti ordinari alle pubbliche amministrazioni ai pagamenti dei loro debiti tutte le volte che lo stock predefinito di debito non sarà stato pagato.
Non ci sarebbe bisogno dell’adesione delle banche per assicurare il buon esito dell’intera operazione, né di alcun tasso di sconto imposto invece in perfetto stile dirigista. Non essendo necessari né le risorse in capo allo Stato per garantire i pagamenti, né il consenso delle banche per addivenire alla cessione dei crediti, non potrebbe sussistere a quel punto alcun ostacolo ad impedire la corresponsione di quanto dovuto ai creditori da parte dello Stato.
Sarebbe necessario, tuttavia, avere a disposizione una nozione chiaramente definita e quanto più restrittiva possibile dei livelli essenziali d’ assistenza d’assicurare ai cittadini, al fine di escludere i finanziamenti all’uopo destinati dal novero di quelli che possono essere dirottati dallo Stato al pagamento dello stock annuale di debito predefinito. La pretesa da parte dello Stato, infatti, di volere recuperare le somme utilizzate per il pagamento dei debiti degli enti locali e delle regioni anche attraverso la compensazione con i fondi destinati ai livelli essenziali d’assistenza che non verrebbero più trasferiti agli enti debitori appare più una vacua declamazione nell’attuale contesto costituzionale di “Stato sociale” e di profonda crisi economica piuttosto che una vera e propria “ garanzia” a favore del medesimo soggetto garante.
P.S. Interpellate le filiali di due delle maggiori banche operanti in Italia in una cittadina di 350.000 abitanti è risultato che nessuno sa niente della cessione dei crediti e della garanzia dello Stato.
@roccotodero
Le banche fanno i loro interessi…sempre, indipendentemente dalle leggi. Fra i processi di tassonomia bancaria..c’è sicuramente anche quello che analizza il rischio di mancata compliance legislativa, le assegna un valore, una probabilità di accadimento e accantona una quota di fondi per quando l’evento si manifesterà. Perchè le banche dovrebbero garantire debiti al 100% venendo pagate un misero 1,6% o 1,9%..quando con i BOT guadagno molto di piu di piu..e a rischio zero..visto che alla fine del domino c’è la BCE che spende in garanzie. Siamo di fronte al solito..”vecchio conio”..cioe’ una “patacca”. E se lo Stato facesse quello che dice Lei..ma siamo impazziti.?! vorrebbe dire che lo Stato la smetterebbe di alimentatre se stesso ed i suoi dipendenti con del finto lavoro senza valore aggiunto….una eresia.
mi associo a quanto commentato da MG. I consigli di Todero sono ragionevoli, ma la realtà è già passata avanti. Ormai, al di là dei ritriti proclami alla legalità e alla “crescita” (d’obbligo le virgolette), ormai lo S(s)tato italiano è all’anarchia e alla bancarotta. Con noi dentro, purtroppo.
La soluzione, l’unica soluzione, stava nella “Società partecipativa”
http://lafilosofiadellatav.wordpress.com/fiatpomigliano-darcomelfi-come-mettere-a-frutto-la-lezione-di-pier-luigi-zampetti-per-risolvere-il-conflitto-tra-capitale-e-lavoro/
secondo Dottrina speciale, ma i tempi – purtroppo – non erano ancora maturi. Credo che schianteremo, a breve. Peccato.