Debiti Pa-imprese: poche chiacchiere, l’Italia continua ad aver torto
L’Italia è specialista nel farsi del male da sola. La tendenza al masochismo è pulsione insopprimibile del suo teatrino politico. Così ieri l’apertura da parte della Commissione europea di una procedura procedura di infrazione contro l’Italia, per la violazione della direttiva europea sui ritardi di pagamento entrata in vigore il 16 marzo 2013, è diventata in poche ore una rissa politica domestica che ci rende ancora più ridicoli in Europa. Il governo e membri della maggioranza hanno accusato il commissario europeo Tajani, uscente tra due settimane ed eletto al parlamento europeo, di aver “spinto” la procedura per propaganda politica. Lui ha naturalmente replicato senza mezzi termini, insieme a membri di Forza Italia.
Tutte parole sprecate. L’unica cosa che dovrebbe contare è il merito della faccenda: stranota da anni, l’enorme ritardo della pubblica amministrazione italiana nel pagare i suoi fornitori. Un ritardo contro il quale da tre anni i governi – Monti, Letta, Renzi – tentano di porre riparo. Prima di agitar polemiche, dovrebbero contare tre sole domande. Primo: abbiamo risolto il problema pregresso? Secondo: a parte il debito precedente, paghiamo oggi nei 30 giorni ordinari stabiliti dalla direttiva europea (si arriva a 60 giorni solo per alcuni casi eccezionali, come forniture sanitarie particolari)? Terzo: ha torto la Commissione?
I nudi fatti oggettivi, non le discutibili opinioni politiche, portano alle seguenti risposte. Primo: no, abbiamo fatto dei passi ma non abbiamo affatto risolto il pagamento del debito pregresso. Secondo: no, neppure per i debiti recenti, lo Stato paga secondo i tempi “europei”. Terzo: di conseguenza è inutile accusare Bruxelles, invece bisognerebbe prendere l’infrazione come una nuova leva per accelerare la soluzione del guaio. Inutile dire che 4-6 punti di Pil – di tanto variano le stime – di pagamenti alle imprese muterebbero sostanzialmente la loro condizione di liquidità, e la possibilità di far crescere di più l’Italia.
Il pregresso. Dopo 3 anni, lo Stato non è ancora riuscito a risolvere neppure il problema di una precisa metrica di quantificazione del debito accumulato. Quel che è certo è che a fine 2013 aveva pagato alle imprese fornitrici circa 23 miliardi di debito “storico”. Secondo il Tesoro, ne restavano non più di 53-55. Che Renzi, a Porta a porta ospite di Bruno Vespa, si impegnò a pagare integralmente entro settembre, e a inizio governo aveva detto entro luglio. Scommettendo, in caso contrario, di effettuare un pellegrinaggio a piedi in un santuario toscano. Attualmente, sembrerebbe che il pellegrinaggio toccherà a lui, non a Vespa che era incredulo e che accettò la scommessa.
Infatti nella relazione annuale del governatore Ignazio Visco, tre settimane fa, la Banca d’Italia ha precisato che restano altri 75 miliardi di debito pregresso. Certo, il Tesoro si riferisce ai debiti certi ed esigibili entro il 31 dicembre 2012, Bankitalia somma quelli del 2013 aggiungendo quelli fuori bilancio – il Tesoro non è in grado di dire quali spese siano state assunte per investimenti, che emergono solo per cassa, rispetto a quelle correnti che invece impegnano competenza e sono visibili sin dall’inizio – nonché quelli oggetto di contenzioso. Bankitalia ha spiegato inoltre che ai 90 miliardi della sua stima un anno prima – anche allora non “tornava” la cufra, rispetto a quella del Tesoro – sottrae certo i 23 circa pagati nel frattempo, compresi quello ceduti con clausola pro solvendo direttamente dalle imprese alle banche, e quelli ceduti pro soluto sempre alle banche con garanzia pubblica secondo le procedure intanto varate. Ma, appunto nel corso del 2013 altri debiti si sono accumulati. E vanno aggiunti, dice giustamente Bankitalia. Il governo ha masticato amaro, ma a Bankitalia non ha replicato. Anche perché via Nazionale ha riconosciuto che intanto i pagamenti avvenuti hanno prodotto benefici tangibili alle imprese interessate, che hanno impiegato la maggior parte dei rimborsi per ridurre l’esposizione verso banche o fornitori, e hanno più significativamente rivisto al rialzo i piani di investimento. Resta il fatto che sono almeno 75 i miliardi accumulati ancora da pagare. Anzi 100, dice la CGIA di Mestre, sommando ulteriormente una stima per le imprese mini e micro, sotto i 20 dipendenti. E l’aggiunta non è “disinvolta”, perché la stima Bankitalia è fatta sulla base di un’indagine campionaria che non “fotografa” le microimprese.
I tempi. Anche su questo, è stata Bankitalia la prima a riconoscere tre settimane fa che i tempi medi di pagamento pubblici alle imprese restano sideralmente lontani da quelli previsti dalla direttiva UE. Lo scorso anno sono stati pari a circa 180 giorni, in lieve riduzione rispetto ai 190 e oltre del 2012. Quanto ai tempi definiti nei contratti, se ci si limita a esaminare quelli stipulati nel 2013 successivamente all’entrata in vigore della direttiva Ue contro i ritardi di pagamento, ci si assesta comunque sopra i 60 giorni. Lontanissimi dai tempi con cui si paga non in Germania o Francia, ma ormai in Grecia, Cipro, Serbia e Bosnia. Il che vuol dire che il lavoro da fare è ancora molto. Nella sanità, continuano a sussistere casi concalamati di pagamenti a mille giorni. Io stesso ricevo lettere a radio24 da parte di fornitori, come tutti i giornali e i media.
I modi. Se malgrado le intenzioni dichiarate dai governi quel che si è fatto è troppo poco, si deve a tre problemi insoluti. Il primo, già accennato, è la persistenza di un’area grigia di debiti commerciali pubblici non contabilizzati perché non impegnano voci nei bilanci di competenza: si deve dunque fare riferimento a crediti esigibili presenti nei bilanci delle imprese, ma su questo il Tesoro ha sempre preferito una strategia conservativa, al fine di evitare di far emergere deficit aggiuntivo. I debiti presenti nei bilanci di competenza contribuiscono già al deficit pubblico dei rispettivi anni, fanno solo aumentare il debito pubblico quando vengono pagati per cassa ma non mettono in discussione il tetto di deficit contrattato con l’UE verso l’azzeramento strutturale del deficit. Di qui lo scontro rispetto al secondo problema: le procedure più spedite proposte fin dall’inizio dalla Cdp e dal suo presidente Bassanini, a Monti come a Letta come a Renzi. Di qui anche la proposta che avanza oggi Corrado Passera con la sua nuova formazione politica, creare una società veicolo garantita da Cdp che paghi subito tutto il pagabile con la copertura di titoli obbligazionari. Al Tesoro queste proposte non sono mai piaciute. E finora ha vinto il MEF. Il terzo problema è che diverse Regioni non si dimostrano all’altezza neanche di pagare quando lo Stato dà loro i fondi per farlo. A fine febbraio, su oltre 13 miliardi girati alle Regioni dallo Stato a questo fine, solo 10 erano stati utilizzati. I problemi si addensano in 5 Regioni: la peggiore la Sicilia, che da sola non ha usato un miliardo per il pagamento dei debiti, poi Campania (anche lei 936 milioni non utilizzati), poi Calabria, Sardegna e Molise.
E’ alla soluzione di tutto questo che bisogna lavorare alacremente. Invece di fare inutili polemiche, visto che lo Stato italiano continua nei fatti ad avere torto marcio.
Abbiamo capito finalmente perché i politici NON VOGLIONO far funzionare la giustizia civile ? Ve lo immaginate: caro ministro, da domani vai al tuo ufficio a piedi, perché ti ho sequestrato la macchina blu, e non puoi pagare il taxi perché ti ho pure sequestrato tutti i conti del ministero, visto che non mi pagate da chissà quando. Drin, drin: la sveglia, ma lo immaginavo che fosse un sogno, non è credibile manco da addormentati.
Il signor Renzi a tal proposito cosa dice ?
Quello del pagamento di tutti i debiti pregressi della PA era un caposaldo della sua azione di governo.
Il problema è l’esistenza del diritto privato e di quello pubblico.Dovrebbe esserci solo il diritto.Se non pago mi sequestrano i mobili.Si faccia altrettanto con l’amministrazione coinvolgendo in solido amministratori e politici.Dice:non si può.Allora risparmiamoci la fatica di chiacchiere inutili.
Egregio,
l’unica e semplice domanda è:
QUALE E’ LA “REALE” MOTIVAZIONE DI TALE SITUAZIONE ?
NON SONO RIUSCITO AD AVERE ANCORA UNA RISPOSTA ACCETTABILE CHE NON OFFENDESSE UNA NORMALE INTELLIGENZA. DOBBIAMO ABITUARCI AD APPLICARE SEMPRE IL KAIZEN METOD.
Saluti
RG
Non si pagano i debiti per:
1- Mancanza di liquidità. Delle due l’una: o l’europa obbliga ad una stretta sui conti pubblici (indecente in anni di crisi) o bacchetta se non si paga. Dovrebbe semplicemente contare tutti i debiti esistenti nel debito pubblico così alla fine se vengono pagati non incide sulla presentabilità dei conti.
2- I soldi ci sono ma si fa esercizio di potere. Questo è un vero cancro della democrazia perchè è la clava del politico/funzionario pubblico per chiedere favori
3- Semplice inefficienza: troppi livelli di controllo sulla spesa che alla fine è comunque incontrollata.
Il numero 1 non dipende molto dall’Italia, gli altri assolutamente si
Chi è inadempiente dovrebbe semplicemente pagare e chiedere scusa, non fare il gradasso e pretendere la prova che hai pagato le tasse relative a ciò che hai guadagnato sulle forniture non pagate.
Mi risulta che per lo stato i bilanci si facciano spesso per cassa. Di conseguenza ritardare i pagamenti vuol dire spostare deficit da un anno all’altro, nascondere la spazzatura sotto il tappeto. Come ordine di grandezza 80 miliardi sono 5% del PIL. E BXL è li col fucile puntato per controllare 0,1% di sforamento del debito sul PIL. Chi li paga adesso 5% del PIL? farebbero affondare i conti dell’anno.