Dati che deludono, cicli che non si separano
Una nuova serie di dati poco incoraggianti dall’economia reale. Negli States, delusione dalle vendite al consumo nel mese di luglio, diminuite su giugno della bellezza del 5,1% e per l’undicesimo mese consecutivo. Persino il NYT – non noi poveri liberisti minoritari – scrive che non si può escludere che a ciò abbiano contribuito le stesse misure assunte dall’amministrazione Obama. A Londra, la Bank of England a sorpresa ha esteso la capienza delle riserve bancarie devolute al quantitative easing di altri 50 bn£, fino a 175 bn £: per i non addetti ai lavori, significa che il regolatore monetario britannico non solo non crede affatto che siamo i uscita dalla recessione, ma si prepara al peggio ulteriore, e di conseguenza procederà a massicci acquisti sul mercato per levereggiare i corsi di Borsa e sostenere il prezzo degli asset finanziari. Altra droga ai mercati. Nell’euroarea, la BCE non segue, e al contrario si sottolinea con speranza la ripresa degli ordini tedeschi che segnano un più 4% e rotti a luglio, dopo un dato analogo a giugno. Ma la produzione industriale italiana a giugno – resa nota oggi dall’Istat – ha deluso ogni aspettativa di segnali energici di ripresa. La domanda è: stiamo assistendo a un business cycle decoupling, tra Paesi Ocse? Sarebbe pure utile, se avvenisse, in modo che bilance dei pagamenti e commerciali potessero equilibrarsi a vicenda. Macché, non ci sperate. Il ciclo dei Paesi avanzati resta disperatamente appiattito su andamenti analoghi, come si può approfondire in questo paper e nelle sue charts. Semmai, il fatto da notare è che noi siamo sulla parte bassa di replica di tutte le curve, purtroppo…
Salve Giannino, se questi trends si confermassero avremmo un autunno e anche un inverno davvero preoccupanti e claustrofobici. Il tutto poi è aggravato da una informazione economico-finanziaria parziale e troppo spesso reticente come confermano i supoi post sugli atteggiamenti delle banche.
Come se non bastasse ci si mettono anche le autorities a chiudere occhi e tribunali troppo permissivi.
E per questo che bisogna assolutamente lanciare una sfida editoriale al sole 24 ore, anche se c’è una crisi mondiale dell’editoria. Credo che in Italia ci siano dei margini dato che sul settore economico il sole detiene una posizione di monopolio.
Servono persone di buona volonta e di grande passione intellettuale, e lei è tra queste.E stia tranquillo che non sarebbe solo, basti pensare al mondo delle partite iva delle piccole medie imprese , degli analisti indipendenti e dei ricercatori
Faccio parte di quell’economia reale con cui Lei inizia questo articolo. Questo è un piccolo contributo dal basso o dalla realtà, come si preferisce vedere. La mia è una microimpresa a Palermo. Ho ultimamente pubblicato visto il tempo che mi rimane a disposizione, non soltanto perchè ci sono le ferie, ma per un forte decremento degli ordinativi, un blog, che vorrebbe essere uno spazio dove altri come me che mai si sono interessati troppo di questioni economiche-finanziarie per la peculiarità del nostro lavoro, volessere raccontare le loro esperienze in questo momento storico particolarmente “interessante”. Siamo noi artigiani, poco rappresentati, mai ascoltati, spesso si dice che siamo tutti evasori ecc. Le varie confederazioni che ci rappresentano, non hanno secondo me la forza sufficiente per fare proposte serie ed efficaci. O si cambia in questa occasione di crisi qualcosa o molti saremo costretti a chiudere, prima o dopo.
Questa che stiamo attraversando è una crisi economica, che avremmo dovuto aspettarci. Probabilmente alcuni l’avevano intravista, ma fino a che non è stata davanti agli occhi di ognuno, difficilmente sarebbero stati creduti. Eppure questo tipo di sviluppo che è costretto a consumare tutto per potersi sostenere non è che, anche non essendo economisti da premio Nobel, non si facesse vedere come l’oramai noto cane che si morde la coda. Le risorse non sono inesauribili, l’ambiente non può contenere tutti i rifiuti, scorie , anidride carbonica ecc. Se ho già due automobili perché ne devo comprare un’altra oppure sostituirne se ancora funzionano. Ci sarebbe da scrivere per giorni sull’argomento e magari avere opinioni con migliaia di sfumature diverse, ma sono cose che già sappiamo, anche se siamo portati a non averne coscienza, come fossero problemi che non ci riguardano in prima persona. Quindi vorrei suggerire a coloro che leggeranno una o due riflessioni:
la prima che è questa una occasione d’oro che non dobbiamo lasciarci sfuggire, forse per noi l’ultima, per cambiare ciò che non funziona, subito. Partire dall’analisi di ciò che è il sistema produttivo, non quello mondiale, se no ci perdiamo, magari dall’Italia. Anzi partirei proprio da vicinissimo, cioè dalla mia impresa, microimpresa in Sicilia a Palermo. Guardando gli anni passati, devo dire che già dal 1994, la famosa estate del crollo della lira nei confronti del marco, mi sono accorto man mano che anche lavorando tutto il giorno, è chiaro che sono un artigiano, nel settore artistico, alla fine dell’anno riuscivo a malapena a pagare il mutuo per il laboratorio, per qualche macchinario, le tasse l’inps ma non mi restava molto per vivere. La mia fortuna è avere una moglie che lavora come dipendente statale, la casa ce l’avevamo dai nostri genitori, e quindi mi sono potuto permettere questo lusso, cioè lavorare come autonomo. Credetemi che oggi ma da un po’ di tempo, è proprio un lusso, costa moltissimo in termini economici ma anche di stress, pensieri, consulenti, studi di settore, arrabbiature, responsabilità, rischi, bollette da pagare, sorprese di cose che non sapevamo dover pagare e che arrivano a mo di colpi d’ariete per farti crollare ecc. ecc. ecc.. Diversamente non sarebbe stato possibile un mestiere iniziato con entusiasmo nel 1983 e che nel 1988 ho scelto definitivamente, abbandonando l’insegnamento di ruolo nella scuola statale, che mi avrebbe consentito un vivere “ tranquillo, senza contraccolpi ” (economicamente parlando); forse con una pensione più a misura di lavoratore oltre che malattie pagate, ferie pagate, con nessuno che dice che faccio parte della categoria degli evasori fiscali che sono causa della crisi del nostro paese con 250 di mld. insieme alla malavita organizzata che ha un giro d’affari, sentivo alla radio, di oltre 400 miliardi di euro l’anno ecc.”. Insomma solo vent’anni fa intraprendere in Sicilia era una cosa ragionevole, anche con tutte le differenze nei confronti del resto dell’Italia, di regioni che ha nno sempre avuto geograficamente una posizione privilegiata. ( Io il ponte sullo stretto lo farei solo per vedere cosa cambierebbe) . E si che da noi c’è stata e c’è anche la mafia che ha inciso non poco, nel degrado del territorio e nello sviluppo economico-politico-sociale della nostra bellissima isola. Ultimamente alle piccole imprese è venuto a mancare il sostegno economico Regionale o Provinciale, c’era il fondo perduto del 30% per l’acquisto di automezzi, macchinari per l’innovazione tecnologica, contributi per l’apprendistato ecc. Solo adesso mi rendo conto che la piccola impresa artigiana è una anomalia del settore economico produttivo fiscale del nostro paese, tant’è che senza aiuti da parte degli Enti o dello Stato questa non ha possibilità d’esistere. Da sola non ce la può mai fare, troppi sono gli adempimenti, i consulenti, gli oneri, le tasse sempre nuove ed infinite che soffocano la piccola impresa, soprattutto quella che produce manufatti artistici in pezzi unici o in piccolissima serie. Non è impresa che può farcela, tant’è che molte qui a Palermo o sono in forte sofferenza o hanno già chiuso. Spesso, discutendo con altri artigiani, quanto scrivo è condiviso e mi rendo conto che c’è come un pudore a parlare delle cose quando non vanno bene. E’ come un senso di colpa che ci impedisce di raccontare che le nostre imprese hanno poco lavoro e anche avendone è impossibile andare avanti e crescere. L’artigiano è qualcuno che sente la dignità di essersi costruito l’impresa, la sua azienda cioè essersi inventato in qualche modo, il proprio lavoro. Non è facile dichiarare che le cose non vanno bene, nemmeno per me. Per molto tempo sono stato restio a mettere in comune gli aspetti della mia attività, che non fossero la qualità dei miei prodotti, la bellezza del mio lavoro, la possibilità che quanto un artigiano realizza sia la risposta al bisogno di un altro con cui rapportarsi, avere un dialogo, incontrarsi. Tutte cose dell’altro mondo, dove i rapporti umani sono privilegiati rispetto alla distanza che si frappone tra produttore industriale e fruitore di un prodotto. Così poi sono nati gli investimenti in borsa, l’alta finanza i giochetti sui bond i titoli tossici ecc. dove ha prevalso il guadagnare senza la fatica del costruire, nessuno mi venga a dire oggi, che sono esagerato e che non capisco di economia.
Allora chiedo a voi artigiani, che magari per “pudore” o per mancanza di tempo, prima di due mesi fa lavoravo sino a tardi ed ho sempre avuto poco tempo per scrivere o leggere , di fare sentire la vostra voce, e mettere in comune la vostra esperienza, qui in questo blog http://www.artigianauti.com appena nato ma che può crescere e aiutarci a capire cosa dobbiamo fare e come possiamo contribuire a che l’artigianato italiano torni ad essere un punto di forza, come forse non lo è mai stato sino adesso. Oggi le condizioni, sono paradossalmente favorevoli, la specificità della nostra attività non può farci subire la concorrenza ne della Cina ne di altri paesi dove la mano d’opera non costa nulla, la creatività di cui siamo consapevoli non deve essere mortificata dai nostri governi ne di destra ne di sinistra, ma deve essere esaltata.La seconda riflessione è quindi una richiesta:come ho già avuto modo di dire, dovrebbe essere ridotta l’iva per i settori artistici dell’artigianato, al 5%, ma anche a zero, che siano sospesi temporaneamente, per chi lo volesse versamenti inps ed inail per darci modo di respirare sino a crisi esaurita( potremmo pagarli a rate senza more o interessi inappropriati dopo) così da non farci sobbarcare more e spese infinite su ritardi di pagamento che spesso, sui debiti inferiori a più milioni di euro, sono paragonabili a tassi da usura, perché oltre il milione c’è lo spalma debiti o la sanatoria o il patteggiamento. ( Vedi tanti milionari e personaggi illustri)L’iva più contenuta potrebbe ridurre i prezzi e sostenere un po’ la domanda, come si fa con la Fiat per la rottamazione ecc.
Qualcuno che legge e che è più prossimo ai tavoli decisionali, non lasci passare inascoltate queste richieste.
Agli artigiani, ma non solo, di intervenire con commenti o proposte ed anche racconti di cose belle, dobbiamo far vedere che anche noi siamo tante famiglie come giustamente lo sono le tante famiglie degli operai delle Fiat o dei lavoratori dell’Alitalia, rendiamo visibile i nostri numeri.
Grazie Roberto Alabiso
Buongiorno Dr Giannino, condivido in toto le sue considerazioni e la invito a non tracurare la provocazione contenuta nel comento del Sig. Paolo B….
Per la serie “notizie dal mondo dell’Economia reale”
Lavoro nei settori oil&gas e PowerGen.
Sto notando dei piccoli colpi di coda negli ordinativi che si rispecchieranno in un “rimbalzino”/”rimbalzo” in autunno (cosa che sarebbe in linea con i dati tedeschi…noi arriviamo con qualche mese di ritardo).
Dovendo dare un giudizio, credo che la crisi abbia congelato non solo i grandi progetti ma anche le manutenzioni e i revamping. Questo rimbalzino serve per ricostituire le scorte dopo mesi di immobilismo nella gestione degli impianti.
Dopo…beh…dopo si vedrà.
Personalmente ritengo che al momento fare previsioni è veramente difficile (è stato più facile prevedere la crisi).
Voglio chiudere con una piccola considerazione.
E’ di oggi che la Bertone andrà in mani Fiat.
La crisi della INNSE….che chi gira per officine sa cosa vuol dire, se non altro per motivazioni affettive.
La Socotherm in corcordato preventivo (a proposito, solo qualche mese fa IL SOLE 24 ORE pubblicava articoli sulla grandiosità dell’impero “soave”…articoli a pagamento???).
Credo di non sbagliarmi se dico che ogni ulteriore mese di crisi rappresenta una crepa in più nel tessuto produttivo italiano.
Comunque, partirei da un semplice dato di fatto: l’Italia semplicemente sta in piedi per convenzione. Continuando poi con le politiche keynesiane in voga nel mondo oggi, saremo raggiunti anche da altri paesi, i cui debiti pubblici stanno crescendo a ritmi di rumba.
Ma tornando al Belpaese: come fa oggi un lavoratore autonomo piuttosto che un libero professionista a tenere aperta la bottega, pagare un addetto, mantenere la propopria famiglia? Ha un’unica soluzione: essere un evasore fiscale. Sono convinto, e non ho bisogno dell’Istat, che il 90% del cosiddetto “popolo delle partite IVA” sia costretto, addirittura incentivato, ad evadere, eludere, occultare e quant’altro. Lo dice uno che fa parte di quel popolo, facendo il promotore finanziario, e che non può evadere un euro (le fatture vengono redatte dall’istituto di cui ho il mandato, non da me) e le tasse le deve pagare tutte (quando ci riesce, sennò raddoppiano). Beh, stantibus rebus, io vorrei diventare un evasore fiscale, e ne sarei pure orgoglioso.
Il buffo è poi che le banche e le imprese di maggiori dimensioni fanno la stessa, identica cosa, solo che per loro è una prassi divenuta legale e normale. I giornali mettono alla gogna come evasore il droghiere, il ristoratore, quando si lasciano andare alla demagogia socialistoide il gioielliere, mica Unicredit (che l’altro giorno ha concesso un piccolo prestito personale ad un mio conoscente al simpatico tasso del 9%).
Altro che bonus, incentivi, infrastrutture, ponti, gabbie, casse per il mezzogiorno e per il pomeriggio: o si riforma veramente il sistema fiscale, portando la pressione fiscale a livelli umani (e laddove lo si è fatto le entrate dello stato sono aumentate e non di poco), facendola finita con questa grande ipocrisia che ci annichilisce tutti, o buonanotte.
Allora, da profano, vediamo se ho capito bene:
la borsa cresce con la manina FED, quindi è una crescita finta, per cui non anticipa alcuna ripresa, semmai anticipa il crollo prossimo venturo.
Le piccole banche, in USA, vengono chiuse causa ispezioni patrimoniali, nel contempo le grandi banche continuano a speculare. Quindi o non hanno imparato niente dalla crisi o questo casino l’hanno combinato a bella posta (tertium non datur).
Vero è che gli Americani anno messo dentro Madoff (il quale ha tanto l’aspetto del capro espiatorio, è palese che senza appoggi non poteva fare ciò che gli hanno imputato), ma gli altri banchieri non sono stati toccati. In buona sostanza le volpi di prima restano a guardia del pollaio rimpinguato. Se ho ben capito la situazione è la seguente: io, Governo, non vengo a controllare come stanno realmente i tuoi conti, e tu, banchiere, non mi spaventi il volgo; con ciò i banchieri si sentono autorizzati a fare quello che facevano prima, ovvero speculazioni strane.
I poveri cristi pagano il 50% di tasse, le banche, tipo Unicredit, l’11% (eventuale nero escluso, of course); la Banca d’Italia ha addirittura privilegi fiscali, e Trichet è ben attento a che non vengano scalfiti.
Tremonti non parla più di riprendersi la Banca d’Italia, evidentemente qualcuno gli ha fatto capire che è meglio soprassedere. Lo stesso qualcuno che fa quello che gli pare, che ha sempre ragione e ha modo di tappare la bocca a chi vorrebbe criticare (sarà Riina).
Forse sbaglio o esagero, magari ho capito male,ma sarò veramente grato a chiunque mi spieghi in parole povere come stanno le cose.
Tutto quello che mi sento di dire per chiarire un po le idee rispetto al momento di crisi che stiamo vivendo è che non c’è un motivo preciso o un attore particolare ad averci portato a questa situazione ma una serie di comportamenti sequenziali da parte delle istituzioni mondiali e alimentati da un sentimento di irrequietezza nel voler raggiungere livelli di benessere sempre crescenti.
Il motivo principe è secondo me nella capacità produttiva e forsennata della cina; alimentata anche dalle nostre aziende delocalizzate. La necessità/ingordigia delle nostre aziende di produrre sempre a minor costo e di rivendere a prezzi sempre crescenti le ha spinte ad impiegare manodopera a basso costo nei vari paesi d’origine. In questo modo si è iniziato ad alimentare uno sfruttamento dei paesi che offrivano tali vantaggi ma è anche iniziato in sordina un processo che nel lungo periodo ha avuto gli effetti che vediamo e cioè di aver dato ai nostri cittadini occidentali la falsa sensazione di potersi permettere un tenore di vita al di sopra delle loro già limitate possibilità. Tutto è potuto continuare senza problemi fintanto che i prezzi delle attività occidenatli crescevano continuamente (leggasi ultima bolla immobiliare americana ed europea) dando la possibilità all’economia americana ed europea di autoalimentarsi con la costruzione a ritmi insostenibili di abitazioni e di capannoni. Quando i prezzi degli immobili hanno raggiunto prezzi tali da risultare eccessivi, la conseguenza più logica è stata quella del crollo del settore immobiliare e dato che è il settore trainante ha trascinato con se anche tutti gli altri settori……..
Insomma non si poteva pensare di andare a produrre all’estero e di vendere in patria ancora a lungo e per di più di speculare su un settore trainante dell’economia come quello immobiliare senza che i nodi non arrivassero al pettine: come potevano pagarsi il mutuo le varie famiglie “Rossi” se i loro stipendi non salivano al pari dei prezzi delle case e se addirittura i posti di lavoro scarseggiano?
In aggiunta a questo le banche hanno contribuito ad innescare la crisi con le loro furbate del credito facile alimentando illusioni sulla capacità di spesa di ognuno di noi; altri “operatori” con il leveraggio sui vari futures sulle commodity hanno spinto i prezzi, del petrolio in primis, a livelli insostenibili; le società di ratings hanno compromesso la veridicità dei loro elaborati,…….etc, etc.
Nel frattempo dall’altra parte del mondo, quella che finora e per molti anni ha offerto manodopera a basso costo, è iniziato un processo di occidentalizzazione, le tecnologie che abbiamo esportato in asia possono essere sfruttate a costi minori che in America o Italia (anche perchè gli operai asiatici non godono di tutti quegli istituti previdenziali di cui godono quelli occidentali) e quindi secondo me nei prossimi anni l’equilibrio economico sarà spostato in quella parte del mondo a scapito di una regressione (forse non proprio temporanea) della nostra economia. Ecco allora che anche i cinesi per esempio hanno necessità di tutte quelle agiatezze di cui finora noi abbiamo goduto e per farlo devono aumentare la loro capacità di spesa e quindi devono aumentare i loro stipendi. Noi invece avremo ben poco da vendere agli asitici o agli indiani (salvo eccezioni) e quindi dovremo forse rinunciare a molti di quei beni che finora sono stati alla nostra portata anche perchè non saranno più alla nostra portata. Va da se quindi che il costo della manodopera nel mondo ha iniziato o inizierà un processo di allineamento prorpio in virtù di quella globalizzazione che molto ha fatto parlare di sé e che se prima ci ha fatto conoscere i suoi lati positivi ora invece si mostra nella sua interezza. Ora quello che può ostacolare rallentare o accellerare il processo sono: la libertà e i diritti politici dei cinesi, (i cinesi infatti hanno già conosciuto e assaporato i benèfici effetti di una economia ispirata all’iniziativa privata, ora spero desiderino rivendicare anche la libertà politica). Difficilmente questa crisi, che è un tassello nel processo di globalizzazione, potrà sanarsi nel lungo periodo se parallelamente la democrazia non farà anch’essa passi avanti portando i vari paesi coinvolti ad un livello tale da poter dialogare senza voler far prevale i propri interessi a scapito degli altri.
Dario Mariotto
Per i profani,come commentare il dato relativo al superindice OCSE che da segnali positivi per l’Italia ,direi in contrasto con tutti gli altri parametri ,soprattutto PIL e produzione industriale?
Io credo, ricollegandomi al sig. Mariotto, che in più persone dovremmo finalmente renderci conto di un fatto fondamentale. La qualità delle vita non è o non dovrebbe essere così esageratamente connessa al fatto che più si produce , più si consuma e meglio si vive, perchè tutti sappiamo benissimo che non è vero. Da questa crisi dovremmo imparare , secondo me, a valorizzare ciò che ci è peculiare. Noi, Italiani ad esempio abbiamo tradizioni e cultura che i cinesi ci invidiano, e non tanto questo, ma da dove ci provenga la capacità di rapportarsi al reale con una creatività che loro si sognano. Allora è fondamentale che di questo iniziamo a prendere coscienza. Miglioriamo la qualità dei servizi, le scuole, gli ospedali e tutto il resto, perchè è vivere meglio se tornando da un ufficio pubblico sono stato trattato bene, lo stesso se ho una adeguata assistenza sanitaria, lo stesso se vado al mare e lo trovo pulito, lo stesso se i nostri figli hanno buoni insegnanti contenti del proprio lavoro, o che cominciano a pensare che questo è anche fatica e non solo veline e grandi fratelli. Se in auto, che preferirei non avere, non mi arrabbio troppo, o gli sparo, se qualcuno si frega il posteggio, torno a casa più contento e non commetto un omicidio. Magari chi mi ha fregato il posto la prossima volta me lo lascerà a sua volta. Bisogna ripensare tutto da capo, lo ha detto bene Benedetto XVI nella Sua -Caritas in veritate-, ma sono cose che anche il più sfegatato dei mangiapreti toscani, tra i quali ho vissuto un pò di tempo, i “miei primi venti anni”, tra bestemmie ed altro, che avesse un pò di buon senso, se ne renderebbe conto. La difficoltà a cambiare sta solo in piccolo particolare non trascurabile e cioè che chi crede avendo molte cose, e che purtoppo di solito è al potere, e non mi riferisco a Berlusconi, anche se subito tutti lo farebbero, ma ai potentati economici, grandi banche , multinazionali, petrolieri, ecc. vive sforzandosi di credere che stare bene o essere felice sta nell’avere molte cose; questi sono purtroppo coloro che fanno bello e cattivo tempo. In questi giorni il governo ha chiesto di contenere il prezzo della benzina senza ottenere granchè. Ma se tutti non prendessimo la macchina ad oltranza, credo otterremmo di più. Quando ero ragazzo il governo di allora, decise per l’ austerity, perchè oggi non è possibile fare lo stesso? Chiediamocelo. Siamo così schiavi di ciò che abbiamo? E’ questo il benessere economico ? Meglio allora che la crisi continui, così avremo più tempo per riflettere parlando di cose vere, di problemi reali, della persona e di quello che è, non di ciò che possiede. Di cosa e bene e di ciò che è male, che non bisogna avere cocaina in tasca per tirare avanti la giornata, e ne stare a sentire alla radio tutte le c….te su corona e la sua amica dell’isola dei “famosi stolti”: ma è possibile che ci siano giornali che consumano fiumi di inchiostro e carta riciclata o no che si appassionano alla vita sessuale di Silvio? E peggio c’è chi li paga e legge. Qualcuno dovrebbe pensare a ricostruire,l’ Abruzzo tutti lo abbiamo visto e lo vediamo, ma del terremoto che quotidianamente investe la nostra società ce ne siamo accorti tutti? Crisi, aiutaci tu.
Cordiali saluti
@VINCENZO ACCURSO
Il Composite Leading Indicator (CLI) dell’Ocse è un indicatore anticipatore, costruito cioè per tentare di individuare precocemente i punti di svolta della congiuntura. Quindi non ha legame con dati del passato. C’è piuttosto da evidenziare che il CLI è disegnato per prevedere l’andamento della produzione industriale, sulla base di alcune componenti, che sono l’indice di fiducia dei consumatori, il tasso euribor a tre mesi, la tendenza prevista per produzione manifatturiera e ordinativi industriali, i nuovi ordini industriali reali e le ragioni di scambio. Le fonti di questi dati sono soprattutto l’Isae e l’Istat. Tutti i dati pubblicati ieri sono relativi al mese di giugno, quindi sono per molti aspetti datati (visto che non sempre le tendenze emergono in modo stentoreo, contrariamente a quanto pensano alcuni non addetti ai lavori). Altro caveat: l’euribor è sceso ai minimi storici, tendenza di recente accelerata dal mega-finanziamento a 12 mesi al tasso fisso dell’1 per cento attuato dalla Bce settimane addietro. Ma questo non necessariamente si rifletterà nello sviluppo della produzione industriale. In primo luogo perché l’investimento in macchinari ed impianti resterà debole, dato il basso tasso di utilizzo della capacità produttiva. Poi, si consideri che le banche prestano ad euribor più uno spread, e che nell’attuale fase congiunturale quest’ultimo è aumentato, spesso in modo da controbilanciare la discesa del tasso di riferimento. Io credo quindi che il dato del CLI vada preso con beneficio d’inventario, come ogni previsione.
Segnaliamo tuttavia con piacere che le nostre istituzioni di statistiche e previsioni economiche sono state riabilitate dal premier, dopo mesi passati a criticarle, spesso senza fondamento.
Per come la vedo io… da almeno 20 anni l’economia, e non parlo di quella italiana, naviga in gravi difficoltà. quelli che si sono salvati lo hanno fatto con politiche espansive che ora mostrano la coda lasciandoci coi problemi e con gli effetti negativi di cure paliative. Eppure, vedendo come alcuni beni stiano oggi vendendo meglio di altri, per la prima volta da molto tempo sono un po’ meno pessimista, per l’Italia almeno
@ Alabiso scusa, ma il probema è esattamente l’opposto: stiamo consumando senza produrre. Siamo al paradosso che la Cina, mentre va per la prima volta in deficit, compra titoli di stato USA a rendimenti irrisori per permettre le politiche diciamo “Keinesiane” (ma hanno letto la formula del moltiplicatore ed in particolare il terzo addendo?) degli USA che a sua volta permettono ai prodotti made in PRC di non perdere il loro mercato più grande.