Dai decreti per le imprese la prova di un governo vestale dello status quo – di Enrico Zanetti
Riceviamo e volentieri pubblichiamo da Enrico Zanetti.
Il Governo ha finalmente dato attuazione alla possibilità per le imprese di compensare i debiti iscritti a ruolo con i crediti che esse vantano nei confronti della pubblica amministrazione per le forniture eseguite e non pagate.
È una buona notizia.
Eppure, il suo retrogusto è molto amaro.
Meno di un mese fa questa ipotesi è stata ascritta dal tra quelle meritevoli di suscitare indignazione.
Cosa è successo in mezzo?
La ripresa dell’economia?
No, solo il consenso popolare alle elezioni amministrative per un movimento che si dichiara apertamente antisistema.
E poi dicono che l’antipolitica fa male al Paese.
L’amarezza maggiore, però, riguarda proprio il Governo dei tecnici.
I tecnici si presume non gestiscano il consenso popolare: fanno quello che si può fare, se ci sono le condizioni tecniche per poterlo fare.
Questi decreti sono però la prova provata che, anche per questo Governo tecnico (?), la bussola per discernere ciò che si può fare da ciò che non si può fare è evidentemente il consenso politico.
Seppur, va detto, con un’ottica diversa: non quella della destra, sinistra o centro, ma quello del sistema e dell’antisistema.
Fino a quando il sistema regge, nell’eterno gioco delle finte contrapposizioni tra partiti, si tira la corda con i sudditi.
Quando è il sistema stesso a rischiare di venire messo in discussione, l’impossibile diventa possibile e l’inattuabile diventa attuabile.
Spiace dirlo, ma questo Governo tecnico, proprio nel momento in cui ha fatto qualcosa per il Paese e non per lo Stato, si è infine disvelato per quello che è: la vestale dello status quo.
Per forza, il risanamento si fa a colpi di tasse e la spending review si usa invece con il contagocce (e anche qui, si ricorderà, dicendo, fino a quando è divenuto politicamente insostenibile, che tagliare la spesa avrebbe significato tagliare i servizi, come se gli sprechi non esistessero).
Per forza, si liberalizzano settori dell’economia privata che magari sono già assai liberi nei fatti e non si incide sulla struttura dello Stato e del parastato.
Per forza, ci si scatena nella lotta all’evasione a colpi di decreti e spettacolarizzazioni e si procede al rallentatore sul fronte della lotta alla corruzione.
Per forza si riforma il mercato del lavoro privato e ci si muove con i piedi di piombo sul pubblico impiego.
Per forza, per forza e ancora per forza.
L’Italia non può certo permettersi il lusso di un ritorno dei partiti che l’hanno portata nel vicolo cieco in cui si trova, ma non può nemmeno sperare di uscirne affidandosi a un Governo tecnico che ha il preciso mandato di tutelare, per quanto politicamente possibile, lo Stato a discapito del Paese.
Serve la sintesi di una società civile che non sia organica al sistema e abbia al tempo stesso sufficiente lungimiranza per sapere che esso non va qualunquisticamente abbattuto, ma profondamente riformato.
E serve assai più in fretta di quanto non si creda.
Enrico Zanetti è direttore di Eutekne.
Dott. Zanetti sono pienamente d’accordo su quanto da Lei scritto e aggiungerei che la “cura” e’ piu’ semplice di quello che si pensa, il problema e’ che ovviamente si intaccano decenni di privilegi a tutti i livelli. Auspico una “Tachter” italiana che ,ripeto,semplicemente adotti i parametri piu’ equi e gia’ collaudati in altre Nazioni .Semplificando con un esempio apparentemente banale se il rapporto, nei sopracitati Paesi equi, dei dipendenti pubblici di un Comune di 30.000 abitanti e’ pari a 1 su 300 abitanti (esempio indicativo numerico) cosi’ deve essere anche da noi per Legge senza invertarsi provvedimenti ad hoc e aggiungerei,con stipendi simili ai colleghi europei ed extraeuropei.Ovviamente da questo esempio si arriva a tutti gli altri!!! Saluti,Marco M.
Egregio Dott. Zanetti ,oramai sono quasi rassegnato alla totale staticità ed invariabilità del sistema “Stato Italia” ; mi auguro ,comunque, che almeno i miei figli,da poco affacciati al modo lavorativo (privato) possano vedere quei cambiamenti necessari ed indispensabili per realizzare quelle profonde riforme del sistema Stato senza le quali l’economia sana del paese affonderà completamente.
Ieri sera il ns. Primo ministro ha detto che eventuali privatizzazioni di Aziende Statali non sono perseguibili per il loro ridotto valore attuale di mercato ,come se,tale riduzione non fosse proprio conseguenza della loro gestione statalistica-clientelare;forse aspetta che si ripresentino nuovi casi Alitalia?
L’abbattimento ed il contenimento del costo della struttura pubblica non può che passare da una rivisitazione e riforma dello “Stato azienda”,sia con la vendita del patrimonio immobiliare non necessario, sia svestendo le vesti di “Impresa” , con privatizzazioni e dismissione di partecipazioni livello centrale e locale.
Necessaria è l’equiparazione dei diritti/doveri tra i lavoratori privati e pubblici,evitando il sovradimensionamento della struttura statale.Obiettivo prioritario del governo deve essere,inoltre, l’allineamento del peso fiscale contributivo alla media europea,attraverso una riforma profonda del sistema fiscale/contributivo che prevenendo la deducibilità ,anche in quota percentuale (vedi ristrutturazioni edilizie e spese sanitarie) invogli il cittadino a chiedere sempre e comunque la ricevuta/fattura (fermo restando un’ovvio duro contrasto all’evasione).
Tutti dicono che i decreti sblocca crediti vs lo Stato rappresentano boccate d’ossigeno. Allora vorrei capire perchè la procedura risulterebbe così lunga e laboriosa, per quale motivo ricorrendo a tale procedura si perderebbe il diritto di far causa allo Stato stesso, senza alcuna garanzia di buon esito, perchè alcune parti d’Italia sarebbero escluse, perchè ricorrere per l’ennesima volta all’onero delle banche.
Non sarà che i decreti di cui sopra siano stati così concepiti per scoraggiare i più e farli rinunciare in partenza?
Bene per la compensazione dei debiti……mah!! L’azienda che vanta un credito dalla pubblica amministrazione deve poter girare tale credito anche per ripianare un debito con un fornitore con il vincolo che tale credito possa essere usato solo per una compensazione con lo Stato!! Quindi trasformare il “credito” in un ticket da poter girare!! Limitando le girate,non scontabile in Banca,e con una validità massima di trenta giorni dalla sua emissione!!!!!
Due note.
La prima è sui tecnici da tecnico, seppur non in campo economico.
I tecnici tendono troppo spesso a ragionare per formule, ma la realtà è molto più complessa. Neppure nei campi più rappresentabili matematicamente ci si può fidare di esse. L’esperienza mi ha insegnato che, se io ingegnere civile/meccanico non tengo conto del contesto, non faccio progetti, ma solo “poesie”.
La seconda è sui professori universitari.
Li frequento da più di 45 anni, prima come studente, poi come professionista e parente. In aggiunta la moglie di un mio ex collega era segretaria nei concorsi interni di un ateneo. Tutto ciò ha ingenerato in me la più profonda disistima per “professoroni”, come categoria, fatte ovviamente salve le più che rare eccezioni.
@sergio
Faccio tutti i miei sinceri auguri ai suoi figli.
Però, quando mia figlia si laureò, oltre 15 anni or sono, le consigliai caldamente di andarsene dall’Italia. Non mi ascoltò, ma ora si augura che lo facciano i suoi due giovanissimi figli.
Il fatto è che non spero che questo paese cambi veramente se non avviene un disastro epocale che lo costringa a ricominciare da capo.
Si pensi a quanti traggono benefici dallo status quo: politici, meglio politicanti, di ogni tipo, gran parte dei dipendenti pubblici che è assolutamente inutile (vedi i servizi di Striscia la notizia, per non parlare di conoscenze personali) e/o assurdamente pagati (si pensi agli stipendi di commessi, stenografi, barbieri, ecc. parlamentari), cassaintegrati di professione (potrei scivere di un gustoso episodio napoletano o di un altro nel lecchese), sindacalisti vari (vedi, solo per esempio immediato, la legge Mosca), pensionati (tali diventati, ancor giovani, con poco più di 14 anni di lavoro, che io sappia il record è un solo giorno di copiosissimo sudore, oppure appartenenti ad una cassa di previdenza privata, INPDAI, che dopo aver ricevuto pensioni insostenibili per l’ente, sono riusciti a farlo assorbire dall’INPS, regalando a quest’ultimo un deficit che mi risulta essere attorno a 700 milioni di euro, e che da questo continuano a ricevere quelle stesse pensioni che hanno portato al disastro l’INPDAI), magistrati che fanno carriera solo per anzianità e, di fatto, non hanno alcuna responsabilità, pur ricevendo, a parità di funzione, stipendi inesistenti nel privato, dove le responsabilità ci sono eccome, ecc., ecc.
Se si tiene conto anche dell’entourage familiare di costoro, si parla di alcune decine di milioni di individui.
Si può dunque nutrire qualche speranza di un cambiamento non gattopardesco in assenza di un evento epocale?