Consigli di lettura per il 2017 / Parte seconda
La seconda e ultima parte delle nostre proposte per il 2017. Buon anno e buone letture!
Allan Bloom, La chiusura della mente americana (Torino, Lindau, 2009 [1987], €24,50)
In questo libro Allan Bloom traccia un quadro preoccupante dello stato delle università americane alla fine degli anni ’80. Secondo Bloom, la politicizzazione degli studi letterali e della produzione culturale ha determinato un forte impoverimento della capacità delle università e dei professori di trasmettere quell’amore per la conoscenza libera e disinteressata tanto essenziale per difendere e preservare i capisaldi del libero pensiero e quindi in ultima analisi di una società libera.
– Nicolò Bragazza (Fellow IBL)
Russ Roberts, Come Adam Smith può cambiarvi la vita. Una guida inattesa alla natura umana e alla felicità (Torino, Add editore, 2016 [2014], €15)
I “classici” – si dice – sono libri senza tempo, che parlano al lettore in termini sempre attuali. Adam Smith ne scrisse due, il più conosciuto è la Ricchezza delle nazioni (1776), l’altro la Teoria dei sentimenti morali (1759). Ma i “classici” sono anche libri che vengono più citati che letti, mattoni di centinaia e centinaia di pagine, scritti con un linguaggio che, invece, di attuale ha molto poco. Accostarsi a questi testi richiede un certo sforzo, ma il più delle volte si viene ampiamente ripagati del sacrificio iniziale. Così è stato per Russ Roberts, research fellow presso la Hoover Institution e grande divulgatore in ambito economico con il suo podcast settimanale EconTalk, che dopo avere tenuto per trent’anni nella propria libreria una copia della Teoria dei sentimenti morali senza mai aprirla, un giorno si è deciso finalmente a farlo: «A un terzo della lettura, il libro mi aveva definitivamente conquistato. Lo portavo alle partite di calcio di mia figlia e lo leggevo durante l’intervallo o quando lei non era in campo. Lo leggevo ad alta voce a mia moglie e ai miei figli a tavola, sperando che si interessassero alle idee di Smith su come come relazionarsi con gli altri. I margini delle pagine si riempivano man mano di asterischi e punti esclamativi che indicavano passaggi che mi avevano colpito. Terminata la lettura, avrei voluto gridare ai quattro venti: “È un libro meraviglioso, un tesoro nascosto, dovete leggerlo tutti!». La lettura del testo di Smith fu a tal punto sconvolgente da portarlo a scriverci un pamphlet: Come Adam Smith può cambiarvi la vita. Una guida inattesa alla natura umana e alla felicità. Questo saggio di Roberts ci spiega proprio l’attualità della Teoria dei sentimenti morali e come la visione della natura umana di Smith sia valida ancora oggi, come possa insegnarci a conoscere meglio noi stessi e la società in cui viviamo oppure come possa – addirittura! – aiutarci a rendere il mondo un posto migliore (ma anche, meno ambiziosamente, come possa farci capire perché siamo così attaccati al nostro telefono o perché – incredibile a dirsi – in certi Paesi la gente ami i propri politici).
p.s. se a differenza di Roberts proprio non ce la fate ad aprire la vostra copia della Ricchezza delle nazioni o della Teoria dei sentimenti morali, una via più semplice e rapida per accostarsi a questi volumi è la lettura di La ricchezza delle nazioni in pillole, con un distillato della Teoria dei sentimenti morali di Eamonn Butler. Se poi volete proseguire le vostre letture smithiane, oltre al libro di Russ Roberts segnalo anche il bellissimo saggio di Ronald Coase “La visione dell’uomo di Adam Smith” contenuto in Sull’economia e gli economisti.
– Filippo Cavazzoni (Direttore editoriale IBL)
Pietrangelo Buttafuoco (a cura di), Il mio Leo Longanesi (Milano, Longanesi, 2016, €18,60)
L’approssimarsi del sessantesimo anniversario della scomparsa di Leo Longanesi offre lo spunto non soltanto per ricordare una singolare figura di intellettuale, ma anche per svolgere alcune amare considerazioni sulla borghesia italiana. Longanesi è stato forse uno dei maggiori fustigatori di questa particolare categoria umana, cui pure orgogliosamente apparteneva e alla quale preferibilmente si rivolgeva. Come ben si evince dalla piacevole lettura dell’antologia dei suoi scritti recentemente curata da Pietrangelo Buttafuoco per celebrare i settanta anni di attività dell’omonima casa editrice milanese, il fondatore de “Il Borghese” non ha mancato di contestare i vizi della borghesia nostrana anche quando voleva esaltarne le virtù. In particolare, lo si comprende scorrendo il capitolo efficacemente intitolato “Italietta”, a suscitare le invettive di Longanesi è l’attitudine clientelare spesso oggi ancora presente in quello che dovrebbe rappresentare il ceto produttivo del Belpaese. La borghesia italiana, anziché impegnata a competere nel mercato per incrementare legittimamente i propri affari, gli sembra piuttosto intenta a guadagnarsi i favori di chi pare in grado di assicurarle protezione. «Non gli occorre una tecnica particolare per tessere stoffa, per fondere ghisa o per stampare una casseruola; gli occorrono, invece, molti, moltissimi amici a Roma: amici questori, amici ammiragli, amici generali, amici giornalisti, amici avvocati, amici banchieri, amici onorevoli, amici di amici di amici. Perché è l’amicizia, è la confidenza che, in Italia, tesse le stoffe, fonde i metalli e stampa la latta; è l’unione di più influenze, il fascio di più amicizie, l’accordo di più interessi che crea quella forza che piega la legge, che corrompe i costumi, che spezza la concorrenza: è la “pastetta”, la sola, la vera, la grande capacità tecnica che domina il mercato». Difficile dargli torto.
– Luigi Ceffalo (Fellow IBL), @LuigiCeffalo
Mervyn King, The End of Alchemy: Money, Banking, and the Future of the Global Economy (New York, W. W. Norton & Company, 2016, $28.95)
Viste le amene condizioni in cui versano MPS e un certo rilevante numero di banche italiane a tanti anni dal 2008 e dal 2011, suggerisco questo libro che ho trovato molto onesto. Tra i banchieri centrali che erano al timone nella grande crisi, il barone di Lothbury ha il merito di tentare un’autocritica vera. A differenza di Ben Bernanke, che nel suo The Courage to ACT uscito nel 2015 ha più che altro consegnato ai posteri un’autodifesa esplicativa di quanto la “sua” FED ha fatto dopo Lehman, l’ex timoniere di Bank of England nelle sue oltre 400 pagine non evita l’ammissione di errori. E fa anche di più, da quegli errori tenta di far discendere una visione diversa di quel che dovrebbe essere la banca centrale, una visione che al lettore liberista austriaco non può che sembrare molto meno pericolosa del Moloch Onnipotente assiso oggi in trono, grazie alle sue politiche non ortodosse e a un QE sempre più esteso e con effetti sempre più distorcenti, negli USA e in UE come in Giappone. King riserva critiche radicali al QE e alla sovraregolamentazione di ogni minuzia del credito, destinata inevitabilmente però a dover essere interpretata caso per caso dalle autorità di vigilanza – buon profeta, viste le reazioni in corso in Italia sul caso MPS, sembra quasi che siano state la UE e la vigilanza BCE a metterla a tappeto – con effetti di accresciuta incertezza e discrezionalità. Scrive ottime pagine sull’inevitabile crisi sempre più esplosiva della sovranazionalità di organi tecnici UE, rispetto a mercati di beni, servizi e consenso politico che restano invece rigorosamente separati e nazionali. Uno dei pochi a non essere colto impreparato dal voto su Brexit, King, visto che il suo libro è stato scritto prima. Qui non c’è spazio per diffondersi sulla sua abbozzata teoria della banca centrale come semplice pawnbroker, assicuratore di liquidità a breve in cambio di pegni, ma con coefficienti di capitale rispetto agli asset delle banche molto più elevati degli attuali (che già ispirano la rivolta di banchieri e azionisti italiani). E per il resto senza superpoteri che servono solo a far credere ai politici di far più debito e deficit senza rischi, non nel breve di fronte a crisi di sistema, ma per sempre. Anche se è uscito nel marzo 2016, per tutto questo vale davvero la pena di leggere il libro di King.
– Oscar Giannino (Senior Fellow IBL), @OGiannino
Ida Magli, Contro l’Europa (Milano, Bompiani, 1997, €8,50) e Omaggio agli italiani. Una storia per tradimenti (Milano, Rizzoli, 2005, €10)
Ida Magli si è spenta a Roma il 21 febbraio di quest’anno. Il suo pensiero era scomodo, indigesto, duro, scandaloso, spigoloso, inquietante. Leggerla significa accettare la sfida della sua coltissima provocazione, lo sgomento indotto dalle sua lucidissima logica argomentativa, la sconvolgente sorpresa di un pensiero nuovo, altro, rispetto al mainstream del pensiero omologato, e appassionato, lontano anni luce dalla conveniente pacatezza dell’establishment politico e culturale nostrano. Mai facili né rassicuranti ricette, mai accomodante: nei suoi scritti voleva semplicemente adempiere al dovere di un antropologo, cioè raccogliere, descrivere, testimoniare la civiltà che ha conosciuto. Lettura utile per mettere alla prova il senso del nostro europeismo è Contro l’Europa, nel quale denuncia la perdita delle sovranità nazionali, di libertà e democrazia, in una battaglia che è stata, innanzitutto, di richiesta di confronto e dibattito su un tema epocale per noi cittadini e che l’ha vista sola, isolata ed inascoltata. Ma le sue analisi e le sue riflessioni rappresentano oggi, ci piaccia o no, la sostanza profonda della crisi dell’Unione Europea. Preannunciò lo scontro mortale con il mondo islamico, quando all’epoca quasi nessuno sapeva bene cosa fosse al Qaeda e l’attentato alle Torri Gemelle era inimmaginabile; segnalò il pericolo della presenza musulmana in Europa e la necessità di difendere i diritti di libertà faticosamente costruiti in Occidente. Fu tacciata di arretratezza culturale, di chiusura mentale, di razzismo: anche in quel caso richiedeva, innanzitutto, discussione, ragionamento ed informazione, ma non trovò che silenzio, del quale oggi, assai amaramente, scontiamo gli effetti . In Omaggio agli italiani, Ida Magli combatte chi vuole eliminare per sempre le differenze tra i popoli e tra gli individui, “perché solo dalla competizione tra uomini e popoli prosperano le civiltà”. Denuncia che nessun popolo come quello italiano è stato tradito dai suoi governanti in maniera così metodica ed ossessiva, ma ci lascia un messaggio di speranza: “Questa è la grandezza degli Italiani. Aver continuato a pensare sempre, a creare sempre, perché soltanto l’intelligenza sa di essere libera, quali che siano le coercizioni esteriori. Sa che la grandezza dell’Uomo è nel pensiero, e sa che c’è sempre almeno un altro uomo che lo afferra e lo trasmette.”
– Gemma Mantovani (Collaboratrice Leoni Blog)
Frédéric Bastiat, Sofismi economici (Carnago VA, Libreria San Giorgio, 2013 [1845-46], €22)
Può un libro di centosettantadue anni fa essere attualissimo? La globalizzazione è sempre più nel mirino. E’ nel mirino dei populisti, agli occhi dei quali lo scambio internazionale ha l’unica conseguenza di impoverire i produttori dei paesi ricchi. Ma sono pronti ad attaccarla anche gli esponenti del cosiddetto establishment, ben felici di prometterne una “migliore governance” pur di sembrare impegnati a dar risposte agli elettori degli altri. Nelle recenti elezioni americane, lo scambio internazionale non se l’è cavata bene né da una parte né dall’altra: al nazionalismo economico “hard” di Trump, Hillary rispondeva col suo nazionalismo economico “soft”. I Sofismi economici di Frédéric Bastiat, disponibili in una recente, nuova edizione italiana curata da Michele Liati per la Libreria San Giorgio, sono anche per questo di grande attualità. Bastiat smonta gli argomenti dei protezionisti con lucidità e ironia. Lo scambio internazionale beneficia chi ha abbondanti risorse naturali da offrire? La competizione fa bene, sì, ma solo se le condizioni iniziali tra i concorrenti sono di parità? Siccome le imposte nel nostro Paese sono alte e strangolano le imprese, è opportuno imporre un dazio sulle merci che provengono da giurisdizioni meno fiscalmente esose perché la gara concorrenziale sia “fair”? Aprire le dogane significa che verremmo “inondati” di merci straniere? L’autosufficienza produttiva, perlomeno in materia d’energia e di agricoltura, non è necessaria nel caso sfortunato scoppi una guerra? Bastiat ha la risposta per ognuna delle obiezioni al libero scambio, sia quelle che sentite al bar, sia quelle che vi capita di ascoltare in un’aula universitaria. E’ una risposta saggia, brillante, piena di simpatia per il suo prossimo. Egli prende le parti degli “sfortunati consumatori” che contano nulla nel balletto degli interessi e spesso anche in quello delle opinioni. Bastiat è stato spesso considerato alla stregua di un giornalista economico e poc’altro: un blogger dei suoi tempi. Ma la grandezza di Bastiat, uomo, scrisse Francesco Ferrara, “che se ha polmoni ristretti, ha l’anima immensa”, è evidente a chiunque l’incontri senza pregiudizi, con la mente aperta. Henry Hazlitt conclude l’introduzione all’edizione americana dei Sofismi sospirando che “avremmo bisogno di qualche Bastiat in più oggi. In realtà, ne avremmo immensamente bisogno”. Figurarsi noi, in Italia, oggi.
– Alberto Mingardi (Direttore generale IBL), @amingardi
Nicola Porro, La disuguaglianza fa bene. Manuale di sopravvivenza per un liberista (Milano, La Nave di Teseo, 2016, €16,50)
Nei discorsi dei nostri intellettuali, dei nostri accademici, dei nostri politici, la disuguaglianza è a prova di gravità: essa va sempre e solo verso l’alto. E ciò influenza profondamente la comune percezione della realtà: se la vulgata è una sola (“la disuguaglianza è aumentata”), anche il pensiero sarà unico. In un clima così avverso, non può quindi che suscitare grande ammirazione il coraggio di Nicola Porro, il quale ha affrontato di petto il tema in esame, scrivendo un libro il cui titolo, da solo, varrebbe il suo acquisto: “La disuguaglianza fa bene”. Il libro di Porro si propone di essere un «manuale di sopravvivenza per un liberista», ma secondo me è qualcosa di più e di diverso. Esso non si rivolge soltanto a chi conosce già Hayek, Mises, Popper, Tocqueville etc etc: esso si propone, in prima battuta, a coloro i quali del liberalismo non hanno mai sentito parlare, se non nelle ridicole caricature dei vari Fusaro, Piketty, Varoufakis (in rigoroso ordine alfabetico)… E lo fa essendo esso stesso una piccola e compatta biblioteca: il libro presenta, infatti, una squisita carrellata delle opere dei maggiori intellettuali liberali, liberisti e libertari di tutto il mondo. Economisti, filosofi, storici, romanzieri: ce n’è per tutti i gusti, per scoprire che – sorpresa! – «anche la destra, individualista e liberale, legge». “La disuguaglianza fa bene” contiene però anche un monito centrale per i già liberali: quello di “svegliarsi”. C’è bisogno, infatti, di uno sfrontato e provocatore coraggio: lo stesso che ha avuto Porro nel ricordare che negli ultimi cinquant’anni siamo diventati tutti più ricchi e se il prezzo per questo da pagare è l’aumento (preteso) della disuguaglianza, allora “viva la disuguaglianza!”. Come mirabilmente ripete Deirdre McCloskey, è la crescita economica, non la forzata uguaglianza, a salvare i poveri. I liberali hanno la fortuna di avere dalla propria un incredibile arsenale intellettuale e un metodo – quello dell’individualismo metodologico – che consente di affrontare nel modo più efficace possibile i problemi del nostro tempo. Cosa fare dunque? Comprare, leggere e diffondere il libro di Porro è un buon inizio. Questo perché ci aiuta a utilizzare bene l’eredità dei classici del liberalismo mondiale e addirittura a riscoprirla, laddove necessario (si pensi al Manzoni economista). Solo così saremo in grado di «difendere l’indifendibile» [Block] e di vincere la battaglia delle idee. E solo così saremo in grado di prepararci per altre e ardue prove. A partire da quella elettorale.
– Giuseppe Portonera (Intern IBL), @GiuseppePortos
M.Scott Peck, The Road Less Traveled, 25th Anniversary Edition: A New Psychology of Love, Traditional Values, and Spiritual Growth (New York, Simon & Schuster, 2003 [1978], $28)
Oltre a numerosissime intuizioni, questo libro mi ha colpito per una riflessione su quanto l’amore sia un elemento completamente trascurato da coloro che studiano l’azione umana. Forse voi vi chiederete: cosa c’entra l’amore con la libertà o ancora di più con l’economia – temi a cui sono dedicate queste colonne? Uno dei motivi è che “le risposte a molte domande economiche dipendono in ultima analisi dalla nostra comprensione della natura umana” per citare ciò che scrive Enrico Colombatto in un libro che parimenti consiglio. Per capire l’economia bisogna capire l’uomo, in tutte le sue sfaccettature. Ma la vera scoperta che si può fare leggendo questo libro è che la libertà e la responsabilità sono due facce della stessa medaglia. Lo psichiatra Peck scrive: «in attempting to avoid the pain of responsibility, millions and even billions daily attempt to escape from freedom». Che questo atteggiamento interiore si rispecchi in un’economia fondamentalmente immatura, composta di individui bambini e di Stati-padri, penso sia un fatto evidente a molti. Scott Peck guida i lettori in una riflessione sul significato di una vita libera e responsabile: pur avendo venduto oltre sette milioni di copie con questo libro, questa strada resta sempre la meno percorsa.
– Emilio Rocca (Fellow IBL), @emilrocca
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