Conservatori Usa, sale l’astro di… Zingales
Da uno dei blog di riferimento americano per la nostra impostazione, la segnalazione di quattro nuove stelle in via di affermazione nell’assai confuso cielo dei pensatori di riferimento del mondo conservatore. Il riferimento è a un articolo comparso l’altroieri sul Boston Globe, secondo il quale la perdurante perdita di punti di riferimento del partito repubblicano Usa e dell’universo conservatore nel suo complesso vede emergere nuovi pensatori e nuove idee, anche apparentemente non proprio in linea con la rivoluzione che giganti come Bill Buckley e Russel Kirk seppero promuovere da National Review, e che Irving Kristol seppe portare all’egemonia con il suo magnifico The Public Interest, una fucina di teste da James Wilson a Charles Murray, da Leon Kass a Martin Feldstein a Irwin Stelzer. Tra i quattro nuovi astri il primo è Luigi Zingales. Ma non so quanti siano disposti a seguire il nuovo criterio “inclusivo” proposto dal Boston Globe.
Infatti, Luigi Zingales – insegna alla University of Chicago Booth School of Business – almeno è fortemente promercatista e per questo dichiara di diffidare dal grande business e dalle big corporations, le cui tentazioni anticoncorrenziali sono naturali ma oggi condivise con governi che tornano molto forti per via della crisi. Molte delle sue idee lanciate in Saving Capitalism from the Capitalists, scritto nel 2003 con Raghuram Rajan, erano e restano buone idee: anche se un po’ troppo permeate, per quello che mi riguarda, da sfiducia preconcetta verso la capacità innata dell’impresa privata di scovare buone soluzioni.
Sono molto a favore invece di Megan McArdle, una blogger di professione in materia di giornalismo economico, nata e distaccatasi da una costola di Atlantic Monthly: i blog sono oggi per molti versi un più potente sostituti di vecchie testate “tradizionali” e storiche del neoconservatorismo, nate e prosperate quando la rivoluzione conservatrice consisteva nell’attestarsi come istituzioni visibili e capaci di contrasto dell’egemonia liberal, nell’accademia come nel giornalismo prima che nella politica.
Inizio a perdermi un po’ per strada e a raffreddarmi con l’indicazione di Bradford Wilcox, che insegna sociologia alla Virgina University. Si batte per la centralità della famiglia come nucleo fondante delle politiche sociali e fiscali, e per questo combatte divorzio e figli unici come forme degenerative che innalzano devianza e marginalità. Qui iniziamo a spingerci un po’ troppo oltre nel pregiudizio anti individualista, per quello che mi riguarda. Sono anch’io per il quoziente familiare in Italia, e penso abbiano torto quelli della voce.info che lo avversano con la scusa che scoraggerebbe i tassi di attività e occupazione femminile, in realtà perché pensano che corrisponda a un’idea troppo tradizionale e dunque non “di sinistra” di che cosa debba essere la famiglia nel contesto sociale odierno. Ma di qui a fare campagna contro il divorzio, ce ne corre.
Non sono poi per nulla d’accordo con l’indicazione di figure come quella di Reihan Salam, fellow della New America Foundation, blogger per National Review e Daily Beast, sostenitore di Sarah Palin. Sostiene una tesi esattamente opposta a quella del nostro caro amico Grover Norquist. Non è poi un gran male, dice, il ritorno in grande stile del Big State. Un po’ di sano paternalismo pubblico verso bassi redditi e famiglie disagiate fa bene ai conservatori, impedisce loro di estraniarsi dalla grande ondata in corso, ed è anzi nel DNA storico dei Padri Fondatori, dice Salam. Il più tremontiano di tutti, da un certo ounto di vista. Ma Tremonti lo posso ancora capire – non condividere – qui in Italia. In America, non lo voterei mai. Perché lui per primo, lì, direbbe cose diverse.
Intrigante la sua disamina dei nuovi pensatori che ha citato. La vitalità intellettuale è un buon segno.
Non vedo invece cosa mai ostacoli il ministro tremonti dal dire e soprattutto fare ciò che direbbe e farebbe negli USA.
luigi zoppoli
apprezzo molto Oscar Giannino e l’IBL, ma vorrei tanto poter sentire anche l’On.Prof.Antonio Martino circa Zingales e gli altri astri liberali e conservatori Usa
Qui parrebbe che l’elite repubblicana, priva di idee sostanziali, sia invece affaccendata ad affondare la sempre più vigorosa corrente libertaria, che un po’ per volta sta conquistando la base.
http://www.rightsidenews.com/200907155492/editorial/limbaugh-palin-might-leave-gop-for-third-party.html